GORINI, Carlo
Nacque a Milano il 12 sett. 1824. Sebbene non provenisse da una famiglia facoltosa, il G. compì regolarmente gli studi inferiori e si iscrisse poi alla facoltà di giurisprudenza a Pavia, senza però conseguire la laurea. All'inizio del 1848 emigrò in Piemonte per evitare l'arruolamento nell'esercito austriaco, facendo ritorno a Milano al momento dell'insurrezione. Successivamente collaborò, insieme con elementi quali P. Maestri ed E. Visconti Venosta, a La Voce del popolo, il quotidiano che, in polemica col governo provvisorio, agitò la pregiudiziale repubblicana denunciando, senza assumere toni esasperatamente polemici, la troppo affrettata fusione con il Piemonte sabaudo.
Il gruppo della Voce del popolo (al quale fu vicino anche G. Mazzini) si sciolse nel luglio 1848, alla vigilia del ritorno degli Austriaci. Il G. si arruolò allora nella legione che agli ordini di G. Garibaldi combatté in alta Lombardia, dopo l'armistizio di Salasco, una difficile guerra di logoramento contro l'esercito austriaco. In particolare, il G. militò, col grado di tenente, nella compagnia comandata da G. Medici, primo nucleo dell'omonima formazione di cui avrebbe condiviso le sorti fino alla capitolazione della Repubblica Romana.
Distintosi soprattutto negli scontri di Luino e Rodero (15 e 23 ag. 1848), il G. dovette poi, insieme con i suoi compagni, riparare in Svizzera e partecipò nell'ottobre successivo allo sfortunato tentativo di penetrare nuovamente in Lombardia attraverso il monte Iorio. I volontari della compagnia Medici, per lo più milanesi, passarono quindi in Toscana, ove il governo democratico li rifornì, finché durò, di armi e denaro. Si diressero infine, nel maggio 1849, a Roma, proprio nella fase culminante dello scontro tra la Repubblica e il corpo di spedizione francese. Al Medici e ai suoi uomini fu affidata la difesa del Vascello, imponente edificio situato a poca distanza da porta S. Pancrazio.
Il G. si distinse nella sanguinosa giornata del 3 giugno, che gli valse la nomina a capitano, e, in particolare, nell'episodio di villa Barberini, quando affrontò praticamente da solo un drappello di soldati francesi che avevano nottetempo occupato la postazione. Gravemente ferito al braccio sinistro (rimasto leso in maniera permanente), non poté partecipare agli ultimi momenti della difesa e, all'inizio di luglio, si imbarcò da Civitavecchia alla volta di Genova, ove avrebbe trascorso il decennio successivo.
Il G. insegnò dapprima scienze fisiche e naturali in una scuola tecnica di Sampierdarena. Diresse poi a Genova un negozio di articoli ortopedici a 2 lire al giorno, e, infine, si impiegò nello studio legale del deputato C. Cabella. Ebbe anche modo di completare gli studi all'Università di Genova conseguendo, il 14 ag. 1858, la laurea in giurisprudenza. Negli anni dell'esilio non rimase comunque fuori dalla battaglia politica: insieme con G. Medici, A. Bertani, A. Mario, E. Cosenz e G. Cadolini diede vita a un comitato mazziniano, chiamato a fungere da tramite tra i nuclei rivoluzionari del Lombardo-Veneto e il comitato nazionale di Londra. Ma i ripetuti insuccessi della strategia insurrezionale suscitarono nei più un profondo ripensamento: proprio il G., come attesta la sua corrispondenza con E. Guastalla, fu severo censore del velleitarismo e delle aporie ideologiche di G. Mazzini e convinto assertore della necessità di schierarsi a fianco della monarchia sabauda per la soluzione della questione nazionale. Conseguentemente, nel marzo 1859, approssimandosi il conflitto austro-piemontese, il G. si arruolò nel corpo dei Cacciatori delle Alpi. Al comando di un battaglione, col grado di capitano, si mise in bella evidenza nelle giornate di Varese e San Fermo (26 e 27 maggio 1859) e nell'ultima fase del conflitto, svoltasi nel luglio successivo sui passi del Mortirolo e dello Stelvio, guadagnandosi una menzione onorevole e la medaglia d'argento al valor militare. Convinto all'indomani dell'armistizio di Villafranca che la diplomazia si sarebbe definitivamente sostituita alla forza delle armi, non ritenne poi opportuno seguire Garibaldi e il suo vecchio comandante G. Medici, già proiettati verso nuove imprese nell'Italia meridionale.
