MUSITANO, Carlo
– Nacque a Castrovillari, in Calabria, il 5 gennaio 1635 da Scipione e da Laura Pugliese.
Spinto dai genitori verso la vita ecclesiastica, nella cittadina calabrese – presso i minori conventuali, il cui Studio di prima classe disponeva di una fornita e aggiornata biblioteca, arricchita nel 1622 dal lascito della raccolta libraria del medico e filosofo telesiano Giovanni Francesco Branca – condusse, sotto la guida di Bonaventura Casalnuovo e Ludovico Campanella, gli studi che gli permisero di addottorarsi in filosofia e teologia. Parallelamente, percorse il cammino che dalla tonsura (1647) e dai primi ordini minori (1650 e 1654), lo portò attraverso gli ulteriori gradi ecclesiastici a essere ordinato sacerdote nel 1659.
Secondo Giacinto Gimma (1703, I, p. 102), la forte curiosità verso la ‘nuova’ filosofia, forse anche quella cartesiana – di cui, presumibilmente, doveva aver sentito parlare in Calabria negli anni della prima formazione – lo spinse nello stesso 1659 a trasferirsi a Napoli, dove, infatti, frequentò quegli ambienti di innovatori, in particolare l’Accademia degli Investiganti, di cui erano propri la lettura e lo studio dei maggiori testi della filosofia contemporanea, in particolare di Descartes, Gassendi e Galilei, nonché la riesplorazione in chiave critica del naturalismo rinascimentale, il tutto alla luce di una nuova consapevolezza antiperipatetica e antiscolastica, nutrita da frequenti richiami ad auctoritates quali Democrito, Lucrezio e Epicuro. Tali frequentazioni modificarono lentamente le sue passioni intellettuali, spostandole dal campo filosofico a quello medico, e determinarono il suo progressivo legarsi a personalità quali Tommaso Cornelio, Leonardo Di Capua e Sebastiano Bartoli, che influirono profondamente sulla sua nuova fase di formazione.
Tra di esse, il suo vero maestro negli studi di medicina fu, probabilmente, il poco più anziano Bartoli se è vero che anni dopo, scomparso questi e coinvolto Musitano in una polemica con i galenisti, tra i sodali che lo sostennero vi fu l’amico di vecchia data Giuseppe Prisco che intervenne simulando una lettera inviata dal Parnaso da Bartoli, in appoggio di quello che veniva indicato come il suo allievo più grande.
La scelta di campo a favore dei ‘moderni’ di Musitano avvenne in anni in cui, anche a Napoli, lo scontro con i tradizionalisti galenisti era acceso.
I limiti della concezione e della pratica della medicina di questi ultimi, infatti, si erano drammaticamente evidenziati quando, nel 1656, la città era stata toccata da una terribile epidemia di peste e aveva potuto sperimentare la disperante impotenza, soprattutto in campo farmacologico, degli ‘antichi’ di stretta osservanza. Il credito di converso acquisito dai ‘moderni’ determinò la reazione dei primi che non solo riuscirono a impedire la diffusione di opere che criticavano la loro medicina e a diffondere opuscoli infamanti contro i novatori, ma soprattutto ebbero a lungo buon gioco nel bloccare l’istituzione di un insegnamento di chimica nello Studio napoletano. La circostanza fu, però, di scarso peso per chi, come Musitano, acquisì le proprie competenze soprattutto al di fuori dei canali formativi tradizionali, in istituzioni, le accademie, nelle quali non mancavano possibilità di studio sperimentale di quel tipo (pur se i tradizionalisti cercarono di far proibire anche l’insegnamento privato della disciplina). Così come in esse non mancavano possibilità di riscoprire, sulla scia di quel che allora avveniva in gran parte d’Europa, la medicina ippocratica, in queste istituzioni eletta ben al di là della sua lettera a modello di arte terapeutica sperimentale e concreta, contrapposta a quella galenista, ritenuta responsabile di aver introdotto in campo medico astratte, e inutili, speculazioni sulle ‘facoltà’.
