MONTANARI, Carlo
– Quarto di sei figli, nacque a Verona il 14 sett. 1820 dal conte Ferdinando e da Giulia Trevano, borghese.
Dopo aver frequentato in patria il ginnasio e il liceo, dal 1828 al 1831 studiò matematica all’Università di Padova, ma non risultano documenti riguardanti il conseguimento della laurea, così come sono sconosciuti modi e tempi degli studi di architettura, professione che praticava quando, nel 1852, fu arrestato.
Tra il 1838 e il 1839 intraprese un lungo viaggio in Italia con l’amico Carlo Alessandri. L’esaurirsi della stagione neoclassica e l’affacciarsi di istanze romantiche che fondavano un’idea della nazione nel recupero della tradizione rinascimentale influenzavano in quegli anni anche l’architettura: per il M. il viaggio fu dunque l’occasione per entrare in contatto con le realizzazioni dei maestri antichi e rinnovare i canoni del suo lavoro. Visitò gran parte della penisola da Piacenza alla Sicilia, fu in Romagna e in Toscana e soggiornò a lungo a Roma dove ebbe modo di studiare e discutere di architettura e urbanistica nei circoli artistici della città. Nelle sue lettere le dettagliate osservazioni tecniche e le opinioni artistiche sono spesso accompagnate da giudizi che tendono a sottolineare in chiave nazionale l’unità della cultura italiana e a denunciare le condizioni politiche che mortificano il suo pieno apprezzamento. Interessanti sono anche le lettere dell’esuberante Alessandri che descrivono nell’amico i tratti di un carattere schivo, sistematico nell’osservazione, tenace, di «focosa serietà».
La tradizione biografica, che ha posto l’accento sul sacrificio del M. a Belfiore, propone una lettura in chiave patriottica della corrispondenza di viaggio, ma il giudizio deve essere ridimensionato. Nelle parole del M. si avverte piuttosto un bisogno di ampliamento di orizzonti che la dimensione della vita culturale veronese non era forse più in grado di soddisfare. Del resto negli anni Trenta Verona, caposaldo militare del dominio asburgico nell'Italia del Nord, era una realtà statica controllata dall’aristocrazia fondiaria fedele a Vienna, ostile a qualsiasi cambiamento degli assetti sociali esistenti, culturalmente conservatrice.
Tornato a Verona il M. riprese l’attività professionale che affiancò a un intenso impegno sociale e umanitario e a un ampliamento degli interessi culturali in campo tecnologico ed economico. Nel tempo vennero precisandosi i contorni del suo patriottismo, definiti da un’etica dell’azione riformatrice indirizzata al miglioramento della società e dall’importanza attribuita all’istruzione come premessa del riscatto personale. Mise alla prova tali idee assumendo la direzione onoraria della Casa dell’industria, istituzione assistenziale nata per avviare al lavoro gli accattoni e favorire l’attività degli artigiani disoccupati. In questo orizzonte si colloca l’amicizia con il sacerdote e benefattore Nicola Mazza, impegnato a Verona nella fondazione di scuole per i giovani poveri.
Negli anni Quaranta il M. fu membro attivo delle principali istituzioni culturali veronesi: l'Accademia di agricoltura, arti e commercio (dal 1841), dove coltivò l’interesse per le questioni economiche e per il progresso scientifico e che rappresentò ai congressi scientifici di Milano e Venezia, e la Società letteraria, cenacolo culturale della borghesia cittadina fondato nel 1808, dove fu ammesso nel 1842 e nominato alla fine del 1850 tra i conservatori con A. Aleardi e G. Camuzzoni. Nella Società letteraria, punto di riferimento del ristretto gruppo liberale antiaustriaco, il M. si occupò soprattutto del rinnovamento e dell’arricchimento del patrimonio bibliotecario, incrementando l’acquisto di testi stranieri e la sottoscrizione di periodici d’indirizzo liberale.
