VIOLA, Carlo Maria
– Nacque a Zara il 2 novembre 1855. Le fonti non riportano l’identità dei genitori; si sa comunque che il padre, capitano di Marina, era originario di Fiume, mentre la madre era veneziana (M. Ferrari, Prof. ing. Carlo Maria Viola, in Zeitschrift für Kristallographie - Crystalline materials, LXIV (1926), 1, pp. 260-264, in partic. p. 260).
Compì gli studi elementari e medi dapprima in Dalmazia, poi in Istria e a Graz, in Austria. Si iscrisse all’Università di Vienna dove conobbe Guglielmo Oberdan, a quel tempo una figura di spicco tra gli studenti italiani. Nel 1878, in seguito all’occupazione militare della Bosnia e dell’Erzegovina da parte dell’Austria, come sancito nel Congresso di Berlino, venne chiamato alle armi e dovette interrompere gli studi. Contrario all’occupazione e insofferente alla disciplina militare, Viola fuggì dall’Austria insieme a Oberdan e ad altri irredentisti. Lasciò la sua famiglia che riuscì a rivedere soltanto quando, a seguito della vittoria italiana nella prima guerra mondiale e dei trattati di Saint-Germain-en-Laye del 1919 e di Rapallo del 1920, l’Istria divenne parte del Regno d’Italia.
Giunto a Roma, si iscrisse alla Scuola superiore per ingegneri presso la quale si diplomò in ingegneria civile il 18 dicembre 1880. Ottenne immediatamente, per un anno, l’incarico di assistente per la cattedra di fisica tecnica. Nominato allievo ingegnere geologo presso il corpo reale delle miniere, nel 1881 venne inviato a seguire i corsi di formazione specialistica presso la Bergakademie di Berlino e, dal 1883 al 1885, presso l’Istituto geologico della stessa città. In questo periodo effettuò numerosi sopralluoghi in Turingia, nella regione dell’Harz e nei dintorni di Berlino, e si dedicò anche allo studio della pedologia nel laboratorio che venne approntato proprio nella Bergakademie.
Tornato in Italia, l’ufficio presso il quale prestava servizio tentò di sfruttare la sua specializzazione per la realizzazione di cartografia pedologica e agronomica, ma la mancanza di uno specifico laboratorio ne sospese gli intenti. Nel triennio 1886-88 fu quindi incaricato di seguire gli studi sui bacini montani irrigui dell’Emilia e delle Marche e, nei ruoli del Regio Ufficio geologico, fu applicato al rilevamento geologico dell’Italia centrale e meridionale, nel lungo arco temporale 1888-94. Frutto di questa attività fu la pubblicazione di alcuni fogli geologici della Carta geologica d’Italia in scala 1:100.000: il foglio Laurenzana (1908) e il foglio Altamura (1910), in collaborazione con Venturino Sabatini. Al termine dell’attività di rilevamento, gli fu assegnato l’incarico di revisionare la Carta geologica della Provincia di Roma.
Durante il periodo trascorso in Puglia e in Basilicata, pubblicò interessanti lavori sia sulla geologia del sedimentario (per es.: Contributo alla geologia del Gargano, in Bollettino del Reale Comitato geologico d’Italia, XXIV (1893), pp. 101-129, in collaborazione con Michele Cassetti; Sull’estensione del Trias in Basilicata e sulla tettonica generale dell’Appennino meridionale, ibid., XXV (1894), pp. 372-390, in collaborazione con Luigi Baldacci) sia su quella del vulcanico. Degno di nota è lo studio che Viola fece insieme a Giuseppe Di Stefano, suo collega paleontologo del Regio Ufficio geologico, in uno dei siti geologici più interessanti dell’Italia meridionale: la Punta delle Pietre Nere.
Nel 1893 Viola pubblicò un primo lavoro con G. Di Stefano (La Punta delle Pietre Nere presso il Lago di Lesina in provincia di Foggia, ibid., XXIV (1893), pp. 129-143) seguito, l’anno successivo, da un lavoro solo a suo nome (Le roccie eruttive della Punta delle Pietre Nere in provincia di Foggia, ibid., XXV (1894), pp. 391-406). Lo studio conteneva una pianta geologica della Punta delle Pietre Nere in scala 1:4.000, corredata di una sezione geologica e una carta in scala 1:1.000.000 nella quale era riportato il tentativo di correlazione tra questo particolare affioramento di rocce eruttive e quelli presenti nelle isole di Lissa (Vis) e Busi (Biševo), e lo scoglio Sant’Andrea (Sveti Andrija) nell’arcipelago delle isole dalmate. La carta geologica allegata a questo lavoro rappresenta un documento particolarmente interessante poiché oggi di quell’importante affioramento non sono rimaste che poche tracce visibili e alcuni campioni rocciosi conservati nella collezione litologica del museo dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
La collaborazione con Di Stefano aveva portato anche a un’altra importante conclusione: l’analisi stratigrafica e paleontologica delle calcareniti di Gravina, affioranti sia a Gravina sia a Matera, aveva condotto infatti i due geologi a contestare la definizione del piano materino, formulata dallo stratigrafo svizzero Karl Mayer-Eymar, e a ricondurre la suddivisione del Messiniano a una bipartizione, anziché una tripartizione come proposto da Mayer-Eymar (G. Di Stefano - C. Viola, L’età dei tufi calcarei di Matera e di Gravina e il sottopiano materino, ibid., XXIII (1892), pp. 125-149).
