MATTEUCCI, Carlo
– Nacque a Forlì il 20 giugno 1811 da Vincenzo, medico del locale ospedale, già chirurgo militare della Repubblica Cisalpina, e da Chiara Folfi.
Dopo aver frequentato il ginnasio nella sua città, nel 1825 superò gli esami di ammissione al secondo anno della facoltà di fisica e matematica dell’Università di Bologna. Fortemente attratto dalla ricerca scientifica, durante il corso pubblicò il suo primo breve saggio, Cenni sulla influenza della elettricità sulla formazione delle principali meteore acquee (Bologna 1827). Conseguita la laurea in fisica il 7 apr. 1828 discutendo una tesi di meccanica generale, il M. fece ritorno a Forlì e cominciò a compiere esperienze dapprima nel collegio Tartagni, poi in un piccolo laboratorio che aveva allestito nella casa paterna; effettuò quindi una ricognizione scientifica sulle colline riminesi, nel cui suolo poté accertare l’effettiva presenza di lignite, di cui aveva sentito vagamente parlare, prima tappa di un progettato e più esteso viaggio dedicato allo studio geologico delle valli dell’Appennino romagnolo.
Nell’ottobre 1829 si recò a Parigi per frequentare i corsi della École polytechnique e, in quello che era allora uno fra i più celebri ambienti scientifici europei, poté stringere amicizia con illustri esponenti dell’università e dell’accademia francese, quali F.-J.-D. Arago, A.-C. Becquerel, M.-E. Chevreul. Tornato a Forlì nel giugno 1830, dette inizio a una serie di esperimenti volti a studiare l’azione esercitata dall’elettricità sugli organismi animali e vegetali (Sulla contrazione provata dagli animali all’aprirsi del circolo elettrico in che trovansi, Forlì 1830).
Nel 1831, trovandosi a Modena ad assistere il padre gravemente malato, fu spettatore dei tragici avvenimenti culminati con l’arresto e la condanna a morte di C. Menotti, e ne rimase sconvolto. Di nuovo a Forlì, si dedicò a ricerche di fisica-chimica e fu invitato a collaborare alla Rivista delle scienze fisiche. Nell’ottobre del 1834 decise di riparare in Toscana: accogliendo l’invito rivoltogli dall’agronomo C. Ridolfi e dal fisico L. Nobili, si trasferì a Firenze, ospite del Museo di fisica e storia naturale, della cui cattedra di fisica era titolare Nobili. Nel capoluogo toscano strinse amicizia con G. Capponi e F. Orioli e trovò un ambiente favorevole all’attività di studio e di ricerca scientifica; tuttavia, la delusione conseguente a non essere stato chiamato a succedere nella direzione della cattedra a Nobili, scomparso nel 1835, lo spinse a tornare nuovamente a Forlì. Qui nel 1836 dette vita a un’industria chimica per la lavorazione delle ossa e la conseguente produzione di colle e concimi: il bisogno di una tranquilla sistemazione economica, determinato dall’esito fallimentare dell’impresa, lo indusse, nel luglio 1837, ad accettare l’incarico di direttore della farmacia e del laboratorio annessi all’ospedale di S. Maria delle Croci di Ravenna. Con il conseguimento a Roma, il 27 ott. 1839, della matricola in farmacia, concluse lo studio della chimica farmaceutica che aveva necessariamente dovuto intraprendere per svolgere la nuova attività.
La carriera accademica del M. ebbe inizio il 31 ott. 1840, quando il granduca Leopoldo II di Asburgo Lorena, su segnalazione di A. von Humboldt, lo chiamò a succedere a R. Gerbi, morto nel 1839, nella direzione della cattedra di fisica sperimentale dell’Università di Pisa. Qui il M. diresse anche il gabinetto fisico, realizzato per lui con la scissione di quello di fisica sperimentale diretto da L. Pacinotti, e nell’anno scolastico 1841-42 sostituì R. Piria nell’insegnamento della chimica; inoltre nel 1843 fu incaricato di registrare le osservazioni meteorologiche, all’epoca considerate un settore importantissimo della ricerca fisica.
