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MALATESTA, Carlo

di Anna Falcioni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)
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MALATESTA (de Malatestis), Carlo

Anna Falcioni

Figlio di Malatesta di Pandolfo (II), più noto come Malatesta dei Sonetti, signore di Pesaro, ed Elisabetta da Varano, nacque nell'ultimo decennio del secolo XIV.

Il 18 luglio 1416 sposò, per volere paterno, Vittoria di Lorenzo Colonna, nipote di papa Martino V, dalla quale non ebbe figli. Nello stesso anno il M. ebbe il primo incarico ufficiale: fu nominato dalla Chiesa difensore di Perugia, città che, avendo perso con la morte di Ladislao re di Napoli (1414) il suo naturale protettore, dovette affrontare la minaccia di Braccio da Montone (Andrea Fortebracci). Durante il conflitto che ne seguì, il fratello del M., Galeazzo, fu catturato. Per la liberazione sua e di un congiunto riminese Malatesta dei Sonetti il padre del M. dovette rinunciare alla città di Jesi e pagare ben 30.000 scudi.

Spettò di nuovo al M. appoggiare il padre in una situazione rischiosa per il potere familiare: il 24 nov. 1424 le milizie viscontee capitanate da Angelo Della Pergola assalirono il castello di Gradara, saccheggiandolo e facendo prigionieri Galeazzo e la moglie di questo, Battista da Montefeltro. L'aggressione, forse non voluta direttamente da Filippo Maria Visconti che subito dopo ordinò la scarcerazione dei prigionieri, fu attribuita già dai contemporanei a Carlo di Rimini. Questi aveva, in effetti, buoni motivi per eliminare il suo parente pesarese, perché, privo di eredi legittimi, tentava di far succedere al controllo di Rimini i figli naturali del fratello Pandolfo (III). Ciò, tuttavia, non tolse al M. il suo valore di mediatore tanto che, inviato a Milano dal padre, mise a punto le clausole per una convenzione che di fatto sancì l'ingresso dei Malatesta nell'orbita viscontea. I patti, stabiliti il 21 nov. 1424, tra il M., il padre e il fratello Galeazzo da una parte e i procuratori del duca Filippo Maria dall'altra, ponevano il casato pesarese sotto la protezione di Milano in cambio del loro appoggio militare; nel contempo il M. veniva eletto capitano generale delle truppe ducali e investito del territorio di Casalpusterlengo. Ma decisamente maggiore doveva essere la fiducia dei Visconti nei confronti del M. rispetto alla sua effettiva capacità d'azione in quanto, proprio lui, insieme con Niccolò Piccinino e Francesco Sforza, ebbe il comando dell'esercito in occasione della battaglia di Maclodio (12 ott. 1427), nella quale i Milanesi furono sconfitti dai Veneziani, cui dovettero cedere tutto il Bresciano e il Bergamasco, e lo stesso M. subì l'onta della cattura e della prigionia. L'ennesimo riscatto da pagare per la liberazione accrebbe i debiti delle casse malatestiane, tanto da richiedere l'intervento finanziario di Gianfrancesco Gonzaga, cognato del M. per averne sposato la sorella Paola.

Tornato in libertà, il M. rientrò a Pesaro, dove trovò una situazione piuttosto delicata riguardo alla contesa sorta tra suo padre e i cugini del ramo riminese per questioni dinastiche legate all'eredità territoriale di Pandolfo (III). Ma la controversia si arenò nel 1429 quando Malatesta dei Sonetti morì, lasciando ai successori questioni ancor più urgenti da risolvere: la signoria, gravata di debiti, era priva di un erede veramente capace di raccogliere l'eredità, che era divenuta piuttosto pesante. Malgrado ciò, il M., Galeazzo e Pandolfo, che subito successero come condomini al governo di Pesaro (1430), decisero di agire congiuntamente su più fronti, ognuno con un ruolo definito e paritario. I tre fratelli sostennero con le armi la rivolta, di stampo aristocratico, scoppiata a Rimini nel 1431 contro Galeotto Roberto Malatesta e i suoi congiunti, guidata dal cadetto Giovanni di Ramberto Malatesta.

In quell'occasione fu inviato sul posto un piccolo esercito assoldato da Martino V, persecutore d'una politica di rafforzamento del proprio dominio nella Romagna a discapito dei poteri locali, e sostenuto anche da Guidantonio da Montefeltro, tradizionale nemico dei Malatesta riminesi. Nonostante l'ampio dispiego di forze, i signori di Rimini seppero resistere a ogni assalto consolidando il loro dominio.

