ORIO, Carlo.
– Nacque a Dervio, vicino Lecco, nel 1827, da Giuseppe e da Angela Conca.
A Milano partecipò ai moti del 1848 nel battaglione studenti, si laureò in legge e sposò Teresa Zappa, appartenente a una facoltosa famiglia di vivaisti da tempo attivi nel settore della seta. Grazie a questa entratura, poté inserirsi nell’ambiente dei setaioli lombardi, allora in gran fermento per l’epidemia di pebrina che decimava i bachi da seta e obbligava a costose importazioni di uova di baco sane (dette seme-bachi) da paesi sempre più lontani.
Orio si formò come 'semaio' nel Levante, con ottimi risultati. Nel 1859 fu incaricato da influenti uomini d’affari lombardi di un’impegnativa spedizione in Cina, in concorrenza con quella, analoga, promossa da Gherardo Freschi e Giovan Battista Castellani e appoggiata dall’arciduca Massimiliano d’Austria, il quale aveva imposto ai Comuni un sostanzioso anticipo per il prodotto che avrebbero importato, suscitando forte scontento tra i proprietari terrieri, i commercianti e gli imprenditori della seta. Orio – con il quale partirono per Shanghai il fratello Luigi e altri due semai, Cadei e Zanetti – disponeva di molto capitale liquido, grazie al quale poté acquistare un ingente quantitativo di seme-bachi per calmierare il mercato. Per il ritorno scelse, primo tra gli italiani, di passare attraverso il continente americano: giunto a Yokohama da Shangai, proseguì per San Francisco, scese all’istmo di Panama, allora percorribile via terra, si imbarcò per New York e poi per Marsiglia.
Ormai considerato tra i più affidabili imprenditori della seta per difficili missioni esplorative e commerciali in Asia, compì diverse spedizioni. Oltre a un secondo viaggio in Cina nel 1860, si recò nel 1862 in Persia con l’ambasciatore Marcello Cerruti, per esaminarne la sericoltura e valutare le possibilità di importazioni di seme-bachi e di bozzoli secchi. Per gli aspetti scientifici della spedizione, fu affiancato da Filippo De Filippi del Museo di storia naturale di Torino e da Giacomo Doria, direttore di quello di Genova. Al rientro tenne una conferenza alla Società agraria di Torino e inviò all'allora ministro Emilio Visconti Venosta un corposo rapporto, apparso sul Bollettino consolare e presso l’editore Paravia. Le prove di allevamento diedero però risultati deludenti, facendo naufragare l’iniziativa di Visconti Venosta per un consolato a Rasht, nella provincia sericola persiana sul Caspio, visitata da Orio durante una solitaria deviazione da Tabriz nel viaggio verso Teheran.
Nel 1863, mentre la pebrina non dava tregua, si ebbero due altre spedizioni in aree remote dell’Asia: quella di Ferdinando Meazza nel khanato di Bukhara e di Orio nel Kashmir. Furono create allo scopo due società, con gli stessi soci – i De Vecchi e i Valaperta, banchieri; i Gavazzi, industriali; gli Arconati, gli Arese, i Cagnola, Stefano Jacini, Carlo d’Adda, proprietari; Antonio Beretta, Ubaldino Peruzzi, Visconti Venosta e Marco Minghetti politici – appoggiate apertamente da Cristoforo Negri, capo del Servizio Consolare, e apprezzate dalla Società d’incoraggiamento arti e mestieri.
Meazza e compagni ebbero però gravi difficoltà: imprigionati a Bukhara, rischiarono la vita; Orio raggiunse il Kashmir via Calcutta, riuscì a convincere il maharaja a cedergli l’intero raccolto di bozzoli e ne ebbe le uova, ma anche in questa occasione il seme-bachi, giunto a Milano, diede scarsi risultati. Referente scientifico di Orio fu sempre Emilio Cornalia, del Museo di Storia naturale di Milano; a questi e a IgnazioTerzi de’ Lana, un proprietario del bresciano nonché suo socio in affari, inviò svariate relazioni, alcune delle quali apparse su Il Sole, La Perseveranza e altrove.
Cadute, nel 1863, le speranze riposte sull’Asia continentale, iniziavano nel frattempo a crescere quelle nel Giappone, destinato a imporsi per il successivo ventennio, quale fornitore privilegiato dell’Italia di seme-bachi. Tra i primi a importarne con diverse società – la Albini Orio e Sala, la Carlo Orio e C., la Orio e C. e la Associazione bacologica Carlo Orio – Orio dal 1867 al 1870 si recò ogni estate in Giappone e svariate sue lettere, a carattere non esclusivamente commerciale, apparvero sulla stampa. Nel 1867 inviò da Yokohama una lunga contestazione allo scienziato Justus von Liebig, sostenitore di una tesi sull’origine della pebrina – da una malattia delle foglie del gelso – smentita poi da Louis Pasteur. Nel 1868 in ragione dei meriti di scienziato ed esploratore gli fu conferita l’onorificenza dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Dal 1871, mentre gli affari si ampliavano, cessò di recarsi ogni anno personalmente in Giappone incaricandone un suo dipendente.