Costante fu l’impegno profuso dal M. nella ricerca, dalle prime osservazioni compiute nella propria abitazione e nel periodo trascorso a Parigi, poi durante le travagliate vicende precedenti la chiamata alla cattedra universitaria, infine negli anni del magistero pisano. La sua più importante opera scientifica fu lo studio dei fenomeni elettrici che hanno luogo negli organismi animali, dei quali dimostrò la natura biologica, che aprì di fatto un nuovo capitolo della biologia sperimentale, l’elettrofisiologia, il cui futuro, enorme sviluppo dottrinale e tecnologico avrebbe poi rappresentato uno dei più preziosi metodi di indagine strumentale nella diagnostica clinica (si veda anche Enc. medica italiana, V, col. 1012, s.v. Elettrofisiologia). Le sue fondamentali osservazioni sperimentali, condotte sui pesci elettrici e sui muscoli striati di rana, si svolsero in un arco di tempo sorprendentemente breve, dal 1836 al 1844, e furono esposte in una serie di lavori giustamente apprezzati nel loro reale valore da illustri scienziati del tempo, malgrado lo stile a volte troppo conciso, non sempre accurato, e il francese sovente non perfetto dell’autore.
Lavorando su numerosi esemplari di torpedo, il M. mise in evidenza il controllo nervoso degli organi elettrici, ipotizzandone quindi l’attivazione riflessa ed esprimendo chiaramente il concetto, oggi universalmente accettato, del parallelismo tra tali organi e muscoli striati (Expériences sur la torpille (lettre à M. Donné), in Comptes rendus hebdomadaires des séances de l’Académie des sciences [Paris], 1836, t. 3, pp. 430 s.; Nouvelles expériences sur la torpille, ibid., 1837, t. 5, pp. 501-504 e in Bibliothèque universelle de Genève, 1837, vol. 11, pp. 392-395; Rapport sur un mémoire de m. Charles M. ayant pour titre «Recherches physiques, chimiques et physiologiques sur la torpille; et sur diverses notes rélatives aux contractions de la Grenouille»…, in Comptes rendus hebdomadaires des séances de l’Académie des sciences, 1837, t. 11, pp. 788-792; Sur les phénomènes électriques de la «torpille», in Bibliothèque universelle de Genève, 1838, vol. 17, pp. 373-378; Des contractions et des sensations produites dans les animaux pour la courant électrique, ibid., 1838, vol. 18, pp. 357-364).
Le esperienze sul muscolo striato di rana, condotte con originali modalità tecniche tra le quali l’impiego di una pila costituita da una serie di emicosce e della cosiddetta «zampa galvanoscopica», gli consentirono di pervenire a un’importante dimostrazione: l’esistenza nel muscolo a riposo di una differenza di potenziale tra parte lesa, ossia superficie di sezione, e superficie intatta del muscolo, vale a dire di una corrente a polarità costante, che chiamò corrente propria, dovuta non a fenomeni termoelettrici o ad azioni elettrochimiche estranee alla vita delle fibre muscolari, ma a fenomeni biologici; tale corrente, di intensità maggiore negli animali a sangue caldo che non in quelli a sangue freddo, non era più rilevabile nella muscolatura degli animali in stato di «tetano stricnico». L’osservazione gli apparve come la convincente prova sperimentale che la contrazione annulla la corrente propria del muscolo a riposo. Alcuni anni più tardi, i risultati di un nuovo esperimento, apparentemente contrastanti con le precedenti osservazioni, lo disorientarono completamente: poté infatti osservare che la contrazione muscolare di un preparato nervo-muscolo, collegato tramite il nervo a un preparato di cosce, sincrona alla contrazione di queste ultime seguente alla stimolazione del nervo sciatico, produce una corrente misurabile con il galvanometro. Interpretò allora il fenomeno, che chiamò «della scossa muscolare indotta», quale una azione a distanza, o «di induzione», esercitata su un nervo da un muscolo, giudicandolo un