MELE, Carlo
MELE, Carlo. – Nacque il 5 maggio 1792 a Sant’Arsenio, nel Vallo di Diano, in Campania, da Domenico, ricevitore distrettuale, e da Maria Giuseppa Scillitano.
Durante l’infanzia si trasferì con la sua famiglia a Napoli. Qui intraprese gli studi giuridici, coltivando al tempo stesso la filosofia e soprattutto la letteratura. Nominato nel 1811 «controloro nelle contribuzioni dirette», abbandonò l’incarico per dedicarsi alla professione legale. Durante i moti napoletani del 1820 il M. sostenne le istanze rivoluzionarie in tre lettere sugli avvenimenti dell’insurrezione (in La Voce del secolo, 15 e 29 agosto, 19 sett. 1820), schierandosi poi a favore della costituzione liberale di Cadice del 1812 nel saggio La costituzione spagnuola esaminata secondo i principj della ragione e modificata secondo le circostanze del Regno delle Due Sicilie (Napoli 1821).
Per non incorrere nella successiva repressione antiliberale, nel 1823 lasciò il Regno e per tre anni visse tra Firenze, Roma, Bologna, Parma e Torino. Durante l’esilio ebbe modo di frequentare gli ambienti culturalmente più vivi del tempo, in particolare quello fiorentino, dove, insieme con l’amico C. Troya, oltre a incontrare, fra gli altri, G. Poerio e P. Colletta, strinse amicizia con G. Marchetti degli Angelini, G. Capponi e G.P. Vieusseux, integrandosi con gli intellettuali dell’Antologia, dei quali abbracciò il progetto culturale e pedagogico fondato sull’ideologia filantropica.
Rimpatriato nel 1826 per raggiungere la madre in fin di vita, il M., ormai dedito interamente agli studi (aveva esordito come poeta con la raccolta Poesie di un amico degli uomini stampate sotto la censura e pubblicate sotto la libertà de’ torchi, Napoli 1820), fu in stretto contatto con diversi letterati contemporanei, come attesta anche la sua appartenenza al gruppo riunitosi a Napoli intorno ad A. Papadopoli, nel cui ambito condivise l’adesione al purismo linguistico con B. Puoti, S. Baldacchini, G. De Bianchi Dottula e L. Dragonetti. Grazie alla mediazione di quest’ultimo il M., intento in una fervida attività di curatore letterario, poté seguire la distribuzione delle proprie opere e procurarsi volumi stampati fuori del Regno.
Firmando con la sigla «U. E.», pubblicò il Parnaso novissimo (I-XII, Napoli 1826-30), ampio compendio di poesie e prose italiane, comprendente, fra gli altri, versi di A. Manzoni, G. Leopardi e V. Monti. A partire da quest’opera il M. concretizzò il suo forte intento divulgativo che, in linea con la cultura moderata toscana e a seguito della lettura di due dei più accreditati testi per la scuola elementare, Le prime letture (Parma 1808) di G. Taverna e l’Introduzione alla grammatica italiana (Milano 1825) di G. Gherardini, si soffermava anche sull’educazione dei fanciulli.
Di entrambi gli autori il M. curò le prime edizioni napoletane (1827 e 1829), aggiungendo propri contributi di argomento linguistico nei quali auspicava l’avvento di un idioma unitario fondato sul fiorentino parlato. Alle Prime letture il M. appose un breve trattato dedicato all’italiano usato a Napoli nel primo Ottocento, ripubblicato nella successiva edizione da lui curata (Napoli 1835) con il titolo di Cenno sulla diritta pronuncia italiana (edito a sé stante, a cura di N. De Blasi, a Napoli ancora nel 1998). Dell’Introduzione alla grammatica il M. pubblicò un’ulteriore edizione (ibid. 1832) con l’aggiunta del Saggio di nomenclatura familiare, campione di vocabolario contenente parole napoletane di uso comune volte in toscano.
In quegli stessi anni il M. intraprese anche l’attività di traduttore dal francese con Il lebbroso di Aosta (ibid. 1828), versione italiana apparsa in soli cinquanta esemplari dell’omonimo racconto di Fr.-X. de Maistre, cui fece seguito La giovanetta sibera (ibid. 1839), altra versione dal francese di un racconto dello stesso autore.
Nel 1830, succeduto al padre nell’incarico di ricevitore distrettuale, si trasferì a Castellammare di Stabia e ciò lo costrinse a sospendere la pubblicazione del Parnaso. Benché costantemente dedito alla letteratura, come attesta fra l’altro la sua recensione de Le mie prigioni di S. Pellico apparsa ne Il Progresso delle scienze lettere e arti (1833, vol. 6, pp. 125-137), con cui collaborò dal 1833, il M. prese a occuparsi anche di economia. Esordì con Degli odierni uficii della tipografia e de’ libri (Napoli 1834), saggio relativo alle conseguenze provocate all’editoria e alla cultura dal dazio sui libri stranieri imposto nel 1822 nel Regno delle Due Sicilie.
