DURINI, Carlo Francesco
Nacque a Milano il 20 genn. 1693, ultimo dei nove figli di Gian Giacomo e di Margherita Visconti. La famiglia Durini, originaria di Como e trapiantata a Milano nel sec. XVII, aveva ottenuto nel 1651 da Filippo IV l'investitura della contea di Monza, divenendo una delle più ragguardevoli famiglie del patriziato milanese.
Il D. fu avviato ben presto alla carriera ecclesiastica. Laureato all'università di Pavia in utroque iure il 24 apr. 1714, Si trasferì a Roma ove venne nominato cameriere segreto di Clemente XI. Ordinato sacerdote il 3 febbr. 1725, tra quest'anno e il 1735 fu successivamente governatore delle città pontificie di Spoleto e Benevento, vicegovernatore di Fermo (nomina del 9 nov. 1730) e della provincia di Campagna e Marittima (nomina del lo luglio 1732). Il 4 apr. 1735 ricevette da Clemente XII l'incarico di inquisitore di Malta, dove giunse il 21 giugno seguente.
Nonostante che l'inquisitorato di Malta non fosse un ufficio particolarmente importante, il D. seppe mettere in luce qualità di attento osservatore e di capace diplomatico. Durante la sua permanenza nell'isola egli ricevette poche denunce in materia di fede e non dovette istruire alcun processo formale contro i cavalieri dell'Ordine di Malta, i quali proprio in quegli anni avanzarono alla S. Sede un memoriale in cui chiedevano di riottenere il privilegio di giudicare da soli i propri membri; ma la loro richiesta non venne accolta. Il compito del D. si esauri in un lavoro di ordinaria amministrazione, di tutela dei diritti ordinari della S. Sede e di informazione, con l'invio di rapporti quotidiani alla segreteria di Stato, circa l'eventuale arrivo nei porti dell'isola di bastimenti e rifornimenti e circa le scaramucce tra navi cristiane e barbaresche.
Nel febbraio del 1739 il D. ricevette da Roma la notizia della sua imminente nomina alla nunziatura di Lucerna in Svizzera. Il io maggio seguente, imbarcatosi su una nave francese, parti alla volta di Roma, dove, probabilmente durante questo soggiorno, fu nominato referendario delle due Segnature e poi, il 22 giugno, arcivescovo di Rodi in partibus infidelium. Consacrato il 5 luglio seguente, il 12 agosto ricevette la nomina ufficiale di nunzio in Svizzera.
Dopo un breve soggiorno a Milano, nell'ottobre 1739 il D. arrivò a Lucerna. I problemi di questa nunziatura erano di carattere soprattutto religioso e giurisdizionale, in quanto i rapporti della S. Sede con i protestanti erano particolarmente tormentati e improntati a una reciproca intransigenza.
Dai dispacci del D. traspare in continuazione la preoccupazione per l'espandersi degli "eretici" ai quali, dalle autorità cantonali, era stato concesso di istituire propri luoghi di culto. Altro genere di informazioni che il D. inviava al segretario di Stato, cardinal S. Valenti Gonzaga, erano quelle di ordine politico, trovandosi la Svizzera geograficamente posta tra due Stati tradizionalmente rivali come la Francia e l'Impero. Nel 1742 il nunzio si fece garante e promotore presso la S. Sede del processo di beatificazione di Pietro Canisio, il gesuita apostolo della Germania.
Il 10 genn. 1744 Benedetto XIV nominò il D. nunzio apostolico in Francia, una delle cariche più prestigiose della diplomazia pontificia.
Giunto a Parigi il 24 aprile, il D. si trovò a dover iniziare la sua missione in un momento politico di massima tensione sia all'interno della Francia, sia tra i grandi Stati europei impegnati nella guerra di successione austriaca. In Francia stava già emergendo la crisi istituzionale dell'ancien régime, che vedeva una monarchia sempre più debole di fronte all'ingerenza dei Parlamenti e incapace di risolvere i due grossi problemi della crisi finanziaria e della questione religiosa, centrata sugli insanabili contrasti tra giansenisti e gesuiti e complicata dal gallicanismo della maggioranza del clero francese che rifiutava l'autorità di Roma sul piano disciplinare.