elemento essenziale per la comprensione dei fenomeni fisici del sistema nervoso (Sur la courant électrique ou propre de la grénouille, ibid., 1838, vol. 15, pp. 157-168 e in Annales de chimie et de physique, 1838, t. 68, pp. 93-106; Essai sur les phénomènes électriques des animaux, Paris 1840; Deuxième mémoire sur le courant électrique propre de la grénouille et sur celui des animaux à sang chaud, in Annales de chimie et de physique, s. 3, 1842, t. 6, pp. 301-339; Expériences rapportées dans un paquet cacheté déposé par m. Dumas, au nom de m. M., et dont l’auteur, présent à la séance, désire aujourd’hui l’ouverture, in Comptes rendus hebdomadaires des séances de l’Académie des sciences, 1842, t. 15, pp. 797 s.; Sur un phénomène physiologique produit par les muscles en contraction, in Annales de chimie et de physique, s. 3, 1842, t. 6, pp. 339-343; Mémoire sur l’existence du courant électrique musculaire dans les animaux vivents ou récemment tués, ibid., 1843, t. 7, pp. 425-462; Sur l’électricité animale, ibid., 1843, t. 8, pp. 309-316; Sur le courant électrique des muscles des animaux vivants ou récemment tués, in Comptes rendus hebdomadaires des séances de l’Académie des sciences, 1843, t. 16, pp. 197-200, in collab. con A. von Humboldt; Traité des phénomènes électro-physiologiques des animaux suivi d’études anatomiques sur le système nerveux et sur l’organe électrique de la torpille par Paul Savi, Paris 1844; Electrophysiological researches. Third memory. On induced conctractions, in Philosophical transactions of the Royal Society of London, 1845, vol. 135, pp. 303-317; Expériences sur les phénomènes de la conctration induite (Lettre à m. Dumas), in Annales de chimie et de physique, s. 3, 1845, t. 15, pp. 64-70). In realtà il M., forse perché disponeva di strumenti che gli consentivano misurazioni poco più che approssimative, ma soprattutto perché in base ai risultati delle sue prime esperienze non poteva ammettere che durante la contrazione muscolare si generasse una corrente, non comprese il significato dei fenomeni osservati, che le successive ricerche poi chiarirono completamente. È oggi noto, infatti, che la corrente propria, poi definita «di demarcazione», dipende dalla polarizzazione della membrana muscolare, e che la sua scomparsa nel tetano stricnico è dovuta al fatto che in tale condizione tutta la muscolatura è depolarizzata; che, al contrario di quanto accade in tale condizione, l’onda di contrazione provocata dalla stimolazione chimica dei nervi non interessa in modo sincrono tutta la muscolatura striata; che il fenomeno della scossa indotta altro non è che la prova fisiologica del cosiddetto potenziale d’azione, ossia l’oscillazione negativa del potenziale di demarcazione dovuta alla depolarizzazione della membrana. La corretta interpretazione di tale fenomeno, fornita alcuni anni più tardi da E. du Bois-Reymond, fu poi all’origine di un’accesa rivalità tra i due studiosi, che degenerò nel fisiologo tedesco in un vero e proprio odio nei confronti del M., ch’ebbe a sua volta il torto di non voler ammettere il proprio errore, e cui tuttavia deve essere ascritto il merito della scoperta della corrente di demarcazione e dell’involontaria e incompresa «dimostrazione fisiologica», con l’osservazione del fenomeno della scossa indotta, dell’esistenza della corrente d’azione.
Pur impegnato in un’intensa attività scientifica e didattica, il M. effettuò numerosi viaggi in Italia e all’estero, coltivando interessi diversi: nel 1844 si recò in Inghilterra per partecipare ai lavori della XIV riunione della British Association, e contrasse matrimonio con la scozzese Robinia Young, figlia del fisico Thomas; nel 1846 fu nominato dal granduca direttore generale delle linee telegrafiche, delle quali aveva curato in Toscana la prima realizzazione.
