FELTRINELLI, Carlo
Nacque a Milano il 27 ag. 1881 da Giovanni e da Maria Pretz, di nazionalità austriaca, in una famiglia di imprenditori del legname che da qualche decennio si erano messi in vista come i più vivaci ed intraprendenti in questo settore.
I Feltrinelli erano originari di Feltre. Il prozio del F., Giacomo (1829-1913), iniziò l'attività a Gargnano sul Garda come carpentiere insieme con il fratello Carlo (1819-1857). Lo sviluppo dell'attività e la necessità di garantirsi fonti di approvvigionamento li spinsero a creare una ditta, la Fratelli Feltrinelli, proprio a Gargnano, dove giungevano e subivano una prima lavorazione i legnami provenienti dalle foreste del Trentino, allora ancora austriaco. Nel 1845 Carlo F. si sposò con Maria Cipettini, dalla quale ebbe tre figli: Faustino (1853-1936), Giovanni, padre del F. (1855-1896), e Francesco (1857-1923).
Nel 1857 i due fratelli Feltrinelli si spostarono a Milano, città dove morì, nello stesso anno, Carlo.
Nel breve periodo la scelta non si rivelò molto felice. Il carattere serniperiferico della città nell'Impero austro-ungarico la stava penalizzando non poco, malgrado le indubbie potenzialità che aveva già manifestato nei decenni successivi alla Restaurazione. La formazione del nuovo Stato unitario significò, nell'immediato, un ulteriore peggioramento delle già difficili condizioni in cui si trovava l'economia milanese. Il distacco dal Veneto e dalle altre province austriache, in mancanza di un collegamento ferroviario con le altre regioni limitrofe (Liguria ed Emilia, soprattutto), vanificò per qualche tempo i vantaggi di cui Milano godeva per la posizione geografica centrale nella rete dei collegamenti col resto dell'Europa centrosettentrionale e con le altre aree del nuovo Stato unitario. Gli anni più difficili per Milano finirono probabilmente attorno al 1866. Il deciso avvio delle costruzioni ferroviarie consentì alla città di riprendere e rafforzare la crescita industriale nei settori che avevano già trovato da qualche decennio una solida base in città e nell'Hinterland, i varirami dell'industria tessile, soprattutto quella cotoniera, e le diverse attività dell'industria meccanica. E proprio dalla decisione di dare un forte impulso alle costruzioni ferroviarie dovette venire una influenza molto positiva per Giacomo Feltrinelli, che nel 1869 chiese l'iscrizione della Ditta Fratelli Feltrinelli, industria e commercio di legnami, nel registro ditte della Camera di commercio di Milano, succedendo a una precedente ditta, il cui titolare era Giuseppe Zanotti.
Nel 1870 la rete ferroviaria nazionale aveva raggiunto un'estensione di circa km 8.000, più del triplo rispetto a dieci anni prima, mentre nel 1885 si toccarono i km 12.000. Lo sviluppo ferroviario significò per la ditta milanese una impennata nelle forniture di legname per le traversine e per la costruzione di carri ferroviari. Risale probabilmente a questi anni l'avvio della creazione di una rete di filiali e succursali da Nord a Sud, lungo le direttrici di sviluppo delle ferrovie, che si affiancheranno alle due sedi, probabilmente una amministrativa (in via Romagnosi) e l'altra commerciale (in via Garibaldi), che la Ditta Fratelli Feltrinelli possedeva dalla sua costituzione a Milano. Ma anche dal deciso avvio dello sviluppo industriale lombardo e dai progetti di crescita urbanistica di Milano la ditta (cessata e ricostruita su nuove basi nel 1875) trasse altri importanti vantaggi. Queste spinte positive indussero i Feltrinelli a cercare di assicurarsi il controllo diretto delle fonti di approvvigionamento per la loro attività, dando così avvio alla creazione di quello che nel giro di qualche anno sarebbe diventato un autentico impero internazionale nel campo della coltivazione e della lavorazione del legname, dotato di estese proprietà nelle foreste dell'Impero austro-ungarico compresa la Transilvania.
Il F. venne dunque al mondo in una famiglia che si era ormai stabilmente insediata negli ambienti della buona borghesia milanese e che negli anni immediatamente successivi alla sua nascita consoliderà ancora di più la propria posizione; primo di quattro fratelli, Giuseppe (1883-1918), Pietro (1885-1913) e Antonio (1887-1942), crebbe a Milano fino all'ottenimento della licenza ginnasiale e poi prosegui gli studi a Bolzano, in una scuola austriaca, imparando in tal modo anche iltedesco.
Nel 1892 Giacomo e il padre del F. costituirono, insieme con i Colombo, una casa bancaria privata, che portò il nome delle due famiglie e che seppe ben presto inserirsi in alcune delle più importanti operazioni finanziarie e immobiliari della città e a livello nazionale.
Una delle prime grandi operazioni nelle quali fu coinvolta la Banca Feltrinelli fu un'intesa con la Edison (Società italiana di elettricità, sistema Edison), la prima società elettrica italiana, costituita da Giuseppe Colombo con un gruppo di capitalisti milanesi nel 1884, che in quel momento si trovava nella necessità di sostituire il principale partner finanziario, la Banca generale; questa ne aveva accompagnato la crescita fino a quel momento, ma aveva dovuto chiudere i battenti a seguito della crisi finanziaria dei primi anni '90. Giacomo Feltrinelli venne anche eletto nel consiglio d'amministrazione durante l'assemblea generale della società del 1º apr. 1894, ma pochi giorni dopo rassegnò le dimissioni, forse per evitare un diretto coinvolgimento nell'amministrazione della società elettrica in un momento di già crescenti impegni in campo industriale e finanziario. L'impegno della famiglia nella gestione della Edison venne tuttavia solo rimandato di un paio d'anni. Nel marzo del 1896, infatti, il consiglio d'amministrazione della Edison venne in gran parte rinnovato con l'elezione dell'ingegner Carlo Esterle (che sarebbe poi stato eletto amministratore delegato), designato dalla Banca commerciale, di Giuseppe Pisa, in rappresentanza della Banca Zaccaria Pisa, e di Giuseppe Feltrinelli, figlio di Angelo (1827-1900) e nipote di Giacomo.
