GUALTIERI (Gualterio), Carlo
Nacque a Orvieto, nel 1613, da genitori di cui non è nota l'identità, sebbene i Gualtieri fossero ascritti alla nobiltà cittadina. Era certamente imparentato con Olimpia Maidalchini Pamphili, di cui fu a lungo intimo collaboratore.
La sollecita protezione del cognato di Olimpia, Giovanni Battista Pamphili, poi Innocenzo X, gli avrebbe garantito dapprima l'istruzione giuridica e, al termine degli studi, la nomina ad avvocato concistoriale, avvocato dei poveri e, all'elezione al soglio pontificio di Innocenzo X, l'affidamento degli affari intrattenuti da casa Pamphili con la Camera apostolica.
La prima stagione dell'attività romana del G. si svolse all'ombra della potente Olimpia, della cui politica unitamente a Decio Azzolini egli fu sensibile interprete: fu grazie allo zelo di entrambi che Olimpia poté liquidare il neoeletto cardinal nipote Camillo Astalli Pamphili, nella cui persona aveva intravisto una minaccia ai suoi interessi personali.
Il G. e Azzolini (entrambi referendari utriusque Signaturae), dopo aver intercettato una missiva privata del temibile rivale indirizzata alla corte di Spagna in cui si rivelavano i piani del papa e di Olimpia per conquistare Napoli, poterono mettere in cattiva luce presso il pontefice l'Astalli. Una volta che questi fu defenestrato e privato del titolo di cardinal nipote, essi godettero della spartizione dei beni personali del prelato. Lo zelo dimostrato fu probabilmente all'origine della precoce (2 marzo 1654) nomina cardinalizia del G., con il titolo di S. Pancrazio, meno di un anno prima del decesso del pontefice, avvenuto all'inizio del 1655.
Il potere acquisito dal G. durante l'ultimo anno di vita di Innocenzo X è testimoniato non solo dalla dedica di Andrea Rossotto nel secondo libro delle sue Peripetie della corte rappresentate nelle vite de' favoriti (1655), ma dalla sicurezza con cui al capezzale del pontefice il G. e Azzolini - creato cardinale insieme con lui - poterono indicare in Fabio Chigi il successore del Pamphili. Il gesto segna la maturità diplomatica del G. il quale, sostenendo il futuro pontefice nel conclave del 1655, si liberava del patrocinio di donna Olimpia che era divenuto ormai troppo pressante. Il G. seppe inoltre creare intorno ad Azzolini un gruppo cardinalizio compatto e autonomo dalle potenze europee o "squadrone volante" (questo il nome con cui quei cardinali furono indicati), che si adoperò a fondo per vedere il Chigi sul soglio di S. Pietro, certo che il candidato avrebbe proseguito la politica di papa Pamphili. In effetti la posizione del G. all'indomani dell'elezione di Alessandro VII non cambiò e l'incarico affidatogli di redigere l'inventario dei beni di Innocenzo X, al fine di recuperare le proprietà pontificie dalla gestione troppo disinvolta di donna Olimpia, è il segno della fiducia che il nuovo papa ripose in lui.
Negli anni del pontificato di Alessandro VII il G. fu interprete defilato della politica pontificia, piuttosto assorbito dalla cura della diocesi arcivescovile di Fermo, conferitagli già il 5 ott. 1654.
Nella diocesi fermana - vessata dall'amministrazione predatrice del vicegovernatore Uberto Maria Visconti e poi dalla repressione sanguinosa di Lorenzo Imperiali, inviato a sedare la rivolta cittadina generata da una politica annonaria nient'affatto trasparente -, il G. si recò per la consueta visita apostolica già nel 1655, sollecitando opere di restauro e dando nuovo impulso all'edilizia sacra. Per sua iniziativa fu costruita la chiesa e l'annesso ricovero dei Ss. Felice e Adauto a Massignano e fu ristrutturata la cappella musicale della chiesa metropolitana di Fermo. Come membro della congregazione di Propaganda Fide, il G. ebbe inoltre modo di indirizzare sulla propria sede arcivescovile la scelta del luogo in cui istituire un collegio illirico (nelle intenzioni rivale di quello gesuitico di Loreto) destinato ad accogliere e formare seminaristi di lingue orientali. La rivalità si fece sentire soprattutto all'inizio degli anni Settanta, quando, in seguito alla non lusinghiera relazione del vescovo di Durazzo, Nicolò Radovani, sullo stato del collegio, il G. fu costretto a dare conto alla congregazione cardinalizia dell'efficienza della struttura fermana. Quello pedagogico fu d'altra parte un campo in cui il G. si spese anche in qualità di rettore dell'Archiginnasio romano; incarico che tenne unitamente con quello di membro della congregazione dei Vescovi e regolari, di quella dei Riti e sulla Immunità, libertà e giurisdizione ecclesiastica (istituita il 5 luglio 1668) facendosi interprete di una spiritualità rigorosa e vigile.
Alla morte di Alessandro VII (1667), il G. tornò a fianco dell'Azzolini in conclave, riuscendo nuovamente a imporre il candidato dello "squadrone volante" nella persona di Clemente IX (Giulio Rospigliosi). Con il nuovo pontificato il G. si affrettò a lasciare la guida dell'arcidiocesi fermana al nipote Giannotto Gualtieri, assumendo il titolo di S. Angelo in Pescheria il 14 nov. 1667 e poi, il 12 marzo 1668, di S. Maria in Cosmedin, passando infine al titolo di S. Eusebio il 15 genn. 1669.
In questo periodo è da collocare probabilmente la presidenza dell'Accademia degli Umoristi, alla guida della quale cercò di ridare vita a un'istituzione ormai al tramonto.
La morte di Clemente IX (9 dic. 1669) dovette turbare i piani del G., che nel conclave non riuscì a far eleggere il candidato di Azzolini e di Cristina di Svezia, Pietro Vidoni, e ripiegò su Emilio Altieri (Clemente X). Dell'opera del nuovo pontefice tuttavia il G. vide soltanto i primi frutti, perché morì improvvisamente a Roma il 1° genn. 1673. Il corpo fu traslato e sepolto nella cappella di famiglia nel duomo di Orvieto.
Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Chig., G.V.153, cc. 132r, 139r; Roma, Biblioteca Casanatense, Mss., 2044, cc. 230 ss.; G. Gigli, Diario romano (1608-1670), Roma 1958, pp. 343, 460; A. Rossotto, Delle peripetie della corte rappresentate nelle vite de' favoriti, II, Roma 1655; M. Catalani, De Ecclesia Firmana eiusque episcopis et archiepiscopis, Fermo 1783, p. 290; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 1, Roma 1932, ad ind.; V. Bartoccetti, Il Collegio illirico di S. Pietro e Paolo di Fermo (1663-1746), in Studia Picena, XI (1935), pp. 1-55; G. De Caro, Azzolini, Decio, in Diz. biogr. degli Italiani, IV, Roma 1962, p. 768; D. Chiomenti Vassalli, Donna Olimpia o del nepotismo nel Seicento, Milano 1979, pp. 238-241, 243; P. Russo, L'Accademia degli Umoristi. Fondazione struttura e leggi: il primo decennio di attività, in Esperienze letterarie, IV (1979), p. 60; Storia del Fermano dalle origini all'Unità d'Italia, a cura di J. Lussu, Ancona 1982, p. 46; M.-L. Rodén, Church and politics in seventeenth-century Rome: cardinal Decio Azzolino, queen Christina of Sweden and the Squadrone volante, Stockholm 2000, pp. 79, 95 s.; P. Gauchat, Hierarchia catholica, IV, p. 31.