Di idee liberali, il M. partecipò anche alle vicende politiche del Risorgimento: tuttavia, finché visse nello Stato pontificio, si comportò sempre con grande cautela e, pur in contatto con l’ambiente della cospirazione, evitò di incorrere nelle misure della polizia pontificia, particolarmente attiva nelle Legazioni sia prima sia dopo il 1831. In realtà era convinto che fosse interesse comune di sovrani e uomini di cultura confrontarsi civilmente e lo dimostrò quando, stabilitosi in Toscana, non esitò a intervenire su temi d’attualità approfittando della relativa libertà d’espressione concessa dal granduca agli intellettuali; favorito, in questo, dal rapporto d’amicizia che aveva intrecciato con i capi del moderatismo toscano, come Ridolfi, Capponi, G.P. Vieusseux e i colleghi dell’Università di Pisa che lo ebbero in grande considerazione non solo come docente e studioso, ma anche come consulente per i progetti di modernizzazione industriale del Granducato (Ridolfi, per esempio, trovò in lui un chimico che seguì da vicino le sue sperimentazioni agrarie nel podere di Meleto). A sua volta il M. utilizzò tali amicizie (e altre che nel tempo riuscì a procurarsi, in particolare con i piemontesi C. Balbo, L. Cibrario, Cesare Alfieri di Sostegno) per allargare le proprie relazioni, e non solo come uomo di scienza. Così nel 1841 fu nominato membro del consiglio d’amministrazione della Società anonima della miniera carbonifera di Montebamboli e nel 1850 ottenne l’appoggio della Società generale delle imprese industriali negli Stati d’Italia, facente capo a Ridolfi, per un suo progetto di Bonificazione dei paduli di Bientina e Massaciuccoli, che però non fu approvato. Il suo vero interesse era comunque orientato verso le questioni politiche alle quali si era affacciato abbracciando l’idea giobertiana e i suoi contenuti federalisti: su tale linea si mosse nel 1848, dopo avere assistito nei due anni precedenti alle agitazioni universitarie pisane cui si era unito raccomandando che si evitassero gli eccessi e che si tenessero presenti il possibile sbocco costituzionale della lotta politica e gli ingrandimenti della Toscana verso la Lunigiana e la Garfagnana.
Allo scoppio della guerra del 1848 il M. seguì i volontari pisani diretti al Nord, incaricato di esercitare le mansioni di commissario civile e di provvedere agli interessi del Granducato. Sconfitto il contingente a Curtatone, fu inviato a Milano presso il locale governo provvisorio per raccomandare che si realizzasse la fusione tra Piemonte e Lombardia; poi si recò in Germania, per un’inutile missione di osservatore e sostenitore dei diritti della nazionalità presso l’Assemblea nazionale di Francoforte in prevalenza ostile alle aspirazioni indipendentistiche dell’Italia e favorevole all’Austria. Doveva inoltre reclutare mercenari per reprimere i torbidi livornesi, ma anche in questo non ebbe successo.
Tuttavia la massima aspirazione del M. era quella di essere investito di funzioni ufficiose di rappresentanza che lo mettessero a contatto con i sovrani e i gabinetti stranieri per un ruolo di mediazione che, grazie a presunte qualità diplomatiche, era sicuro di saper svolgere meglio di altri. Anche nel 1859, sempre più desideroso di avere una parte nelle vicende politiche italiane, scrisse ai sovrani e allo stesso papa, spesso all’insaputa dei governi in carica, proponendo soluzioni cervellotiche, tutte puntualmente respinte, e avanzando improbabili autocandidature per incarichi di fiducia. In questi suoi maneggi rimase fedele a un indirizzo che vedeva nella formazione di una confederazione italiana la soluzione più consona agli interessi delle potenze e più adatta alle tradizioni e agli equilibri interni della Penisola: sperava così che la Toscana potesse conservare la sua autonomia, ma dovette fare i conti con l’unitarismo di B. Ricasoli. Questi lo inviò in missione presso Napoleone III, anche se nutriva non pochi dubbi sulle sue capacità ed era stato messo in guardia dal fratello Vincenzo sul pericolo che a Parigi il M. avrebbe fatto «gravi impicci, perché non ha giudizi, non ha convinzioni né fede. Ambizioni, invidia, avarizia sono le sue sole qualità» (Carteggi di B. Ricasoli, VIII, p. 222). Il M. cambiò improvvisamente idea nel 1860, quando, dopo la spedizione dei Mille, si rese conto che il percorso unitario stava ormai per concludersi felicemente. Allora, con il suo solito tono untuoso si offrì a C. Benso conte di Cavour come possibile mediatore della questione romana, a proposito della quale riteneva indispensabile una conciliazione tra il nuovo Regno e la Chiesa: malgrado la nomina a senatore del Regno di Sardegna che il M. aveva ottenuto il 18 marzo 1860, Cavour si guardò bene dal dargli ascolto.