Il clima di scontro aperto spingeva gli esponenti di entrambe le scuole a prendere tutte le precauzioni possibili per non incorrere in calunnie che, oltre che pregiudicare la possibilità dell’esercizio della professione, potessero anche configurarsi come spunti per l’intervento dell’autorità giudiziaria, statale o ecclesiastica. Tanto che quando, avviata la pratica professionale medica, cominciarono a diffondersi voci che tacciavano come scandalosa per un ecclesiastico una pratica che lo metteva in contatto con nudità femminili, Musitano ritenne prudente premunirsi chiedendo al pontefice Clemente XI un breve di licenza per l’esercizio della medicina, che ottenne anche grazie all’intercessione dell’arcivescovo di Napoli, il cardinale Antonio Pignatelli (il futuro Innocenzo XII), il quale, d’altronde, gli aveva già fornito una patente di ortodossia includendolo nel non vasto numero dei confessori della città.
Intanto Musitano aveva acquisito fama, oltre che come medico pratico, anche come autore di trattati in grado di suscitare una qualche attenzione fuori dell’ambiente medico partenopeo. Il suo esordio letterario risale alla pubblicazione delle Meditationes speculativae in linguam latinam (Napoli 1682), una «grammatica speculativa con quell’ordine medesimo con cui sogliono gli scolastici seguaci della dottrina di Aristotile insegnar la logica» (Gimma, 1703, I, p. 105), scritta come manuale propedeutico per lo studio della medicina, in quanto contiene anche un lessico ragionato di terminologia medica. Le prime opere specificatamente mediche sono la Pyrotechnia sophica rerum naturalium (Napoli 1683) e la Pyretologia sive Tractatus de febribus (ibid. 1683; entrambe ristampate a Ginevra, rispettivamente nel 1700 e nel 1701).
Si tratta di farmacopee, nelle quali sono illustrate le preparazioni chimiche utilizzate dai ‘moderni’ e le nuove metodologie terapeutiche ma, allo stesso tempo, i due libri sono veri e propri manifesti della posizione scientifica di Musitano, ‘moderna’ e ‘ippocratica’, che fa della chimica la chiave di volta sia per la comprensione del fenomeno vivente, sia per l’elaborazione di efficaci terapie farmacologiche da determinare sulla base dell’osservazione e della catalogazione del decorso della malattia.
Tuttavia, i due volumi che diedero a Musitano maggior fama e gli attirarono l’ira dei medici tradizionalisti furono la Trutina medica antiquarum ac recentiorum disquisitionum gravioribus de morbis habitarum (Venezia 1688) e il De lue venerea libri quatuor (Napoli 1689), quest’ultimo tradotto in italiano dal nipote Giuseppe Musitano e stampato col titolo Del mal francese libri quattro (Napoli 1697; II ed., ibid. 1707; III ed., Venezia 1718). Del libro esiste una traduzione francese, curata da Jean Devaux (2 voll., Trévoux 1711).
In entrambi questi trattati teorico-pratici, Musitano esponeva i suoi ben documentati esperimenti e i suoi circostanziati studi sulle cause e sui rimedi delle malattie più diffuse, contrassegnati dalla caratteristica costante di partire dall’accurata osservazione di una malattia, come per esempio la sifilide, in pazienti di diversa costituzione. Le sue proposte terapeutiche nella maggioranza dei casi emendavano le antiche formulazioni e prescrizioni di Galeno e si rifacevano alle radici della sua formazione: i suoi studi di anatomia, le letture degli scritti di Girolamo Fabrici d’Acquapendente, la sua adesione alle teorie di William Harvey sulla circolazione sanguigna da una parte, e l’impostazione fornitagli da Bartoli dall’altra, complesso di circostanze che lo collegavano alle tecniche di ricerca e all’impianto teorico della scuola padovana e quindi, in ultima analisi, al metodo galileiano.
