RAGGHIANTI, Carlo Ludovico
RAGGHIANTI, Carlo Ludovico. – Nacque a Lucca il 18 marzo 1910 da Francesco, geometra, e da Maria Cesari, secondogenito dopo la sorella Erminia (1908-1991). In questa città, appartata ma nobilitata da un patrimonio culturale straordinario «per la sua varietà e complessità» (Archivio Ragghianti, Carte personali, Relazione per il concorso 1947-1948) nonché da una solida tradizione erudita viva nelle figure di Eugenio Lazzareschi e Augusto Mancini, svolse gli studi giovanili. Analizzò approfonditamente la letteratura francescana, grazie alla mediazione del predicatore barnabita Giovanni Semeria, e risorgimentale, in particolare il Giuseppe Mazzini dei Doveri dell’Uomo; conobbe e frequentò artisti locali come Arturo Daniele, a cui dedicò la prima pubblicazione (1928). Bastonato dai fascisti per la sua opposizione al regime, fu costretto a trasferirsi a Firenze, dove nel 1927 conobbe Eugenio Montale, al quale dovette la prima apertura sulla coeva cultura europea, a partire dalla lettura di Marcel Proust e James Joyce.
Allievo dal 1928 alla Scuola normale superiore di Pisa, diretta da Giovanni Gentile, entrò in contatto con il vivacissimo gruppo di studiosi raccolti attorno a questo istituto, che impresse una svolta decisiva alla sua formazione. Il confronto serrato con personalità come Aldo Capitini e Delio Cantimori contribuì alla sua definitiva maturazione etica, intellettuale e politica. Non meno rilevante il ruolo dello stesso Gentile, il quale non solo tollerò l’antifascismo dichiarato del giovane allievo e il suo crocianesimo, ma ne supportò l’esordio di studioso, prima accettando il saggio dedicato a Giorgio Vasari nei Rendiconti dell’Accademia dei Lincei (1933), quindi favorendo la pubblicazione della Critica d’Arte.
La rivista, fondata nel 1935 da Ragghianti con Ranuccio Bianchi Bandinelli, fu pubblicata dalla casa editrice Sansoni, diretta dal figlio di Gentile, Federico, che ne divenne direttore responsabile. Unica nel suo genere, affrontava temi di arte figurativa dall’antico alla contemporaneità. Si proponeva di rinnovare gli studi partendo dalla filosofia crociana: il nome è infatti esplicito richiamo a La Critica di Benedetto Croce, conosciuto da Ragghianti personalmente nel 1932 grazie alla mediazione di Enrico Alpino. La rivista visse di gravi turbolenze interne e instabilità organizzative, dovute ai difficili rapporti tra i direttori scientifici e Gentile, fino al 1938, quando alla direzione venne aggregato Roberto Longhi, che vi avrebbe lavorato sino alla definitiva rottura, occorsa nel 1940.
Nel 1933 apparve su La Critica crociana lo studio sui Carracci, in cui Ragghianti introduceva il concetto di «prosa» nel linguaggio figurativo. Come già quello su Vasari, anche questo saggio prendeva le mosse dalla tesi discussa all’Università di Pisa con Matteo Marangoni, direttore e rinnovatore dell’Istituto di storia dell’arte.
Il riconoscimento dell’autonomia delle arti visive da qualsiasi altra modalità espressiva, proprio del metodo di Marangoni, in questo lavoro si salda con la definizione della personalità artistica e del rapporto linguaggio-espressione di Croce.
Il quadro dei saggi iniziali si completò con Cinematografo rigoroso, pubblicato nel 1933 su CineConvegno, documentata e pionieristica rivendicazione del cinema come arte, nonché avvio di uno dei filoni di ricerca principali e di più duratura fortuna nella sua opera.
Risultato vincitore di un posto alla scuola di perfezionamento di Roma, si trasferì in questa città nei primi mesi del 1933, e vi conobbe Licia Collobi, poi sposa e compagna di vita e di lavoro, con cui ebbe quattro figli. Il passaggio romano non lasciò tracce sensibili nel completamento della sua formazione; lo lasciò invece sia dal punto di vista politico, sia per le prospettive di carriera. Fu infatti a Roma che Ragghianti finì nel casellario politico della polizia fascista: proprio in questi anni, e quindi con maggiore intensità a partire dal viaggio del 1939 a Londra, dove entrò in contatto con l’ambiente del Warburg Institute e con la redazione del Burlington Magazine, intrecciò il suo lavoro di studioso con l’attività cospirativa. Forse grazie alla mediazione di Giulio Carlo Argan e di Longhi, l’antifascista Ragghianti ricevette dal ministero guidato da Giuseppe Bottai, quello dell’Educazione nazionale, l’incarico di redigere le schede di catalogo delle opere d’arte delle province di Modena, Verona e Rovigo, essenziale per la sopravvivenza sua e della sua famiglia, data la forzata esclusione dai concorsi pubblici come non tesserato. Lasciata dunque Roma, si spostò prima a Modena e poi, dopo la saltuaria permanenza nel Veneto, a Bologna.