Tuttavia, nemmeno la formazione del Regno d’Italia cancellò del tutto le riserve mentali del M.: fu infatti a lui che M. d’Azeglio indirizzò il 2 ag. 1861 la celebre lettera in cui affermava che se i meridionali non abbracciavano con entusiasmo l’Unità realizzata dai Piemontesi, come dimostrava l’esistenza del brigantaggio, non li si poteva prendere a fucilate. Pubblicata in un giornale francese e poi ripresa in Italia, nonostante non fosse destinata alle stampe da chi l’aveva scritta, la missiva destò molto scalpore e presto si diffuse il sospetto, più che giustificato, che a venire meno al dovere della discrezione fosse stato proprio il destinatario, il quale peraltro non parve risentire dello scandalo.
L’avere ottenuto il laticlavio indusse presto il M. a prefiggersi un nuovo obiettivo: un incarico ministeriale. Chiuso nei confronti di Ricasoli, si spostò allora verso il Centrosinistra di U. Rattazzi, pubblicando nella stampa legata all’uomo politico piemontese articoli di critica del sistema scolastico italiano a tutti i livelli: «che egli aspirasse a divenire ministro della pubblica istruzione non era un mistero, e gli attirò molti sarcasmi» (Polenghi, p. 273 n. 4). Con una lieve forzatura rispetto all’esecutivo in carica, il M. presentò al Senato il 5 giugno 1861 un progetto di legge sul riordinamento dell’istruzione superiore, che attribuiva al governo ogni competenza in materia eliminando tutti gli organismi periferici e prevedeva l’accentramento di investimenti e di energie in poche grandi Università, le sole autorizzate a concedere la laurea dottorale, lasciando a quelle dei centri minori una sola facoltà (umanistica o scientifica, compresa quella di teologia) in modo da farle lentamente deperire fino alla definitiva scomparsa.
Muovendosi in una materia nella quale aveva conoscenza diretta delle questioni, anche se talvolta con boria, il M. ebbe comunque il merito di far capire che il problema di «costituire un’università regolata da norme ben stabilite e valide per tutto il territorio nazionale» (Tobia, p. 473) non poteva più essere eluso. Fu notato all’epoca, ed è poi stato sottolineato dalla storiografia, come il suo orientamento in materia di pubblica amministrazione si fosse improvvisamente convertito al centralismo e al decisionismo (il suo progetto prevedeva il rettore di nomina regia, programmi e piani di studio resi uniformi, tasse unificate con l’abolizione di quelle sui singoli corsi, così da colpire la libera docenza): un cambiamento che rispondeva comunque a un’esigenza reale, quella di superare i molti particolarismi e centri di potere sopravvissuti all’unificazione. Se, dunque, molte furono le critiche e le resistenze incontrate dal progetto, altrettanto agguerriti furono coloro che, raggruppati intorno alla Rivista italiana di scienze lettere ed arti colle Effemeridi della pubblica istruzione, «specializzata nelle questioni dell’istruzione e assai autorevole a causa delle sue radici torinesi e della sua vasta collaborazione da ogni città» (Caracciolo, p. 583) ne difesero l’impianto e i suoi principali obiettivi. Ma alla fine vinsero gli oppositori.
Sottoposto all’esame di una commissione senatoriale, il progetto del M. fu modificato nei suoi aspetti più dirigistici e addolcito nella parte che riguardava le università minori e quelle libere, delle quali si auspicava addirittura una maggiore diffusione. Quando fu posto dal nuovo presidente del Consiglio Rattazzi alla testa del ministero dell’Istruzione pubblica (il 31 marzo 1862, dopo un breve incarico a P.S. Mancini) il M., anziché riproporre il suo progetto, emanò per regio decreto un regolamento generale (14 sett. 1862) le cui linee guida più significative riprendevano l’idea della riduzione del numero degli atenei a favore di sei università di primo grado (Torino, Pavia, Bologna, Pisa, Napoli e Palermo), istituendo sei commissioni di laurea per tutte le università sia statali sia libere. Contemporaneamente il M. affrontò la situazione della scuola secondaria, affidandosi a una commissione ispettiva incaricata di visitare le scuole superiori, in particolare quelle meridionali (anche qui l’impronta statalista sollevò molte critiche). Tra accuse di incostituzionalità e rilievi su un’eccessiva pretesa di uniformità allargata fino a comprimere ogni momento della vita studentesca si arrivò alla caduta del governo (8 dic. 1862) e all’uscita di scena del M., che quindi vide gran parte della sua riforma vanificata dai governi successivi: al suo attivo restavano, tra vari altri provvedimenti minori, l’impulso dato agli studi scientifici con l’istituzione del Politecnico di Milano, il riordinamento della Scuola normale superiore di Pisa e l’istituzione della Deputazione di storia patria per Toscana, Marche e Umbria.