L'intervento delle due banche private milanesi e della neonata banca mista era servito ad evitare che la Edison dovesse finire nell'area di influenza dell'AEG (Allgemeine Elektrizitäts-Gesellschaft) di Berlino, la quale, attraverso una sua holding finanziaria, la Bank für eiektrische Unternehmungen di Zurigo, si era resa disponibile a sottoscrivere una grossa quota (quasi un terzo) della nuova emissione azionaria e obbligazionaria necessaria per supportare i programmi di sviluppo dell'impresa elettrica. Da quel momento i destini della Edison e quelli della famiglia Feltrinelli, si saldarono in maniera pressoché indissolubile.
Risale pure al 1896 la morte del padre del F., i cui figli vennero da quel momento allevati, oltre che dalla madre, dal prozio Giacomo, che, non essendosi mai sposato, fece loro da genitore. Da qualche anno, mentre il settore dei legnami continuava a costituire la principale attività, il ramo immobiliare e dell'edilizia si era affiancato al primo fino a diventare un ambito di attività di grande rilevanza per Giacomo e i suoi nipoti.
Dal 1884 Giacomo e Giovanni avevano infatti costituito a Milano un'impresa edile, la Camboni e Feltrinelli. Inoltre la banca si era messa in evidenza, specie nei primi tempi, soprattutto per la capacità di individuare giovani costruttori, privi magari di entrature nel mondo bancario, ma che denotavano buone capacità di iniziativa in campo imprenditoriale. Pur muovendosi soprattutto nell'area milanese, la famiglia cominciò a spostare parte dei suoi interessi nella capitale. Nel 1899 la Banca Feltrinelli (nel 1896 era avvenuta la modifica della ragione sociale con la scomparsa dalla sigla del nome del secondo socio) si inserì con abilità nelle operazioni di liquidazione della Banca Tiberina, acquisendo la proprietà del complesso degli immobili sul lato sinistro di piazza Esedra, guardando via Nazionale, a Roma, pagando per l'operazione poco meno di 271.000 lire dell'epoca. Qualche anno più tardi, nel 1904, Giacomo Feltrinelli, insieme con due soci esterni alla famiglia, costituì a Milano la Società italiana per il commercio degli immobili, la quale tra le prime operazioni portate a termine acquisì 24 lotti per complessivi m2 15.000 nel quartiere Testaccio a Roma.Nei primi anni del secolo, non appena raggiunta la maggiore età, il F. venne inserito a pieno titolo nelle attività economiche della famiglia. Quelle in campo forestale proseguivano a pieno regime, offrendo importanti guadagni. La Ditta Feltrinelli, dopo la conclusione della lunga fase delle costruzioni ferroviarie in Italia, ottenne anche commesse per la fornitura delle traversine alle ferrovie greche e costruì, nel 1898, una linea ferroviaria in Bosnia per il trasporto del legname dalle foreste dell'interno fino al porto di Metcovié; mentre per curare meglio la complessità degli affari rumeni venne anche costituita un'apposita impresa nel 1906, la Società forestale Feltrinelli, la cui sede sarebbe stata in seguito spostata a Fiume.
Le attività immobiliari e finanziarie diventavano nel frattempo sempre più importanti. p. del 1907 la costituzione (ad opera del F., di Giacomo, Francesco e della banca di famiglia) della Società di costruzioni e imprese fondiarie, lo stesso anno in cui la famiglia venne coinvolta in una delle operazioni immobiliari più importanti per lo sviluppo urbanistico di Milano, la costituzione della Società quartiere industriale Nord Milano, operazione che vedeva insieme la Banca Feltrinelli, la Commerciale, la Banca Zaccaria Pisa, la Bastogi, la Pirelli e la Breda e che aveva come scopo l'urbanizzazione di una vasta area nei territori comunali di Greco, Niguarda, Sesto, Bresso e Cinisello attorno ai complessi industriali della Breda, della Pirelli e della Falck. Tre anni più tardi, nel 1910, ritroviamo il F. in qualità di socio di maggioranza (a nome della banca di famiglia) nella Società costruzioni moderne, costituita insieme con un capomastro ed un costruttore edile.
Negli anni che portarono alla prima guerra mondiale la casa bancaria scalò importanti posizioni nel mondo finanziario milanese. Da una parte essa continuava a far parte del pool bancario che appoggiava la Edison in tutte le sue operazioni finanziarie. Qualche volta, peraltro, i suoi rappresentanti nel consiglio d'amministrazione dell'impresa elettrica non si trovavano d'accordo con le proposte di Carlo Esterle. Le divergenze maggiori vennero registrate nel igoi, quando l'amministratore delegato della Edison preparò un nuovo programma di costruzioni di impianti che lasciò piuttosto freddi i banchieri Feltrinelli e Pisa, mentre trovò l'appoggio della Banca commerciale. Dall'altra parte la Banca riuscì ad assicurarsi come clienti alcuni dei nomi migliori della borghesia milanese, il più importante dei quali fu certamente quello di Giorgio Enrico Falck, che proprio nel 1906 aveva provveduto a trasformare l'azienda familiare in una società per azioni, le Acciaierie e ferriere lombarde, che pure usufruirono stabilmente dei servizi finanziari della casa bancaria. Operazioni come questa le erano consentite in virtù dei buoni rapporti che esistevano all'epoca con la Banca commerciale italiana, le cui mosse determinavano l'atteggiamento degli altri operatori della piazza milanese. Così, dopo il 1907, la Banca Feltrinelli figurerà tra le banche "amiche" della Commerciale nelle operazioni di sconto per grossi clienti ed in quelle svolte "in sociale" per il collocamento di valori azionari (alcuni dei quali verranno assunti in proprio, come è il caso delle azioni della S.a. Metallurgica bresciana, già Tempini, di cui la Feltrinelli deteneva un pacchetto di 800 azioni sulle 26.000 costituenti il capitale sociale nel 1911), titoli obbligazionari e, più avanti, a partire dal 1914, con il ritorno delle grandi emissioni di titoli statali, anche nell'assunzione di tranches dei buoni del Tesoro, una scelta, quest'ultima, che divenne di fatto obbligata nel corso del conflitto, quando la Banca Feltrinelli, come tutti gli altri istituti di credito, venne coinvolta nelle operazioni per la sottoscrizione dei prestiti nazionali (tra l'altro per cifre non indifferenti, considerate le sue dimensioni, circa l'1% dell'emissione della fine del 1914 e per una quota analoga nel caso dell'emissione del 1916).
