MAGGI, Carlo Maria
Nacque a Milano, di famiglia agiata, l'8 maggio 1630; si laureò in legge a Bologna e quindi, dopo qualche viaggio in varie parti d'Italia, si stabilì in patria, dove si ammogliò, ebbe molti figli e visse fino al 22 aprile 1699, circondato dalla stima dei concittadini che ne apprezzavano la dottrina e la rettitudine con la quale tenne gl'importanti uffici di segretario del Senato, di insegnante di lettere latine e greche nelle scuole palatine, di curatore dei confini e di soprintendente all'università di Pavia.
Grande fama, in patria e fuori, gli procacciarono le opere letterarie per le quali ebbe alti onori e grandi lodi e fu fatto membro di molte accademie, tra cui la Crusca e l'Arcadia. Da giovane compose varî melodrammi, che poi rifiutò (Augusto in Egitto, Bianca di Castiglia, ecc.). Scrisse pure prologhi, intermezzi, scene varie, La Griselda, tragedia derivata dalla novella del Boccaccio, due drammi sacri, Teopisto, e Il ritorno d'Azoto (che rifà la parabola del figliuol prodigo), la Ifigenia derivata da Euripide e la Troade derivata da Seneca. Ma di tutte le sue produzioni teatrali si ricordano specialmente le commedie in versi, nelle quali alcuni personaggi parlano in dialetto milanese: Il Mancomale, Il barone di Birbanza, I consigli di Meneghino, Il falso filosofo. Le compose negli ultimi anni di vita. Pregevoli per scene e personaggi presentati con grande vivezza, queste commedie ebbero il merito di rendere popolare la figura di Meneghino, divenuto poi la maschera milanese. Il M. compose anche liriche in latino, in greco e in spagnolo, e molte in italiano, tra le quali non poche di soggetto morale e religioso. Cominciò seguendo il gusto del suo tempo per le ampollosità e le sottigliezze; poi andò via via correggendosene, e la sua fama di poeta fu così grande ai suoi giorni, che il Muratori non dubitò di paragonarlo a Dante e al Petrarca. Oggi egli ci appare verseggiatore corretto, ma freddo, di scarsa originalità, e se ne ricordano quasi soltanto le liriche ispirategli dall'amor di patria, quantunque non escano generalmente dai soliti luoghi comuni. Più vive sono le poesie burlesche, parecchie delle quali in dialetto. In prosa scrisse orazioni latine e italiane, molte lettere e la traduzione dal francese di due libretti spirituali, i Sentimenti di pietà e Il ritiramento delle dame. A quest'ultimo egli aggiunse, come appendice, alcuni suoi Trattenimenti per le dame (Milano 1687).
Ediz.: La raccolta più ampia delle sue opere è quella curata da L. A. Muratori (Milano 1700), che comprende rime varie, lettere familiari e altri scritti. Nello stesso anno si pubblicarono a Venezia anche le sue scritture dialettali ristampate poi col titolo di Commedie e rime in lingua milanese (Milano 1701). Nel 1728 si raccolsero i componimenti latini negli Anecdota postuma miscellanea. A. Cipollini, con uno studio sull'autore (Milano 1900) diede una Scelta di poesie e prose edite e inedite.
Bibl.: Muratori, nell'introduzione alla cit. ediz.; E. De Marchi, C. M. M., Saggio, Milano 1885 e 1930; A. Cipollini, I mss. milanesi e le poesie inedite mondane e sacre di C. M. M., Milano 1895; id., C. M. M. e le Consulte inedite, Milano 1899; F. Barbieri, Le rime e le commedie meneghine di C. M. M., Milano 1917; L. Medici e G. A. Maggi, C. M. M., Milano 1930.