Il M. continuò a occuparsi molto da vicino di istruzione sia in Parlamento sia come vicepresidente del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione: nominato il 6 nov. 1864, nei quattro anni in cui resse tale organismo adottò lo stesso piglio verticistico con cui aveva esercitato le funzioni di ministro, dettando nuovi regolamenti e cercando di valorizzare al massimo non tanto il Consiglio quanto la propria funzione come diretto collaboratore del ministro che di diritto lo presiedeva.
Nel frattempo il M. non aveva tralasciato l’attività didattica e scientifica. Dispensato nel 1859 dall’obbligo di svolgere le lezioni con decreto dell’Università di Pisa e nominato direttore onorario del gabinetto di fisica che aveva fondato, gli fu consentito di svolgere un corso libero sui fenomeni fisico-chimici dei corpi viventi e gli venne assegnato un contributo annuo di 1000 lire per il proseguimento delle ricerche sperimentali. Trasferitosi a Torino dopo la nomina a senatore, nel 1861 vi tenne un corso universitario di elettrofisiologia. Il 20 maggio 1865 fu nominato direttore dell’Istituto di studi superiori di Firenze.
Aveva frattanto proseguito nell’attività di ricerca sperimentale e pubblicato ancora numerosi studi, tornando ripetutamente, spesso in polemica con E. Du Bois-Reymond, sull’interpretazione che aveva dato del fenomeno della scossa indotta, senza però fornire nuovi significativi contributi; importante fu invece il suo studio sul cosiddetto «elettrotono fisico» del nervo, con il quale, paragonando il nervo integro e la sua guaina a un filo metallico rivestito da uno strato di cotone o di lino imbevuto da una soluzione di solfato di zinco, fornì per la prima volta un modello fisico del nervo (Recherches électrophysiologiques, I-III, in Annales de chimie et de physique, s. 3, 1846, t. 18, pp. 109-138; IV, ibid., t. 19, pp. 52-77; Considérations générales sur la function des poissons électriques, ibid., 1847, t. 21, pp. 160-169; Réclamation de priorité à l’occasion des communications récentes de m. Du Bois-Reymond sur des recherches d’électricité, in Comptes rendus hebdomadaires des séances de l’Académie des sciences, 1850, t. 30, pp. 479 s.; Réponse aux deux dernières lettres de m. Du Bois-Reymond inséries dans les nn. 17 et 18 de Comptes rendus de l’Académie, et en général à toutes les observations faites par le même auteur sur quelques-unes des mes recherches d’électrophysiologie, ibid., pp. 699 s.; Sur le pouvoir électromoteur de l’organe de la torpille, in Annales de chimie et de physique, s. 3, 1860, t. 51, pp. 444-453; Sur le pouvoir électromoteur secondaire des nerfs et d’autre tissus organiques, in Comptes rendus hebdomadaires des séances de l’Académie des sciences, 1860, t. 50, pp. 412-416; Sur le pouvoir électromoteur secondaire des nerfs et son application à l’électrophysiologie, ibid., 1861, t. 55, pp. 231-235; Application du principe des polarités secondaires des nerfs à l’explication des phénomènes de l’électrotone, ibid., 1861, t. 56, pp. 503-507; On the secondary power of nerves and its application on the explanation of certain electro-physiological phenomena, in Philosophical Transactions of the Royal Society of London, 1862, vol. 151, pp. 363-372; Sur le pouvoir électromoteur sécondaire des nerfs et son application à l’électrophysiologie, in Comptes rendus hebdomadaires des séances de l’Académie des sciences, 1863, t. 57, pp. 151-156; Sur le pouvoir électromoteur secondaire des nerfs et son application à l’électrophysiologie, ibid., 1867, t. 65, pp. 151-156; Sur le pouvoir électromoteur secondaire des nerfs et son application à la physiologie, ibid., pp. 194-200; Recherches physico-chimiques appliquées à l’électrophysiologie, ibid., 1868, t. 66, pp. 580-585; Sulla teoria fisica dell’elettrotono dei nervi, in Memorie di matematica e fisica della Soc. italiana delle scienze, s. 3, 1868, t. 1, parte 2ª, pp. 93-98). In tema di elettrofisiologia il M. pubblicò inoltre due corsi monografici: Lezioni di elettrofisiologia. Corso dato all’Università di Pisa nell’anno 1856 (Torino 1856); e Corso di elettrofisiologia in sei lezioni (ibid. 1861).
