VOTA, Carlo Maurizio. – N
acque a Torino il 16 febbraio 1629 da una famiglia di origine lombarda imparentata con la casa dei conti San Martino di Castellamonte e con i conti di Leinì e Zumaglia. Battezzato il 27 dello stesso mese nella parrocchia di S. Agostino, rimase presto orfano a causa di un’epidemia di peste alla quale sopravvisse pur restando con il volto segnato. Rimasto solo, trovò in Giacomo Parella, provinciale francescano e confessore di Vittorio Amedeo I di Savoia, cognato del re di Francia Luigi XIII, un attento tutore. Educato alla pietà e alle lettere, dimostrò qualità tali da essere destinato allo studio della retorica in Francia, a Embrum, presso il collegio dei padri gesuiti dove rimase per quattro anni decidendo infine di entrare nella Compagnia di Gesù dopo aver rinunciato a ogni suo bene materiale.
Nell’ottobre del 1645 si trasferì ad Avignone dando inizio al proprio noviziato. Trascorsi appena sei mesi fu inviato in missione come predicatore a Glandèves in compagnia del gesuita padre Leclerc, nipote di monsignor René Leclerc, vescovo della diocesi. Terminato il noviziato, andò a studiare filosofia al collegio di Lione per poi passare a Mâcon e, quindi, su istanza del principe Maurizio di Savoia e del provinciale di Milano, Francesco Vasco, si trasferì a Chieri dove fece l’orazione «genetriaca» del collegio della Compagnia della città e fondò, presso il duomo cittadino, la Congregazione della Ss. Annunziata. Dopo una parentesi a Nizza, si recò a Roma ove studiò teologia al Collegio romano prendendo i tre voti comuni e guadagnandosi la fiducia del prefetto del Collegio, padre Francesco Maria Sforza Pallavicino, poi cardinale, che lo pregò di tenere la lettura della retorica al posto di padre Carlo Bovio.
Nel 1661 fu scelto dal generale dell’Ordine, Giovanni Paolo Oliva, per una delicata missione a Venezia relativa alle controversie esistenti tra la Serenissima e la stessa Compagnia. Il soggiorno nella città lagunare si prolungò fino al 1677, periodo nel quale si fece apprezzare anche come grande studioso di geografia.
Tra i lavori di questa fase si ricorda il Ritratto della Moscovia, Paese definito come dispotico e che avrebbe visitato qualche anno più tardi.
Chiusa l’esperienza veneziana, fece rientro a Torino dove si fermò per ulteriori dodici anni impegnandosi nella battaglia della Compagnia contro il giansenismo e favorendo nel 1679 la costruzione della sede del collegio dei nobili, noto come palazzo dell’Accademia delle Scienze.
Nel 1684, un anno dopo la liberazione dall’assedio di Vienna da parte dell’esercito congiunto polacco e imperiale, prese parte alla missione diplomatica a Mosca voluta dall’imperatore Leopoldo I d’Asburgo e guidata da Sebastian Freiherr von Blumberg, per sollecitare l’entrata della Russia in una nuova lega antiturca già estesa a Venezia, ma anche per perorare la presenza di missionari in quel vasto impero.
Lungo il viaggio, passò prima a Linz da Leopoldo I e poi a Varsavia dove incontrò il re di Polonia Giovanni III Sobieski, defensor fidei, dal quale ebbe aiuti e consigli, e il nunzio monsignor Opizio Pallavicini che non gli lesinò la sua collaborazione. Il 24 giugno giunse a Mosca, presentando al principe Vasilij V. Golicyn, ministro e amante della zarina Sofia Alekseevna Romanova, allora reggente per i fratelli minorenni Ivan V e Pietro I, un memoriale relativo all’insediamento di missionari nel Paese e all’unione tra la Chiesa romana e quella scismatica moscovita, forte anche delle amichevoli disposizioni dimostrate in più occasioni dalla zarina. Un tentativo che non ebbe successo se non un’autorizzazione orale – e dunque non ufficiale – sulla presenza a Mosca di un prete cattolico per la cura spirituale privata dei residenti di fede cattolica nel Paese.
Lasciata Mosca, giunse nuovamente a Varsavia, accolto da Giovanni III Sobieski, dove sarebbe rimasto come confessore personale del sovrano e teologo di corte, per poi essere elevato alla carica di segretario particolare del re «per le cose d’Italia» incaricato di corrispondere con la Curia romana. La sosta polacca di Vota fu intensa, contraddistinta, almeno all’inizio, da non facili rapporti con il resto dell’entourage italiano del sovrano. Invidie tra connazionali che scemarono ben presto, quando Vota diede prova di grande sagacia politica e diplomatica, allorché, non realizzato il matrimonio tra il primogenito del re, Jakub, e Ludwika Karolina Radziwiłłowa, vedova del margravio del Brandeburgo, gettò le basi per l’unione del principe con la principessa tedesca Hedwige Elisabeth, figlia del palatino di Neuburg, sorella dell’imperatrice Eleonora, unione celebratasi a Varsavia il 25 marzo del 1691.