Del 1847 sono anche le quattro lettere che il M. indirizzò a V. Gioberti che tramite don E. Tazzoli gli aveva chiesto informazioni sull'influenza dei gesuiti a Verona: nel rispondere il M. non è coerente né nei toni né nei giudizi con le dichiarazioni di imparzialità con cui esordisce. Usando infatti espressioni sarcastiche, in contrasto con la pacatezza della sua indole, esprime opinioni fondate più su una evidente insofferenza verso i religiosi della Compagnia che su un obiettivo accertamento dei dati di fatto.
Il 1848 fu il deludente banco di prova del vago patriottismo veronese. Il 19 marzo la richiesta della guardia civica, prontamente esaudita dalle autorità, disinnescò sul nascere una reattività popolare estemporanea, permettendo il rapido rientro in città delle truppe imperiali. In questo stesso anno il M. redasse il suo testamento. La tradizione risorgimentale ha interpretato il fatto come un traguardo di consapevolezza patriottica, ma la lettura del documento non è sufficiente a sostenere l’ipotesi e, di là da alcune prese di posizione pubbliche in senso antiaustriaco, non ci sono prove della partecipazione del M. all'effimera sollevazione cittadina.
Dopo le sconfitte del 1849 il mazzinianesimo diventò nel Veneto il principale punto di riferimento per l’azione. La ripresa cospirativa del 1850 mostrò alcuni caratteri nuovi: importanti diventarono il collegamento tra patrioti lombardi e veneti, i contatti con Mazzini e la campagna di raccolta di fondi a sostegno di future iniziative. Decisiva fu l’attività del mazziniano comasco L. Dottesio che nel 1850, nel corso di due lunghi viaggi in Veneto, reclutò cospiratori, stabilì collegamenti, diffuse materiali antiaustriaci (in virtù del suo coinvolgimento con la Tipografia elvetica di Capolago) esortando all’impegno propagandistico e al proselitismo. A Verona Dottesio fece capo alla libreria di D. Cesconi, dove si incontrava la nuova generazione di patrioti tra i quali lo stesso M., G. Faccioli, il poeta Aleardi e Camuzzoni.
L’arresto di Dottesio nel gennaio del 1851, il suo trasferimento nelle carceri di Venezia e le conseguenti indagini della polizia portarono alla luce la rete dei suoi contatti veronesi tra i quali figuravano il fratello maggiore del M., Giovanni Battista, arrestato e processato per detenzione di stampe incendiarie: per aiutarlo e seguire da vicino il processo il M. si trasferì a Venezia. Trovò un appoggio nell’amico P.A. Mutti, benedettino, già vescovo di Verona e patriarca di Venezia dal luglio 1851: nel novembre successivo il fratello fu prosciolto per l'inconsistenza delle prove.
Nonostante la condanna e l’esecuzione di Dottesio nell’ottobre del 1851, i patrioti veronesi continuarono spregiudicatamente l’attività cospirativa. Il M. aveva stabilito fin dall’adolescenza solidi legami con il poco più giovane Tazzoli, conosciuto studente nel seminario di Verona negli anni Venti. Frequenti incontri a Mantova e scambi epistolari testimoniano un legame che portò al coinvolgimento attivo del M. nella cospirazione mazziniana. Fu su sollecitazione di Tazzoli, che fin dal 1850 aveva costituito a Mantova un comitato segreto, che nel dicembre 1851 Faccioli creò un analogo comitato a Verona. A esso aderì anche il M. che nell’arco di pochissimo tempo mise in atto la tipica prassi rivoluzionaria comprendente la diffusione delle cartelle del prestito mazziniano, l’impegno nella propaganda, progetti per la ricognizione e la mappatura del sistema difensivo della città fino alla (non unanimemente condivisa) ideazione di clamorose quanto velleitarie iniziative di stampo eversivo.