Questa sua «massacrante attività di schedarolo» (R. Longhi, Archivio Ragghianti, La Critica d’Arte) gli consentì un ulteriore affinamento dell’occhio e una presa di coscienza diretta del lavoro dell’amministrazione statale per le Belle arti.
La residenza a Bologna impresse una radicale svolta alla sua azione politica. Da qui, infatti, Ragghianti cominciò a tessere i legami tra le varie cellule antifasciste che tra il 1941 e il 1942 avrebbero dato vita al Partito d’azione, alla scrittura del cui programma contribuì in modo diretto. In questi stessi mesi le Arti Grafiche di Bergamo gli affidarono la direzione della rivista Emporium, ma nella primavera del 1942 fu arrestato e incarcerato alle Murate di Firenze, dove scrisse il Profilo della critica d’arte in Italia (pubblicato nel 1948), ragionata sintesi dell’ultimo mezzo secolo di studi sulle arti figurative, e Direttive L (Libertà), decisivo contributo alla cospirazione. Scarcerato e incarcerato di nuovo nel 1943, venne definitivamente rilasciato a luglio con il crollo del regime. Assunse la presidenza del Comitato toscano di liberazione nazionale, non senza contrasti con l’anima liberalsocialista. Guidò la resistenza di Firenze nell’agosto del 1944 e per primo, utilizzando il Corridoio Vasariano, raggiunse le truppe alleate sull’altra sponda dell’Arno.
Nominato nel giugno del 1945 sottosegretario della Pubblica Istruzione con delega alle Belle Arti del governo Parri, si trovò a dover fronteggiare i problemi relativi alla ricostruzione e soprattutto alla tutela dei monumenti nonché alla restituzione delle biblioteche e delle opere d’arte. Si impegnò attivamente per l’autonomia del sottosegretariato e per il rafforzamento dei presidi di tutela territoriali rispetto al governo centrale. Uscito pulito da un’indagine promossa dallo stesso Ferruccio Parri e dal ministro Manlio Brosio in seguito ad accuse mossegli dall’Ufficio recuperi opere d’arte proprio per la questione della restituzione, Ragghianti rassegnò le dimissioni dall’incarico prima della fine del governo, nel dicembre del 1945.
Rientrato a Firenze, lasciò la politica per dedicarsi agli studi, non senza tracce di un intimo dissidio tra la vita attiva della politica e la vita contemplativa della ricerca, evidenti in molte sue lettere datate agli anni del dissolversi del Partito d’azione e della teorizzazione della Terza Forza, di cui fu strenuo sostenitore.
Riuscito vincitore al concorso ‘riparatore’ per la cattedra universitaria del 1948 e nominato professore di storia dell’arte moderna all’Università di Pisa e di estetica e metodo critico alla Scuola normale, combinò il lavoro di ricerca con un’instancabile attività di promozione di cultura. Grazie alla fondazione dello Studio italiano di storia dell’arte, successivo alla riorganizzazione dell’Istituto di studi sul Rinascimento, di cui nel 1945 era stato nominato commissario, e alla connessa creazione della La Strozzina nel 1949, poté contare su una struttura organizzativa che divenne il terminale di tutte queste operazioni.
Organizzò il primo convegno internazionale di arti figurative (1948); fondò e promosse, con Max Ascoli, la CADMA (Commissione Assistenza Distribuzione Materiali Artigianato) per la promozione dell’artigianato artistico italiano in particolare in America (1948-50); organizzò una serie di mostre di artisti italiani contemporanei in varie città della Germania (1950); riattivò la Critica d’Arte presso l’editore Sansoni (1949-50); riprese una serie di collaborazioni con alcuni editori italiani, come le Edizioni U[omo] di Firenze, per cui diresse le collane Quaderni d’arte e Saggi di critica d’arte (1946), come Einaudi, presso cui fondò il premio per la critica d’arte e la connessa collana Biblioteca d’arte (1949), e come Neri Pozza, per cui diresse la Biblioteca di cultura (1953); iniziò infine una fattiva collaborazione con quotidiani e settimanali rimasta poi costante per il resto della sua vita.