Nello stesso anno in cui Musitano diede alle stampe la Trutina medica, a Napoli si avviò il processo contro gli ‘ateisti’ diretto a colpire gli indirizzi culturali innovatori, temuti per le conseguenze nefaste che potevano produrre in altri ambiti, specificatamente in quello religioso. Musitano, forse anche per le autorevoli protezioni di cui godeva, non venne almeno inizialmente toccato dal clima avvelenato determinatosi in seguito all’evento, anche se fu notato che continuava a frequentare gli ambienti vicini alle idee dei novatori. In questi, per altro, ebbe modo di conoscere Gimma, un giovane abate giunto dalla Puglia per condurre gli studi universitari, con cui sviluppò un solido legame d’amicizia. Gimma fu il tramite per l’associazione di Musitano, negli anni intorno al 1695-96, alla romana Accademia dei Pellegrini e alla barese Accademia dei Pigri, nonché, dopo che Gimma ne era diventato promotore generale (1695), all’Accademia degli Spensierati di Rossano Calabro, sodalizio nel quale confluirono molti ex Investiganti.
Musitano diede ulteriore prova della sua ‘fede’ moderna pubblicando Ad Hadriani a Mynsicht (…) thesaurum et armamentarium medico-chymicum (…) Mantissa (Napoli 1697, rist. ibid. 1701 e Venezia 1707, 1718) e la Chirurgia teoretico-practica seu Trutina chirurgico-physica (2 voll., Lione e, separatamente, Ginevra 1698), nei quali, oltre a fornire un primo organico tentativo di sistemazione delle sue scoperte in campo farmacologico, medico e chirurgico, procedeva a illustrare le linee-guida della sua ricerca in campo medico, dichiarandone esplicitamente l’ispirazione empirico-pratica.
In particolare nella Trutina chirurgico-physica compare, come introduzione all’opera, un breve dialogo (Dialogus qui inscribitur Autonomus. Colloquntur Autonomus, Anaetius, Emphron, pp. VII-XXIV), nel quale sono presenti, quasi ostentati, tutti i canoni comuni alla tradizione investigante, dalla celebrazione dell’avvento di una ‘nuova’ medicina alla critica, anche aspra, degli assunti terapeutici dei tradizionalisti, nonché della loro impostazione dottrinale e metodica.
Si deve poi aggiungere che, secondo le Memorie di Costantino Grimaldi, Musitano si incaricò di far uscire clandestinamente da Napoli e di far stampare a Ginevra il manoscritto delle Risposte alla lettera apologetica in difesa della Teologia scolastica di Benedetto Aletino, opera dello stesso Grimaldi e caposaldo della reazione dei circoli post-investiganti alla persecuzione curialista, pubblicata nel 1699 con la falsa indicazione di Colonia come luogo di stampa. Tutto ciò rese non più rinviabile la ‘resa dei conti’ nei suoi confronti, che i tradizionalisti tentarono di suscitare con la pubblicazione, a qualche anno dalla conclusione del processo agli ‘ateisti’, del volume di Pietro Antonio de Martino, Responsum Trutinae Medicae Musitani (Napoli 1699).
Il libro, una violenta polemica contro l’opera di Musitano pubblicata 11 anni prima, non nascondeva l’ambizione di voler combattere sul terreno della medicina una battaglia contro la libertas philosophandi dei moderni. Infatti, attraverso una critica testuale condotta paragrafo per paragrafo, accusava la Trutina medica non solo di spacciare per nuove dottrine mascheramenti delle vecchie teorie mediche, ma soprattutto di fare troppe concessioni all’opera di Gassendi, di essere infarcita di echi di paracelsismo e di mostrare un’ingiustificata e assai sospetta stima per le poco ortodosse teorie di Cartesio.
