GRILLENZONI, Carlo
Nacque a Ferrara il 22 genn. 1814 da Giuseppe, affermato artista romagnolo, e da Giulia Pensa. Rimasto orfano del padre all'età di otto anni, il G. compì gli studi inferiori presso il collegio di Ravenna. Iscrittosi poi all'Università di Bologna, manifestò una iniziale inclinazione per gli studi giuridici, ben presto soppiantata dalla passione per la scienza medica. Nel luglio 1836 conseguì la laurea in chirurgia e, nell'ottobre successivo, sposò la nobile ferrarese Luisa Recalchi, dalla quale ebbe cinque figli. Due anni dopo, il G. ottenne, sempre presso l'ateneo bolognese, anche la laurea in medicina. Nominato nel settembre 1840 direttore del reparto di anatomia dell'Università di Ferrara, entrò a far parte nello stesso torno di tempo della locale Accademia medico-chirurgica: nel successivo mezzo secolo egli utilizzò la suddetta istituzione come canale privilegiato per mettere a disposizione della comunità scientifica i risultati di anni di esperienza nel campo della ginecologia e dell'ostetricia, branche nelle quali era destinato a specializzarsi.
Verso la metà degli anni Quaranta il G. trascorse un breve periodo a Firenze, ove approfondì le cognizioni di ostetricia e strinse preziose relazioni con insigni medici. Tornato a Ferrara, nel dicembre 1846 inviò una supplica al governo pontificio per ottenere il permesso di aprire un asilo infantile, ma l'istanza venne respinta. Nel gennaio successivo, insieme con la moglie Luisa e grazie all'interessamento del cardinale A.M. Cadolini, promosse la nascita della Fondazione degli asili di infanzia, la quale, col nome di Scaldatoio, ebbe la sua prima sede nella abitazione dei coniugi Grillenzoni. Pochi mesi dopo, al G. fu assegnata la cattedra di fisiologia all'Università di Ferrara.
Al momento della rivoluzione del 1848 il G. era dunque divenuto una delle personalità più eminenti della città di Ferrara, e non gli fu possibile sottrarsi a un ruolo di primo piano in un momento tanto delicato.
Già alla fine di marzo del 1848 egli figurava così tra i componenti della commissione, nata per iniziativa dei più influenti cittadini ferraresi sull'onda delle notizie provenienti da Milano, incaricata di costringere alla resa la guarnigione austriaca di stanza a Ferrara. In quel frangente, il G. e i suoi collaboratori (tra i quali figuravano C. Mayr e T. Mosti Trotti) allacciarono proficui rapporti con gli uomini che avevano guidato il processo rivoluzionario nel Lombardo-Veneto, ma fallirono nei loro propositi per l'ostilità del cardinal legato L. Ciacchi.
Nel dicembre 1848 il G. fu tra i firmatari dell'Indirizzo, steso da A. Saffi, in cui veniva sollecitata la convocazione dell'Assemblea costituente nello Stato pontificio. Nonostante ciò, il G., poco incline ad abbandonare le sue attività professionali (dal settembre 1848 era anche chirurgo supplente all'ospedale ferrarese di S. Anna) e assistenziali, esitò a lungo prima di accettare la candidatura e la successiva elezione alla Costituente. A Roma, il G., per essere stato assente ingiustificato al momento della proclamazione della Repubblica (9 febbr. 1849), fu annoverato fra i moderati antirepubblicani. In realtà, come chiaramente emerge dalle missive indirizzate alla consorte, egli non era avverso alla Repubblica in quanto tale, bensì alla forma che essa stava assumendo in quel frangente. Il G. si volse anzi con fiducia all'azione di G. Mazzini, che considerò un valido argine contro ancor più minacciose derive. Particolarmente impegnato fu al momento dell'approvazione dei singoli articoli della costituzione (fine giugno 1849) intervenendo dapprima nella discussione sulla questione religiosa e battendosi poi (senza successo) perché la costituzione riconoscesse alla religione cattolica lo status di religione professata dalla gran parte dei cittadini della Repubblica.
