GNOCCHI, Carlo
Nacque a San Colombano al Lambro (Milano) il 25 ott. 1902 da Enrico e Clementina Pasta.
Originari di Gallarate, i genitori si trasferirono a San Colombano al Lambro dove il padre esercitava l'attività di artigiano del marmo. Nel 1907 la morte di quest'ultimo, dovuta alla silicosi, rese ancora più precarie le condizioni della famiglia e la madre si trasferì a Milano, continuando a svolgere il proprio mestiere di sarta; la sua vita fu poi dolorosamente segnata dalla prematura scomparsa dei due figli maggiori, affrontata con la profonda fede religiosa che ne aveva sempre caratterizzato l'esistenza.
Lo G. maturò ben presto la vocazione al sacerdozio, assecondato dalla madre che lo avrebbe costantemente seguito. Nel 1915 entrò nel seminario di S. Pietro martire a Seveso per la terza classe ginnasiale, passando quindi al liceo del seminario di Monza, dal 1918 al 1921, e sostenendo brillantemente gli esami di licenza presso il liceo Parini di Milano; infine, dal 1921 al 1925, seguì i corsi di teologia nel seminario maggiore di corso Venezia a Milano, per essere ordinato sacerdote dall'arcivescovo E. Tosi il 6 giugno 1925.
All'interno dei seminari ambrosiani lo G. conobbe l'impostazione data agli studi dal predecessore del Tosi, il cardinale A.C. Ferrari, arcivescovo dal 1894 al 1921. Il rigore teologico era accompagnato da una viva attenzione alla cultura contemporanea - oggetto di non poche accuse di modernismo da parte di ambienti tradizionalisti e della stessa Curia romana - e soprattutto da una non comune sensibilità sociale. Lo G., di temperamento vivace e intraprendente oltre che studioso, ebbe modo di conoscere le figure più rappresentative della Chiesa ambrosiana di quel periodo, mentre la prospettiva dell'apostolato e dell'impegno sociale si legava, dopo la fine delle libertà politiche e sindacali, alle organizzazioni dell'Azione cattolica, il cui sviluppo era al centro della pastorale diocesana.
Nel luglio 1925 lo G. fu inviato come coadiutore a Cernusco sul Naviglio, dove si occupò dell'oratorio dimostrando una grande capacità nell'affrontare i problemi giovanili. Già l'anno seguente, nel luglio 1926, fu chiamato con il medesimo ruolo presso l'importante e popolosa parrocchia cittadina di S. Pietro in Sala, allora molto composita riguardo alla condizione sociale dei suoi abitanti.
Qui, insieme con don C. Dameno, rinnovò largamente l'oratorio, aprendolo ai ragazzi più giovani e dando vita a numerose iniziative teatrali, sportive, alpinistiche, ben al di là del consueto ambito devozionale e ricreativo. In questo periodo ebbe modo di approfondire il rapporto con un protagonista dell'azione caritativa del primo Novecento, don L. Orione, attivo a Milano nel territorio parrocchiale.
L'attività svolta dallo G. divenne ben presto assai nota presso l'opinione pubblica locale e la Federazione oratori milanesi gli affidò una serie di conferenze, poi raccolte in volume (Andate ed insegnate. Conferenze per educatori nell'oratorio e nell'Azione cattolica, Milano 1934), da cui emerge una visione innovativa e correlata alla nascente società di massa. In questo periodo, lo G. entrò anche in contatto con le organizzazioni giovanili del regime, divenendo nel 1933 cappellano della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale per la II legione della Milizia speciale universitaria "Arnaldo Mussolini".
Da un impegno di cui si sottolineava il senso soprattutto pastorale, nacquero le riflessioni apparse nel 1934 sulla Rivista del clero italiano e pubblicate separatamente (L'insegnamento religioso nell'Opera nazionale balilla, Milano 1934), nonché la piccola raccolta, uscita anonima, de I valori dello spirito. Pensieri estratti dagli scritti e discorsi di Mussolini (Roma 1936), che rispondeva da una parte a una finalità didascalica e s'inseriva dall'altra in un clima di entusiasmo patriottico largamente diffuso.
