CASTELLI, Carlo Maria Luigi
Nacque a San Sebastiano da Po (Torino) il 18 dic. 1790 da Giovanni e da Rosalia Goffi. Poco sappiamo degli anni della sua giovinezza. Arruolatosi in giovane età nell’esercito francese nel periodo in cui il Piemonte faceva parte dell’Impero napoleonico, vi raggiunse il grado di ufficiale; ma sembra che abbia anche seguito regolari corsi di studio nell’Ateneo torinese. Dopo la caduta di Napoleone, nel 1816 il C. partì verso l’America centromeridionale insieme con dodici compagni decisi a combattere per l’indipendenza delle colonie dal dominio spagnolo:. tra essi vi erano il generale Neri e il colonnello Bonfanti.
Al momento dell’arrivo del C. a Port-au-Prince (Haiti) le sorti della guerra volgevano a favore degli Spagnoli, che avevano rioccupato Caracas e la maggior parte del territorio della Nuova Granada; Bolivar era stato costretto a ritirarsi nelle isole a nord del continente ove cercava di raccogliere truppe per riprendere la lotta.
Il C., nominato capitano, venne subito impiegato in posti di comando, in una dura guerra, senza scampo in caso di cattura, in quanto gli Spagnoli riservavano ai combattenti stranieri, ritenuti mercenari, la pena di morte. Egli si distinse in numerosi fatti d’arme, mostrando notevole coraggio, ma anche perizia e conoscenza dell’arte della guerra: dalla spedizione di Los Cayos (1816) alla difesa di Barcelona (1817), dalla eroica resistenza opposta alla “Casa Fuerte” di Clarines (10 febbr. 1817), contro oltre 4.000 spagnoli che la assediavano, all’attacco alla baionetta al Morro de Barcelona.
L’assedio di Angostura e di Guayana “la vieja”, e l’inseguimento del nemico in fuga dopo la conquista delle due piazzaforti; le battaglie di Granada e di Santa Lucia; la partecipazione con il generale Páez alla campagna di Apure (1819) furono altrettante tappe di una intensa azione militare.
Nel 1820 il C. fu promosso tenente colonnello e ricevette la Stella dei liberatori; nel 1821 diresse le fortificazioni di San Fernando e, poco tempo dopo, venne posto dal Bolivar al comando dell’avanguardia dell’esercito dei patrioti. Il 24 giugno 1821, a Carabobo, egli attaccava per primo il nemico sostenendo con intrepidezza l’urto di due reggimenti e perdendo nell’azione la metà dei suoi uomini. Nello stesso anno partecipò all’assedio di Puerto Cabello e fu nominato comandante politico e militare di San Felipe. Seguirono, nel 1822, le campagne militari di Coro e Maracaibo e le vittoriose giornate di Chipare e di Dabajuro (agosto); nel settembre il C. venne ferito in un’azione bellica e nel novembre fu nominato comandante d’armi nella provincia di Mérida e subito dopo governatore. Dopo altre vicende militari, il 6 nov. 1826 raggiunse il grado di colonnello superiore (generale di divisione) ed ebbe il comando delle fortezze di Maracaibo; l’anno successivo fu nominato comandante generale delle armi e dell’intendenza del dipartimento di Zulia che comprendeva le provincie di Maracaibo, Mérida, Coro, Trujillo; nel 1829, chiamato a Bogotá, ove si era manifestata una rivolta contro Bolivar, guidò una colonna di Cacciatori d’Occidente ed altre truppe, riportando al Santuario di Antioquia una vittoria definitiva contro gli insorti. Nell’ottobre del 1830 fu nominato comandante generale di Antioquia con il grado di generale di brigata. Bolivar, che apprezzava molto le sue capacità militari, intendeva affidargli anche il comando di una spedizione nella regione del Valle.
Dopo la morte di Bolivar (17 dic. 1830), il C. fu coinvolto nelle lotte intestine e sottoposto a processi militari da cui uscì assolto con onore, pur rimanendo emarginato da ogni potere.