Intanto tempi difficili si stavano profilando: ai debiti che gravavano sulle finanze della signoria si aggiunse la morte di Martino V, un sostegno sicuro per via del legame di parentela che lo univa al M. dopo il matrimonio di questo con sua nipote. A salire sul soglio pontificio fu Eugenio IV che, continuando l'opera di rafforzamento del Papato, attuò un ribaltamento degli equilibri politici, favorendo i Malatesta riminesi a scapito del ramo pesarese. Il pontefice appoggiò il tumulto popolare che si stava preparando a Pesaro, orchestrato da Astorgio Agnesi, vescovo di Ancona, che il 2 giugno 1431 ottenne la vittoria e la prima temporanea cacciata dei Malatesta dalla città (1431-33).

Il M. si impegnò nella difesa di Fossombrone, mentre il fratello Galeazzo si recò inutilmente a Roma per chiedere la protezione del papa e trovare poi rifugio a Urbino con la moglie e la cognata Vittoria Colonna; Pandolfo invece riparò a Gradara che fu risparmiata dall'occupazione pontificia perché considerata proprietà allodiale dei Malatesta. Fu lì che i tre fratelli stabilirono un avamposto da dove, ottenuto l'aiuto di Guidantonio da Montefeltro e di Filippo Maria Visconti, iniziarono la riconquista dei castelli nel contado pesarese (febbraio 1432). Fondamentale fu l'appoggio del duca di Milano - sostenitore dei principî del concilio di Basilea (1431-37) e lui stesso impegnato in una personale guerra nei confronti di Eugenio IV -, che dispose 1500 cavalieri e fanti alla guida di Berardino degli Ubaldini. Nel frattempo Giovanni Vitelleschi, succeduto ad Astorgio Agnesi nella carica di vescovo di Ancona e luogotenente generale del papa nella Marca, si adoperava per sottrarre ai Malatesta tutti i possedimenti superstiti. Diresse le sue mire anche su Camerino, dove fece giustiziare uno dei legittimi aspiranti a quella signoria, Piergentile da Varano, marito di Elisabetta, figlia di Galeazzo Malatesta. Contro le truppe del Vitelleschi e a sostegno del M. e dei suoi consorti, scese da ultimo in campo Francesco Sforza: forti ormai di una rete di appoggi che toccava alcuni tra i potentati più importanti della penisola, tra il 1432 e il 1433 i tre fratelli e i loro alleati acquisirono il controllo dei castelli di San Costanzo, Roncitelli, Stacciola e Montemarciano, oltre che di Fossombrone e Senigallia, che era stata loro ceduta nel 1430 da papa Martino V. Di contro le forze della Chiesa, appoggiate dai Malatesta di Rimini e capeggiate dal Gattamelata (Erasmo da Narni), invasero in un primo momento i territori del conte di Urbino per ripiegare poi su Forlì. Il M. invece, avvalendosi dell'aiuto dei tanti fuoriusciti pesaresi e del valore delle truppe stanziate a Fossombrone, stringeva d'assedio la città e ne devastava il contado. Il 15 sett. 1433, infine, si giunse alla pace al termine d'una guerra dispendiosa per tutte le parti: negli accordi che seguirono, il papa restituì Pesaro a Galeazzo, prevedendo però la custodia temporanea del castello di Gradara nelle mani di Sigismondo Pandolfo. In realtà i Malatesta non ebbero più il possesso della rocca: Eugenio IV di fatto riconfermò nel 1435 il vicariato della Marca al M., Galeazzo e Pandolfo, ma non riuscì a convincere il signore di Rimini a restituire Gradara.

Rientrati a Pesaro il 24 sett. 1433, i Malatesta affrontarono il difficile momento della ricostruzione: i tre anni di guerra, unitamente alla devastazione del contado e della città, il danneggiamento del porto, avevano creato una situazione di tale crisi che i tre fratelli da soli non avrebbero mai potuto risollevarsi. Fu così che l'influenza del cognato Guidantonio da Montefeltro crebbe con il maturare delle difficoltà: quella che era stata, fino a pochi anni prima, una semplice difesa di interessi familiari si trasformava in un protettorato in senso proprio. Nel 1434 il conte di Urbino stipulava accordi con il M., Galeazzo e Pandolfo che assicuravano il rifornimento del sale alla volta di Urbino a condizioni vantaggiose. Unitamente al risanamento delle strutture economiche, i fratelli Malatesta rafforzarono il loro status di signori, mediante un controllo più capillare sulle magistrature cittadine nonché sulla nomina del podestà.