Il ruolo ormai assunto dallo G. nel campo dell'educazione cattolica milanese fece sì che l'arcivescovo cardinale A.I. Schuster lo nominasse, nel 1936, cappellano e direttore spirituale presso l'Istituto Gonzaga, una fra le più grandi e prestigiose istituzioni scolastiche della città, diretta dalla Congregazione dei fratelli delle Scuole cristiane, fondata da s. Giovanni Battista de La Salle.
Lo G. poté, così, svolgere un'opera educativa a lui particolarmente congeniale, venendo a contatto con famiglie di elevata condizione che coinvolse in numerose iniziative di carità; profondo e improntato a reciproca stima fu il rapporto con la comunità religiosa lasalliana, i cui membri, non sacerdoti, avevano come missione quella dell'insegnamento scolastico e che, non a caso, sarebbero stati i suoi primi collaboratori nel dopoguerra.
In questi anni lo G. si dedicò altresì a un'intensa attività pubblicistica e di conferenziere, da cui ebbero origine scritti destinati a conoscere una larga diffusione, come Agli uomini di buona volontà. Leggendo l'enciclica "Divini Redemptoris", (Roma 1937), Educazione del cuore. Dall'infanzia al matrimonio (Torino 1937), La direzione spirituale nella preparazione dei giovani alla famiglia (Milano 1939), I giovani del nostro tempo e la direzione spirituale (Roma 1940), Il problema del cinema (ibid. 1940).
Educazione del cuore, in particolare, fu un testo che affrontava in modo originale temi fino a quel momento trattati in chiave spesso moralistica, ponendo l'accento sullo sviluppo armonico della persona, con un significativo rimando a un autore come A. Rosmini. In realtà tutti i lavori dello G. rispecchiavano l'esigenza di un confronto con la modernità in ogni suo aspetto, con una singolare apertura al progresso scientifico e tecnico.
Nel corso del secondo conflitto mondiale, dopo l'entrata in guerra dell'Italia (1940), lo G. manifestò l'intenzione di seguire i giovani della II legione affidati alle sue cure e fu, quindi, arruolato come cappellano nel battaglione "Val Tagliamento" della divisione "Julia", inviato in Albania e impegnato in operazioni di guerra fra il marzo e l'aprile 1941, rimanendo al fronte fino a ottobre. L'esperienza dei Balcani lo segnò profondamente, anche per la durezza di combattimenti che coinvolsero la stessa popolazione civile, e al suo ritorno al Gonzaga iniziò a dedicarsi alle famiglie e agli orfani dei caduti, utilizzando a questo scopo la rete di sostegno ai militari da lui stesso creata nell'istituto con l'appoggio del direttore e amico fratel G. Gallo.
Alcuni scritti dello G. relativi all'esperienza bellica, pubblicati su varie testate, furono raccolti in un piccolo volume che avrebbe poi conosciuto un larghissimo successo di pubblico, Cristo con gli alpini (Lecco 1942).
Nel luglio dell'anno successivo - come d'altra parte lui stesso aveva richiesto, nonostante gli inviti di quanti volevano trattenerlo a Milano - fu mobilitato, quale cappellano con il grado di tenente, nei ranghi della divisione "Tridentina", destinata al fronte russo. L'intero corpo d'armata alpino si attestò sul Don, fino alla tragica ritirata del gennaio 1943, della quale lo G. fu partecipe con atti di grande abnegazione, unanimemente attestati dalla memoria collettiva e che gli valsero la medaglia d'argento; egli stesso avrebbe di lì a poco ripreso i momenti essenziali della dura esperienza di guerra nella seconda edizione di Cristo con gli alpini (ibid. 1943).
