FRASSINELLI, Carlo
Nacque ad Alessandria d'Egitto il 10 dic. 1896, figlio di padre ignoto e di Vittoria Frassinelli, donna di modesta condizione, proveniente da Ceneda (l'attuale Vittorio Veneto). Frequentò le scuole italiane, che lasciò a tredici anni per difficoltà familiari. Apprendista litografo, passò poi a imparare i rudimenti di composizione, stampa e legatoria. Diciassettenne, partì per Torino nel 1913, per frequentare i corsi serali della R. Scuola tipografica. Frattanto si guadagnava la vita in occupazioni diverse (fece anche la comparsa nel cinema), prima di essere assunto come operaio presso la ditta Nebiolo, fonderia di caratteri da stampa e fabbrica di macchine tipografiche e litografiche, per approdare poi nella tipografia L'Impronta di Terenzio Grandi. Costui, militante repubblicano, oltre a essere un democratico intransigente, amico e allievo politico di Arcangelo Ghisleri, era un maestro del settore tipografico, tutt'altro che insensibile al fascino esercitato dal movimento "novatore" di F.T. Marinetti, tanto da firmare, tre anni dopo l'arrivo del F. a Torino, un trattatello dal significativo titolo Futurismo tipografico. L'influsso del Grandi sul F. è indubitabile: fu grazie a lui che questi si appassionò alle nuove tendenze della grafica e dell'arte della stampa, di provenienza bauhausiana.
Si inscrive in tale quadro la collaborazione del F. a testate di settore quali Graphicus e Il Risorgimento grafico: su quest'ultima pubblicherà, nel 1921-22, una interessante serie di articoli intitolati alla Rivoluzione grafica. Nella grafica di una pagina, secondo il F. dovevano ritrovarsi unite "le proprietà del lirico e del logico": un precetto di cui farà tesoro F. Antonicelli, nella sua attività futura di direttore delle Edizioni Frassinelli. Parallelo fu l'avvicinarsi del F. al movimento futurista, come d'altronde testimonia la sostanza e talora la forma stessa dei suoi articoli su questioni grafiche e tipografiche, i quali gli fecero acquisire un certo credito, se, in occasione di un discorso torinese del Marinetti, il 24 apr. 1922, nell'ambito di una "esposizione futurista", poté essere proprio il F. a tenere una conferenza sul tema a lui congeniale della Rivoluzione grafica.
La manifestazione concludeva la Mostra d'arte futurista, inaugurata venti giorni prima dal Marinetti e alla quale l'Ordine nuovo condusse in visita organizzata i suoi lettori. Il quotidiano comunista pubblicò - anonimo, sebbene attribuibile al F. -anche un breve articolo che recensiva la mostra del futurista F. Depero (22 maggio 1922). I suoi rapporti con il movimento e con il suo leader sono testimoniati da qualche lettera del Marinetti, anche se il F. tenderà a rivendicare l'autonomia del proprio percorso "futuristico". D'altronde, l'elaborazione teorica del F. - con tutte le ingenuità dell'autodidatta - va più propriamente collocata nel clima di rinnovamento grafico determinato dal Bauhaus, dalla scuola sovietica e da quella statunitense. Essa non concerneva solo gli aspetti grafici della pagina, dei caratteri e delle righe tipografiche (al riguardo, egli voleva rendere vive le lettere, togliendo a esse una fissità che somiglia, a suo giudizio, al rigor mortis); era, altresì, attenta ai problemi tecnici dell'organizzazione del lavoro e alla tutela e valorizzazione della professione, agli sbocchi commerciali dell'arte tipografica.
Nel 1924 il F., con un capitale di 7.000 lire, avviò in proprio l'attività di tipografo. Era la stagione delle realizzazioni dopo quella delle idee: prevalevano, com'è ovvio, i lavori commerciali, ma i guizzi estrosi e l'abilità tecnica del F. si facevano sentire.
La varietà dell'ideazione e l'efficacia della realizzazione grafica del materiale autopubblicitario della Tipografia Frassinelli è sbalorditiva. "L'arte nostra è l'arte-mestiere… Eppoi l'arte nostra è commerciale perché necessita al commercio". Così si legge nelle manchette del periodico bimestrale La Via del successo commerciale, che il F. stampò tra il 1927 e il 1928.