In questo frangente, comunque, spiccò l'opera di Pandolfo, il quale attraverso un'accorta opera diplomatica si impegnò fermamente per una pace stabile con i fratelli, indispensabile per la buona gestione della signoria, e con Sigismondo Pandolfo. Ma, nonostante gli sforzi fatti, la signoria versava in un'inarrestabile crisi economica: vano e inutile si rivelò pure il tentativo risolutore ipotizzato dal M., ovvero di mettersi nuovamente al soldo del duca di Milano.

In una situazione sempre più difficile da gestire per la signoria pesarese, Sigismondo Pandolfo cercò di trarre profitto dalla debolezza dei tre fratelli, aumentando le pressioni esercitate sui territori della Marca e costringendo di conseguenza il M. e Pandolfo a firmare, il 5 ott. 1438, una convenzione con il conte Guidantonio da Montefeltro e con Francesco Sforza. Il patto stipulato, condizionato da interessi politici e vincoli familiari, garantiva la continuità politica del dominio malatestiano su Pesaro e, seppur momentaneamente, la metteva al riparo dalle mire del ramo riminese.

Appena un mese dopo, il 14 nov. 1438, il M. morì a Pesaro senza eredi; come suo padre, fu tumulato nella locale chiesa di S. Francesco.

Alle sue esequie fu tenuta un'orazione funebre da Giacomo da Pesaro, un letterato allievo di Francesco Filelfo che aveva rapporti molto stretti con le corti malatestiane (in Abati Olivieri Giordani, 1784).

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, E.XXVII.2, b. 1081, cc. 62, 68, 72, 140, 148, 151, 156, 161, 166; Pesaro, Biblioteca Oliveriana, Fondo diplomatico, pergg. 525, 526, 529, 542, 559, 577; Cronache malatestiane dei secoli XIV e XV, a cura di A.F. Massera, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XV, 2, pp. 61, 64, 74; T. Borghi, Continuatio Cronice dominorum de Malatestis, a cura di A.F. Massera, ibid., XVI, 3, pp. 85, 89 s.; C. Clementini, Raccolto istorico della fondatione di Rimino(, II, Rimino 1627, pp. 104-109; A. degli Abati Olivieri Giordani, Memorie di Gradara terra del contado di Pesaro, Pesaro 1775, pp. 76-85, 87, 91, 95; Id., Orazioni in morte di alcuni signori di Pesaro della casa Malatesta, Pesaro 1784, pp. XXXIV-XXXIX; L. Tonini, Della storia civile e sacra riminese, IV, Rimini nella signoria de' Malatesti, 1, Rimini 1880, p. 336; G. Franceschini, I Malatesta, Varese 1973, pp. 294-301; A. Carile, Pesaro nel Medioevo, in Pesaro tra Medioevo e Rinascimento, a cura di M.R. Valazzi, Venezia 1989, pp. 44 s.; A. Falcioni, Le contese dei Malatesti di Pesaro e di Rimini(, in Terra di Gradara, a cura di M.L. De Nicolò, Fano 2001, pp. 13-35; Id., Il progetto dell'arcivescovo Pandolfo Malatesti(, in Pesaro città e contà, 2003, n. 17, pp. 57-70; A.G. Luciani, Vittoria Colonna (1401-1457/58), in Le donne di casa Malatesti, a cura di A. Falcioni, Rimini 2005, pp. 981-989.

Vedi anche
capitano Comandante di una compagnia di soldati o di un corpo equivalente; nella gerarchia militare di quasi tutti gli eserciti fa parte della categoria degli ufficiali inferiori. Nella navigazione mercantile, capitano marittimo è qualifica professionale di chi ha il comando della nave.  ● Nel corso del tempo, ... Stato Pontificio Con riferimento al pontefice romano come sovrano temporale, lo Stato della Chiesa, governato dal papa fino al 1870. 1. L’origine Lo Stato Pontificio, Stato nacque da una base costituita dalla sovrapposizione del Patrimonio di S. Pietro (➔) sul ducatus bizantino. Alla metà dell’8° sec. il duca come ... conte Titolo nobiliare che nella gerarchia araldica segue quello di marchese. ● A Roma, nell’età repubblicana, il conte (comes) assisteva e consigliava i magistrati preposti al governo delle province. Con Costantino il termine indicò una serie di pubblici funzionari: alcuni dirigevano importanti uffici centrali ... Mantova Comune della Lombardia (64 km2 con 47.734 ab. nel 2008), capoluogo di provincia. È situata nella bassa Pianura Padana, nella parte interna di un’ansa del Mincio, circondata dall’acqua su tre lati; ciò ha influito sullo sviluppo urbanistico, necessariamente volto verso S, unico lato non sbarrato dall’acqua, ...
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