Viola non trascurò la sua formazione mineraria e continuò le ricerche di cristallografia, pubblicando numerosi lavori, perlopiù in lingua tedesca. Non abbandonò nemmeno le sue conoscenze ingegneristiche: durante le vacanze estive del 1894 collaborò con l’amico astronomo Vincenzo Cerulli alla costruzione dell’osservatorio astronomico di Collurania, in provincia di Teramo. Compì anche uno studio critico sul principio di Menabrea riguardante il lavoro di deformazione dei sistemi elastici, che dimostrò inesatto e che, quindi, da quel momento perse valore nella meccanica applicata.
Tornato nella sede di Roma, sotto la direzione di Baldacci, a Viola fu assegnato l’incarico di rilevare il Lazio meridionale, completando i fogli geologici in scala 1:100.000 n. 170 Terracina e n. 159 Frosinone, in collaborazione con Cassetti, Sabatini e Di Stefano. Questa attività lo condusse ad approfondire le conoscenze di alcuni settori chiave dell’Appennino centrale: pubblicò lavori sul monte Circeo (Il monte Circeo in provincia di Roma, ibid., XXVII (1896), pp. 161-171), sui Lepini, gli Ernici e la valle del Sacco, e si dedicò, con particolare attenzione, all’analisi delle facies e dell’assetto strutturale dei monti Simbruini (Osservazioni geologiche fatte nel 1896 sui monti Simbruini in Provincia di Roma, ibid., XVIII (1897), pp. 46-53), dei quali divenne forse il migliore conoscitore.
Nei ruoli dell’Ufficio geologico ottenne numerosi e diversificati incarichi, che lo portarono alla redazione di pregevoli studi tecnici. Nel 1900 fu nominato capo del distretto minerario di Iglesias e direttore della locale scuola mineraria. Nel 1905 ottenne l’incarico molto ambito di insegnamento universitario a Parma, dove tenne i corsi di geologia, mineralogia, cristallografia, fisica e geometria proiettiva e descrittiva. In seguito, insegnò anche matematiche superiori nella facoltà di chimica, mostrando eccezionali doti di chiarezza e di originalità nelle concezioni. Produsse circa duecento lavori scientifici, nei diversi campi di applicazione; scrisse principalmente di cristallografia, di geologia, di petrografia, ma anche di fisica, di meccanica e addirittura di architettura. A lui si deve, tra l’altro, un pregevole Trattato di cristallografia (Milano 1920) e gli fu dedicato il minerale violaite.
Viola venne definito come uomo modesto, probo e semplice (Ferrari, 1926, p. 4). Soffrì dell’allontanamento dalla sua terra natale, che subì per quarant’anni, confidando sempre nella riunificazione all’Italia. Temeva la superiorità militare austro-ungarica e offrì il suo contributo alla difesa nazionale, proponendo al ministero della Marina un suo progetto di porto militare nel Gargano. Sposato con Clara Schneider, di Zurigo, ebbe diversi figli, dei quali Tullio (v. la voce in questo Dizionario), il maggiore, combatté durante la Grande Guerra.
Dopo la vittoria italiana, Viola dedicò la sua opera al faticoso ricongiungimento di Fiume e della Dalmazia all’Italia. Fu socio nazionale dei Lincei, socio corrispondente della Società imperiale mineralogica di Pietroburgo e dell’Accademia degli Zelanti di Acireale, socio onorario della Società mineralogica di Londra, socio nazionale della Società italiana delle scienze, detta dei XL, dalla quale ricevette una medaglia d’oro nel 1906.
Morì a Bologna il 4 agosto 1925 ed è sepolto nella certosa della città.
Fonti e Bibl.: M. Ferrari, L’ing. prof. C.M. V., in Bollettino del Regio Ufficio geologico d’Italia, LI (1926), pp. 1-15; D. Brianta - L. Laureti, Cartografia, scienza di governo e territorio nell’Italia liberale, Milano 2006; D. Brianta, Europa mineraria: circolazione delle élites e trasferimento tecnologico, secoli XVIII-XIX, Milano 2007.