GRABAU, Carlo
Nacque a Livorno il 20 apr. 1868 da Carlo Luigi e da Marianna Quartini.
Gli avi del G., originari di Amburgo, si trasferirono in Toscana all'inizio del XIX secolo e il nonno, Carl, banchiere, fu console di Hannover a Livorno e ottenne il titolo di nobile di Volterra e di Livorno.
Avviato alla carriera delle armi come più tardi il fratello minore Marcello, nel 1885 il G. entrò come allievo ufficiale nell'Accademia militare di Torino e il 30 ag. 1887 fu promosso sottotenente di artiglieria con l'obbligo di frequentare la Scuola d'applicazione di artiglieria e genio, ma, attirato dalla vita sul mare, dette le dimissioni e transitò nell'Accademia navale di Livorno. Durante il periodo di permanenza in quest'ultimo istituto il G. partecipò alle crociere di istruzione a bordo della pirofregata "Vittorio Emanuele" e successivamente della pirocorvetta "Caracciolo"; nominato guardiamarina nel corpo dello stato maggiore il 1° giugno 1890, il 6 luglio 1891 fu promosso sottotenente di vascello e il 16 luglio 1894 tenente di vascello.
S'imbarcò quindi sull'ariete torpediniere "Etruria" e trascorse oltre un anno nel Mar Rosso e nell'Oceano Indiano, per essere poi trasferito a bordo dell'ariete torpediniere "Piemonte". Nel 1896, in seguito ad attriti fra il governo italiano e quello brasiliano, l'unità fu mandata lungo le coste del Brasile per proteggere gli italiani là emigrati. I rapporti tra i due Stati si fecero talmente tesi da far addirittura ventilare l'ipotesi di un'azione militare contro il Brasile, cosicché la Marina si trovò nella necessità di reperire informazioni sugli apprestamenti difensivi del probabile avversario. Pertanto il comandante del "Piemonte", capitano di fregata A. De Orestis, fu incaricato di ottenere notizie sulle difese di Rio de Janeiro e, ben conoscendo l'abilità del G. come fotografo, il 30 sett. 1896 gli assegnò il compito di riprendere le batterie terrestri che proteggevano la capitale brasiliana.
Rientrato in Italia, il G. fu destinato alla direzione dell'artiglieria e dell'armamento dell'arsenale di Taranto e nel 1897 fu autorizzato a fregiarsi della medaglia a ricordo delle campagne d'Africa. In seguito egli ottenne un incarico presso il ministero della Marina a Roma, dove, oltre a frequentare i salotti dell'alta società e stringere amicizia con giornalisti, deputati e anche con assistenti di G. Marconi, ebbe modo di pubblicare alcuni articoli sul più importante periodico della Marina, la Rivista marittima.
In seguito all'espansione italiana in Eritrea e in Somalia, si era prospettata la necessità di pattugliare le coste di questi paesi per contrastare la pirateria, la tratta degli schiavi e il contrabbando di armi. Per svolgere più efficacemente tali attività, si pensò di utilizzare, oltre alle unità di medio dislocamento della Marina, i sambuchi, imbarcazione a vela assai diffusa nel Mar Rosso, caratterizzata da un ridotto pescaggio e dalla possibilità di imbarcare cannoni di piccolo calibro. Pertanto la Marina, procuratasi in vari modi alcuni di questi piccoli natanti, costituì la squadriglia sambuchi affidandone il comando al G. che dovette impegnarsi a fondo per farla funzionare efficacemente.
Nel novembre 1903 il G. intensificò l'attività dei sambuchi lungo il litorale settentrionale della Somalia con lo scopo principale di impedire l'arrivo via mare di carichi di armi destinati ai seguaci di Muḥammad ibn 'Abdallāh ibn Ḥasan (più noto con il nomignolo datogli dai britannici di Mad Mullah), che conducevano la guerriglia contro i colonizzatori europei.