Per quanto riguarda la politica internazionale, il D. fu impegnato soprattutto a rivendicare i diritti della S. Sede su Parma e Piacenza e a proclamare la neutralità del Papato nella guerra; compiti estremamente difficili sulla cui riuscita egli stesso spesso disperava: "Insomma parmi di scorgere da tutta la condotta di questi signori che si burlano di noi, e che alla fine di questa commedia tutte le bastonate caderanno sul dosso della S. Sede … perché costoro alle armi spirituali poco o nulla vi credono, e le temporali noi non le abbiamo" (dispaccio del 10 giugno 1748, in Calvi, p. 133). A questa sfiducia nella "possibilità di far valere le ragioni della S. Sede il D. improntò sostanzialmente la sua condotta nella gestione dell'"affare" di Parma e Piacenza durante la conferenza di pace di Aquisgrana, dove affiancò l'azione del rappresentante ufficioso del papa monsignor P.-L. Jacquet: data per scontata l'impossibilità di entrare in possesso dei ducati (cosa del resto accettata anche a Roma), egli ripiegò quindi prima sulla richiesta di riconoscimento del diritto d'investitura feudale del papa accontentandosi poi che questo non fosse concesso all'imperatore. Lo stesso Benedetto XIV, scrivendone a P. de Guerin, cardinal de Tencin (che dal papa era considerato il suo vero tramite con la corte francese a preferenza del riunzio), giudicò poco abile la condotta del D. in quel frangente disapprovando la "memoria" da lui presentata al ministro L.-Ph. Brulart, marchese di Puisieux (Le lettere di Benedetto XIV …, II, p. 61). Il papa, d'altra parte, stimò la dirittura morale del D. "che è un ministro apostolico juxta cor nostrum, vivendo come deve vivere un degno prelato, e dando edificazione coi suoi costumi e col suo esempio, avendo sempre avuto per una mezza eresia l'assunto di quelli, che vanno spacciando che non si puo far bene la figura del nunzio del Papa, se non si vive da ministro secolare, giuocando, e facendo anche peggio" (lettera del 14 ott. 1750: ibid., p. 321). Dopo Aquisgrana l'azione diplomatica del D. si concentrò sull'affare di Carpegna, città pontificia di cui l'Impero alla morte del conte si era impossessato, dichiarandola feudo imperiale.
In campo religioso, nei contrasti che dividevano monarchia e Parlamenti sulla questione giansenista, il D., pur prediligendo personalmente una linea più intransigente, adottò la cautela raccomandata da Benedetto XIV. Quando però cominciarono a circolare a Parigi voci sull'indifferenza del papa nei confronti del giansenismo, il D. chiese alla segreteria di Stato che Benedetto XIV rendesse ufficiale una presa di posizione, condannando l'opera Apologie de tous les jugements … di chiaro stampo giansenistico. Il papa accolse il suggerimento, ma allo stesso tempo rimproverò il D. di non aver saputo autonomamente chiarire quale fosse la linea pontificia su tale argomento smascherando le calunnie.
Il D. mostrò in quegli anni una particolare attenzione nel segnalare a Roma quei libri che riteneva "degni di censura", inviandone intere "casse"; uno zelo che venne giudicato dalla segreteria di Stato eccessivo, anche per la spesa che tali spedizioni comportavano. Anche in questo caso egli obbedi a malincuore, meravigliandosi che, mentre in Francia continuavano a uscire libri tanto pericolosi per la religione, "costi [a Roma] si vuole vivere nell'ignoranza totale di ciò" (Arch. segr. Vat., Segr. di Stato, Francia, Suppl. XII: lettera del 19 febbr. 1750). Le opere da lui denunciate erano per lo più quelle gianseniste, ma non mancavano nei suoi dispacci duri giudizi su quelle illuministiche: tra l'altro fu lui a denunciare e ad inviare a Roma L'esprit des lois di Montesquieu che fu poi trasmesso al S. Offizio; interessanti sono anche i suoi giudizi su Voltaire, "ormai troppo noto per le sue infamie" (ibid., Suppl. XIII/2: lettera del 26febbr. 1753), e sull'Encyclopédie, che cominciava allora ad essere pubblicata: "Ella è uno Zibaldone ripieno di errori e d'opinioni temerarie contro la Religione, e ve n'è per tutte le sette, secondo che ogn'uno vuole interpretare le dicerie mal compaginate di chi ha scritto gli articoli più per passione di trovar modo di spacciarle, che d'istruire della verità" (ibid., Suppl. XIII/1: lettera del 31 genn. 1752). I primi volumi pubblicati furono inviati a Roma dal D., su richiesta del cardinale Valenti Gonzaga, nell'aprile 1752.