Nel 1913 morì Giacomo Feltrinelli e per ricordare la sua iniziale attività di semplice carpentiere, oltre che per favorire lo sviluppo dell'istruzione con un forte contenuto professionalizzante, la famiglia fondò nello stesso anno l'istituto "Giacomo Feltrinelli" per periti tecnici, di cui il F. mantenne sempre la presidenza (nel 1931 egli ricevette una medaglia d'oro per l'istruzione pubblica per l'impegno in questa attività). Che egli fosse sensibile ai vari aspetti della formazione tecnicoscientifica e ai suoi riflessi in campo economico-industriale è del resto confermato dal fatto che in quegli anni figura tra i membri del Comitato tecnico-scientifico per lo sviluppo e l'incremento dell'industria nazionale accanto a ingegneri, economisti e imprenditori come E. Conti, G. Motta, M. Capuano, A. Pirelli, R. Targetti, L. Orlando, A. Sraffa, G. Belluzzo ed altri ancora.
In realtà il ruolo di nuovo "capofamiglia" veniva già ricoperto dal F., il quale, malgrado la giovane età, aveva dato subito prova di grande intelligenza e di grandissima abilità negli affari. Non che fosse stata stabilita una precisa divisione dei compiti tra i fratelli Feltrinelli, ma le attitudini e gli interessi personali avevano spesso portato ad una spartizione delle diverse attività nelle quali il gruppo era coinvolto. Così, Giuseppe seguiva principalmente le vicende Edison, Antonio si occupava soprattutto di legnami, il F. delle questioni bancarie, finanziarie ed immobiliari (anche se dal 1913 era anche consigliere della Edison, di cui la Banca era uno dei maggiori azionisti), mentre Pietro venne mandato a seguire da vicino gli affari in Transilvania, dove morì suicida all'età di 28 anni.
La conferma ufficiale della posizione particolare ricoperta dal F. nell'ambito dell'impero industriale e finanziario di famiglia venne dalla sua nomina, nel 1915, a membro del comitato centrale amministrativo (di fatto il consiglio d'amministrazione) del Consorzio per sovvenzioni su valori industriali, uno strumento voluto dalla Banca d'Italia e dalle maggiori banche italiane per soddisfare le richieste finanziarie delle imprese industriali coinvolte direttamente nelle produzioni belliche e per le quali c'era il rischio di una possibile caduta del corso azionario, dato che uno degli strumenti più frequenti di finanziamento usato dalle aziende consisteva nella sovvenzione su pegno di valori mobiliari. La scelta cadde su di lui non tanto per la quota di capitale assunta dalla banca quanto perché venne ritenuto il banchiere più adatto a rappresentare l'insieme delle piccole e grandi banche private in questo organismo, pensato per le esigenze dell'immediato, ma che in realtà rimase in vita per oltre trent'anni assumendo via via anche altre funzioni. Il F. venne confermato nel suo incarico fino alla fine del 1933. Peraltro, qualche mese prima dell'istituzione del Consorzio, all'indomani dello scoppio della guerra in Europa, la Banca Feltrinelli, insieme con i maggiori istituti di credito milanesi, aveva stabilito di venire incontro ugualmente alle esigenze della clientela in deroga alle disposizioni governative tese a raffreddare le tensioni nel sistema creditizio.
Nel corso del primo conflitto mondiale il F. venne anche chiamato a far parte della Commissione centrale per il traffico marittimo, uno dei tanti organismi creati per il coordinamento dello sforzo bellico, a livello nazionale. Ad un certo punto, nel 1918, cercò di acquisire (non si sa se per sé o per conto del Credito italiano) il controllo delle officine di Legnano della tedesca Esslingen, presso la quale si producevano materiali ferroviari, prima che l'affare venisse perfezionato dall'Alfa Romeo e dalla Banca italiana di sconto.
Il 1918 fu per molti versi un anno decisivo per i Feltrinelli. In quell'anno mori il fratello Giuseppe, ma soprattutto nella Società Edison maturarono scelte che ne cambiarono il destino.
Al culmine di una serie di divergenze, peraltro non sempre di natura strategica, si giunse infatti alla rottura delle relazioni tra la Edison e la Banca commerciale, una lacerazione che la malattia e poi la morte (sempre nel 1918, in settembre) di Carlo Esterle, per più di vent'anni amministratore delegato, avevano forse accelerato, ma che trovava la sua ragione più profonda nel tentativo dell'istituto di piazza della Scala di riprendere saldamente il controllo dell'azienda elettrica milanese, sfruttando il tentativo di scalata alla Edison messo in atto da Max Bondi e dall'Ilva. Il nuovo amministratore delegato, Giacinto Motta (entrato in qualità di direttore generale due anni prima), si affrettò a siglare un nuovo patto d'azione con la Banca italiana di sconto, confermando e rinsaldando nel contempo i legami con le case bancarie Zaccaria Pisa e Feltrinelli, il cui peso negli equilibri azionari e finanziari del gruppo Edison si rafforzò notevolmente.
Sempre nel 1918 il F. venne arrestato (esattamente il 4 marzo), insieme con gli altri amministratori della Società anonima cascami, sotto l'accusa di aver fornito alla Germania, attraverso la Svizzera, 700 tonnellate di filati e cascami di seta per la preparazione di materiali bellici. Il F., e con lui tutti i dirigenti della società, tranne il presidente (che venne rinviato a giudizio e poi condannato a cinque anni di reclusione in un carcere militare), restarono in prigione per circa sei mesi, fino alla sentenza di proscioglimento dell'ufficiale istruttore.
Le vicende familiari e il continuo ampliamento delle attività, sia nel settore dei legnami sia in quello finanziario (con tutti gli addentellati in campo industriale e immobiliare) spinsero la famiglia Feltrinelli ad una riorganizzazione della struttura delle due principali imprese alle quali faceva capo il gruppo.
