PITTARA, Carlo
PITTARA, Carlo. – Nacque a Torino il 6 giugno 1835. Dei suoi genitori non si conoscono i nomi. Nella capitale sabauda studiò presso la Reale Accademia Albertina di belle arti, divenendo allievo di Giuseppe Camino. Nel 1856 esordì in pubblico presentando un quadro (Pascolo) all’annuale mostra organizzata dalla Società promotrice di belle arti di Torino. Nello stesso anno si trasferì a Ginevra, dove rimase per due anni e completò la sua formazione artistica come pittore animalista frequentando lo studio di Charles Humbert. Nel 1858 fece ritorno a Torino, ma vi si trattenne soltanto per pochi mesi, e, dopo aver esposto due opere alla Promotrice (Le quattro stagioni e L’abbeveraggio della sera al Seppay, che fu acquistato dal principe Tommaso di Savoia) partì alla volta di Parigi. Nella capitale francese entrò in contatto con alcuni esponenti della Scuola di Barbizon, in particolare con Charles Jacque e Constant Troyon, con i quali iniziò a collaborare. Nel 1859 inviò alla Mostra della Promotrice torinese quattro paesaggi e Traversata di animali in Svizzera.
Nel 1860 fece ritorno in patria e si stabilì a Torino, dove presentò alla locale Promotrice l’opera intitolata L’11 novembre in Piemonte. Nell’estate dello stesso anno si recò per la prima volta a Rivara per trascorrervi i mesi estivi, ospite nella villa del cognato, il banchiere Carlo Ogliani, originario del Canavese. Nel 1861 fu presente alla Promotrice torinese con l’opera La sera e fu invitato alla I Esposizione nazionale di Firenze (Paese con animali, ripr. in Stella, 1893, p. 273). Nell’inverno dello stesso anno trascorse alcuni mesi nella riviera ligure in compagnia della sorella e, durante un soggiorno a Nervi, conobbe il pittore portoghese Alfredo D’Andrade, al quale si legò con un sentimento di profonda amicizia.
Nel 1862 Pittara partecipò all’esposizione della Promotrice con il dipinto I dintorni di Rivara (1861, Torino), conservata nella Galleria civica d’arte moderna e contemporanea (GAM), che venne acquistato dalla Società promotrice e subito donato alla costituenda raccolta comunale.
Ne I dintorni di Rivara, rifuggendo l’interpretazione sentimentalistica della natura, e dipingendo in forma monumentale una mandria al pascolo d’alta montagna, Pittara dimostra la sua adesione ai modi del verismo pittorico. Abbandonati sia la visione idilliaca del paesaggio suggeritagli dagli insegnamenti di Camino, sia i temi puramente animalisti, contraddistinti da una maniera fotograficamente oggettiva e particolaristica memore della cifra stilistica di Humbert, Pittara, sull’esempio dei barbizonniers, indirizza la sua attenzione verso il dato naturalistico, con l’intento di descrivere la vera condizione del mondo contadino e pastorale. Egli, tuttavia, non avrebbe raggiunto mai gli esiti del realismo francese, come osservato da Liliana Barroero: «[nelle tele di Pittara] si avverte ancora la preoccupazione della scelta degli elementi, la cura della composizione, sebbene a un livello assolutamente diverso dal tardo romanticismo; […] questa sua interpretazione della realtà non arriva mai ad essere del tutto soggettiva; Pittara opera una scelta, rimanendo però fedele a un’interpretazione visiva del reale» (1974, p. 111).
Nell’estate del 1862 Pittara invitò a Rivara D’Andrade ed Ernesto Rayper. In tal modo, si costituì il primo nucleo di quella che i contemporanei chiamarono la Scuola dell’avvenire (Rocca, 1869, p. 14) e che in seguito fu indicata come la Scuola di Rivara: un cenacolo di artisti, di diversa formazione e provenienza che, fino alla metà degli anni Settanta, ogni estate si ritrovò nel canavese per dipingere en plein air, abbandonando il naturalismo di maniera a favore della poetica del vero. Oltre a Pittara, che può considerarsene l’animatore, e a D’Andrade e Rayper, fecero parte di questo gruppo Vittorio Avondo, Ernesto Bertea, Adolfo Dalbesio, Serafin de Avendaño, Alberto Issel, Giuseppe Monticelli, Federico Pastoris, Antenore Soldi, Casimiro Teja e Giulio Viotti.