Arrestato la prima volta nel febbraio del 1852 per possesso di materiale sovversivo, il M. fu processato a Verona e condannato a un periodo di detenzione di alcuni mesi, ridotto per un gesto di clemenza austriaco. Singolare circostanza, durante la detenzione il M. fu convocato a Mantova per essere sentito dall’auditore A. von Kraus che indagava sulla cospirazione mantovana dopo l’arresto di Tazzoli all’inizio del 1852. Il nome del M. era stato fatto da un inquisito di secondo piano, don C. Bozzetti, ma l’autodifesa fu ritenuta convincente da von Kraus che lo rimandò a Verona per terminare il periodo di detenzione della precedente condanna. Soltanto dopo la decifrazione viennese dei registri di Tazzoli – all’inizio dell’estate 1852 – e le sue ammissioni, la polizia austriaca individuò il legame tra i comitati mantovano, veronese e veneziano e procedette a numerosi arresti nelle due città venete, e poi a Treviso, Vicenza e Padova. Il comitato veneziano fu decapitato e l’arresto del M., l’8 luglio 1852, fu probabilmente legato alle ammissioni del veneziano G. Paganoni. Nonostante i consigli degli amici il M. non volle mettersi in salvo con la fuga come fecero molti dei compromessi. Fu di nuovo arrestato e tradotto prima a Venezia e poi a Mantova. Andati a vuoto i tentativi di Tazzoli di alleggerire le posizioni degli inquisiti e in particolare del M., furono le rivelazioni di Faccioli a comprometterne definitivamente la posizione: dopo avere negato ogni addebito e sostenuto il confronto con Faccioli (26 ag. 1852), il M. si piegò fino a una piena confessione delle proprie responsabilità (4 ott. 1852).
L’ultimo interrogatorio ebbe luogo il 16 genn. 1853, dopo che già Tazzoli, C. Poma, A. Scarsellini, B. De Canal e G. Zambelli erano stati giustiziati: conscio che ormai il suo destino era segnato, il M., rispondendo a una domanda specifica di von Kraus, chiarì le ragioni della sua partecipazione alla cospirazione.
La risposta a Kraus, come rileva oggi la storiografia, sembra difettare di chiarezza ideologica e di profondità politica, mancanze che contraddistinsero gran parte del movimento patriottico veneto all’inizio degli anni Cinquanta. In essa emerge piuttosto quel forte senso dell’onore che ne aveva segnato la condotta prima dell’arresto e durante il processo. Entro questa cornice l’epilogo del M. trovò coronamento in un’esplicita dichiarazione di fede patriottica: «Io non posso negare ch’io ami e abbia amato l’indipendenza dell’Italia» (Fasanari, 1952-53, p. 31).
La sentenza gli fu letta il 12 febbr. 1853. Il M. fu giustiziato a Belfiore il 3 marzo successivo insieme con T. Speri e don G. Grazioli.
Fonti e Bibl.: Gli atti processuali del M. – conservati nell'Archivio di Stato di Mantova, Auditorato di Guarnigione in Mantova, Processo dei martiri di Belfiore – sono stati pubblicati in Belfiore, a cura di C. Cipolla, II, Costituti, documenti tradotti dal tedesco e altri materiali inediti del processo ai Comitati insurrezionali del Lombardo-Veneto (1852-1853), Milano 2006, ad ind.; materiale sul M. si trova in particolare nelle bb. 3-4 (costituti), e 6 (documenti relativi al primo arresto); G. Camuzzoni, Note autobiografiche e scritti vari che vi si collegano, I, Verona 1896, pp. 60-64, 67, 69 s., 80 s.; L. Martini, Il Confortatorio di Mantova nel 1851, 52, 53 e 55, II, Mantova 1867, pp. 6-13; P. Cipriani, Belfiore