Non cessava intanto la mediazione su principî, metodi e organizzazione del lavoro tipografico (proseguiva, sia pur ridotta, infatti la collaborazione alle testate di settore), mentre si aggiungevano responsabilità sindacali: il F. divenne capo della Comunità artieri della stampa, legatori e artieri del timbro, e in tale veste cercò di contribuire alla tutela e alla valorizzazione del settore, polemizzando senza sosta contro la "stampa brutta". Tutta l'attività del F. tipografo degli anni Venti può essere rubricata sotto i punti iniziali dell'ordine del giorno da lui presentato al primo congresso dell'artigianato (Roma, 17 nov. 1929): cioè che la "stampa bella ha di per se stessa un importante potere morale e psicologico" e che "essa non è semplicemente un mestiere od un commercio, ma uno strumento meraviglioso di educazione, elevazione ed espansione".
In quello stesso 1929, dimostrando una forte sensibilità alle problematiche dell'organizzazione del lavoro, il F. stampava e pubblicava La ricerca del costo in tipografia, traduzione e adattamento di un'opera di Roy Trewin Porte, pioniere dell'organizzazione tipografica nordamericana, autore di vari scritti e libri tecnici, che in quell'anno giungeva in visita in Piemonte. Il sistema Porte - si legge in un pieghevole di propaganda inviato dalla tipografia Frassinelli a tutti gli operatori del settore - "oltre ad apportare la tranquillità nel lavoro, aumenterà i profitti dei singoli, in modo certo".
Sul finire del 1931 veniva registrata presso la Camera di commercio, artigianato e industria di Torino la Ditta Carlo Frassinelli editore. L'attività editoriale non farà cessare la ricerca teorica e la sperimentazione pratica al tipografo: sono coevi alla nascita della casa editrice i primi lavori realizzati dal F. con la tecnica della serigrafia, che risultano essere anche i primi in Italia.
Il titolo d'esordio dell'editore - L'armata a cavallo di Isaak E. Babel´, nella traduzione di Renato Poggioli, con copertina di Mario Sturani - apparso nel 1932, fu il primo tomo della "Biblioteca europea", la collana più famosa della Frassinelli editore e una delle più celebri dell'intero panorama editoriale italiano del Novecento. Fin dal titolo, essa rinvia all'aura gobettiana che pervade la cultura torinese del dopoguerra: vi è vivissima l'ansia di fuoruscire dalla provincia Italia e il desiderio di dialogo con l'intellettualità d'oltre confine (e in specie d'Oltralpe). Ma, sulla scia dell'esempio vociano - il referente è soprattutto Prezzolini - vibra nelle imprese giornalistiche ed editoriali torinesi degli anni Venti l'aspirazione a un ricambio generazionale nella cultura, il bisogno di rinnovare le infrastrutture, l'esigenza di un generale ammodernamento delle istituzioni e l'ambizione a un riconoscimento del ruolo degli intellettuali (i quali sempre più vanno autoidentificandosi come gruppo sociale) da parte della società civile e politica. Le riviste di P. Gobetti, e specialmente l'ultima, Il Baretti (1924-28), l'avventura di mecenate e operatore culturale del finanziere R. Gualino (in specie il suo teatro di Torino), il lavoro artistico di F. Casorati, L. Spazzapan, G. Da Milano e del gruppo pur effimero dei "Sei", la Slavia, "società di traduzioni integrali in lingue estere" (fondata da A. Polledro nel 1926), la casa dei Fratelli Tipografi Ribet (poi Buratti), sotto le cui insegne vivrà per alcuni anni la collana "Scrittori contemporanei", diretta da M. Gromo, e un pulviscolo di iniziative e personaggi che si muovono sulla falsariga dell'editoriale di Gobetti sul primo numero del Baretti: Illuminismo (dicembre 1924). In questo clima, sia pure su di un percorso nel quale il crocianesimo è assai presente, maturano il gusto e le curiosità un po' snob di colui che è parte decisiva nell'avvio e nella successiva fama delle edizioni Frassinelli: Franco Antonicelli, prima direttore editoriale e poi, nell'ultimo periodo, anche socio nell'impresa. Accanto a lui un gruppo di eccezionali collaboratori che traducono, scrivono introduzioni, suggeriscono testi: un nome per tutti, Leone Ginzburg, che pur non comparendo nell'impresa ne è senz'altro uno fra i consiglieri più lungimiranti.