Così nel settembre del 1919 la Banca Feltrinelli venne liquidata e al suo posto sorse, sotto forma di società per azioni, la Banca Unione, dotata di un capitale sociale di 20 milioni di lire. Il suo primo presidente fu il deputato Odorico Odorico, industriale dell'edilizia, a lungo finanziato dalla Banca Feltrinelli nei primi anni della sua attività, sostituito alla sua morte, poco tempo dopo, dallo stesso F., mentre in consiglio d'amministrazione trovarono posto, oltre ad Antonio e al cugino Giacomo, Giorgio Enrico Falck (che più tardi sarebbe stato nominato vicepresidente della banca) e l'industriale Raimondo Targetti, uno degli imprenditori più dinamici del settore laniero. Inoltre, nel dicembre dello stesso anno la Ditta Feltrinelli, che controllava un vasto impero in molti Stati europei, venne trasformata in S.a. Fratelli Feltrinelli per l'industria e il commercio dei legnami. Il capitale iniziale, pari a 2 milioni di lire (aumentato a 10 milioni l'anno dopo), venne sottoscritto in quote uguali dal F. e dal fratello Antonio (575.000 lire ciascuno), dalla madre Maria Pretz (600.000 lire) e dal cugino Francesco (per 250.000 lire); presidente della società venne nominato il Feltrinelli. A quella data la società disponeva di foreste in Austria (in Stiria, Carinzia e Tirolo), in Transilvania e in Italia (in Trentino, nel Cadore, in Carnia, nella Venezia-Giulia e in Sila) e di stabilimenti per la lavorazione del legname in tutto il paese (a quell'epoca gli impianti erano una decina, destinati ad aumentare fino a sedici nel quindicennio seguente, quando ne furono aperti una dozzina anche in Africa Orientale, tre in Libia e tre in Albania). Negli anni successivi la struttura aziendale della società subì profondi cambiamenti. Gli interessi austriaci vennero seguiti da una nuova azienda, la Gebrüder Feltrinelli di Villach, mentre la Società forestale Feltrinelli, trasferita la sede a Fiume, continuò ad occuparsi delle foreste in Transilvania (ora Romania).
Il F. era, nella prima metà degli anni Venti, uno dei finanzieri più importanti del paese. Conosciutissimo negli ambienti finanziari a livello internazionale, in Italia era presente in rappresentanza a volte degli interessi diretti della Banca Unione e poi, a partire dal 1924, quando divenne consigliere del Credito italiano (Credit, per conto del quale nel 1925 cercherà invano di acquisire il controllo dell'Ansaldo, che la Banca d'Italia sembrava volesse riprivatizzare), anche come rappresentante della seconda banca del paese, in oltre una ventina di società.
Le ricordiamo: Edison (di cui divenne vicepresidente, d'ora in poi v.p., a partire dal 1922), Società elettrica Riviera di Ponente ing. Negri (consigliere, d'ora in poi c.), S.a. per imprese elettriche Conti (c.), Consorzio per elettrotrazione (c.), Dinamo, Società italiana per imprese elettriche (c.), Imprese elettriche dell'America Latina (c.), Acciaierie e ferriere lombarde (c.), Breda (c.), Ansaldo (c.), Società metallurgica italiana (c.), Trafilerie e laminatoi di Milano (c.), Società italiana lavori marittimi (presidente, d'ora in poi p.), Quartiere industriale Nord-Milano (c.), S.a. Quartiere centrale (p.), S.a. Lombarda di beni stabili (p.), Mediolanum società fondiaria milanese (p.), Società di costruzioni e imprese fondiarie (p.), Società edilizia per il centro di Milano (p.), S.a. Le Gallare (p.), Costruzioni moderne (p.), Gestione e liquidazioni immobiliari (amministratore delegato), L'Assicuratrice italiana (c.), La Previdente (c.), Reale Compagnia italiana di assicurazioni (c.), S.a. La Riassicuratrice (c.), Società finanziaria ambrosiana (c.), Società finanziaria di elettricità (e.), Compagnia finanziaria nazionale (p.), Banca di credito italoviennese (c.), Banca italiana per la Cina (c.), Banca italo-egiziana (v.p.), Linificio e canapificio nazionale (c.), Cotonificio di Campione (c.), Cotonificio di Solbiate (c.), Distillerie italiane (c.), Fabbrica candele steariche di Mira (c.), Società di macinazione molini Certosa (c.), Gorio Ltd, impresa di Calcutta e con agenzie in varie città dell'India (c.), Gorio G. S.a. per Affari coloniali di Mogadiscio (v.p.), Compagnia italiana di Estremo Oriente (c.).
Inoltre il F. divenne il punto di riferimento per una serie di iniziative, non sempre peraltro coronate da successo, che gli ambienti bancari e finanziari italiani cercarono di allestire nell'area dell'ex Impero asburgico, dove i suoi legami e le conoscenze personali potevano essere molto utili. Così, ad esempio, si ritrova il suo gruppo in Polonia tra i promotori di una banca italiana a Katowice, unitamente alla Commerciale. al Credit e al gruppo di Camillo Castiglioni, poliedrico finanziere che operava nei vari paesi che avevano fatto parte dell'Impero austroungarico, e poi in Austria, tra gli artefici dell'acquisizione del pacchetto azionario di maggioranza della Steirische Wasserkráfte und Elektrizitát A. G. (Steweag) di Graz, prima controllata dal gruppo Castiglioni, operazione condotta dal gruppo Feltrinelli insieme con la Commerciale, il Credit e la Edison, sotto il patrocinio del governo italiano, attraverso un'appoisita impresa, la Società industriale italiana transalpina, costituita a Milano presso la Banca Unione nel 1923.
Tra il 1925 e il 1926 il F. figurò, insieme con Giovanni Agnelli, Riccardo Gualino, Piero Puricelli, Giovanni Lancia, Piero Pirelli e Silvio Crespi, tra i promotori della S.a. Autostrada Torino-Milano, all'epoca la più lunga d'Italia con i suoi 125,8km: una conferma che il suo nome si stava legando alle iniziative più prestigiose della parte più dinamica del capitalismo italiano.
La designazione a consigliere del Credit, nel 1924, arrivò insieme con la nomina a grand'ufficiale della Corona d'Italia. Lo stesso anno il governo indicò il suo nome quale rappresentante italiano nel consiglio generale della Reichsbank, secondo quanto stabilito dalle norme del trattato di pace tra gli Alleati e la Germania (Arch. stor. della Banca d'Italia, Rapporti estero, bobina 4, fotogrammi 2283 ss.).
Il F. era dunque uno degli uomini più in vista del mondo finanziario nazionale ed internazionale, "acuto ed eclettico" (Falck, In memoria di C. F., presidente della Banca Unione, p. 2), ricco di "una cultura vastissima nelle scienze economiche" (Corbino, In memoria di C. F., presidente del Credito Italiano, p. 8), eppure uomo semplice, modesto, dotato di un prudente realismo che veniva particolarmente apprezzato proprio nel difficile e complicato mondo finanziario. Considerato uomo di intelligenza superiore dai suoi amici e colleghi, tuttavia "non era, come si suol dire, un uomo brillante" (ibid.). E probabilmente proprio per tali motivi l'incontro con Giannalisa Gianzana (conosciuta alla Scala e frequentata soprattutto in casa Esterle), figlia di Mino Gianzana, direttore centrale della Banca commerciale, considerata una delle donne più belle di Milano, molto più giovane di Carlo (era nata nel 1903), brillante, vivace, di carattere quasi irrequieto, fu travolgente. Il fidanzamento durò solo quaranta giorni, dopodiché venne celebrato il matrimonio nel giugno del 1925, anno in cui il F. venne nominato commendatore dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Dal matrimonio l'anno successivo nacque Giangiacomo e nel 1927 Antonella.