Firenze divenne il centro propulsivo della sua azione culturale, e le mostre d’arte, organizzate a palazzo Strozzi senza soluzione di continuità per un quarantennio, divennero lo strumento principale di ricostruzione del tessuto civile locale e nazionale. Queste mostre spaziano nei vari versanti delle arti visive, dagli oggetti («La casa italiana nei secoli», 1948) alla fotografia («Cartier Bresson», 1952), all’architettura, con una triade di fondamentali esposizioni monografiche («Richard Wright», 1951; «Le Corbusier», 1963; «Aalto», 1965). Rivolse una particolare attenzione alla produzione artistica contemporanea («La collezione Peggy Guggenheim», 1949; «De Pisis», 1952), fino a progettare una biennale fiorentina, poi non realizzata.
Nel 1948 e nel 1950 partecipò come commissario alla Biennale di Venezia e firmò il primo critofilm su Lorenzo il Magnifico, in occasione della mostra a questi dedicata (1948; oggi perduto), suggestiva crasi tra critica d’arte e pellicola cinematografica, che incarna al meglio la sua ricerca sul linguaggio artistico come linguaggio della visione.
Conclusa l’edizione delle Vite vasariane nel 1949, pubblicò nel 1951 L’arte e la critica, saggio della raggiunta maturità, in cui il crocianesimo si trasforma in una personale metodologia applicata all’universo del visivo, chiara ma esclusiva e a volte autoreferenziale, che fonda la dorsale del suo percorso critico nel trentennio successivo.
Mosso da un radicale intento di divulgazione della cultura, fondò nel 1952 la rivista SeleArte, con il fondamentale sostegno di Adriano Olivetti, finanziatore di altre iniziative ragghiantiane, tra cui gli stessi critofilm, ultimo dei quali è il Michelangiolo del 1964.
Rivista tascabile, basata su una informazione agile e con un ricco apparato illustrativo che informa su tutte le manifestazioni artistiche, SeleArte venne pubblicata fino al 1966 e raggiunse uno straordinario successo di pubblico (con punte di 55.000 copie vendute). Da SeleArte avrebbe preso le mosse una delle più importanti denunce di Ragghianti contro l’incuria del patrimonio culturale, che avrebbe dato vita alla prima commissione d’indagine (commissione Marangone). Durata dal 1954 al 1956, sarebbe stata la base per la successiva commissione Franceschini (1964-66), di cui pure Ragghianti fece parte, salvo dimettersi prima della fine dei lavori.
Durante il sesto e il settimo decennio del secolo fu animato da un tangibile sforzo riformista: nel 1957 fondò il Gabinetto dei disegni e delle stampe dell’Università di Pisa, ricca collezione di grafica soprattutto novecentesca che fu anche centro promotore di ricerca ed esposizioni; nel 1964 fondò e diresse la Società italiana di archeologia e storia dell’arte, per favorire la collaborazione tra l’amministrazione delle Belle arti e l’Università. Sono sempre questi gli anni in cui difese l’istruzione pubblica a tutti i livelli e al contempo indagò la qualità dell’insegnamento della storia dell’arte nelle scuole di vario ordine, per proporre ipotesi di riforma che toccavano in particolare l’Università.
Presidente per due mandati dell’ADESSPI (Associazione per la Difesa E lo Sviluppo della Scuola Pubblica Italiana), propose l’organizzazione di scuole di settore come la Scuola speciale di studi di storia dell’arte a Pisa e lavorò per l’inclusione delle arti visive nei settori di ricerca del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche).
In questi stessi anni, mentre si registrano i suoi studi-testimonianza sul Partito d’azione e sulla stagione della Resistenza (Una lotta nel suo corso e Disegno della Liberazione italiana, entrambi del 1954), si avvicinò ai radicali e alle battaglie del Mondo di Mario Pannunzio. Dopo i fatti ungheresi del 1956, lavorò per l’unità della Sinistra: fondò e diresse (con Carlo Antoni, Leo Valiani e Bruno Visentini) la rivista Criterio (1956-58), per iscriversi poi, con la moglie Licia, al Partito socialista italiano, salutato in particolare da Sandro Pertini («non vi considero neofiti del socialismo, perché socialisti siete sempre stati», lettera del 10 gennaio 1961, Archivio Ragghianti, Carteggio).
Nel 1966 fu di nuovo in prima linea per il salvataggio di Firenze dalle conseguenze dell’alluvione: alla subitanea organizzazione di una raccolta fondi, che si attirò alcune critiche, fece seguire diverse iniziative culturali per ridare vita alla città.
