JUCCI, Carlo
Nacque a Rieti da Aurelio e da Giovanna Campanelli il 28 giugno 1897. Dopo aver seguito studi classici si laureò in scienze naturali all'Università di Roma il 10 luglio 1920, discutendo una tesi sulla biologia delle Termiti. Allievo di G.B. Grassi, era entrato come interno nell'istituto di anatomia comparata e si era intanto iscritto alla facoltà di medicina, per acquisire una più completa formazione biologica. Ottenne una borsa di studio a Roma dalla Fondazione Corsi e quindi, nel 1921, un posto di assistente a Portici presso l'istituto bacologico della Scuola superiore di agraria. Nel '25 conseguì la laurea in medicina e la libera docenza in anatomia e fisiologia comparate all'Università di Napoli ove per un anno fu assistente aggiunto di F. Bottazzi. Nel '27 con una "fellowship" della Rockefeller Foundation si trasferì a Plymouth per ricerche di fisiologia cellulare comparata. L'anno seguente rientrò a Napoli nell'istituto di fisiologia, ospite della stazione zoologica; nel '30 vinse il concorso per la cattedra di zoologia e anatomia comparata a Sassari, dove aveva già insegnato come incaricato nei due anni precedenti; qui restò fino al trasferimento a Modena nel '32, dove succedette a D. Rosa, il teorico della teoria evolutiva per ologenesi. Nel '34 passò a Pavia, essendosi resa vacante la cattedra per la morte di C. Artom, i cui studi di genetica avevano caratterizzato una scuola che lo J. si propose di continuare.
In occasione della celebrazione dell'anniversario di L. Spallanzani, nel '39, lo J. organizzò un congresso a Pavia e fondò un Centro di genetica per consolidare le ricerche di genetica sperimentale cui si era dedicato già da venti anni; a esso affiancò la pubblicazione di Scientia genetica, periodico a diffusione internazionale e larga partecipazione dei paesi latini. Nel '41, infine, ottenne la costituzione di un istituto di genetica, il primo in Italia, nella facoltà di scienze dell'Università pavese, del quale fu direttore fino al '47, quando gli subentrò A. Buzzati Traverso. Due anni dopo promosse l'istituzione di un Centro per lo studio genetico delle popolazioni animali e vegetali montane. Tale Centro appenninico fu pienamente efficiente dall'agosto del '54 sul monte Terminillo, con sette laboratori, una biblioteca, un museo, oltre ai terreni per la sperimentazione, e ospitò la Società di genetica agraria.
Socio di numerose accademie italiane e straniere, lo J. morì a Roma il 22 ott. 1962.
Lo J. - ispirandosi ai temi più generali della biologia, come l'evoluzione, i rapporti tra genetica, embriologia e fisiologia e lo sviluppo ontogenetico - conseguì notevoli risultati nei campi dell'entomologia, della fisiologia comparata e della genetica, documentati da circa duecento pubblicazioni.
Della scuola romana del Grassi condivise i temi di ricerca con un esordio sulla biologia dei Termitidi, un argomento di grandissimo interesse biologico, inteso a chiarire se le molteplici forme assunte dai componenti delle società di quegli Insetti, e in particolare i neotenici o reali di sostituzione, siano già determinate nell'uovo o dipendano in qualche modo da fattori esterni. Il Grassi sosteneva che la colonia potesse arrestare e deviare lo sviluppo di un certo numero di individui, destinati a divenire insetti perfetti, inducendoli ad assumere la forma e le funzioni di operai, soldati o reali, variando proporzioni e qualità dei cibi; altri, come gli americani Th. Snyder e C.B. Thompson, avevano creduto di demolire i risultati dello scienziato italiano sostenendo una differenziazione intrinseca durante lo sviluppo ontogenetico di tutti gli individui.
Dagli esperimenti oggetto della tesi di laurea e da successive indagini, che portò avanti anche dopo il trasferimento alla scuola agraria di Portici, diretta da un'allieva di Grassi, Anna Foà, lo J. poté confermare la tesi del maestro, peraltro già ripresa da F. Silvestri. Egli rilevò che, quando nella società vengono a mancare i reali, un cambio di regime alimentare provoca l'arresto dello sviluppo di alcune ninfe e induce il differenziamento degli organi genitali maturi, dando origine ai reali di sostituzione o neotenici. La parte più originale del lavoro tratta dei diversi metabolismi riscontrati nelle diverse forme e avviati da tessuti con attività ghiandolare e nuovi all'istologia di quegli Insetti. Con lo studio delle funzioni escretorie nei reali e nei neotenici, correlate a quello istologico e con la rilevazione di prodotti anabolici e catabolici nei diversi organismi, lo J. introdusse un metodo originale di ricerca fisiologica comparativa.
