NINCHI, Carlo
– Nacque a Bologna il 31 maggio 1896 da Arnaldo, colonnello del Genio, e da Lidia Bedetti, ultimo di cinque figli: al maggiore Attilio, unico a seguire la carriera militare (divenne generale di artiglieria), erano seguiti Gino, Annibale (anch'egli attore) e Maria.
Terminati gli studi al Collegio Ungarelli di Bologna, entrò nell'Esercito, combattendo come ufficiale nella Grande guerra. Nel 1920 si congedò per entrare a far parte della compagnia del fratello Annibale con la quale, alla fine dell'anno, debuttò a Forlì interpretando Pilade nell’Oreste di Alfieri. Nella stagione successiva entrò nella compagnia di Maria Melato dove rimase per due anni. Nella stagione 1923-24 tornò con il fratello, mentre nel 1925-26 lavorò con la Annibale Betrone - Melato. Nella stagione 1926-27 fu generico primario nella compagnia di Ruggero Ruggeri, accanto al quale «affinò il suo temperamento artistico e pure conservando sempre una sua propria spiccata personalità, del grande maestro assimilò la correttezza dei gesti, l’eleganza della dizione, i mezzi di passaggi d’intonazione» (Leonelli, 1940, p. 140).
Nel 1927-28 passò alla Betrone - Andreina Rossi, per poi entrare nella Benelliana (1928-29). Dopo questo primo periodo di apprendistato, si affermò prima con la compagnia ZaBum (1929-30) e poi con quelle di Marta Abba (1932-33) e Tatiana Pavlova (1934). Nel 1930 iniziò la collaborazione con l’Istituto nazionale del dramma antico per la realizzazione di classici greci e di spettacoli all’aperto, diretti in gran parte da Guido Salvini o Renato Simoni. In parallelo, proseguì l'attività teatrale prima con la compagnia di Guglielmo Giannini (1937-38) e poi con quella del teatro Eliseo, acquisendo una notevole popolarità. Nella stagione 1939-40 formò compagnia con Evi Maltagliati e Luigi Cimara.
Alla fine degli anni Trenta, divenne noto anche come interprete cinematografico soprattutto grazie ai film del 1939 Cavalleria Rusticana (regia di Amleto Palermi) e Dora Nelson (regia di Mario Soldati). Considerato un vero e proprio pioniere del cinema sonoro, fu uno degli attori più apprezzati del cinema degli anni precedenti la seconda guerra mondiale.
Ebbe il ruolo dell’Innominato nei Promessi Sposi (regia di Mario Camerini, 1941), del giornalista deluso in Stasera niente di nuovo (regia di Mario Mattioli, 1942) e del generale Salvatore Castagna, eroe del ventennio, in Giarabub (regia di Goffredo Alessandrini, 1942). In seguito avviò una collaborazione con Anna Magnani, con la quale costituì compagnia. In quegli anni poté esaltare le sue doti da 'promiscuo' che gli permisero di alternare spettacoli di rivista come Cantachiaro (1944, sotto la direzione di Oreste Biancoli) o Soffia sò! (1945, regia di Mattioli) ad allestimenti di prosa, come Jegor Bulyciov e altri di Gor’kij (regia di Vito Pandolfi), Carmen da Mérimée (regia di Gerardo Gherardi) e Scampolo di Dario Niccodemi, tutti messi in scena nel 1944.
Nel secondo dopoguerra partecipò all’affermazione del teatro di regia collaborando con Luchino Visconti (fu Philips in La quinta colonna di Hemingway nel 1945), con Orazio Costa (tra il 1945 e il 1946 interpretò il Viceré ne La carrozza del SS. Sacramento di Mérimée, il marito nel Candeliere di Musset e Virelade in Amarsi male di Mauriac) e con Ettore Giannini (Darrel in Strano interludio nella stagione 1946-47). Nel 1948 assunse il capocomicato della compagnia Ninchi - Vivi Gioi - Aroldo Tieri. L’anno dopo collaborò con Maltagliati e nella stagione 1950-51 entrò a far parte della compagnia dell’Ateneo di Roma.
Negli anni successivi formò compagnia con Olga Villi e Aroldo Tieri (1952-53), con Andreina Pagnani (1953-54), con Villi Gioi e con la cugina di secondo grado Ave (1954-55), col Teatro delle Quindici Novità (1955-56), con Laura Adani (1956-57), e poi ancora con Gioi e Camillo Pilotto (1957-58). Nel 1958 entrò a far parte del Teatro Stabile di Napoli. Le sue ultime interpretazioni a teatro furono un ritorno alla rivista (tra cui Un Juke-box per Dracula con Sandra Mondaini, Raimondo Vianello e Gino Bramieri).
Tra le numerose interpretazioni cinematografiche del secondo dopoguerra spiccano il ruolo di Pepè le Mokò in Totò Le Mokò di Carlo Ludovico Bragaglia (1949), quello del padre di Michele nella Ciociara di Vittorio De Sica (1960) e quello di Noirtier de Villefort ne Il Conte di Montecristo di Edmo Fenoglio (1966).
Nel 1926 aveva sposato Rosa Pavese della quale rimase vedovo nel 1951. Passato a nuove nozze nel 1954 con l’attrice Derika Raffaldini, rimase nuovamente vedovo nel 1961. Si risposò infine con Edda Nives Biranda, che lo accompagnò per il resto dei suoi giorni.
Morì a Milano il 27 aprile 1974.
Nonostante la forte caratterizzazione della figura fisica – nettamente marcata dalla statura alta e robusta e dal profilo aquilino – Ninchi può essere ricordato un attore tra i più versatili. Le collaborazioni con registi del calibro di Salvini e Simoni prima, e di Costa e Pandolfi poi, provano come la sua spiccata capacità di passare dai registri comici a quelli tragici gli consentisse di muoversi al di fuori della logica dei ruoli.
Fonti e Bibl.: N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, Roma 1944, p. 140; C.M., La giovane sposa di C. N. morta mentre il marito recitava, in La Stampa, 4 aprile 1961; L. Pastelli, È morto a 78 anni C. N., attore realista, eclettico e vero, ibid., 30 aprile 1974; F. Bollini - F. Savio - U. Tani, N. C., in Enc. dello spettacolo, VII, Roma 1960, pp. 1185 s.; R. Chiti, N. C., in Dizionario del cinema italiano. Gli attori, a cura di R. Chiti et al., Roma 1998, ad vocem.