Agli inizi dell'aprile 1943 lo G. riprese il suo posto al Gonzaga, ma si dedicò, ancor più che nel precedente periodo di congedo, all'assistenza alle famiglie dei moltissimi caduti e dispersi, con una particolare attenzione ai bambini, attività in cui trovava riscontro il proposito, maturato sul fronte russo, di indirizzare il seguito della sua esistenza a "un'opera di carità" rispondente alle drammatiche necessità del momento. Ai molteplici contatti stabiliti in questa prospettiva, si aggiunse, all'indomani dell'8 sett. 1943, l'attività più specificamente mirata ad aiutare i perseguitati politici, alla luce di una recisa condanna non solo del fascismo di Salò ma dell'intera esperienza del regime, come emerge da numerose testimonianze e dalla successiva riedizione di Cristo con gli alpini (Brescia 1946).
Queste circostanze lo portarono, insieme con alcuni religiosi del Gonzaga e con altri sacerdoti ambrosiani, come l'amico don G. Barbareschi, a entrare in rapporto con gli ambienti della Resistenza e a una fattiva opera in favore dell'ospitalità e dell'espatrio clandestino in Svizzera, attraverso la Val d'Intelvi, di ebrei, militari, ricercati; a ciò si unì la collaborazione al quotidiano cattolico L'Italia, con articoli certamente non allineati al governo di Salò. Si recò personalmente in terra elvetica, per portare soccorso agli internati italiani, prendendo al tempo stesso contatto con gli Alleati, anche se talune perplessità sul suo ruolo nel periodo precedente la guerra ne limitarono l'azione.
Il rapporto dello G. con la Resistenza e, in particolare, con l'organizzazione delle Fiamme verdi fu, comunque, continuo: arrestato una prima volta e rinchiuso nel carcere milanese di S. Vittore nell'ottobre 1944, fu liberato per intervento del cardinale Schuster. Ricercato di nuovo per i suoi legami con il Comitato di liberazione nazionale, si rese irreperibile per tornare definitivamente a Milano nei giorni della Liberazione e adoperarsi, grazie al suo prestigio personale, per scongiurare vendette e favorire un clima di pacificazione.
Negli ultimi mesi del conflitto lo G. attese alla stesura di un altro fortunato volume, Restaurazione della persona umana (Brescia 1946), in cui era affrontato il problema della democrazia in rapporto a un nuovo ordine sociale ispirato dal cristianesimo, quale da più parti si auspicava per il dopoguerra.
La preoccupazione maggiore dello G., comunque, era l'assistenza alle giovani vittime della guerra, alla luce dei rapporti che aveva instaurato con le famiglie dei caduti e dei dispersi. Fin dal 1945, fra l'altro, la prefettura di Como gli aveva affidato la direzione dell'Istituto grandi invalidi di Arosio, dipendente dall'Opera nazionale invalidi di guerra, dove accolse il primo gruppo di orfani.
Nel giugno 1945 si costituì a Milano l'Associazione amici di Arosio, primo nucleo delle future realizzazioni dello G., formata da nomi illustri della politica, dell'imprenditoria e dell'arte milanesi, che aveva il compito di sostenere - nella sede di Arosio e in altre, messe in quel periodo a disposizione - l'ospitalità degli orfani e soprattutto dei "mutilatini", i numerosi bambini colpiti da ordigni esplosivi. Lo G. fu colui che maggiormente si fece carico, sul piano nazionale, di questo gravissimo problema, adoperandosi non solo per consolidare la sua iniziativa, che andava nel frattempo espandendosi, ma anche per sensibilizzare l'opinione pubblica e favorire un intervento di tipo nuovo, non più di carattere meramente assistenziale e di semplice ricovero.
Egli fu autore di numerosi interventi giornalistici e promosse iniziative di grande risonanza, quali la Catena della felicità in tutti i comuni d'Italia, fra l'ottobre e il novembre 1948; la trasvolata oceanica dell'"Angelo dei bimbi", fra Milano e Buenos Aires, compiuta da due aviatori nel gennaio 1949 e il raid motociclistico Milano-Oslo del luglio successivo. Lo G. rivolse altresì grande attenzione al mezzo radiofonico, con continui e appassionati interventi, e a quello cinematografico, facendo realizzare cortometraggi di larga diffusione.
