Lenzoni, Carlo
Letterato fiorentino (morto a Firenze nel 1551), consolo (1543-1544) dell'Accademia fiorentina; umanista, sodale del Giambullari, del Gelli, del Bartoli, intervenne nel dibattito sulla lingua, rivendicandone la ‛ fiorentinità ' viva e parlata contro le teorie letterarie del Bembo e del Tomitano, in una relazione che incontrò il consenso generale dell'Accademia e che ben presto si allargò, nel disegno dell'autore, in una difesa anche di Dante. Ma l'opera rimase incompiuta nella sua terza parte (riguardante le regole) e fu pubblicata postuma, per cura di P.F. Giambullari e C. Bartoli, col titolo: In difesa della lingua fiorentina et di Dante, con le regole da far bella et numerosa la prosa (Firenze 1556).
La trattazione si sviluppa secondo il consueto schema della finzione dialogica, in tre giornate. Un gentiluomo forestiero sostiene le opinioni del Bembo e del Tomitano; il Gelli e il Giambullari si avvicendano, rispettivamente in difesa della lingua e di D., nella confutazione, sempre più serrata e insieme garbata, dei pregiudizi dell'ospite. Il libro dimostra forza argomentativa e notevole cultura classica e letterario-volgare nel suo autore. La struttura discorsiva echeggia l'aristotelismo dell'epoca, ma la posizione del L. è esente dal fanatismo dei pedanti. Si muove dalla definizione degli attributi di una lingua viva, che sono " l'altezza ", la " profondità ", la " larghezza ", " l'urbanità ", qualità che non sempre si riscontrano nella lingua degli scrittori-maestri esaltati dal Bembo e che invece ebbe in sommo grado l'autore della Commedia.
Alla " rozzezza ", biasimata in D. dal Bembo, il nostro contrappone l'" ampullosità dei modi " nel Boccaccio; sul piano della poesia, poi, rifiuta il confronto bembesco fra D. e Petrarca quale arbitraria operazione retorica. L'argomento difensivo più forte, per la fiorentinità della lingua, il L. rinviene quindi nell'esempio di D., del quale peraltro non pare conosca debitamente il De vulg. Eloq., che certo lo avrebbe indotto a qualche moderazione.
Bibl. - M. Barbi, Della fortuna di D. nel sec. XVI, Firenze 1890, 26-30; C. Trabalza, La critica letteraria, II, Milano 1915, 175; G.G. Ferrero, D. e i grammatici della prima metà del Cinquecento, in " Giorn. stor. " CV (1935) 41-45; M. Vitale, La questione della lingua, Palermo 1960, 55-56; A. Vallone, Aspetti dell'esegesi dantesca nei secoli XVI e XVII, Lecce 1966, 161 ss.; ID., L'interpretazione di D. nel Cinquecento, Firenze 1969, 188-192.