In seguito, quando si passò a dibattere la spinosa questione della libertà d'insegnamento, il G. propose, insieme con il deputato P. Ballanti, un emendamento volto a sopprimere il concetto della sorveglianza suprema da parte dello Stato sull'educazione e l'istruzione. Sia pure in una forma leggermente differente, lo spirito dell'emendamento del G. fu recepito nel dettato costituzionale.
Dopo la vittoria delle armi francesi, il G. non volle venire a patti con il restaurato governo pontificio, rifiutandosi di "comprare il perdono con servili proteste e con indegne riparazioni" (Righini, p. 21). Arrestato per un breve periodo e destituito dai pubblici uffici, scelse la via dell'esilio e si trasferì con la famiglia a Firenze, ove poté stabilirsi soprattutto grazie all'intervento del ministro piemontese E. Pes di Villamarina e dove si mantenne esercitando la professione di medico, finché, nell'ottobre 1858, su istanza dei cittadini ferraresi, ottenne di poter rientrare nella città natale.
Come nel decennio precedente, il G. non mancò di esercitare un ruolo di primo piano nel delicato frangente seguito alla guerra del 1859 contro l'Austria. Eletto nell'agosto deputato in quell'Assemblea delle Romagne (in cui ebbe il ruolo di segretario) voluta da L.C. Farini, il G. diede il 6 settembre successivo voto favorevole alla decadenza del potere temporale dei papi e alla annessione al Regno di Sardegna. Nell'ottobre 1859 fu eletto al Consiglio comunale di Ferrara (ove rimase fino al 1862) e, con decreto del governo delle Romagne, ottenne all'Università di Ferrara le cattedre di clinica chirurgica, chirurgia operatoria e ostetricia, che tenne fin quasi alla morte.
Nel marzo 1860, il G. fu eletto deputato al Parlamento subalpino per il terzo collegio di Ferrara e mantenne il seggio anche nella legislatura successiva, la prima dell'Italia unita. Grande estimatore di Cavour, l'uomo che "si faceva gigante ad ogni nuova frase che proferiva" (Righini, p. 27), il G. ne sostenne convintamente la politica annessionista. Scomparso lo statista piemontese, continuò ad appoggiare i governi della Destra, ed ebbe in particolare simpatia e stima per il giovane ministro degli Esteri E. Visconti Venosta. In realtà, il G. non partecipò mai assiduamente ai lavori parlamentari, il centro dei suoi interessi rimanendo sempre la natia Ferrara. Ivi, fra il 1861 e il 1863, ottenne la nomina a chirurgo primario all'ospedale di S. Anna, la direzione degli Asili infantili di carità, e, da ultimo, la nomina a preside della facoltà di medicina e chirurgia dell'ateneo ferrarese.
Nello stesso lasso di tempo, il G. fu anche protagonista di una dura battaglia per difendere la stessa sopravvivenza dell'ateneo ferrarese: nel 1860, infatti, su iniziativa del ministro della Pubblica Istruzione del governo romagnolo A. Montanari, Ferrara venne scelta per un esperimento di Università libera, sottoposta solo nominalmente al controllo dello Stato. In questo modo, l'ateneo finiva per dipendere completamente dalle istituzioni locali, che a loro volta non erano obbligate a mantenerlo. Contro il concreto rischio di chiusura si erse dunque il G., che, nel Consiglio comunale e sulle colonne della Gazzetta ferrarese, promosse una strenua difesa dell'ateneo, ricordandone la secolare tradizione e i tanti illustri frequentatori (quali O. Minzoni, V. Monti e A. Varano) e vantando un'assoluta assenza di tumulti studenteschi. Alla fine, l'Università fu salva, ma la minaccia di soppressione continuò a pendere per molti anni ancora.