Nel luglio 1753 il D. fu avvisato dal Valenti Gonzaga della fine della sua missione in Francia: il 23 luglio fu infatti nominato vescovo di Pavia. Egli rimase a Parigi fino al 4 novembre, poi lasciò come suo sostituto, in attesa dell'arrivo dei nuovo nunzio monsignor F. Gualterio, il nipote Angelo Maria Durini, del quale segui sempre da vicino, agevolandola, la brillante carriera ecclesiastica. Arrivato a Milano nel dicembre, dopo una sosta di circa un mese a Lione ove gli era giunta la notizia ufficiale dell'elevazione alla porpora (26 nov. 1753), vi si trattenne a lungo per curare gli affari di famiglia prima di effettuare l'ingresso nella sua diocesi.
Il desiderio di potersi recare a Roma per "rivedere e riabbracciare il mio antico lettore ed amico" Valenti Gonzaga poté essere realizzato soltanto un anno dopo, quando il 5 dic. 1754 ricevette la berretta cardinalizia e il titolo dei Ss. Quattro Coronati.
Nella sua azione pastorale privilegiò la formazione del clero e l'istruzione religiosa del popolo. Fece compiere lavori di ristrutturazione della cattedrale ed eseguire lavori di canalizzazione del Po per evitare le frequenti inondazioni che tormentavano il territorio a sud della città.
Nel 1769, dopo la morte di Clemente XIII, il D. si trovò tra i papabili. Alla vigilia del conclave egli risultava gradito sia ai Francesi sia agli Spagnoli, i quali desideravano appoggiare un candidato capace di flessibilità nell'affrontare le questioni giurisdizionali, dopo un pontificato che aveva visto una rigida contrapposizione tra le corti e la S. Sede. Ma in seguito il ministro francese duca di Choiseul pose alcune obiezioni sulla candidatura dei D., probabilmente perché questi aveva sempre dimostrato simpatia e legami con i gesuiti. Il D., gravemente malato, non poté recarsi a Roma per entrare in conclave: ciononostante sul suo nome confluirono alcuni voti fino al 14 maggio, due settimane prima dell'elezione di L. Ganganelli.
Il D. mori poco dopo, a Milano, il 25 giugno 1769.
Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Fondo concist., Acta cameraria, 37, f. 35; Proc. Dat., 116, ff. 156-164; Proc. Conc., 142, ff. 66-72; Segr. di Stato, Malta, 77-80, 153; ibid., Svizzera, 134-139; ibid., Francia, 442, 445-446, 446 A, 485-491, 614, Suppl. XII-XIII/1-2; Roma, Bibl. Angelica, cod. 1613: Memorie dei pontificato di Benedetto XIV, f. 132; Notizie per l'anno 1755, Roma 1755, p. 93; … 1768, ibid. 1768, p. 222; …1770, ibid. 1770, p. 126; … 1774, ibid. 1774, p. 125; F. Calvi, Un nunzio apostolico alla corte di Luigi XV re di Francia (lettere di mons. C. D.), in Curiosità stor. e diplomatiche del secolo XVIII, Milano 1878, pp. 31-303; Romanae beatificationis et canonizationis ven. servi Dei Innocentii papae XI. Summarium, Città del Vaticano 1943, p. 966; L. Berra, Ildiario del conclave di Clemente XIV del card. F. M. Pirelli, in Arch. della Soc. romana di storia patria, s. 3, XVI-XVII (1962-63), pp. 102, 108 ss.; Le lettere di Benedetto XIV al card. de Tencin, a cura di E. Morelli, I-II, Roma 1955-1965, ad Indices; F. A. Maroni, De Ecclesia et de episcopis papiensibus…, Romae 1757, pp. 53 s.; L. Cardella, Mem. stor. de' cardinali…, Roma 1797, p. 43; G. B. Marchesi, Un mecenate del Settecento, il cardinale A. M. Durini, in Arch. stor. lombardo, s. 4, II (1904), p. 53; R. Calzini, Il palazzo e la famiglia Durini in due secoli di vita milanese, 1648-1848, Milano 1923, ad nomen; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, 1-3, Roma 1933-34, ad Indicem; R. Shackleton, Montesquieu, Oxford 1961, pp. 372 s., 385; A. Bonnici, L'inquisizione di Malta 1561-1798, in Melita historica, V (1968), p. 5; Id., Evoluzione storico-giuridica dei poteri dell'inquisitore nei processi in materia di fede contro i cavalieri del sovrano Ordine di Malta, Roma 1970, p. 27; C. Baudi di Vesme, Studi sul XVIII secolo, Torino 1972, ad Indicem; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor. ecclesiastica, ad Indicem; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi…, VI, Patavii 1958, pp. 16, 328, 357; F. Calvi, Famiglie notabili milanesi…, I, Milano 1875, s. v. Famiglia Durini; Dict. d'hist. et de géogr. eccl., XIV, col. 1204.
F. Satta