La "Biblioteca europea" pubblicherà in tutto nove titoli: dopo Babel´, Moby Dick di H. Melville, Riso nero di Sh. Anderson e Dedalus di J. Joyce (tutti tradotti da Cesare Pavese); La luna dei Caraibi e altri drammi marini e L'imperatore Jones di E. O'Neill, nella traduzione di Ada Prospero; Il processo di F. Kafka nella versione di Alberto Spaini; Le Avventure di Huck Finn di M. Twain, nella versione di Luigi Berti; i racconti di Kafka raccolti sotto il titolo Il messaggio dell'imperatore, tradotti da Anita Rho; Il principe Otto di R.L. Stevenson, nella versione di Enzo G. Giachino. Tutti questi volumi si segnalano per l'eleganza tipografica, l'accuratezza della legatura, la qualità della carta e le copertine fantasiose disegnate da artisti come L. Chessa. Nell'insieme una raccolta eccezionale per qualità dei titoli, per rigore delle traduzioni, per veste grafica. Nel periodo antonicelliano escono anche, nel 1933, in contemporanea con l'analoga iniziativa dell'editore Nerbini di Firenze (e la cosa provocherà un contenzioso giudiziario), due album dedicati al personaggio di Walt Disney già popolare in molti paesi oltre gli USA: Le avventure di Topolino (Mickey Mouse), che in antifrontespizio recano la dicitura: "A cura di Antony" (cioè Antonicelli, col quale però collabora per la traduzione, in ottonari, Pavese).
Poi il sodalizio tra il F. e l'Antonicelli si ruppe: in parte influì la condanna di questo nel 1935 al confino; ma contò specialmente il contrasto tra due personalità forti, entrambe portate a decidere da sole; qualche ombra nel periodo della forzata assenza di Antonicelli venne dalla collaborazione di Giacomo Debenedetti, un episodio infelice, che lascerà uno strascico di polemiche. Pur rinunciando al titolo "Biblioteca europea" (ceduto ad Antonicelli, a seguito di una transazione sopraggiunta dopo aspri contrasti) il F. continuerà la sua attività editoriale, grazie al gruppo di collaboratori radunati da Antonicelli. L'attività, pur ridotta, sarà, almeno inizialmente all'altezza dell'esordio, specie nella "Collana di romanzi", erede della "Biblioteca europea", nella quale uscirà, nel 1945, il Siddharta di H. Hesse, nella traduzione di Massimo Mila, non soltanto il titolo di maggior successo dell'editore ma, in seguito, uno dei titoli più ristampati di tutta la storia editoriale italiana. Collezioni minori avranno poco respiro: nella "Collana di poesia", già avviata da Antonicelli, si segnala, nel 1941, il primo titolo di Lalla Romano, Fiore.
Nel 1940 il F. ritornò all'elaborazione teorica con il Trattato di architettura tipografica che avrà un'edizione spagnola (1948) e una seconda edizione (1955). L'attività editoriale proseguirà nel secondo dopoguerra, in tono minore, ma dignitosamente, specie per quel che attiene alla veste grafica dei volumi: infine nel 1965 il F. cedette sigla e catalogo all'editore Adelphi; quindi, nel 1982, saranno rilevati dalla Sperling & Kupfer.
Il F. morì a Torino il 17 nov. 1983.
Fonti e Bibl.: Torino, Archivio Frassinelli; Ibid., Archivio del Centro "P. Gobetti"; Livorno, Archivio della Fondazione "F. Antonicelli"; A. d'Orsi, Un profilo culturale, in V. Castronovo, Torino, Roma-Bari 1987, pp. 574-579; Id., Fra Gobetti ed Einaudi. L'editoria "giovane" a Torino, in Piemonte vivo, XXII (1988), 4, pp. 12-21; Id., Il sodalizio con F.: un'avventura editoriale nella Torino degli anni Trenta, in Il Coraggio delle parole. F. Antonicelli vent'anni dopo… Atti del Convegno, Livorno… 1994, a cura di E. Mannari, Livorno 1996; Letteratura italiana. Gli autori. Diz. bio-bibliografico…., ad vocem.