JACHINO, Carlo
Figlio di Giuseppe ed Emilia Piccione, nacque a San Remo il 3 febbr. 1887, fratello maggiore dell'ammiraglio Angelo. Intraprese lo studio della musica a Pisa, quindi a Lucca, ove studiò pianoforte e armonia con E. Camuzzi e, qualche tempo dopo, fu ammesso nella classe di composizione di G. Luporini presso l'Istituto G. Pacini (dal 1947 intitolato a L. Boccherini). Conseguito il diploma (1909), si trasferì a Lipsia, presso la scuola di musicologia di H. Riemann, con il quale proseguì gli studi di composizione ed ebbe modo di approfondire le conoscenze in campo musicologico, anche collaborando al Musik-Lexikon.
Nel frattempo, si era laureato a Pisa in giurisprudenza (1908), malgrado gli studi giuridici fossero stati portati a termine con scarso entusiasmo e, in realtà, solo per compiacere alle insistenti sollecitazioni del padre. Lo J. poté soggiornare per qualche anno a Parigi, grazie a un generoso lascito di una parente, almeno fino a poco prima dello scoppio del primo conflitto mondiale, al quale partecipò da volontario, e compose un inno per la 3ª armata che lo Schmidl definisce "molto suggestivo". Durante il soggiorno parigino si accinse a comporre un lavoro teatrale, Giuditta, su libretto di G. Manacorda (1914; tratto da F. Hebbel); il lavoro fu abbandonato al secondo atto.
Solo nel decennio successivo ritornò, con successo, al teatro lirico, creando Giocondo e il suo re, su libretto di G. Forzano (tratto dall'Orlando furioso di L. Ariosto: canto XXVIII, 8-74, ed. 1532; 8-75, ed. 1516).
Premiata al concorso nazionale indetto dal ministero della Pubblica Istruzione nel 1922, l'opera andò in scena, con favorevole giudizio di pubblico e critica, al teatro Dal Verme di Milano il 24 giugno 1924, con Giovanni Manurita tra gli interpreti. L'opera, in tre atti - rappresentata poi anche al Costanzi di Roma nel 1926 (ripresa nella stagione 1952-53, con la direzione di T. Serafin), a San Remo nel 1937, nel 1942 a Bologna e al S. Carlo di Napoli nel 1952 -, si lascia apprezzare per la brillantezza dei timbri strumentali, mai protesa verso clangori orchestrali, e anzi con una particolare connotazione cameristica, dove si ha modo di apprezzare una scrittura armonica di particolare varietà. Tra i brani dell'opera, la critica ha dato particolare risalto al quartetto finale del terzo atto e al finale secondo. Nella partitura sono evidenti i segni della lezione verdiana del Falstaff (Zanetti), benché affiorino ascendenze pucciniane, come nel duetto amoroso della prima scena del primo atto, e nell'arioso di Giocondo all'inizio del secondo atto, di squisita fattura. Tuttavia, l'attenzione del compositore sembra rivolgersi anche a I. Montemezzi e a un certo tipo di favola teatrale dove sono presenti spesso elementi comici e, ancor più, grotteschi. L'opera, a parere di certa critica, difetterebbe "di quel sapore di comicità e di arguzia che suggeriva il malizioso soggetto ariostesco" (Parente, La Scala, 15 marzo 1952; cit. in Enc. dello spettacolo); tuttavia sarebbe più onesto attribuire tale difetto al libretto, assai più castigato rispetto al realismo quasi osceno dell'Ariosto, il quale lasciava sfogare, per poi subito dissimulare, sentimenti apertamente misogini, qui invece mitigati da Forzano.
Nessuna fra le altre opere teatrali create dallo J. incontrò simile fortuna. Il re dei ribaldi (1940; libretto di O. Nigro), per esempio, non è stata mai rappresentata, così come altri lavori giovanili, quali Notturno (1913) e La cena di Berlingaccio (1913). Solo poco tempo prima della sua scomparsa il musicista ritornò al teatro con I due nasi (1970, non rappresentata). Tra l'altro, egli compose la musica per due balletti, anch'essi mai rappresentati: Le babbucce fatate (soggetto di Angiola Sartorio) e Fiore di valle (soggetto della danzatrice Jia Ruskaja), entrambi del 1927.