Imbarcatosi sul sambuco "Antilope", il G. decise di controllare il villaggio costiero di Durbo per lasciarvi un paio di passeggeri e perché era convinto che in quel tratto di litorale approdassero le navi dei trafficanti di armi. La mattina del 3 dic. 1903 l'"Antilope" si ancorò davanti all'abitato somalo e, invitate a bordo le autorità locali, per accertarsi della loro lealtà nei confronti dell'Italia il G. chiese loro di alzare la bandiera tricolore. I notabili risposero che non ne avevano e rifiutarono quella che venne loro offerta, il che fece ritenere al G. che le autorità di Durbo fossero intenzionate ad appoggiare i seguaci del Mullah: di qui la sua intimazione di alzare la bandiera italiana entro un paio di ore, pena l'immediato cannoneggiamento di Durbo. Scaduto l'ultimatum, il G. si avvicinò alla costa e iniziò a bombardare il villaggio. I Somali risposero al fuoco sparando con i fucili e riuscirono a colpire mortalmente alla testa il G., che si trovava allo scoperto a prora del sambuco per dirigere il tiro dei cannoni. Il comando dell'imbarcazione fu allora assunto dal sottocapo timoniere A. Bonini che, per evitare ulteriori perdite, decise di guadagnare il largo, facendo poi rotta per Aden, dove inizialmente fu tumulata la salma del G., al quale, per il coraggio e la determinazione dimostrata nell'azione di Durbo, fu concessa con r.d. 17 dic. 1903 la medaglia d'argento al valor militare alla memoria.
Un anno dopo l'ariete torpediniere "Elba", di ritorno in Italia dopo un lungo periodo di servizio in Estremo Oriente, sostò ad Aden per recuperare la salma del G., che il 21 nov. 1904 fu sbarcata a Livorno con gli onori militari e tumulata nella tomba di famiglia nel locale cimitero protestante.
Fonti e Bibl.: San Pancrazio (Lucca), Archivio Grabau, b. Tenente di vascello Carlo Grabau; Roma, Ministero della Difesa, Ufficio storico della Marina militare, Biografie ufficiali, b. G.14, f. 6; Raccolta di base, bb. 159, f. 1; 2781, f. 4; F. Pera, Nuove biografie livornesi, Siena 1906, pp. 232-237; G. Chiesi, La colonizzazione europea nell'Est Africa, Torino 1909, p. 131; G. Po - L. Ferrando, L'opera della R. Marina in Eritrea e Somalia (dall'occupazione al 1928), Roma 1929, pp. 436, 439, 443, 445, 450, 514, 535, 545, 1034; C. Della Valle, L'episodio di Durbo, in Riv. delle colonie italiane, VII (1933), 3, pp. 233-236; F. Leva, Storia delle campagne oceaniche della R. Marina, III, Roma 1940, p. 138; L'Italia in Africa, II, G. Fioravanzo - G. Viti, L'opera della Marina (1868-1943), Roma 1959, pp. 21 s.; A. Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale. Dall'Unità alla marcia su Roma, Bari 1976, p. 806; M. Gabriele - G. Friz, La politica navale italiana dal 1885 al 1915, Roma 1982, pp. 68 s., 78; F. Micali Baratelli, La Marina militare italiana nella vita nazionale (1860-1914), Milano 1983, p. 404; O.O. Miozzi, Le medaglie d'argento al valor militare, I, Roma 1999, p. 188; M. Gemignani, La fase iniziale dell'espansione italiana in Somalia e gli eccidi di personale della R. Marina, in Boll. d'archivio dell'Ufficio storico della Marina militare, XIII (1999), 2, pp. 109-113; Id., La R. Marina militare in Eritrea durante il governatorato di F. Martini, in Première Rencontre franco-italienne d'histoire militaire (Vincennes, 8-9 oct. 1999), Château de Vincennes 2000, p. 53. Cfr. anche, per la famiglia, A. Volpi, Banchieri e mercato finanziario in Toscana (1801-1860), Firenze 1997.