L’attacco, pur se estremamente superficiale e per molti versi inadeguato, era però, dato il clima, tanto insidioso da spingere Musitano, secondo quel che afferma Gaetano Tremigliozzi (in Gimma, 1703, II, p. 431), a chiedere tramite Gimma una sua difesa corale da parte dei consoci dell’Accademia degli Spensierati: difesa che ottenne con una serie di epistole di personalità mediche di primo piano, italiane ed europee, pubblicate nella Celeberrimorum virorum Apologiae pro Carolo Musitano adversusus Petrum Antonium de Martino (Kruswick ma probabilmente Napoli 1700), nonché con la pubblicazione, nella Nuova Staffetta di Parnasso (Francoforte, ma Napoli 1700) di Tremigliozzi, del Judicium Martinianum pro Musitano et recentiorum schola medica (pp. 255-287) di Gimma.
Alla difesa degli Spensierati non rispose né de Martino, né nessun altro ‘galenista’, forse consigliati di desistere dall’intensità di essa e dall’autorità di coloro che vi furono coinvolti. D’altronde anche la fama di Musitano si era ormai consolidata ben oltre i confini della penisola. Ne è prova che a Ginevra tra il 1698 e il 1701 furono ristampate, secondo Gimma tutte a spese degli editori (1723, p. 733), una serie di sue vecchie opere e vide la luce la Opera medico chymico-practica seu Trutina medico-chymica (1700, poi 1701), presto tradotta in tedesco (Chirurgische und physicalische Schriften, Francoforte e Lipsia, 1702).
Musitano trascorse i suoi ultimi anni senza essere coinvolto in ulteriori polemiche, continuando a dedicarsi alla professione medica, al ministero sacerdotale e rifinendo un’opera certamente terminata prima del 1702 (Gimma, 1703, I, p.110) ma pubblicata solo in questo ultimo scorcio di vita, il De morbis mulierum tractatus (Ginevra 1709).
Morì a Napoli negli ultimi mesi del 1714.
Postume furono pubblicate tre diverse edizioni dell’Opera omnia (Ginevra 1716, Lione 1733, Venezia 1738).
Fonti e Bibl.: le principali biografie sono in C. Musitano, Chirurgia teoretico-practica seu Trutina chirurgico-physica, Ginevra 1698, pp. XXVII-XXVIII (con un ritratto in antiporta); G. Gimma, Elogi accademici della Società degli Spensierati di Rossano, I, Napoli 1703, pp. 99-110 (con un ritratto alla p. 99); A. Zavarrone, Bibliotheca calabra sive illustrium virorum calabriae qui literis claruerunt elenchus, Napoli 1753, p. 171; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 233; L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, II, Cosenza 1870, pp. 269-271; L. Aliquò-Lenzi, Gli scrittori calabresi, Messina 1913, pp. 299-304. Notizie e informazioni utili sono in G. Tremigliozzi, Memorie storiche della Società degli Spensierati di Rossano, in G. Gimma, Elogi accademici, cit., II, pp. 399-448; G. Gimma, Idea della storia dell’Italia letterata, II, Napoli 1723, pp. 732 s., 784 s.; R. Cotugno, La sorte di Giambattista Vico e le polemiche scientifiche e letterarie dalla fine del XVII secolo alla metà del XVIII secolo, Bari 1914, pp. 48-50; F. Russo, Don C. M. (Castrovillari 1635-Napoli 1715), Ravello 1935; G. Grimaldi, Memorie di un anticurialista del Settecento, a cura di V.I. Comparato, Firenze 1964, pp. 15s.; G.P. Arcieri, Di un medico sacerdote calabrese del Seicento: C. M. da Castrovillari, in Cronaca di Calabria, LXII (1964), 17, pp. 1-23; Id., In difesa di un medico sacerdote calabrese del Seicento, C. M., accusato di atti ipersensuali da medici partenopei, Philadelphia 1969; M. Cambi, Giacinto Gimma e la medicina del suo tempo. Storia di una polemica nella Napoli di Giambattista Vico, in Bollettino del centro studi vichiano, XX (1990), pp. 169-84; F.A. Sulpizio,‘Parlar philosophice’-‘parlar medice’. Erudizione filosofia medicina nell’abate Giacinto Gimma, Lecce 2002, pp. 20-81.