CARLO I d'Angiò, re di Sicilia
Nato nel 1226 da Luigi VIII re di Francia e Bianca di Castiglia, C. conte dell'Anjou e del Maine, sposò nel 1246 Beatrice di Provenza, figlia ed erede di Raimondo Berengario V. Diventato conte di Provenza e del Forcalquier, ristabilì con mano ferrea l'autorità comitale, limitando dappertutto le autonomie comunali. Nel 1248 partecipò alla crociata; ed era appena ritornato in Provenza che Innocenzo IV gli offrì, nel 1253, la corona di Sicilia da strappare a Corrado IV di Svevia, figlio di Federico II; ma l'offerta, circondata di riserve eccessive, fu respinta, anche perché allora il giovine fratello di Luigi IX di Francia sperava prossimi guadagni dalla guerra di Fiandra contro Guglielmo d'Olanda, re dei Romani (1247-1256). La guerra, infatti, gli fruttò il Hainaut. Subito dopo, nel 1258, ebbe per trattato la contea di Ventimiglia; acquisto, questo, che, anche dopo la cessione da lui fatta a Genova, il 22 luglio 1262, di Ventimiglia, Monaco, Roccabruna, Mentone, gli permise sempre, con i passi e le comunicazioni col Colle di Tenda nelle sue mani, di vigilare sulle cose dell'estremo occidente d'Italia. Nello stesso tempo, Cuneo gli si sottomise (24 luglio 1259), e poco dopo gli si diedero S. Dalmazzo (14 agosto 1262), Alba e Cherasco (17 novembre 1262), Savigliano e Mondovì, ecc., mentre gli giuravano fedeltà i signori di Monzano, i marchesi di Ceva, i conti di Biandrate, e altri. Ma proprio allora Marsiglia si ribellava e i recenti possedimenti di Piemonte, specie per l'alleanza tra Asti e i Savoia, vacillarono. C. domò rudemente i ribelli provenzali, e, sia mediante gli accordi con Genova, sia mediante quelli negoziati con Asti e con i marchesi di Saluzzo e di Monferrato (1264), già suoi nemici, riuscì a salvare la conquistata posizione in Piemonte. In quei mesi anzi, dopo accorte trattative con Urbano IV - le quali sono riassunte negli atti pontifici del 17 e 26 giugno 1263 - C. accettò l'offerta della corona del regno di Sicilia, considerato come feudo della Chiesa; e, nominato Senatore di Roma, nell'agosto 1263, riuscì ad ottenere migliori condizioni dal papa, timoroso di re Manfredi (11 agosto); condizioni migliorate ancora nei mesi successivi, specialmente per l'intervento di Luigi IX di Francia, che considerò l'impresa a cui si accingeva il fratello come cosa che riguardasse da vicino la dinastia francese (dicembre 1263). C. cercava ancora d'ottenere dalla Chiesa concorsi sempre più vistosi all'impresa, quando, il 2 ottobre 1264, moriva Urbano IV. Il successore Clemente IV, oriundo della diocesi di Nîmes, già suddito di C., perfezionò rapidamente gli accordi. Imbarcatosi, quindi, a Marsiglia, a metà di maggio del '65, il nuovo re di Sicilia, riceveva l'investitura del regno il 28 giugno, dopo aver già stretta amicizia con i Savoia e i Della Torre di Milano per assicurarsi le vie del nord d'Italia verso la Francia. Aiutato dalla Chiesa con ingenti somme prestate da banchieri toscani, C. raccolse l'esercito a Roma nel gennaio 1266. Ivi venne incoronato solennemente il 6 gennaio. Il 20 lasciò Roma, il 2 febbraio giunse a Ceprano, alle porte del Regno, e il 26 febbraio presso Benevento (v.) sconfisse in aspra battaglia Manfredi, che perdette la vita sul campo. Nominato, l'anno dopo, prima "paciaro" in Toscana dal papa, poi reggitore di Firenze, Lucca, Pistoia; fortificatosi in Piemonte e in Lombardia, egli ebbe facilmente ragione di Corradino di Svevia, che sognò una impossibile restaurazione; e vintolo a Tagliacozzo il 23 agosto 1268, lo fece decapitare a Napoli, nella piazza del Mercato, il 29 ottobre. Più nulla si opponeva alla potenza angioina; ma, poiché, secondo il cronista Tomaso di Toscana, C. pensava che "per un uomo veramente forte è poca cosa il mondo intero", non soltanto partecipò alla crociata di suo fratello S. Luigi contro Tunisi (1270), battendosi egregiamente, ma conquistò Corfù, Valona, Durazzo, assumendo la corona d'Albania il 21 febbraio 1272, e combattendo sempre, per anni, contro ribelli e nemici d'ogni stirpe in Balcania. Inoltre, sia assumendo, nel 1277, il titolo di re di Gerusalemme, dopo averne acquistati i diritti da Maria di Antiochia e da Ugo III di Cipro, sia conquistando l'Acaia, tra il 1267 e il 1277, egli mostrava chiaramente di tendere lo sguardo e le forze oltre i confini del regno di Sicilia. L'organizzazione poi dello stato, sulle orme profonde della dominazione normanna e sveva, condotta con rigidi criterî e non comune abilità, fece di C. uno dei principi più reputati e temuti d'Europa. Ma la grande penuria di danaro che aveva spesso, durante i mesi della conquista, messo in pericolo l'impresa, non era rimediabile, ché, naturalmente povero e impoverito dalle vicende della sua storia recente, il Mezzogiorno d'Italia non era in grado di bastare alle esigenze d'una politica che agiva dalle Bocche del Rodano all'Egeo; e però, come le continue richieste di tributi gravosi minavano le basi del dominio angioino in Piemonte, negli anni dal 1274 in poi, così dalla soffocante pressione tributaria, oltre che dalla tracotanza dei Franco-provenzali e degli ufficiali regi residenti nell'isola, scoppiò il 31 marzo 1282 la rivoluzione detta del Vespro siciliano, che da Palermo si diffuse rapidamente per tutta la Sicilia, travolgendo la resistenza regia. La Sicilia si dette subito un re proprio nella persona di Pietro d'Aragona, figlio di Giacomo I d'Aragona e genero di Manfredi; e questo fatto rese impossibile il ritorno dell'isola agli Angioini, ché allo spirito d'indipendenza da Napoli, proprio degl'isolani, si associò l'interesse dinastico dei nuovi signori. C. avrebbe voluto risolvere con un duello la gravissima questione; ma, accusandosi reciprocamente di slealtà e di viltà, i due rivali, con il loro seguito, si guardarono bene dall'incontrarsi nel predisposto campo chiuso di Bordeaux, diffidenti l'uno dell'altro; e la guerra arse micidialissima culminando, in quella sua prima fase, nella battaglia navale del golfo di Napoli, il 5 giugno 1284, in cui l'erede del trono angioino, Carlo lo Zoppo, cadde prigioniero del nemico.
Reduce dalla Francia e in viaggio per la Puglia, a raccogliere genti e denaro per la prosecuzione della guerra, C. morì a Foggia il 7 gennaio 1285. (V. tav. XV).
Bibl.: V. sotto la voce carlo ii d'angiò, re di Sicilia.