Nel corso degli anni Sessanta, Pittara prese parte costantemente a tutte le edizioni della mostra organizzata dalla Società promotrice di Torino presentando, oltre alle opere dagli abituali soggetti agresti dove gli animali assumevano il ruolo di protagonisti (Ritorno alla stalla, 1866; Torino, GAM), alcuni lavori di vago contenuto sociale, come Bovini da vendere (1864), Le imposte anticipate (1865, Torino, GAM), Il patrimonio di una famiglia dopo la guerra (1867), nelle quali cercò di descrivere le condizioni dei contadini e più in generale dei nuovi cittadini dello Stato postunitario.
Nel 1866 dipinse La messe (Torino, GAM) e Il viatico (ripr. in Barroero, 1974, p. 112), una delle rarissime tele in cui non raffigurò alcun animale, ma solo un gruppo di contadini che si riparano dalla pioggia sotto un portico.
Nel 1870 partecipò alla mostra allestita a Parma durante il I Congresso artistico italiano esponendo l’opera L’aratro (1869-70; Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, ma attualmente in deposito presso l’Accademia di belle arti di Ravenna), alla quale, per l’occasione, Pittara attribuì il provocatorio titolo di Sistema infallibile di ristorare le finanze italiane, e che gli valse l’attribuzione della medaglia d’oro per la pittura.
In quest’opera, indicata nei cataloghi di altre esposizioni con il titolo L’aratura, l’artista raffigura un fattore che sta controllando il faticoso lavoro di un suo contadino curvo sull’aratro trainato da due buoi in mezzo a uno sconfinato maggese. Nell’ambito del panorama figurativo piemontese di quegli anni risulta insolita l’attenzione che l’artista pone nel descrivere le diversità sociali presenti all’interno del mondo rurale. Simile scelta dimostra una certa vicinanza di Pittara al coevo dibattito francese sul realismo come arte impegnata socialmente.
A partire dal 1872, Pittara collaborò per un quinquennio con D’Andrade, affiancandolo nei lavori di restauro del castello di Rivara, l’antico maniero che era stato acquistato l’anno precedente dal cavalier Ogliani.
Nel 1873 inviò all’Esposizione universale di Vienna L’aratro.
Nel 1875 decise di trasferirsi a Roma, dove si era da tempo stabilito anche Avondo, e prese in affitto uno studio in via Margutta. Nella capitale, dove rimase per tre anni senza rinunciare agli abituali soggiorni estivi nel Canavese, conobbe e strinse amicizia con Lodovico Marchetti e Ferdinando Heilbuth. Con quest’ultimo collaborò spesso dipingendo i paesaggi dei suoi quadri.
Nei dipinti del periodo capitolino, di difficile reperibilità in quanto dispersi in numerose collezioni private soprattutto straniere, Pittara propose un realismo più di maniera e intensificò gli accenti poetici delle raffigurazioni ricercando preziosi accordi cromatici e delicati effetti di luce (Riunione di caccia nella campagna romana, ripr. in Barroero, 1974, p. 113); inoltre, dedicò una maggiore attenzione alla descrizione della figura umana, integrandola costantemente alla descrizione del paesaggio (Buttero nella campagna romana: ripr. in Paesaggi: la Scuola di Rivara…, 1991, pagina non numerata).
Negli ultimi mesi del 1877 Pittara si trasferì nuovamente a Torino, dove nello stesso anno tornò a esporre alla mostra della Promotrice con La solitudine.
Nel 1878 partecipò all’Esposizione universale di Parigi con l’opera L’aratro.
Nel 1880, misurandosi con il tema più impegnativo della pittura di storia, realizzò La fiera di Saluzzo nel secolo XVIII (Torino, GAM), un dipinto di grandi dimensioni e di vasto respiro narrativo, che venne presentato sia all’annuale mostra della Promotrice torinese, sia alla IV Esposizione nazionale di belle arti di Torino. Nello stesso anno, accettando l’invito dell’amico pittore Lodovico Marchetti, decise di stabilire per gran parte dell’anno la sua residenza a Parigi, fatta eccezione per i mesi della bella stagione da trascorrere nel Canavese.