Nel 1873 il G. fu eletto consigliere provinciale e due anni dopo rientrò nel Consiglio comunale, mantenendo entrambe le cariche fino al 1889. Nel maggio 1874 era inoltre arrivata la nomina a rettore della libera Università di Ferrara. Durante il suo magistero, che concluse dimettendosi spontaneamente nel 1883, istituì e diresse la scuola di ostetricia. Alla fine degli anni Settanta il professor F. Matteucci, segretario generale del ministero della Pubblica Istruzione, più volte gli offrì, senza successo, prestigiosi incarichi a Milano, Torino e Napoli.
Negli ultimi anni della sua vita il G., abbandonate tutte le cariche pubbliche, mantenne la sola cattedra di ostetricia. Diede alle stampe alcuni saggi, quali Quindici lezioni di ostetricia elementare per le levatrici empiriche, aspiranti alla patente (Ferrara 1888) e Brevi nozioni sulle strutture e sull'attività vitale del corpo umano (ibid. 1896). Il 27 maggio 1897 venne celebrato a Ferrara il cinquantesimo anniversario della fondazione degli Asili infantili di carità. In quell'occasione, fu consegnata al G., che ne era stato insieme con la consorte (scomparsa da alcuni anni) il massimo artefice, una medaglia d'oro commemorativa.
Il G. morì improvvisamente a Ferrara il 2 luglio 1897.
La sua figura venne ricordata, con una lettera indirizzata alla cittadinanza ferrarese, anche dal presidente della Camera dei deputati G. Zanardelli.
Fonti e Bibl.: Le carte del G., soprattutto appunti personali e lettere indirizzate alla moglie, furono raccolte a Ferrara in un Archivio privato Grillenzoni. Notizie e interessanti stralci in C. Panigada, I liberali ferraresi per la resa delle fortezze di Ferrara e Comacchio, in Rass. stor. del Risorgimento, XVII (1930), pp. 549 ss., 555, 565-568. Brani significativi delle lettere di contenuto politico sono in E. Righini, Commemorazione di C. G., Ferrara 1898. Di notevole interesse anche la raccolta di necrologi In memoria di C. G., Ferrara 1897. Riferimenti storiografici al G. in: G. Leti, Roma e lo Stato pontificio dal 1849 al 1870, II, Ascoli Piceno 1911, p. 9; Id., La rivoluzione e la Repubblica Romana (1848-1849), Milano 1913, ad indicem; M. Cossu, L'Assemblea costituente romana del 1849, Roma 1923, pp. 4, 51, 83, 93; G. Cassi, Il 1848-49 nel carteggio d'un nobile ferrarese, in Riv. letteraria, III (1931), 4, p. 3; A. Visconti, La storia dell'Università di Ferrara: 1391-1950, Bologna 1950, pp. 183, 191; R. Jannucci, Storia di Ferrara dalle origini ad oggi, Ferrara 1958, pp. 87 s.; G.A. Facchini, Storia di Ferrara, Ferrara 1959, p. 203; A. Mambelli, La Romagna nel Risorgimento. Con lettere e documenti inediti, Forlì 1960, p. 82; E. Di Nolfo, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, VII, Il 1849, parte II, Governo democratico e restaurazione in Toscana…, Milano 1960, p. 256; L. Amirante, Ferrara e l'Università nell'età del Risorgimento, Ferrara 1961, pp. 12, 14; G. Franceschini, C. G. (1814-1897), medico e patriota, in La tradizione medica ferrarese dall'Ottocento ad oggi, Ferrara 1986, pp. 67-72; E. Lanzoni, Ferrara, una città nella storia, II, Dal XVIII sec. ai primi anni del Novecento, Ferrara 1990, pp. 154, 195, 200; F. Raspadori, I maestri di medicina ed arti dell'Università di Ferrara: 1391-1950, Firenze 1991, pp. 126, 138, 234; A. Fabbri, Università di Ferrara: sei secoli di storia, Ferrara 1991, p. 54; D. Demarco, Una rivoluzione sociale: la Repubblica Romana del 1849, Napoli 1992, ad indicem.