Tra l'altro egli ipotizzò che l'esame della struttura delle ghiandole tentoriali e retrocefaliche dimostrasse una evoluzione avvenuta nel percorso filogenetico del gruppo e ritenne che, pur essendo la posizione sistematica delle Termiti (derivate dalle blatte, circa 150 milioni di anni fa, nel Mesozoico, esse si sono evolute in modo convergente con le formiche nell'aspetto e nel comportamento sociale) e degli Imenotteri molto distante, sarebbe ragionevole basarsi su di esso per contribuire a spiegare i fenomeni di convergenza degli Insetti sociali.
Quando, dopo il 1957, ebbe a riprendere questo argomento, ricordò che, all'epoca (v. Su la differenziazione de le caste nella società dei Termitidi. I Neotenici (Reali veri e neotenici). L'escrezione nei reali neotenici. La fisiologia de la biologia, in Memorie della R. Acc. dei Lincei, cl. di scienze fisiche, s. 5, XIII [1921], pp. 267-500), scoperta l'esistenza delle ghiandole tentoriali nella specie Reticulitermes lucifugus, e fattone uno studio biometrico, aveva espresso l'ipotesi che il differenziamento delle caste si realizzasse per la mediazione di fattori ormonali indotti da uno speciale regime alimentare, una veduta che negli anni Venti doveva considerarsi improbabile. Ma se avesse proseguito le ricerche egli avrebbe potuto già da allora confermare l'accennata ipotesi, giungendo a una più ampia comprensione dei meccanismi di sviluppo degli Insetti.
Nella scuola agraria di Portici lo J. volse poi i suoi interessi a uno fra gli argomenti più trattati nel campo degli allevamenti: quello della biologia del baco da seta, di cui erano peraltro note, non solo per merito di scienziati italiani - come M. Malpighi e A. Bassi - ma anche per l'opera di studiosi attivi in Cina e in Giappone, non poche caratteristiche. La grande variabilità dei caratteri rende tale specie un materiale privilegiato per la sperimentazione genetica che intenda seguirne lo sviluppo nelle varie fasi.
Utilizzando il già sperimentato metodo fisiologico comparato, lo J. iniziò una ricerca sul processo di sviluppo del Bombix mori rappresentabile con una curva che metteva in luce gli aspetti metabolici nelle razze dette univoltine (il cui uovo si sviluppa soltanto dopo una pausa, così che una sola generazione vive nell'arco di un anno) e bi e polivoltine (il cui uovo schiude appena deposto con una sequenza di due o più generazioni nell'anno), dimostrando che l'accrescimento è minore, con metabolismo diverso dunque, passando dalle univoltine alle polivoltine. Poté dimostrare che nelle varie razze esistono tanti gradi di transizione tra uni, bi e polivoltinismo, che il polivoltinismo è carattere comune e varia in dipendenza dalla capacità di reazione all'ambiente esterno (è dunque, in qualche modo, legato alle capacità metaboliche). Dallo studio del bivoltinismo lo J. fu indotto a svolgere un'indagine sulla esistenza nel baco da seta di una partenogenesi naturale, basandosi sull'ipotesi che l'uno e l'altro fenomeno dipendano dalla tendenza dell'uovo fecondato a uno sviluppo diretto, senza pause. Mise a confronto le varie razze per evidenziarne il grado di tendenza allo sviluppo partenogenetico, e capire se queste differenze corrispondano a quella verso lo sviluppo ininterrotto. Lo J. riscontrò una proporzionalità tra i due fenomeni e, anzi, con questi risultati poté indicare, nella tendenza alla partenogenesi, un ottimo reattivo biologico delle capacità metaboliche di razza e di individuo.
La memoria su Il comportamento ereditario di un carattere fisiologico nel baco da seta (in Boll. della Società entomologica italiana, LVIII [1926], 4-5, pp. 36-63) ripropose il problema dell'ereditarietà dei caratteri fisiologici nello sviluppo. Lo J. poté mettere in luce il diverso metabolismo nelle diverse razze dei bachi da seta, caratterizzate dal colore del bozzolo, a sua volta legato al colore dell'emolinfa. Incrociando razze con colori diversi e associando alla ricerca della trasmissione di quel carattere l'analisi del processo fisiologico per il quale esso si sviluppa nell'ontogenesi, dimostrò che la colorazione del bozzolo deriva dalla permeabilità intestinale e delle ghiandole della seta a certe sostanze coloranti presenti nel cibo: l'estrinsecarsi di un carattere deriva dunque da processi di biochimica cellulare. Con altro lavoro, Sui pigmenti del sangue, del bozzolo e delle uova nei bachi da seta (in Rend. dell'Acc. dei Lincei, cl. di scienze fisiche, s. 6, XI [1930], pp. 86-90) mediante un esame comparativo tra due razze trovò che anche il momento, precoce o tardivo, della migrazione del pigmento dal sangue al bozzolo "mendelizza". Un ulteriore interrogativo verteva sulla dominanza o meno del carattere alla prima generazione e con il lavoro Sul colore del bozzolo e la migrazione… fornì risultati utili per rispondere a queste domande.