Il F. raggiunse l'apice della sua carriera professionale nel 1928, quando, alla morte di Federico Ettore Balzarotti, venne nominato presidente del Credit, scelta che è considerata "indice di un lieve spostamento degli equilibri interni a favore della componente industriale" (G. Toniolo, in Il Credito italiano..., p. 116).
Nel corso dello stesso anno, dopo un viaggio al Cairo in qualità di presidente della Banca italo-egiziana, che prevedeva, nella parte ufficiale, su invito del re Fuad, anche la visita a Luxor e alla tomba di Tutankhamon, in compagnia del principe Umberto, i Feltrinelli vennero invitati nella tenuta di Umberto La Mandria. Qui, durante una battuta di caccia, Giannalisa Gianzana Feltrinelli venne ferita alla testa da un colpo di fucile sparato da Carlo Orsi, amministratore delegato del Credit, ferita che le causò la perdita dell'occhio destro.
L'andamento delle attività nel settore dei legnami non pare aver conosciuto difficoltà durante gli anni Venti e neppure durante la crisi dei primi anni Trenta; anche se i dati ufficiali dei bilanci della S.a. Fratelli Feltrinelli non sembrano evidenziarlo tanto chiaramente (addirittura il 1927si chiuse con una perdita di quasi 1.100.000 di lire), dalla documentazione preparata per ottenere finanziamenti dal Consorzio per sovvenzioni su valori industriali emerge infatti uno stato di salute considerato ottimale dai funzionari incaricati di vagliare tali pratiche prima dell'inoltro agli organi deliberanti: la gran parte dell'indebitamento era rappresentato da conti correnti degli azionisti, la famiglia Feltrinelli.
La società non ebbe infatti mai difficoltà nell'ottenere tali finanziamenti: 12 milioni nel 1925, 10 nel 1928, altri 15 nel 1932 (richiesti perché, dopo quattro anni di disordine organizzativo e finanziario nelle importazioni di legnami dall'URSS, dovuto al tentativo sovietico di trattare direttamente con i consumatori, l'impresa aveva ottenuto l'esclusiva delle importazioni e delle vendite in Italia di tutto il legname sovietico, ma con la clausola di dover versare al governo sovietico il 75% del prezzo all'atto dei ricevimento del materiale), anno in cui, peraltro, un informatore della polizia asseriva che la società aveva nascosto grosse perdite provocate da difficoltà sorte nelle attività in Austria (dove la Società Feltrinelli, venendo incontro alle pressioni dei governo italiano, interessato ad avere un ruolo proprio nella ripresa economica di quel paese, aveva rilevato la Drauland, la più importante società austriaca di sfruttamenti boschivi) e in Iugoslavia.
Nel 1935, invece, la richiesta non venne esaudita con la motivazione, piuttosto burocratica, che il Consorzio doveva riservare tutte le sue energie per le industrie che lavoravano per le produzioni belliche, ma forse non è privo di significato notare che nel frattempo il F. non era più membro del comitato centrale amministrativo del Consorzio stesso. D'altro canto a supporto delle richieste veniva speso proprio il nome del F., di cui si riconosceva non solo l'importanza in quanto industriale e finanziere, ma anche l'ampia solvibilità sua e del fratello Antonio, garantita, tra l'altro, da un patrimonio immobiliare personale di grandi proporzioni: 800 ettari di coltivo nelle province di Brescia e Mantova, a Milano uno stabile in via Romagnosi (dove viveva la madre del F. e di Antonio), uno in via Andegari (dove viveva il F. con la sua famiglia), otto in viale Pasubio, uno in via Col di Lana, due in via Pietro Custodi, una decina sparsi tra via Orefici, via Cesare Cantù e via Victor Hugo, sempre a Milano, ma attraverso la S.a. Edile per il centro di Milano, un numero imprecisato a Roma in via Merulana e via delle Terme di Diocleziano oltre al già ricordato gruppo di edifici che danno sulla porzione sinistra di piazza Esedra (Arch. stor. d. Banca d'Italia, Consorzio sovvenzioni su valori industriali, bobina 11).
Evidentemente, tuttavia, la carica e gli impegni di presidente del Credit dovevano assorbire la gran parte degli impegni professionali del Feltrinelli. Dei resto la situazione della banca dopo il 1928 si era fatta sempre più complessa. Il problema principale cui si trovava davanti, analogamente alla Banca commerciale, era quello di trovare gli strumenti per alleggerire un portafoglio titoli che si era andato appesantendo nel corso degli anni '20, in coincidenza di un progressivo mutamento delle "banche miste" in "banche holding". Nel giugno del 1929 il Credit costitui la S.a. Gestione valori (Ageva) con un capitale di 5.000.000 successivamente aumentato a 200.000.000. Compito dell'Ageva sarebbe stato quello di liberare la banca dal peso delle partecipazioni in molte società (La Centrale, Bastogi, Mediterranea, Pirelli, ecc.): la banca doveva insomma tornare a svolgere lavoro bancario vero e proprio, mentre l'attività di holding industriale poteva essere proseguita sotto altre forme.
Agli inizi del 1930 il Credit si trovò alle prese con un'operazione finanziaria di portata ben più vasta e complessa: la fusione con la Banca nazionale di credito (BNC), sorta sulle ceneri della Banca italiana di sconto, posta in liquidazione alla fine del 1921.