Il M. condusse numerose ricerche di chimica-fisica, anche applicate alla fisiologia, tra le quali in particolare quelle sulla osmosi, che definì la diffusione molecolare da campi ipertonici positivi a campi ipotonici negativi, con la dimostrazione che le membrane biologiche sono non semipermeabili, bensì «osmotiche», in quanto permeabili sia al solvente sia al soluto (Mémoire sur l’endosmose, in Annales de chimie et de physique, s. 3, 1845, t. 13, pp. 63-86 e in Archiv für die gesammte Medizin, VII [1845], pp. 216-232, in collab. con A. Cima). Complessivamente fu autore di centinaia di pubblicazioni scientifiche (un elenco di 269 lavori è riportato in Royal Society of London, Catalogue of scientific papers, IV, London 1870, pp. 285-293; VIII, ibid. 1879, pp. 354 s.).
Tra i vari suoi scritti si ricordano inoltre: Lezioni di fisica, I-III (Pisa 1840-42); Lezioni sui fenomeni fisico-chimici dei corpi viventi (ibid. 1846); Raccolta di scritti politici e sulla pubblica istruzione (Torino 1863); Della pila di Volta, della corrente elettrica e delle sue applicazioni (ibid. 1864); Cinque lezioni sulla teoria dinamica del calore e sulle sue applicazioni alla affinità, alla pila, ai motori elettromagnetici e all’organismo vivente (ibid. 1864); Raccolta di alcune proposte di legge e di vari scritti sulla pubblica istruzione (ibid. 1865).
Membro di numerose accademie e società scientifiche italiane e straniere, ricevette importanti riconoscimenti: nel 1842 l’Académie des sciences di Parigi gli concesse, ex aequo con F.A. Longet, il premio Montyon per la fisiologia sperimentale, due anni più tardi Leopoldo II gli conferì il diploma di nobiltà della città di San Miniato e la Royal Society di Londra lo insignì della medaglia Copley per le sue teorie sull’elettricità animale. Fu tra i fondatori dei periodici scientifici Il Cimento e Il Nuovo Cimento.
Il M., ritiratosi per un breve periodo di riposo all’Ardenza di Livorno, il 9 giugno 1868, vi morì il 24 dello stesso mese. Pochi giorni prima era stato nominato titolare della cattedra di fisica dell’Istituto di studi superiori di Firenze.