Il 12 ott. 1948 lo G. fondò a Milano la Federazione Pro infanzia mutilata, che ottenne il riconoscimento giuridico nel marzo successivo e che, il 3 marzo 1951, divenne la Fondazione Pro iuventute, con sede legale a Roma e amministrativa a Milano, riconosciuta a sua volta con decreto del presidente della Repubblica l'11 febbraio dell'anno successivo.
La realtà creata dallo G. crebbe in misura notevole con l'apertura di nuovi collegi, grazie a donazioni e anche ad acquisti, o per l'affidamento a essa di istituti dell'Opera nazionale invalidi di guerra: nel giro di pochi anni furono inaugurati i centri di Parma, di Pessano, di Mignanego ai Giovi, della "Rotonda" di Inverigo, di Roma, di Torino, di Salerno, di Pozzolatico presso Firenze, centri che arrivarono a undici nel 1952. Mentre l'attività nei collegi femminili fu affidata a diverse congregazioni religiose, i collegi maschili furono messi sotto la responsabilità dei fratelli delle Scuole cristiane. Nel 1955 fu posta la prima pietra della realizzazione che più stava a cuore allo G., il centro pilota di Milano, destinato alla cura e alla ricerca scientifica, poi inaugurato nel 1960.
In questa rapida, e per molti versi sorprendente, espansione della Fondazione voluta dallo G. ebbe un peso decisivo l'appoggio della presidenza del Consiglio, nonostante il ruolo preminente che, nel 1950, il Parlamento aveva accordato all'Opera nazionale invalidi di guerra nell'assistenza ai mutilati. Ma lo G., oltre a ottenere cospicui finanziamenti statali, riuscì anche a entrare nel consiglio d'amministrazione dell'opera, mentre si determinava una situazione singolare in quanto la Pro juventute ebbe di fatto una delega per tutto quanto riguardasse i minori, settore nel quale l'ente pubblico aveva obiettive difficoltà a intervenire.
Lo G. conobbe, quindi, anni di attività particolarmente intensa, dando vita a iniziative anche sul piano internazionale e ravvisando in tutto questo il vero compimento della sua vocazione sacerdotale, come emerge dalle pagine di un altro libro, completato poco prima della morte, Pedagogia del dolore innocente (Brescia 1956). Dopo aver assunto il ruolo di assistente ecclesiastico presso l'Università cattolica, che conservò per un breve periodo, lo G. lasciò l'incarico al Gonzaga nel 1946, mantenendo un intenso contatto con l'ambiente dell'istituto, che sostenne largamente la sua opera, e con la congregazione religiosa che in quel momento assumeva appunto la direzione dei collegi maschili. Un religioso del Gonzaga, il professor G. Bonetto (fratel Beniamino delle scuole cristiane), divenne il principale collaboratore dello G. sul piano scientifico, compiendo significative ricerche di pedagogia e psicologia differenziale. Nel frattempo venivano conseguiti importanti risultati in campo rieducativo, scolastico, professionale e già nei primi anni Cinquanta si registrava l'apertura di un nuovo settore d'intervento, quello dei poliomielitici. Era questo un indirizzo in sintonia con la prospettiva delineata dallo G., da un lato aperta al metodo e al progresso medico-scientifico, dall'altro pronta ad affrontare qualsiasi nuova esigenza potesse presentarsi, come i successivi sviluppi della Fondazione, in ambiti diversi, avrebbero dimostrato.
Gli ultimi anni di vita, prima che un gravissimo male lo colpisse, furono per lo G. segnati soprattutto, come si è già accennato, dall'apertura al problema dei poliomielitici e da un ruolo sempre maggiore, per autorevolezza e popolarità, all'interno della Chiesa italiana. A Milano, in particolare, si consolidò il rapporto di stima e di amicizia con il nuovo arcivescovo G.B. Montini, che fu molto vicino alla Fondazione, come già in precedenza lo era stato da sostituto presso la Segreteria di Stato vaticana.
Lo G. morì a Milano il 28 febbr. 1956.