Nel corso della sua breve esistenza la BNC si era progressivamente impegnata nel finanziamento industriale specialmente nei confronti del gruppo Edison, divenendone anche il maggiore azionista e quindi uno degli artefici del sindacato di blocco del gruppo elettrico rinnovato a più riprese nel corso degli anni '20. La società elettrica milanese, a sua volta, era tra l'altro, uno degli azionisti più importanti della banca stessa ed il suo amministratore delegato, Giacinto Motta, era stato dapprima consigliere e poi, nel 1926, addirittura presidente della BNC. Gli intrecci azionari erano tanto avviluppati (Edison era anche tra i maggiori azionisti del Credit, mentre quest'ultimo vantava da tempo un cospicuo pacchetto di titoli Edison, ma anche della BNC che la complessa fusione tra BNC e Credit paradossalmente poteva contribuire anche a rendere più lineari certe partecipazioni incrociate. L'operazione, avviata nel 1929 e condotta in gran segreto, venne perfezionata nel corso dei primi mesi del 1930 con l'appoggio del governo (e, quindi, non è forse casuale che proprio in quell'anno il F. si decidesse a prendere la tessera del Partito nazionale fascista), che emanò alcuni decreti tesi a dichiarare di pubblico interesse tale fusione (il che significò, sul piano concreto, uno sgravio fiscale di non poco conto). Nel contempo vennero fuse tra loro anche le due maggiori società finanziarie dei due istituti, la Compagnia finanziaria nazionale del Credit e l'Istituto finanziario nazionale della BNC e la nuova società venne denominata Banca nazionale di credito, con l'aggiunta dell'aggettivo "Nuova" per evitare confusioni con la vecchia banca. Nella Nuova BNC confluirono in tal modo praticamente tutte le partecipazioni azionarie del Credit. Nello stesso tempo i principali azionisti della banca (Edison, Pirelli, Feltrinelli, La Centrale, la Fiat) si accordarono per la creazione di un nuovo sindacato di controllo dell'istituto di piazza Cordusio.
Il punto più basso della crisi, tuttavia, non era ancora stato toccato. Nel 1930 i depositi del Credit calarono del 14% rispetto a quelli dell'anno prima, tenuto conto anche della "vecchia" BNC. L'aggravarsi delle difficoltà nel corso dell'anno rese necessaria una seconda operazione, più radicale della prima e per la quale l'intervento del governo e della Banca d'Italia si configurò in maniera ancora più massiccia, ma soprattutto in forme nuove. Un decreto del 31 dic. 1930 stabilì l'erogazione di un mutuo infruttifero di 330.000.000 di lire a favore di una società, la Società finanziaria italiana (SFI), che ancora non esisteva e che il Credit ed i suoi "amici" (cioè i suoi maggiori azionisti) avrebbe costituito Solo il 27 genn. 1931. Appena sorta la SFI assunse dalla Nuova BNC le partecipazioni industriali meno appetibili, gravate da enormi perdite, mentre i pacchetti azionari delle società elettriche, telefoniche, immobiliari e un pacco di titoli del Credit restarono nelle mani della holding, che nel giugno del 1931 assunse il nome di Società elettrofinanziaria, il cui controllo rimaneva saldamente nelle mani del gruppo Feltrinelli-Pirelli-Motta.
Nella primavera del 1931 lo stesso gruppo tentò di portare a termine un'operazione che, se riuscita, gli avrebbe consegnato praticamente il controllo dell'intero settore elettrico. La banca ed alcuni dei suoi azionisti più fidati (La Centrale, il gruppo Edison) si diedero da fare per cercare di assumere il controllo della Bastogi, gestita a livello di controllo azionario in maniera paritetica dalle maggiori banche dal 1926, ma in realtà affidata all'autorità suprema di Alberto Beneduce, nominato presidente della società nel 1925 proprio a seguito di una prima battaglia, terminata apparentemente senza vinti né vincitori, che aveva visto fronteggiarsi la Banca commerciale e il gruppo Edison-Credit. Nel 1931 il gruppo dirigente del Credit era convinto - e lo scrisse a Mussolini - che il problema patrimoniale delle banche "non può risolversi e non si risolve indipendentemente dalla decisione che sarà presa circa l'avvenire delle aziende elettriche" (Arch. stor. della Banca d'Italia, Carte Beneduce, cartella mq). L'idea venne bocciata dal governo e dalla Banca d'Italia. Molto probabilmente dietro tale diniego stavano le opinioni di A. Beneduce, che ebbe facile gioco nel far respingere la logica tutta finanziaria del progetto di Feltrinelli - Pirelli - Motta.
L'approfondimento della crisi economica e finanziaria nel 1932 spinse ad accelerare la ricerca di una soluzione definitiva al problema bancario e del finanziamento industriale in Italia (la cui soluzione era stata solo avviata con la costituzione dell'Istituto mobiliare italiano [IMI] nel 1931). La situazione della SFI si fece particolarmente difficile, convincendo il gruppo di comando del Credit a concentrare i propri sforzi sul mantenimento del controllo dell'Elettrofinanziaria e della banca stessa. Una serie di incontri tra Mussolini e il F. nel corso del 1932 portarono alla decisione di alleggerire il Credit dal peso dei debiti della SFI attraverso l'intervento dell'Istituto di liquidazione, in modo da consentire alla banca di distribuire un dividendo. Ciononostante la vita dell'istituto continuò ad essere poco tranquilla, tanto che i suoi dirigenti richiesero un nuovo finanziamento a tasso agevolato di 400 milioni.
L'impossibilità di continuare nella ricerca di soluzioni tampone impose, in un certo senso (si trattava a questo punto di salvare in realtà la Banca d'Italia, esposta direttamente per tutte le operazioni messe in atto dal 1930 in poi a favore del settore industriale dell'economia per una somma pari al 54% della circolazione), la decisione di costituire, all'inizio del 1933, l'Istituto per la ricostruzione industriale (IRI).
Il passaggio allo Stato delle "banche miste" e delle loro finanziarie si perfezionò nel corso del 1934. A quel momento al vecchio gruppo dirigente del Credit e a Beneduce (quale presidente dell'IRI) stava a cuore trovare una soluzione alla questione sorta con la liquidazione dell'Elettrofinanziaria: retrocedere ai privati un pacchetto di circa 600.000 azioni Edison che si trovavano nel portafoglio titoli della holding e che costituivano il pacchetto di maggioranza relativa della società elettrica, circa un quinto dell'intero capitale. D'altronde, dal punto di vista dell'IRI c'era la necessità (non impellente peraltro, visto che controllava oltre i quattro quinti del capitale della banca) di recuperare un pacchetto di 50 mila azioni Credit detenuto dalla Edison. Il F., Motta, Pirelli e Beneduce si tennero costantemente in contatto per tutto il 1934, esaminando le varie possibilità per districare l'ingarbugliata situazione. L'accordo finale, messo a punto tra la fine del 1934 e l'inizio del 1935, prevedeva la costituzione di un sindacato guidato dalla Banca Unione, presieduta dal F., per l'acquisto ed il collocamento presso gli azionisti Edison di 550 mila delle 600 mila azioni nelle mani dell'IRI, un'operazione del valore di poco meno di 400 milioni di lire. Una grossa fetta delle 550 mila azioni, circa 200 mila, vennero rilevate da società del gruppo Edison, le quali per finanziare tale acquisto vendettero proprie obbligazioni al Credit, ancora presieduto dal F., malgrado il passaggio sotto le ali dello Stato della banca milanese.