Nell’opera, sollecitando l’abolizione della tassa per un più largo commercio librario e una maggior divulgazione del sapere, il M. tracciava un profilo della cultura partenopea contemporanea dando inizio al dibattito sul protezionismo librario sviluppatosi a Napoli nella seconda metà degli anni Trenta. Come altri collaboratori del Progresso, il M., sulla base delle innovazioni alla politica culturale introdotte in Toscana da Vieusseux, distingueva il mercato librario, connotato da istanze di civiltà e conoscenza, da ogni altra forma di commercio, disapprovando l’applicazione del protezionismo a prodotti di interesse intellettuale.
Nonostante gli ostacoli posti dalla censura borbonica, il M. portò a termine la pubblicazione del saggio che, ricordato nel corso degli anni come documento della tipografia napoletana nel primo trentennio dell’Ottocento, valse all’autore l’attenzione di studiosi contemporanei quali G.D. Romagnosi, P. Lanza di Scordia e C. Ceva Grimaldi.
Allo scopo di realizzare un’appendice a Degli odierni uficii, il M. ne approfondì alcuni spunti in Della proprietà letteraria (in Il Progresso …, 1837, vol. 16, pp. 118-142), dissertazione in cui colpiva la mancata adesione del governo napoletano alla convenzione austro-sarda del 1840 perché ritenuta lesiva del protezionismo. Sempre in materia economica, il M. dette alle stampe Sul libero esercizio delle industrie, trattato composto da vari discorsi (ibid., 1838-41, voll. 19-37), in cui, richiamandosi alle teorie di J.-B. Say, affrontò la questione del libero scambio.
Il M. morì a Napoli il 16 sett. 1841.
Di lì a poco, aderendo a quanto richiesto dallo stesso M., l’amico G. Del Re pubblicò il suo unico romanzo, Storia di un nuovo pazzo (Napoli 1841), iniziato, pare, mentre il M. attendeva alla traduzione del Lebbroso di Aosta, e da questo molto influenzato. La narrazione è affidata a un dialogo in cui il protagonista, padre Alberto, frate armeno mechitarista, racconta a un forestiero la propria storia per ricercare le ragioni della pazzia notturna di cui è vittima. Oltre a risentire del romanticismo manzoniano ed europeo, il romanzo presenta spunti filosofici e religiosi, unitamente alla prospettiva pedagogica consueta nel Mele.
Fonti e Bibl.: P. Lanza di Scordia, Degli odierni uficii della tipografia, in Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia, IV (1835), t. 13, pp. 188-192; G.D. Romagnosi, Degli odierni uficii della tipografia, in Annali universali di statistica, 1835, vol. 43, pp. 213-220; Annali civili del Regno delle Due Sicilie, 1835, vol. 7, pp. 65-69; 1842, vol. 30, pp. 141-144; G. Ceva Grimaldi, Considerazioni sul dazio d’introduzione dei libri stranieri, Napoli 1837; A. Piazza, Degli odierni uficii della tipografia, in Gazz. privilegiata di Milano, 13 ott. 1837; G. Del Re, C. M., in Poliorama pittoresco, 27 nov. 1841; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 216; F. Palermo, Sulla vita e le opere di C. M., in Museo di scienza e letteratura, X (1846) pp. 129-149; P. Calà Ulloa, Pensées et souvenirs sur la littérature contemporaine du Royaume de Naples, II, Genève 1859, pp. 349, 417 s.; P. Martorana, Notizie biografiche e bibliogr. degli scrittori del dialetto napolitano, Napoli 1874, pp. 303, 412, 454; L. Dragonetti, Spigolature nel carteggio letterario e politico, Firenze 1886, pp. 243-256; R. Zagaria, G. Ricciardi e il Progresso, Napoli 1922, pp. 99, 129, 180; E. Cione, Gli studi storici nella Napoli romantica, in Riv. storica italiana, LIX (1942), p. 51; U. Dotti, Il progresso, Roma 1970, pp. 127, 159, 226; L. Parente, Ideologia politica e realtà sociale nell’attività pubblicistica di Matteo De Augustinis, in Arch. storico per le province napoletane, s. 3, XI (1973), pp. 53, 67 s.; M. Berengo, Intellettuali e organizzazione della cultura, in La Restaurazione in Italia: strutture e ideologie. Atti del XLVII Congresso di storia del Risorgimento italiano, Cosenza … 1974, Roma 1976, pp. 305 s.; Id., Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino 1980, ad ind.; G. Pepe, Epistolario, a cura di P.A. De Lisio, Napoli 1980, pp. LXV, 387; M.I. Palazzolo, Editori, librai e intellettuali. Vieusseux e i corrispondenti siciliani, Napoli 1980, ad ind.; Id., I tre occhi dell’editore. Saggi di storia dell’editoria, Roma 1990, ad ind.; N. De Blasi, Il purismo fiorentinista di C. M., in C. Mele, Cenno sulla diritta pronuncia italiana, cit., pp. 7-62; N. D’Antuono, Editoria, intellettuali e ideologia, in C. Mele, Degli odierni uficii della tipografia, Pescara 2002, pp. IX-LII (alle pp. XLI-LII una Nota biografica e bibliografica del M.); Id., Frontiera, doppio e confessione, in C. Mele, Storia di un nuovo pazzo, Bologna 2003, pp. VIII-XXXI.
F. Brancaleoni