La sua scomparsa suscitò un generale compianto e un'emozione accresciuta dalla donazione delle cornee, che permise a due giovani di riacquistare la vista. La sua vita fu subito oggetto di una vasta memorialistica e di numerosi interventi giornalistici; nel 1987 è stato aperto il processo di beatificazione. La Fondazione è divenuta, nel 1958, Fondazione pro iuventute Don C. Gnocchi e, nel 1998, Fondazione Don C. Gnocchi - ONLUS (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale).
I più importanti lavori dello G., già citati, con l'eccezione di quello anonimo, dopo aver conosciuto diverse edizioni, tuttora in corso, sono raccolti in Gli scritti 1934-1956, Milano 1993 (con introduzioni critiche di A. Rimoldi - E. Apeciti).
Fonti e Bibl.: I principali documenti sulla vita e l'attività dello G. si conservano a Roma presso l'Archivio dell'Ordinariato militare d'Italia, a Torino presso l'Archivio provinciale dei fratelli delle Scuole cristiane e a Milano presso l'Archivio storico diocesano e l'Archivio della Fondazione Don C. Gnocchi - ONLUS.
Fra le numerose biografie dello G., spesso legate a testimonianze di varia natura, vanno ricordate: A. Riccardi, Don C. G., Bologna 1966; I. Belski Lagazzi, Don C. G. L'apostolo dei mutilatini, Modena 1968; E. Semenza - A. Colombo, Don C. G. un uomo del suo tempo, Pavia 1987; F. Pallavera, Don C. G., San Colombano al Lambro 1987; E. Bergadano, Don G. Un alpino per l'infanzia derubata, Milano 1993; R. Parmeggiani, Ho conosciuto don G. I testimoni raccontano, prefaz. di G. Andreotti, Milano 2000. Sul ruolo dello G. quale cappellano della Milizia si veda M. Franzinelli, Stellette, croce e fascio littorio. L'assistenza religiosa a militari, balilla e camicie nere 1919-1939, Milano 1995; sull'esperienza della guerra è di particolare importanza A. Del Monte, Don G. Ritorno alle sorgenti, Casale Monferrato 1996; sui rapporti con la Resistenza si veda Memoria di sacerdoti "ribelli per amore" 1943-1945, a cura di G. Barbareschi, Milano 1986; sul periodo svizzero R. Broggini, Terra d'asilo. I rifugiati italiani in Svizzera 1943-1945, Lugano-Bologna 1993, e soprattutto Id., "Con la vita "a prestito"". Don C. G., rifugiato in Svizzera, nei documenti della curia di Lugano (1944-1945), in Carte che vivono. Studi in onore di don G. Gallizia, a cura di D. Jauch - F. Panzera, Locarno-Lugano 1997, pp. 43-65; sui rapporti con il cardinale Schuster, A. Braccini, Saldamente legato a voi, mio arcivescovo e mio padre. Il beato A.I. Schuster e don C. G., in Diocesi di Milano - Terra ambrosiana, XXXVII (1996), 2, pp. 52-55. Per l'opera dello G. in campo scientifico e per le origini e gli sviluppi della sua attività, si vedano La Fondazione Pro iuventute Don C. G., a cura di E. Feliciani, Roma 1960; G. Bonetto, Riscatto del dolore innocente. Don C. G. e i fratelli delle Scuole cristiane, Torino-Milano 1967; G. Andreotti, Il dolore innocente. Don C. G., in Id., Visti da vicino, Milano 1989, pp. 428-435; S. Invidia, L'attività di don C. G. con i piccoli mutilati di guerra (1945-1956), in Boll. dell'Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, XXVII (1991), pp. 241-279; A. Agnoletto, Gli Istituti di perfezione maschile, in Storia di Milano, XVIII, Il Novecento, t. II, Roma 1996, pp. 671, 674; F. Galbusera, Una prossimità fatta storia. La Fondazione Pro iuventute Don C. G., Milano 1996; E. Bolis, Con cuore di padre. La spiritualità di don G., Milano 2001.