Il F. cercò di inserirsi a titolo personale in una altra operazione di riprivatizzazione, quella della Società delle miniere di mercurio del monte Amiata, finita nelle mani dell'IRI dopo lo smobilizzo della Banca commerciale; il F. era entrato nel settore mercurifero nel 1925, costituendo la Società Argus per lo sfruttamento di una miniera di mercurio a Piancastagnaio, sul versante grossetano del monte Amiata. Il tentativo, avviato nei primi mesi del 1935, non andò tuttavia in porto (probabilmente per divergenze sul prezzo, ma forse anche perché non tutto il gruppo dirigente dell'IRI pensava davvero di cedere ai privati la società), anche se dimostrava la vasta poliedricità degli interessi del gruppo Feltrinelli, il quale, se avesse assunto il controllo della Monte Amiata, avrebbe conquistato una posizione dominante nel settore a livello mondiale.Malgrado lo Stato avesse assunto il controllo delle banche e quindi anche del Credit, il F. continuava ad essere uno dei più importanti finanzieri del paese e nel 1933 si attivarono le pratiche burocratiche per preparare la sua nomina a senatore, che peraltro non giunse mai. Arrivò, invece, nell'aprile del 1935, la nomina a cavaliere di gran croce della Corona d'Italia.
Presidente del Credit, egli era inoltre presente in numerosissime altre società: Edison (v.p., e p.dal 1930), Dinamo (c.), SME (c.), S.a. Elettrica interregionale cisalpina (c.), Soc. elettrica bresciana (c.), Tecnomasio Brown Boveri (c.), Ferrovie Nord (c.), Le Gallare (c.), Gorio (p.), Imprese generali (c.), Imprese italiane all'estero (c.), Ferrobeton (p.), Italcementi (c.), Pirelli (c.), F.lli Feltrinelli (p.), SniaViscosa (c.), Commercio coloniali droghe e medicinali (c.), Soc. edilizia per il centro di Milano (p.), Finanziaria ambrosiana (c.), Forestale Feltrinelli (p.), Soc. italiana per lavori marittimi (p.), Società per le strade ferrate del Mediterraneo (p.), Odorico e c. (c.), Saccarifera lombarda (c.), Société financière et industrielle d'Egypte (c.), Motor-Columbus (c.), Schweizerisch-Amerikanische Elektrizitätsgesellschaft (c.), e Rhätische Werke für Elektrizität di Thusis (c.; le ultime tre erano società svizzere).
Nel novembre del 1934 il F. incappò in un primo infortunio di carattere amministrativo, che non può essere sottovalutato alla luce di quanto sarebbe accaduto un anno più tardi. Alla S.a. Fratelli Feltrinelli venne contestata l'infrazione "di manifesta gravità" (Arch. stor. d. Banca d'Italia, Fondo rapporti con l'estero, serie Pratiche, busta 421, fasc. 6, Jung a Azzolini, 21 nov. 1934) di esportazione di valuta, in base alle norme in vigore all'epoca, molto severe in materia. La questione, tuttavia, venne risolta senza creare scandali con l'accettazione da parte del ministero delle Finanze di un'oblazione di 500.000 lire. L'8 dicembre dello stesso anno il governo emanò un decreto ancora più restrittivo in materia di esportazione di divise e di titoli. Il 26 ott. 1935 la Banca d'Italia trasmise alla sede di Zurigo della Società di Banca svizzera la richiesta della Banca Unione di mettere a disposizione dell'istituto di emissione le obbligazioni emesse negli Stati Uniti dall'Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità (ICIPU) per un valore di 152.000 dollari conservate in Svizzera a nome di Giannalisa Gianzana Feltrinelli. Due giorni dopo Mussolini, venuto in possesso di nuove informazioni su titoli posseduti da cittadini italiani in Svizzera, dispose l'interrogatorio da parte di un funzionario della sede milanese della Banca d'Italia della vecchia madre del F., l'ottantottenne Maria Pretz (all'epoca abitante a Gargnano sul Garda, dove la famiglia aveva fatto costruire un asilo, un ospedale ed un ricovero). Le domande dovevano riguardare il ritrovamento a suo nome presso la sede di Zurigo della Società di Banca svizzera di 165 kg d'oro e di titoli esteri per un valore di circa 2 milioni di lire. La Pretz, in considerazione della propria età, non seppe offrire risposte plausibili, mentre i figli Antonio e Carlo, sentiti il 30 ottobre, affermarono di ignorare la cosa, dando nel contempo disposizioni per far rientrare in Italia oro e titoli. Lo stesso F. si incontrò nel pomeriggio del 6 novembre col governatore della Banca d'Italia, V. Azzofini, per trovare una soluzione che impedisse l'avvio della procedura amministrativa contro la madre. Convinto di aver raggiunto l'accordo con Azzolini, il F. si recò il giorno dopo negli uffici della Banca d'Italia di Milano per consegnare la lettera che autorizzava la Società di Banca svizzera di Zurigo ad inviare all'istituto di emissione l'oro, ma qui il vicedirettore gli confermò invece che sarebbe stata ugualmente elevata la contravvenzione per omessa denuncia di possesso di titoli all'estero. Nel tardo pomeriggio il F. incontrò Beneduce (che era stato incaricato il giorno prima dal ministro delle Finanze di indurlo a dimettersi da presidente del Credit) nella sede milanese della Bastogi, alla presenza di Giacinto Motta.
Di fronte alla richiesta di Beneduce di dimissioni immediate da tutti gli incarichi in società controllate dall'IRI il F. ingerì una dose di veleno. La morte non fu immediata, ma sopraggiunse la sera successiva, l'8 nov. 1935, a Milano.