Nel 1841 ottenne una licenza per tornare in patria ed il 27 giugno 1842, nella parrocchia di S. Carlo a Torino, contrasse matrimonio con una nipote ventiquattrenne, Paola Sacchero, figlia di Giacinto, professore nella facoltà di medicina di quella università, e di Giuseppa Castelli. Si interessó, inoltre, ad un vasto progetto inteso a trasferire in Venezuela emigranti sardi; ma la prima spedizione si concluse drammaticamente, per il naufragio della nave che li trasportava nei pressi di Civitavecchia.
Ritornato in Venezuela, nel 1844 fu nominato console onorario sardo presso il governo venezuelano. Nella difficile situazione politica di quegli anni, contraddistinti dalla presidenza alterna, quasi dittatoriale, dei fratelli generali José Tadeo e José Gregorio Monagas, il C. seppe acquistare notevoli benemerenze presso il governo, soffocando il 17 sett. 1848, mentre era al comando della guarnigione di Quisiro, una pericolosa ribellione. Il 10 sett. 1850 venne nominato ministro della Guerra e della Marina nel governo di J. T. Monagas; riconfermato nella carica il 20 sett. 1851, nel governo di J. G. Monagas, rinunciò a fine gennaio 1852. Nel febbraio 1855 venne inviato come ministro plenipotenziario in Colombia e, al suo ritorno, nell’ottobre 1856, fu nuovamente ministro della Guerra e della Marina con J. G. Monagas e riconfermato nell’aprile 1857 nel nuovo governo di J. T. Monagas. Scoppiato in Valencia, il 4 marzo 1858, il moto rivoluzionario guidato dal generale Julián Castro, appoggiato tanto dai conservatori quanto dai liberali, il C., pur mantenendo la carica di ministro, fu inviato nella provincia di Aragua per appoggiare l’azione del generale Trias, che era stato accusato di scarso impegno nella repressione dell’insurrezione.
Con un comportamento ambiguo i due generali, scontratisi a La Victoria con gli insorti, non seppero o non vollero sfruttare la vittoria per schiacciare, come era forse possibile, il nemico, mentre la rivoluzione sì affermava sempre di più nella capitale e nelle campagne. Il 14 marzo le truppe rivoluzionarie invadevano la provincia di Aragua ed il generale Castro dirigeva al C. un messaggio in cui, riferendosi al malgoverno dei Monagas, si appellava al suo spirito civico e gli chiedeva di deporre le armi per evitare un inutile spargimento di sangue. Ma il C., che pur aveva dimostrato in quei giorni perplessità e disorientamento, attaccato ad un rigido senso dell’onore militare, non ritenne di dover prendere tale decisione.
Soltanto dopoché il generale Monagas rinunciò alla presidenza e il neocostituito governo provvisorio del generale Castro gli ordinò di sospendere le ostilità e di ripiegare su Caracas, il 15 marzo il C. obbedì agli ordini del nuovo governo, marciando verso San Pedro. Il giorno successivo le avanguardie ribelli prendevano contatto con le truppe del C., che in parte aderirono alla rivoluzione ed in parte si sciolsero abbandonando i capi. Fu la fine della carriera politico-militare del C., che morì a Caracas nel 1860 lasciando un’unica figlia, Josefa Castelli Sacchero. I suoi resti sono sepolti nel Pantheon nazionale accanto a quelli di Bolivar e degli altri “próceres” ed eroi dell’indipendenza.
Fonti e Bibl.: Caracas, Archivo general de la Nación, Secciòn próceres y servidores, 1810-1824, XVIII, fasc. 22-27: C. L. Castelli, Reseña de los servicios y conducta del Coronel de Venezuela Carlos Luis Castelli General de Brigada de Colombia y los documentos iusticativos; V. Lecuna, Cartas del Libertador, IX, Caracas 1929, pp. 246, 251 ss., 311; M. Lessona, Volere è potere, Firenze 1869, pp. 432-436; F. F. Carloni, Gli Italiani all’estero, III, 1, Città di Castello 1908, pp. 292 s.; F. González; Guinán, Historia contemp. de Venezuela, Caracas 1954, IV, pp. 502 s.; V, pp. 133, 216, 436, 455; VI, pp. 89, 133 s., 137-140, 144, 152; L. Level de Goda, Historia contemporánea de Venezuela, politica y militar (1858-1886), I, Caracas 1954, pp. 67, 77; M. Vannini de Gerulewicz, Italia y los italianos en la historia y en la cultura de Venezuela, Caracas 1966, pp. 420 s.