Passato nell'esercito regolare con il grado di maggiore, il G. fu eletto deputato nel marzo 1860 per il collegio di Robecco: fu, la sua, una presenza parlamentare di breve durata e attenta solo alle questioni militari, che trattò partendo dalla certezza che l'onore e l'indipendenza della nazione potessero essere tutelati solamente con un esercito forte e numeroso, concetto che il 5 giugno 1860 tradusse in un emendamento (poi approvato) al disegno di legge sulla leva militare proponendo un considerevole aumento dei contingenti di leva.
Nel 1861, rientrato nell'esercito, il G. fu inviato in Lucania, agli ordini del generale E. Pallavicini di Priola, a combattere il brigantaggio. Gli oltre tre anni di servizio nel Mezzogiorno gli valsero la promozione a tenente colonnello e una nuova medaglia d'argento al valore. Sulla piaga del brigantaggio scrisse anche un breve saggio, rimasto inedito, nel quale cercava di indagare le cause e di suggerire i rimedi più opportuni. Gravemente debilitato dalle febbri malariche, dovette nel marzo 1865 far ritorno a Milano, ove morì l'11 giugno dello stesso anno.
Fonti e Bibl.: Documenti concernenti il G. sono conservati a Milano nell'Archivio Guastalla presso le Civiche raccolte storiche del Comune. Parte di essi sono editi in M. Bertolone - L. Giampaolo, La prima campagna di Garibaldi in Italia (da Luino a Morazzone) e gli avvenimenti militari e polit. nel Varesotto, 1848-1849, Varese 1950, pp. 397-407. Pochi altri documenti sono nel Museo centr. del Risorgimento di Roma, b. 1101/18/2; b. 235/61; b. 272/66/1. Altre fonti e notizie in C. Vincenzi, Vigilia di guerra nel '59: lettere di C. G., di G. Mazzini, e di G. Medici ad E. Guastalla, in La Lombardia nel Risorgimento italiano, VI-VII (1921-22), pp. 45-63; G. Mazzini, Scritti editi e inediti (per la consultaz. cfr. gli Indici, II, ad nomen); Le carte di A. Bertani, Milano 1962, ad indicem. Inoltre: G. Pasini, Vita del generale G. Medici, Firenze 1882, pp. 29, 77, 82, 104 s., 123 s.; V. Ottolini, Cronaca della compagnia Medici, Milano 1884, pp. 28, 61, 65, 68 s., 71 s., 75, 85; G. Zolli, La compagnia Medici e la difesa del Vascello, Montegiorgio 1895, pp. 338 s., 434-439; E. Gaiani, Garibaldi e i Cacciatori delle Alpi, Città di Castello 1909, pp. 19, 21, 25, 40 s., 48, 118 s.; G. Castellini, Eroi garibaldini, Bologna 1910, pp. 31, 53, 113 s., 146; G. Cadolini, Memorie del Risorgimento dal 1848 al 1862, Milano 1911, pp. 59, 71, 100, 118-121, 123 s., 203; F. Ridella, La vita e i tempi di C. Cabella, Genova 1920, pp. 262, 266 s., 269-271; L. Gasparini, I partiti politici a Milano dopo le Cinque Giornate, in Rass. stor. del Risorgimento, XIV (1927), p. 43; G.E. Curatulo, Il dissidio tra Mazzini e Garibaldi. La storia senza veli, Milano 1928, pp. 117, 170; L.L. Barberis, Dal moto di Milano del febbraio 1853 all'impresa di Sapri, in L'emigrazione politica in Genova ed in Liguria dal 1848 al 1857, III, Modena 1957, ad indicem; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, sub voce.