Come altri semai italiani, fu coinvolto nel mercato delle curiosità d’arte asiatiche che, in parallelo con il nascente japonisme in Francia, cominciavano ad avere una sempre più ampia clientela in patria. Fin dal 1861 espose, con grande successo, nell’atelier del pittore Andrea Appiani il Giovane a Milano numerosi oggetti asiatici. Nel 1869 donò alla Società geografica italiana una rara mappa indigena del Giappone. Il giro d'affari andò crescendo soprattutto dalla fine degli anni Settanta quando l’acquisto di prodotti serici giapponesi prese a scemare. Orio agì spesso come persona di fiducia, per competenza e conoscenza dei canali d’acquisto, per vari artisti di spicco, anche attraverso i personali contatti con altri semai che importavano oggetti d’arte: don Giuseppe Grazioli, che ne aveva procurati all’industriale Alberto Keller; Pietro Savio fornitore di preziosi strumenti giapponesi per il musicologo tedesco Alessandro Kraus; Meazza, le cui porcellane, cedute al banchiere Enrico Cernuschi, esiliato in Francia dopo il 1948, sono oggi conservate al Musée Cernuschi di Parigi. Studi recenti hanno messo in luce gli intensi rapporti con personalità del mondo artistico lombardo: Federico Faruffini, Tranquillo Cremona, Vittore Grubicy, Giovanni Segantini (Turina, 2012-13). A Cremona fornì costumi e oggetti per il quadro Il Gran Khan di Tartaria (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna) e i rapporti con Segantini si protrassero fino ai suoi ultimi anni di vita.
Grazie ai successi economici, nel 1869 acquistò una residenza a Brescia ed estese proprietà e il castello del conte Emili nel Bresciano, dove si sarebbe trasferito, ampliando progressivamente il campo delle sue attività all’agricoltura, con ottimi risultati. Si dedicò con pari fervore anche alla cosa pubblica: fu nel Consiglio comunale e sindaco di Montirone; consigliere a Bagnolo Mella e presidente del Comizio agrario di Brescia. Scrisse spesso di questioni politiche ed economiche su quotidiani locali e nazionali e pubblicò, nel 1884, un testo sulla difesa del lavoro e della produzione agricola.
Morì a Montirone il 5 gennaio 1892.
Tra le sue opere: Alcune norme d’allevamento di bachi da seta quali praticansi in China, Milano 1860; Della epizoozia bombicina - osservazioni e proposte ..., Torino 1863 (anche in Boll. consolare, I [1863], 12, pp. 769-802); Intorno all'analisi comparativa delle foglie del gelso istituita dal professore Giusto Liebig, in L'Agricoltura, IV (1867), pp. 429-432; Gli urgenti bisogni della sericoltura italiana al Giappone, in Boll. della Soc. geogr. ital., III (1870), pp. 107-123; La questione bacologica del giorno, ossia dei modi di restaurare il buono stato sanitario dei bachi da seta, in Il Sole, suppl. al n. 146, 22 giugno 1872; La difesa nazionale del lavoro, nella produzione agricola, nella potenza economica, Milano 1884.
Fonti e Bibl.: Milano, Museo di storia naturale, Archivio, Carte Cornalia; C. Zanier, Rerouting the Silk Road via San Francisco, in Storia Nordamericana, VII (1990), 1, pp. 105-116; Carte di riso. Far Eastern cartography with a complete catalogue of the collection of Chinese and Japanese maps owned by the Società geografica italiana, a cura di C. Cerreti, Roma 2003, passim; C. Zanier, Semai. Setaioli italiani in Giappone (1861-1880). Interpretare e comunicare senza tradurre, Padova 2006, passim; Id., Setaioli italiani in Asia. Imprenditori della seta in Asia Centrale (1859-1871), Padova 2008, passim; Id., C. O. e la questione "seta" nella Missione Cerruti in Persia, in La Persia Qajar. Fotografi italiani in Iran 1848-1864, a cura di M.F. Bonetti - A. Prandi, Roma 2010, pp. 33-36; S. Turina, Vittore Grubicy e il Giapponismo a Milano, tesi di laurea, Università di Torino, aa. 2012-13; Enciclopedia bresciana, ad vocem.