CAPRA, Carlo Giuseppe
Quartogenito di Carlo Francesco conte d'Azzano e di Maria Caterina Robbio di San Raffaele, nacque ad Asti il 6 maggio 1712. Si laureò inutroque iure all'università di Torino il 3 giugno 1733 e fu ordinato sacerdote il 12 apr. 1735. Eletto a ventiquattro anni canonico del duomo di Asti, fu successivamente vicario capitolare alla morte del vescovo Giovanni Todone (4 marzo 1739) e vicario generale di mons. Giuseppe Filippo Felissano. Promosso vescovo di Acqui il 17 febbr. 1755, fu consacrato a Roma dal card. C. A. Guidobono Cavalchini il 23 febbraio.
Nell'amministrare la diocesi il C. si mosse nell'ambito di una religiosità giurisdizionalista, tendenzialmente autoritaria e rigorista, poco sensibile alle istanze riformatrici tipiche dell'illuminismo italiano. Le prime difficoltà di governo pastorale gli provennero in parte dalla condizione geografica della diocesi, avente sede negli Stati sabaudi, ma con le comunità di Ovada, Sassello e altre minori in territorio genovese.
I rapporti di un carmelitano residente a Cremolino con contrabbandieri diedero motivo più volte al C. per chiedere la riforma o anche la soppressione dei piccoli conventi, nei quali a suo giudizio i superiori religiosi inviavano personale mediocre o insubordinato (Arch. di Stato di Torino, sez. I, Lettere vescovi,Acqui, 16 ag. 1755; 12ott. 1765; 10genn. 1767; 18 luglio 1772). D'altra parte appoggiandosi ora all'autorità della corte di Torino ora a quella della S. Sede cercò di colpire preti diocesani dediti al commercio e curatori d'affari a nome di congiunti (Arch. Segr. Vat., Visite ad limina, 31 dic. 1757; 22 marzo 1769; 15 luglio 1772). Attorno al '60 riuscì a costruire un nuovo seminario secondo i progetti di Bernardo Vittone elaborati per incarico del precedente vescovo di Acqui, Alessio Ignazio Marucchi.
Nel governo pastorale il C. fece leva su metodi già sperimentati: visita pastorale, sacre missioni ed esercizi spirituali, catechesi, attivismo delle confratemite e in particolare della Compagnia delle figlie di Maria. Su queste associazioni cercò di fare leva per sradicare dalle festività religiose le costumanze dei balli pubblici e delle fiere. Soprattutto negli ultimi anni poté contare sull'opera persuasiva di confessori suoi fidi. Ma la reazione esplose aperta nell'ultimo suo triennio di vita, alimentata dallo stesso governatore di Acqui, cavaliere di Valgrana, e da elementi della borghesia.
Ai forestieri che si recavano ad Acqui per i bagni termali, la città era presentata come "sede di un rigorismo ingiusto" (il C. al ministro degli Affari interni, 21 ott. 1769) e il vescovo era screditato come "stravagante" "fanatico ngorista" (id., 13 apr. 1770). Il vescovo chiedeva l'appoggio del sovrano. "Certa fazione - scriveva il 21 ott. 1769 - debilitata, ma non estinta, sa prevalersi di tutte queste cose per vendicarsi di me, supposto autore della sua caduta". Il 7febbr. 1770chiese la punizione di un giovane notaio, Giuseppe Caldono, che a Strevi, stando con "petulanza" il viceparroco che predicava, "si mise ad alta voce a domandargli conto dei compagni poco per altro al pari di lui timorati di Dio", Intervenne anche per impedire che accanto a un monastero di benedettine a Nizza Monferrato fossero costruiti un filatoio e un mulino, appellando a disposizioni relative agli opifici nelle città e alla quiete monacale da rispettare (al ministro degli Affari interni, 3 apr. 1756; 1º sett. 1770).
Cercò di animare istituzioni caritative in favore dei pellegrini e dei carcerati, distribuzione di alimenti ai poveri, assistenza gratuita agli ammalati indigenti, sussidi ai parroci privi di beneficio adeguato, doti alle fanciulle bisognose. Con testamento del 17 dic. 1772 costituì erede universale l'ospedale di Acqui con l'obbligo di aprire un orfanotrofio. Morì ad Acqui il 22 dic. 1772. Il giansenista Michele Gautier, scrivendo a Carlo Giulio il 15 ott. 1800, menzionò il C. tra i migliori vescovi del '700 subalpino (Savio, Devoz., p. 494) e il Biorci lo presentò come "il più insigne benefattore della chiesa d'Acqui dopo S. Guido" (Antichità..., II, p. 263).
Fonti e Bibl.: Acqui, Archivio della Curia vescovile, Serie vescovi (da ordinare); Ibid., Arch. dell'Ospedale (carte della famiglia Capra); Asti, Arch. capit. della cattedrale, Decreta capitularia, voll. XV e XVI, passim; Arch. di Stato di Torino, sez. I, Lettere vescovi,Acqui; Ibid., Vescovadi in generale, mz. Id'addiz.; Ibid., Vescovadi,Acqui; Torino, Bibl. reale, ms. Misc. 58.1/26; Arch. Segr. Vat., Proc. Dat., 1755, ff.25-33; Ibid., Lettore vescovi, vol. 270, f 153 (il C. al card. segr. di Stato, 10 settembre 1755); Ibid., Archivio della Sacra Congregazione del Concilio,Visite ad limina,Acqui; Notizie di Roma per l'anno 1772, Roma 1772, p. 129; P. G. Boatteri, Serie cronologica-storica de' vescovi della Chiesa d'Asti, Asti 1807, p. 142; G. Biorci, Antichità e prerogative d'Acqui Staziella..., II, Tortona 1819, pp. 263-265; Id., Appendice alla storia acquese, Tortona 1820, p. 77; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XIV, Venezia 1858, p. 154; O. Iozzi, Il Piemonte sacro, I, Acqui 1881, pp. 310-312; A. Manno, Bibliogr. storica degli Stati della monarchia di Savoia, II, Torino 1891, nn. 6538, 6623; P. Savio, Asti occupata e liberata (1735-1746), I, Asti 1927, pp. 22-25; Id., Devozione di mgr. A. Turchi alla S. Sede, Roma 1938, pp. 119, 494; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica, VI, Patavii 1958, p. 93.