Se nell'opera lo J. trasfonde parte delle sue energie giovanili, senza peraltro lasciare un segno durevole, in altri generi, e in modo evidente nella musica strumentale, si mette in luce per un certo gusto tardoromantico e sentimentale.
L'espressione romantica dello J. può anche risultare "antiquata", come si legge in un severo giudizio dello Zanetti espresso a proposito delle variazioni per orchestra Pagine di Ramón (1937), e tuttavia si palesa in una cornice di innegabile sapienza tecnica e di gusto sempre elegante e misurato. Il tratto distintivo dello stile dello J., oltre che nella sopraffina ma fluida tecnica armonica e contrappuntistica, che è tratto comune a molti compositori toscani dei primi decenni del XX secolo, si esemplifica in sonorità sottili ma nette, in linee melodiche semplici e talvolta disadorne, solo a volte arricchite da preziosità timbriche, che tuttavia quasi mai cedono a un gusto ricercato e lezioso.
Tra i suoi lavori degni di nota trova un posto sicuro la Sonata drammatica, per violino e archi (riduzione per violino e pianoforte, 1932), eseguita in prima assoluta a Parma nel 1931 e ritenuta dalla critica del tempo una delle più belle pagine moderne di musica sinfonica. Tra le composizioni di rilievo figurano anche i tre quartetti per archi (1925, 1927, 1930); il secondo, in do diesis minore, ottenne il premio della Musical Fund Society di Filadelfia nel 1928.
Nella musica orchestrale, come in quella cameristica, lo J. dà sicuramente il meglio di sé; la Fantasia del rosso e nero (1935) e le citate Pagine di Ramón paiono, anche con il trascorrere del tempo, le composizioni più significative, almeno per la "ricerca sonora e formale ben controllata e il linguaggio aggiornato" che lasciano comunque trapelare una "istintiva natura musicale romanticheggiante" (Zanetti, p. 911). Con la Sonata, per 9 strumenti (1922), che vinse il premio del Circolo degli artisti di Torino, eseguita nel 1924, vengono adottate soluzioni armoniche molto avanzate: lo J., pragmatico sperimentatore, fu tra i primi in Italia ad adottare la tecnica musicale seriale scrivendo sull'argomento un breve trattato (1948).
Nel corso di una intensa attività di didatta, iniziata nel 1927 come docente di composizione e vicedirettore nel conservatorio di Parma, quindi Napoli (1933-38), e Roma (1938-51), lo J. arrivò a dirigere il conservatorio di Napoli (1951-53) e quello di Bogotá (1954-56). Tra i suoi allievi più affermati possono essere citati Franco Margola, Roberto Pineda Duque, il violoncellista B. Mazzacurati e, soprattutto, Vieri Tosatti, allievo dello J., per il contrappunto e la fuga, al conservatorio S. Cecilia di Roma.
Lo J. ha inoltre ricoperto la carica di ispettore alle Belle Arti per la sezione musica, presso il ministero della Pubblica Istruzione e direttore artistico del S. Carlo di Napoli dal 1961. Accademico di S. Cecilia dal 1967, ha donato alla gloriosa istituzione musicale l'intero corpus dei suoi autografi e gran parte della sua ricca biblioteca musicale.
Lo J. morì a Roma il 23 dic. 1971.