Fonti e Bibl.: Una breve commemorazione è in Atti parlamentari, Senato del Regno, Discussioni, legislatura VI, 28 giugno 1868; La questione romana negli anni 1860-1861: carteggio del conte di Cavour…, I, Bologna 1929, pp. 47 ss., 67 s., 85, 95 s., 109, 115 ss., 123, 162, 173 s., 207; II, ibid. 1930, pp. 85, 96 s., 129; Carteggi di Bettino Ricasoli, VIII, a cura di M. Nobili - S. Camerani, Roma 1956, pp. 25, 38, 271, 297; IX, a cura di M. Nobili - S. Camerani, ibid. 1957, pp. 162 s., 172 s., 177, 213, 222, 228, 243, 296; X, a cura di M. Nobili - S. Camerani, ibid. 1959, pp. 322 s.; XII, a cura di M. Nobili - S. Camerani, ibid. 1960, pp. 80 s., 109; XIII, a cura di M. Nobili - S. Camerani, ibid. 1961, pp. 42, 48; XVI, a cura di S. Camerani - G. Arfè, ibid. 1963, pp. 423 s.; XVII, a cura di G. Camerani - C. Rotondi, ibid. 1984, pp. 44 s., 225, 257 s.; XVIII, a cura di G. Camerani - C. Rotondi, ibid. 1988, pp. 472 s.; G. Cantoni, Sulle opere e gli scritti di C. M., in Politecnico. Parte letterario-scientifica, 1868, n. 6, pp. 75-225; F. Sclopis, Notizie sulla vita di C. M., in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, IV (1868-69), pp. 17-31; N. Bianchi, C. M. e l’Italia del suo tempo, Torino 1874; R. Felici, Notizie sulla vita e gli scritti di C. M., Firenze 1876; C. M. nel 1° centenario della nascita, Forlì 1911; A. Battelli, 1° centenario della nascita di C. M., Forlì 1911; A. Castiglioni, Storia della medicina, Milano 1928, pp. 697 s., 789; L. Castaldi, C. M. forlivese. Fondatore della elettrofisiologia e della fisico-chimica, in Riv. di radiologia e fisica medica, I (1929), pp. 103-109; A. Caracciolo, Autonomia o centralizzazione degli studi superiori nella età della Destra, in Rass. stor. del Risorgimento, XLV (1958), pp. 573-603; G. Talamo, La scuola dalla legge Casati alla inchiesta del 1864, Milano 1960, ad ind.; G. Montanelli, Memorie sull’Italia e specialmente sulla Toscana dal 1814 al 1850, Firenze 1963, pp. 37, 130, 417; G. Moruzzi, L’opera elettrofisiologica di C. M., in Physis, VI (1964), pp. 101-140; A. Salvestrini, I moderati toscani e la classe dirigente italiana (1859-1876), Firenze 1965, ad ind.; G. Del Guerra - A. Scapini, C. M. (1811-1868): con documenti relativi alla sua dimora pisana, Pisa 1966; S. Rocchietta, C. M. (1811-1868) pioniere dell’elettrofisiologia. Nel primo centenario della nascita, in Minerva medica, LIX (1968), pp. 448-451; G. Moruzzi, Il contributo di C. M. alla creazione del modello fisico del nervo, in Physis, XI (1969), pp. 408-417; R. Barnabeo, C. M. (1811-1868): profilo della vita e dell’opera (con 10 documenti inediti), Ferrara 1972; M. Moruzzi, C. M., in Dictionary of scientific biography, IX, New York 1974, pp. 176 s.; E. Garin, La cultura italiana tra ’800 e ’900, Roma-Bari 1976, ad ind.; G. Ciampi, Il governo della scuola nello Stato postunitario. Il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione dalle origini all’ultimo governo Depretis (1847-1887), Milano 1983, ad ind.; D. Barsanti, L’Università di Pisa dal 1800 al 1860, Pisa 1993, pp. 255 s., 271 s., e ad ind.; R.P. Coppini, Il Granducato di Toscana. Dagli «anni francesi» all’Unità, Torino 1993, ad ind.; S. Polenghi, La politica universitaria italiana nell’età della Destra storica 1848-1876, Brescia 1993, ad ind.; Fonti per la storia della scuola, II, Il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione 1847-1928, a cura di G. Ciampi - C. Santangeli, Roma 1994, ad ind.; B. Tobia, Una cultura per la nuova Italia, in Storia d’Italia (Laterza), II, Il nuovo Stato e la società civile, Roma-Bari 1995, pp. 444, 465, 473 s.; Repertorio biografico dei senatori dell’Italia liberale. Il Senato subalpino, M-Z, a cura di F. Grassi Orsini - E. Campochiaro, Napoli 2005, pp. 611-613; A. Chiavistelli, Dallo Stato alla nazione. Costituzione e sfera pubblica in Toscana dal 1814 al 1849, Roma 2006, ad ind.; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte…, IV, p. 165; Enc. Italiana, XXII, p. 596.