Una prova di diplomazia che spinse Sobieski a inviarlo a Roma nel 1692 per risolvere alcune controversie tra le due corti, tra cui lo jus patronato, l’approvazione della nuova costituzione dell’Ordine domenicano riformato, la questione relativa a privilegi e consuetudini per la fondazione di nuovi conventi e monasteri e la loro giurisdizione (S. Sede o sovrano), il problema relativo all’amministrazione delle educande nei monasteri femminili e, infine, la mai risolta questione delle ‘somme napoletane’, inerente il lascito conteso dagli eredi della sovrana polacca di origine italiana Bona Sforza, che da quasi un secolo era in discussione al foro di Napoli. Due importanti questioni che dividevano il sovrano polacco dalla Curia romana che non ebbero la soluzione positiva che Varsavia aveva auspicato, tanto da spingere Vota a fare rientro in Polonia.
Il 17 giugno 1696, Vota informava papa Innocenzo XII della scomparsa di Giovanni III, da lui assistito nel trapasso. La morte del sovrano causò, come accadeva di solito, il blocco del tesoro regio che interessò anche molti beni del gesuita. Al momento della divisione dell’eredità del sovrano, Vota non volle rivendicare per sé nessuno dei regali che aveva ricevuto in tanti anni di servizio, mettendosi a disposizione del nuovo sovrano eletto, il protestante elettore di Sassonia Federico Augusto di Wettin che aveva avuto la meglio sul candidato sostenuto dalla Francia, il principe François-Louis di Borbone, principe di Conti. Tuttavia, per essere incoronato re di Polonia, il prescelto dovette rinunciare segretamente alla fede luterana dinnanzi al cugino Christiano-Augusto di Sassonia-Zeitz, arcivescovo di Giavarino; un atto che venne poi confermato a papa Innocenzo XII da Giovanni Battista Davia, allora nunzio a Varsavia. E mentre la S. Sede chiedeva a Federico Augusto di procedere all’abiura pubblica, affidava proprio a Vota il compito di vigilare sulla condotta del re, che, a detta del gesuita e contro le maldicenze che presero a circolare, si dimostrò degno monarca e soprattutto ottimo cattolico.
Stanco e malato, Vota lasciò infine la Polonia. Nel 1710 fece rientro a Roma alloggiando nella chiesa del Gesù. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse in solitudine meditando e leggendo, quasi sempre ammalato.
Morì a Roma il 9 dicembre 1715.
Fonti e Bibl.: Archivum Romanum Societatis Iesu, Vitae, ms. 172, Ristretto della vita del Padre Carlo Maurizio Vota, decano de’ professi del quarto voto della Compagnia di Giesù ove ha vissuto sessantanove anni finiti ed il settantesimo cominciato, pp. 1-98. La corrispondenza di Vota con il cardinale protettore del Regno di Polonia, Carlo Barberini, presso la Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat., 6564, 6565, 6657.
A. Theiner, Storia del ritorno alla Chiesa cattolica delle case regnanti di Brunswich e di Sassonia, Napoli 1850, pp. 78-108; Id., Monuments historiques relatifs aux règnes d’Alexis Michaélowitch, Fëodor III et Pierre le Grand, czars de Russie, extraits des Archives du Vatican et de Naples, Rome 1859, ad ind.; Id., Monumenta Historica Russiae, Rome 1859, ad ind.; Id., Vetera Monumenta Poloniae et Lithuaniae, III, Romae 1863, ad ind.; J. Bartoszewicz, s.v., in Encyklopedia Powszechna (Enciclopedia universale), XXVI, Warszawa 1867, pp. 259-263; C.M. Vota, Ritratto della Moscovia, in A.I. Turgenev, Historica Russiae Monumenta, II, Petropoli 1842, pp. 249-278; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, VIII, Bruxelles-Paris 1898, pp. 918-922; S. Załęski SJ, Jezuici w Polsce (Gesuiti in Polonia), III, 1, 1648-1700, Lwów 1902, passim; B. Duhr SJ, Zur Charakteristik des P. Moritz Vota, in Zeitschrift fur Katholische Theologie, XLI (1917), pp. 283-302; A. Tamborra, Unione delle Chiese e “crociata” contro il Turco alla fine del Seicento: le missioni del gesuita C.M. V. in Moscovia e in Polonia, in Barocco fra Italia e Polonia, Varsavia 1977, pp. 349-369; Il Padre C.M. V. (1629-1715) e la sua attività diplomatica nelle corti d’Europa, in La Compagnia di Gesù e l’Europa. Atti del I Convegno internazionale giovanile di storia moderna, Palermo 1995, pp. 103-116; L.M. Gilardi S.I., Padre C.M. V. e il suo epistolario con la Real Casa di Savoia, in La Compagnia di Gesù nella Provincia di Torino dagli anni di Emanuele Filiberto a quelli di Carlo Alberto, Torino 1999, pp. 113-132; F. De Caprio, C.M. V. Un gesuita torinese e l’Europa orientale, Rzeszów 2004, pp. 5-47; G. Platania, Polonia e Curia Romana. Corrispondenza di Giovanni Sobieski re di Polonia con Carlo Barberini protettore del Regno (1681-1696), Viterbo 2011, ad ind.; Id., Santa Sede e Polonia nelle azioni diplomatico-religiose di due esponenti della Compagnia di Gesù: Antonio Possevino e padre C.M. V., in Antonio Possevino SJ (1533-1611). Życie i dzieło na tle epoki (Vita e opere sullo sfondo di un’epoca), a cura di D. Quirini-Popławski, Kraków 2012, pp. 382-394.