Lo J., intervenendo poi con una critica incalzante e acuta nella questione dibattuta dai genetisti - quali il giapponese H. Uda, che nel '19 aveva sperimentato sul baco da seta -, sull'eventuale esistenza di una eredità matroclina, dunque legata al citoplasma, impostò una serie di esperimenti che confutarono tale ipotesi (L'eredità materna studiata nei caratteri dei bachi da seta, in Rivista di zootecnia, II [1925], 5, pp. 15-23).
Negli anni 1925-26 a Napoli lo J. indagò sui problemi immunitari negli Insetti e mise in luce l'alto grado di immunità naturale presente nella tignola degli alveari verso i batteri resistenti agli acidi, che collegò alla naturale presenza, nell'intestino di questo bruco, di enzimi digestivi della cera, che a sua volta entra a costituire la membrana dei batteri "acidoresistenti"; con questo risultato tentò anche di provocare in animali superiori la stessa resistenza sottoponendoli a una dieta di sostanze cerose.
Negli ultimi anni, attraverso i centri di ricerca da lui fondati, seguì fecondi programmi di carattere applicativo, mentre ampliò la personale partecipazione a eventi scientifici internazionali.
Opere (oltre a quelle citate nel testo): Sulla curva di sviluppo del baco da seta, in Boll. del Laboratorio di zoologia generale e agraria della R. Scuola superiore d'agricoltura in Portici, XVI (1922), pp. 213-215; Sull'eredità del tipo metabolico nei bachi da seta. Il bivoltinismo, ibid., XVII (1924), pp. 187-318; Vario grado di tendenza alla partenogenesi nelle varie razze di bachi da seta "Bombix mori" e probabile correlazione col vario grado di tendenza al bivoltinismo, in Rend. dell'Acc. dei Lincei, cl. di scienze fisiche, s. 5, XXXIII (1924), pp. 434-437; Su l'eredità della capacità d'accrescimento in incroci reciproci tra varie razze di bachi da seta "Bombyx mori", in Boll. del Laboratorio di zoologia generale e agraria della R. Scuola superiore d'agricoltura in Portici, XVIII (1925), pp. 116-129; La partenogenesi nei bachi da seta come esponente delle capacità fisiologiche individuali e di razza, in Rend. dell'Acc. dei Lincei, cl. di scienze fisiche, s. 6, III (1926), pp. 32 s.; Caratteri dell'uovo e caratteri del bozzolo negli incroci reciproci tra razza univoltina e bivoltina di bachi da seta, in Boll. della Società dei naturalisti in Napoli, XXXVIII (1926), pp. 36-45; Sul colore del bozzolo e la migrazione dei pigmenti dal sangue alla seta nella F1 di incroci reciproci tra le razze di bachi B. m. Oro chinese…, in Rend. dell'Acc. dei Lincei, cl. di scienze fisiche, s. 6, XII (1930), pp. 186-190; La legge di Mendel e i cromosomi, in Memorie della Pontificia Acc. di scienze dei Nuovi Lincei, s. 2, XVI (1932), pp. 733-872; Ricerche di genetica sui bachi da seta, in Boll. della Società dei naturalisti in Napoli, XLV (1933), pp. 3-20; I risultati conseguiti in Italia durante l'anno XIII E. F. nel campo della zoologia sperimentale e genetica animale, in Atti della Soc. italiana per il progresso delle scienze, II (1936), pp. 3-47; Genetica di popolazioni, in La Rivista scientifica, IX (1938), pp. 584-610 (in collab. con N.W. Timofeeff-Ressovsky); La genetica al Convegno di biologia sperimentale in onore di L. Spallanzani a Pavia…, in Scientia genetica, I (1939), pp. 297-300; Simbiosi e filogenesi negli insetti, in Transactions of the IXth International Congress of entomology… 1951, Amsterdam 1952-53, I, pp. 449-453; Endocrinologia comparata degli insetti sociali e differenziazione delle caste, in La Ricerca scientifica, s. 2, XXXIII (1963), parte 1, pp. 79-100.
Fonti e Bibl.: Nel 1997, in occasione del primo centenario della nascita, l'Università di Pavia organizzò un convegno sulla figura dello J. i cui atti sono raccolti in C. J. nel centenariodella nascita, testimonianze e documenti, a cura di P. Bernardini Mosconi, Milano 2000 (nella collana "Fonti e studi per la storia dell'Università di Pavia"). R. Di Tocco, Bibliografia del filugello, Padova 1927, pp. 111 s., 257; C. Jucci, Notizie sui lavori di C. J. nel triennio 1930-1933, Modena 1933; U. D'Ancona, Trattato di zoologia, Torino 1953, ad ind. (con partic. riferimento alle pp. 146 s., 295, 300, 435, 1026); P. Pasquini, In memoria di C. J., in La Ricerca scientifica, s. 2, III (1963), pp. 61-78; B. De Lerma, C. J., in Atti dell'Acc. nazionale italiana di entomologia, Rendiconti, XII (1964), pp. 17-23; R.F. Smith - Th.E. Mittler - C.N. Smith, History of entomology, Palo Alto 1973, p. 500.