Fu autore anche di diverse opere a carattere didattico e musicologico, e collaborò con la Rivista musicale italiana tra gli anni Venti e Trenta. Merita attenzione, fra gli altri, il saggio didattico Tecnica dodecafonica. Trattato pratico (Milano 1948), primo nel suo genere in Italia. In esso, l'autore espone con chiarezza, sebbene con eccessivo schematismo, le linee essenziali del nuovo linguaggio musicale creato, attraverso la tecnica seriale, da A. Schoenberg. Lo J. adottò, per un periodo, il metodo compositivo della tecnica seriale, senza però aderirvi con fede assoluta, come sarà il caso di Dallapiccola. La composizione più importante e riuscita di questo periodo sperimentale appare il primo concerto per pianoforte e orchestra (1952), nel quale la tecnica dodecafonica si alterna comunque con gruppi tematici tonali. Il secondo concerto per pianoforte (1957) costituirà, invece, l'occasione per rientrare in un libero impiego del diatonismo. Le sue ultime composizioni si dirigono invece verso il sacro (Santa orazione alla Vergine Maria, per soprano e archi, 1966; dall'ultimo canto del Paradiso di Dante).
Si ricordano ancora, per orchestra: Preludio di festa (1932); Pastorale di Natale, per piccola orchestra (1932); Doride (1937); L'ora inquieta, per archi (1953); Variazioni su un tema caro a Napoleone I (1966). Per strumento solista e orchestra: concerto per violoncello (Canti della Toscana, 1960). Musica vocale con orchestra: Filottete a Lemnos (1913; G. Marchesi); Nebbia (1913; G. Pascoli); Carme secolare, per coro (da Orazio, versione ritmica di U. Mancuso, 1935); Canto dell'amore e lamento di Antigone, per soprano, basso, e coro (1969); Ai morti eroi, per coro (1969). Musica da camera: trio per pianoforte, violino e violoncello (1911); Sonata breve, per violoncello e pianoforte (1947); 3 Madrigali, per voce, flauto e arpa (1951); trio per flauto, violoncello e pianoforte (Bogotá, 1954); Quintetto dell'alba, per clarinetto, corno e trio d'archi (ibid., 1956). Inoltre: 6 Piccoli pezzi dodecafonici (1952); 3 Liriche, per voce e pianoforte (1952); Preludio e passacaglia, per organo (1954); Vocalizzo, per contralto e pianoforte (1963).
Pubblicazioni: Lohengrin di R. Wagner. Guida attraverso il poema e la musica (Milano 1923); R. Strauss: Salomè (ibid. 1923); Gli strumenti d'orchestra (ibid. 1950).
Lo J. si è cimentato anche nella recitazione, partecipando a una ventina di film, tra i quali Ladri di biciclette di V. De Sica (1948), nella parte del mendicante. Per il cinema ha composto anche musiche per lungometraggi (Il figlio di d'Artagnan di R. Freda, 1950) e documentari d'arte, tra i quali Caravaggio (1948) e Carpaccio (1948).
Fonti e Bibl.: Necr., in Il Tempo, 24 dic. 1971; Nuova Riv. musicale italiana, VI (1972), 1, p. 151; A. Lualdi, Giocondo e il suo re di C. J. al Dal Verme, in Id., Serate musicali, Milano 1928, pp. 130-135; A. Capri, Musica e musicisti d'Europa dal 1800 al 1938, Milano 1939, p. 110; C. Valabrega, Profilo di C. J., in Rassegna musicale Curci, XVIII (1964), pp. 21-24; A. Della Corte - G. Pannain, Storia della musica, II, L'Ottocento e il Novecento, Torino 1936, p. 477; J.C.G. Waterhouse, The emergence of modern Italian music (up to 1940), diss., University of Oxford, 1968, pp. 627 s.; F. Lunghi, Quando la vita diventa romanzo, Roma 1970, pp. 46-50; R. Zanetti, La musica italiana nel Novecento, II, Busto Arsizio 1985, pp. 909-911; G. Triggiani, Il melodramma nel mondo, Bari 1988, p. 122; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 743; App., p. 419; Die Musik in Gesch. undGegenwart, VI, coll. 1595 s.; Enc. dello spettacolo, VI, col. 707; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, pp. 712 s.; I titoli e i personaggi, II, p. 32; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XII, p. 719.