Per diversi mesi si rincorsero voci sulle cause del decesso: accanto a quella del suicidio prese corpo, ad un certo punto, quella del malore, giustificata dal fatto che il F. soffrisse di cuore. Poi sulla vicenda calò il sfienzio, né risulta - allo stato delle ricerche - che i motivi che portarono alla morte del F. avessero innescato conseguenze di alcun genere sul fratello Antonio o su altri familiari. La responsabilità di tutti gli affari di famiglia ricadde sulle spalle di Antonio, in perenne contrasto con la cognata, Giannalisa Gianzana Feltrinelli, dedicatasi con l'aiuto del padre, dopo la morte del F., alla gestione dell'eredità del marito. A tali difficili, se non burrascose, relazioni va probabilmente fatta risalire la decisione, divenuta esecutiva dopo la morte dello stesso Antonio, il 23 giugno 1942, pochi mesi dopo il suo matrimonio con Luisa Doria (celebrato il 3 ott. 1941), di cedere in eredità la maggioranza delle azioni della Società Fratelli Feltrinelli all'Accademia dei Lincei.
Fonti e Bibl.: Alcune informazioni, perlopiù di carattere privato, oltre ad un preciso albero genealogico della famiglia, mi sono state fornite dal dottor Carlo Feltrinelli, che ringrazio cordialmente. Le commemorazioni funebri per la morte del F., benché non esenti da qualche imprecisione, sono ugualmente interessanti: In memoria di C. F., 8 nov. 1935, Parole dette dall'avv. Edoardo Majno al Rotary Club di Milano il 12 nov. 1935, Milano 1935; O. M. Corbino, In memoria di C. F., presidente del Credito italiano, adunanza del consiglio d'amministrazione del Credito italiano in Milano, 18 dic. 1935-XIV, Milano 1935; G. E. Falck, In memoria di C. F., Presidente della Banca Unione, Milano 1935. Notizie di grande utilità si ritrovano nel fascicolo personale del F. in Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero degli Interni, Polizia politica;come pure nel fascicolo conservato nelle carte della Segreteria particolare del Duce, Carteggio ordinario, 11.817; in Archivio di Stato di Milano, Gabinetto di Prefettura, b. 1034; in Roma, Arch. stor. della Banca d'Italia, serie Rapporti estero, bobina 4 e busta 421, fasc. 6; Rapporti con l'interno, operazioni finanziarie, bobine 64, 87-88, 115; serie Ispettorato del credito, bobina 66; serie Consorzio sovvenzioni su valori industriali, bobina 11; serie Carte Beneduce, b. 290; Fondo liquidazioni, bobina 20; Milano, Arch. stor. della Camera di Commercio, Elenco ditte, registro ditte (ringrazio il dottor Giandomenico Piluso per questa segnalazione).
Per l'elenco delle cariche si veda, oltre alle commemorazioni, Credito italiano, Notizie statistiche sulle società italiane per azioni 1916, Milano 1917, ad nomen;Associazione fra le Società italiane per azioni, Notizie statistiche sulle Società italiane per azioni, edizioni del 1925, 1928, 1932, 1935, passim.
Varie informazioni sui diversi membri della famiglia Feltrinelli si ritrovano in S. Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra e a Versailles (diario 1917-1919), Milano 1937, pp. 168, 297; E. Scalfari, Storia segreta dell'industria elettrica, Bari 1963, pp. 18, 54; A. Confalonieri, Banca e industria in Italia 1896-1906, I-II, Milano 1975, ad Indicem;G. Mori, Ilcapitalismo industriale in Italia, Processo di industrializzazione e storia d'Italia, Roma 1977, ad Indicem;E. Cianci, Nascita dello Stato imprenditore, Milano 1977, pp. 195, 253 266; A. Confalonieri, Banca e industria in Italia dalla crisi del 1907 all'agosto 1914, Milano 1982, ad Indicem;F. Barbagallo, F. S. Nitti, Torino 1984, p. 251; E. Conti, Dal taccuino di un borghese, Bologna 1986, p. 84; La Breda. Dalla Società italiana Ernesto Breda alla Finanziaria Ernesto Breda 1886-1986, Milano 1986, pp. 21, 78, 142; C. Pavese, Le origini della Società Edison e il suo sviluppo fino alla costituzione del "gruppo" (1881-1919), in Energia e sviluppo. L'industria elettrica italiana e la società Edison, Torino 1986, ad nomen;G. Mori, Metamorfosi o reincarnazione? Industria, banca e regime fascista in Italia tra il 1923 e il 1933, in Studi in onore di A. Petino, I, Catania 1986, pp. 589, 591; D. Bigazzi, IlPortello. Operai, tecnici e imprenditori all'Alfa-Romeo 1906-1926, Milano 1988, p. 276; M. Doria, Ansaldo. L'impresa e lo Stato, Milano 1989, pp. 156 s.; A. Confalonieri, Considerazioni sull'esperienza del Credito italiano 1914-1933, in IlCredito italiano e la fondazione dell'IRI, Atti del Convegno di studi, Milano, 4ott. 1989, Milano 1990, passim;G. Toniolo, Crisi bancarie e salvataggi: il Credito italiano dal 1930 al 1934, ibid., passim;A. M. Falchero, La Banca italiana di sconto 1914-1921. Sette anni di guerra, Milano 1990, p. 197; B. Bottiglieri, SIP. Impresa, tecnologia e Stato nelle telecomunicazioni italiane, Milano 1990, p. 195; Archivio storico d. Banca commerc. ital., Collana inventari, s. 6, vol. III, Società finanziaria e industria italiana (SOFINDIT), Milano 1991, p. XX; La Banca d'Italia dal 1894 al 1913. Momenti della formazione di una banca centrale, acura di F. Bonelli, Roma-Bari 1991, p. 716; Storia dell'industria elettrica in Italia, I, Le origini: 1882-1914, a cura di G. Mori, Roma-Bari 1991, ad Indicem;L. Segreto, Monte Amiata. Il mercurio italiano. Strategie internazionali e vincoli extraeconomici, Milano 1991, pp. 92, 114 5 .; Storia dell'industria elettrica in Italia, 3*, Espansione e monopolio. 1926-1945, a cura di G. Galasso, Roma-Bari 1993, ad Indicem;G. Alvi, Dell'Estremo Occidente. Il secolo americano in Europa. Storie economiche 1916-1933, Firenze 1993, p. 208; L. Bortolotti-G. De Luca, Fascismo e autostrade. Un caso di sintesi: la Firenze-mare, Milano 1994, p. 50; A. Confalonieri, Banche miste e grande industria in Italia 1914-1933, I, Milano 1994, ad Indicem.