La mostra «Arte moderna in Italia 1915-1935» (1967), rivisitazione dell’arte nel periodo fascista e tra i primi tentativi di storicizzazione filologica del fenomeno delle avanguardie, si associava all’istituzione di un museo di arte contemporanea a Firenze, a sua volta basato sulla donazione di opere e collezioni alla città.
Nonostante questa intensa azione politica e civile, la sua produzione scientifica si mantenne costante, sia con i contributi apparsi soprattutto su SeleArte e su Critica d’Arte, sia con importanti monografie tra cui Pittori di Pompei (1963), ma soprattutto Mondrian o l’arte del ventesimo secolo, uno dei suoi libri più riusciti, che gli valse il premio Viareggio nel 1962. Con il 1968, anno in cui dette l’avvio alla pubblicazione de L’arte in Italia, un’opera prevista in dieci volumi, dalla preistoria all’età contemporanea, di cui però solo due pubblicati (dal V al XIII secolo), e con l’avvento dei movimenti di contestazione, Ragghianti ritenne fosse venuta meno la possibilità di riforma delle istituzioni pubbliche. Fondò quindi, nel 1968, l’UIA (Università Internazionale dell’Arte), con sedi a Firenze e Venezia, e lasciò definitivamente l’Università di Pisa e la Scuola normale nel 1976.
Questa fase coincise con un convinto isolamento, che contribuì al silenzio gravato sulla sua opera, nonostante alcuni saggi e iniziative originali: la monografia su Brunelleschi (1977), la fondazione della rivista Sound-Sonda (1978-80), espressione del centro studi APAVOCA (Art Process And Visual Objects Computer Analysis), pionieristica riflessione sull’applicazione dell’informatica alle arti visive, il Centro di studi di storia delle arti africane (1979), cui si legano la rivista Critica d’Arte africana e l’importante mostra «Tesori dell’antica Nigeria» tenuta a palazzo Strozzi (1984), tra i primi esempi di studio storico e filologico dell’arte nera, e infine il Centro di studi per la museologia (1970), a cui va collegata la collana Musei d’Italia (1972).
Tra il 1975 e il 1979 l’editore Einaudi pubblicò Arti della visione, tre volumi che raccolgono i suoi più importanti studi di carattere teorico. Pronto ad accostarsi al neonato Giornale di Indro Montanelli, nel 1978 pubblicò Traversata di un trentennio. Testimonianza di un innocente, libro fondamentale per capire il percorso, umano e civile, di un ‘resistente’ che vedeva inattuate le proposte riformatrici della Costituente nonostante la continua battaglia contro tutte le ideologie (Marxismo perplesso, 1980).
Nel 1980, grazie al dono della sua biblioteca, istituì a Lucca la fondazione, tutt’oggi operante, che porta il nome suo e della moglie Licia Collobi. Due libri dell’ultimo periodo possono essere eletti a vero testamento spirituale: L’uomo cosciente (1981), primo volume dell’edizione completa delle sue opere (non conclusa), che raccoglie due decenni di lavoro sull’arte paleostorica, e La critica della forma (1986), intesa vichianamente come «scienza nuova […], conoscenza e possesso del linguaggio espressivo e comunicativo dell’uomo in termini visivi» (p. XI), la sintesi più compiuta e precisa del suo pensiero.
Morì a Firenze il 3 agosto 1987.
Opere. L’elenco delle pubblicazioni si trova in C.L. R. Bibliografia degli scritti, a cura di M.T. Leoni Zanobini, Firenze 1990.
Fonti e Bibl.: La Fondazione e centro studi sull’arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti di Lucca conserva la biblioteca, la fototeca e l’archivio Ragghianti che comprende le Carte personali, la serie La Critica d’Arte, e le lettere, nel Carteggio.
La bibliografia completa può essere ricostruita partendo dai seguenti studi: Omaggio a R. Critica d’arte in atto. Il ruolo delle riviste in Italia, oggi, a cura di C. Varese, Firenze 1997; C.L. R. e il carattere cinematografico della visione (catal., Lucca), Milano 2000; R. critico e politico. Atti del Convegno..., Cassino... 2002, a cura di R. Bruno, Milano 2004; C.L. R., pensiero e azione. Atti del Convegno..., Pisa-Lucca... 2010, a cura di M.T. Filieri et al., Lucca 2010; C.L. R. Un «uomo cosciente». Atti del Convegno..., Ferrara... 2009, a cura di R. Varese, in Critica d’Arte, LXXI (2010), 41-42; Studi su C.L. R., a cura di E. Pellegrini, in Predella, X (2010), 28.