Durante il secondo soggiorno parigino, nel decennio compreso tra il 1880 e il 1890, Pittara si dedicò alla realizzazione di opere con soggetti più frivoli e mondani, ispirati alla vita moderna, borghese e metropolitana (Caccia alla volpe, 1885, ripr. in Marini, 2008, p. 118), alle passeggiate delle eleganti signore nei parchi cittadini (Confidenze, 1882, ibid., p. 117; In riva alla Senna, 1884-86, ripr. in Stella, 1893, p. 279) o riproducenti i luoghi di ritrovo alla moda (Domenica sulle rive della Senna, 1886 circa, ripr. in Bernardi, 1934, p. 567). Opere che ebbero un notevole successo commerciale e collezionistico, contraddistinte da un pennelleggiare veloce, da una ricercatezza degli accordi cromatici e da una tavolozza più brillante. Una maniera più raffinata e una precisa scelta di temi che sembrarono risentire degli esiti della coeva ricerca condotta da Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi nella Parigi fin de siècle.
Nel 1889 Pittara fu eletto membro della giuria internazionale per la pittura preposta all’accettazione e alla premiazione delle opere per l’Esposizione universale di Parigi. L’anno successivo il governo francese gli conferì un’importante onorificenza consegnandogli il diploma di ufficiale dell’Istruzione pubblica.
Morì a Rivara Canavese il 25 ottobre 1891.
Fonti e Bibl.: L. Rocca, Album della Pubblica Esposizione del 1869, Torino 1869, pp. 14 s.; A. Stella, Pittura e scultura in Piemonte. 1842-1891. Catalogo cronografico illustrato dell’Esposizione retrospettiva del 1892, Torino 1893, pp. 269-281.
M. Labò, P., C., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, Leipzig 1933, p. 117; M. Bernardi, C. P. e la scuola di Rivara, in Pan. Rassegna di lettere, arte, musica, II (1934), pp. 548-568; Mostra dei pittori della scuola di Rivara (catal.), a cura di M. Bernardi, Torino 1942, pp. 27 s.; M. Bernardi, Ottocento piemontese, Torino 1946, pp. 98-103; L. Barroero, C. P. e la prosa del vero, in Arte illustrata, VII (1974), pp. 107-116; Cultura figurativa e architettonica negli stati del re di Sardegna. 1773-1861 (catal.), a cura di E. Castelnuovo - M. Rosci, II, Torino 1980, pp. 741-743; Il secondo Ottocento italiano. Le poetiche del vero (catal.), a cura di R. Barilli, Milano 1988, pp. 40, 233, 330 s.; La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo - G. Barbera, Milano 1991, pp. 11, 34, 71 s., 74, 85, 594, 967; Paesaggi: la Scuola di Rivara. Carlo Pittara (catal., Rivara), a cura di F. Paludetto, s.l., 1991; R. Maggio Serra, L’Ottocento. Catalogo delle opere esposte. Galleria civica d’arte moderna e contemporanea,Torino, Milano 1993, pp. 166 s., 180-182; Aria di Parigi nella pittura italiana del secondo Ottocento (catal., Livorno, 1998-1999), a cura di G. Matteucci - S. Bietoletti, Torino 1998, pp. 108-110; S. Bietoletti - M. Dantini, L’Ottocento italiano. La storia, gli artisti, le opere, Firenze 2002, pp. 250 s.; A. Salvadori, C. P., in La pittura di paesaggio in Italia. L’Ottocento, a cura di C. Sisi, Milano 2003, pp. 314 s.; Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Le collezioni. Il XIX secolo, a cura di E. Di Majo - M. Lafranconi, Milano 2006, p. 306; G.L. Marini, Pittara e Rivara. La prosa del vero, in Delleani e il suo tempo (catal., Torino, 2008-2009), a cura di G.L. Marini, Cinisello Balsamo 2008, pp. 25-27, 114-118; Disegni del XIX secolo della Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino…, a cura di V. Bertone, Firenze 2009, pp. 221, 285, 483; G.L. Marini, Il valore dei dipinti italiani dell’Ottocento e del primo Novecento. L’analisi critica, storica ed economica, Torino 2010, p. 682.