e San Giorgio. Cenni storico biografici delle vittime dei processi di Mantova, Mantova 1872, pp. 14, 33 s.; G. Segala, Verona e Mantova nella cospirazione contro l’Austria e nei processi politici del 1850-53, Verona 1892, pp. 56-62, 64-66, 88-98 e passim; A. Luzio, I martiri di Belfiore, I, Milano 1905, 295 s., 324-328, 330 s. e passim; II, pp. 14, 27, 90-93 e passim (delle molte edizioni successive importante quella del 1924 per l’aggiunta di riferimenti e docc. sul M., pp. 265-270 e passim); L. Pastro, Ricordi di prigione 1851-53, Milano 1907, pp. 83-86, 136-138, 163-167 e passim; G. Biadego, La figura di C. M. con documenti inediti e due illustrazioni, Milano 1908; G. Bartolomei, C. M. e gli altri martiri di Belfiore, Verona 1910; L. Simeoni, La congiura e il processo di C. M., in Studi storici veronesi, II (1948), pp. 325-357; A. Avena, Il viaggio in Italia di C. M. con Carlo Alessandri 1838-39, in Atti e memorie dell’Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 6, IV (1952-53), pp. 195-250; R. Fasanari, C. M. di fronte all’auditore Krauss, ibid., pp. 251-284; P. Laita, L’attività di C. M. nell’Accademia, ibid., pp. 171-181; A. Scolari, C. M. e la Società letteraria di Verona, ibid., pp. 183-194; [A. Avena] C. M. nel centenario del martirio, Verona 1953; C. Tognetti, Saggio di bibliografia su C. M., in Vita veronese, VI (1953), 3, pp. 66-70; R. Fasanari, La prima detenzione di C. M. nelle prigioni di Mantova, 11 aprile - 23 maggio 1852, ibid., VII (1954), pp. 66-72; Id., Il secondo arresto di C. M., ibid., pp. 98-102; Id.,Un’inchiesta di C. M. sui gesuiti di Verona per incarico di Vincenzo Gioberti, ibid., pp. 365-370; Id., La propaganda mazziniana di Luigi Dottesio a Verona 1850-51, in Atti e mem. dell’Acc. di agricoltura, scienze e lettere di Verona , s. 6 VII (1958), pp. 402-407, 409-411 e passim. Per un orientamento sulle fonti mantovane. A. Zarzana, Archivio dell’I. R. Auditorato di Guarnigione di Mantova. Processo dei martiri di Belfiore, in R. Giusti, Il Lombardo-Veneto tra Risorgimento e Unità, Mantova 1980-81, pp. 93-105; P. Gaspari, Terra patrizia: aristocrazie terriere e società rurale in Veneto e in Friuli, Udine 1993, pp. 231, 233; L. Rocca, «Ma che giova nella fata dar di cozzo?». Moderatismo e Risorgimento a Verona: società, politica e cultura tra 1848 e 1866, in Verso Belfiore: società politica e cultura..., Atti del convegno di studi, Mantova-Brescia... 1993, Brescia 1995, pp. 161, 163-165, 181-184, 211, 214, 218 s.; M. Bertolotti, Le complicazioni della vita. Storie del Risorgimento, Milano 1988, pp. 54 s.; Id., La congiura di Belfiore, in Atti e mem. dell’Accademia naz. virgiliana di scienze, lett. e arti, n.s., 2002, vol. 70, pp. 196 s., 200; M. Bertolotti, La congiura mazziniana di Belfiore a Mantova e nel Veneto: appunti per una comparazione, in Boll. della Società letteraria (Verona), novembre 2003, pp. 21-24; G.P. Romagnani, Celebrare il Risorgimento a Verona. C. M. fra storia e memoria, ibid., pp. 39-55; Belfiore, a cura di C. Cipolla, I, I Comitati insurrezionali del Lombardo-Veneto e il loro processo a Mantova del 1852-1853, cit., ad indicem; Dizionario del Risorgimento nazionale, III, s.v. (D. Montini); G.F. Viviani - G. Volpato, Bibliografia veronese, VI, 1997-1999, Verona 2001; VII, 2000-2002, ibid. 2004; VIII, 2003-2005, ibid. 2008, ad indices.