POERIO, Carlo
POERIO, Carlo. – Nacque a Napoli il 13 ottobre 1803 da Giuseppe, appartenente a una nobile famiglia calabrese (era barone di Belcastro), e da Carolina Sossisergio, figlia di un magistrato di Terra d’Otranto (Lecce).
Nella formazione sia di Carlo che del primogenito Alessandro e della sorella Carlotta fu determinante questa «famiglia di patrioti» (Croce, 1919): il padre, brillante giurista e avvocato, attivo nella Repubblica del 1799, subì la successiva persecuzione, ma durante il Decennio francese (1806-1815) ricoprì importanti cariche pubbliche; la madre rappresentò una costante presenza affettiva, tipica del ‘canone’ risorgimentale.
L’esilio della famiglia dal 1815 al 1818, col ritorno dei Borboni a Napoli, consentì a Carlo di studiare a Firenze le matematiche e le scienze, le discipline letterarie e giuridiche. Ricevuta la grazia dal re, Giuseppe tornò a Napoli nel 1819; il coinvolgimento nella rivoluzione del 1820-21 comportò, nella fase della repressione, un nuovo arresto e un secondo esilio, prima a Graz, poi a Trieste dal dicembre 1822 e, infine, dopo il Congresso di Verona del 1823, a Firenze, dove Carlo Poerio frequentò i più importanti letterati e uomini politici del tempo. Tornò con la madre e la sorella, nel giugno 1828, a Catanzaro per regolarizzare l’amministrazione dei beni calabresi, e nel 1829 a Napoli, dove esercitò l’avvocatura, mentre il padre e il fratello rientrarono rispettivamente nel 1833 e nel 1835.
In casa Poerio, come nei salotti e negli studi professionali, si aggregava un mondo intellettuale intergenerazionale di coloro che avevano partecipato all’esperienza del 1799 e di più giovani esponenti del moderatismo. Qualificato entourage, che comprendeva Paolo Emilio Imbriani (marito di Carlotta nel 1838), Giovanni Manna, Giuseppe Pisanelli, Bertrando e Silvio Spaventa, Luigi Settembrini e altri; in esso Poerio divenne punto di riferimento grazie alla sua conoscenza del diritto internazionale e della storia del diritto costituzionale, dei trattati e delle pratiche parlamentari.
Consacratosi alla ‘cospirazione’, Poerio non agì contro il potere costituito, ma cercò di modificarlo senza uscire dalla legalità, in vista della creazione di una monarchia costituzionale. Le sue posizioni liberal-moderate e i contatti con esponenti del mondo democratico lo resero sospetto al punto da essere più volte arrestato per brevi periodi: il 7 novembre 1837 in occasione dei moti di Catania, Siracusa, Cosenza, Penne e Potenza; il 16 marzo 1844 per l’insurrezione dei fratelli Emilio e Attilio Bandiera e per i moti in Sila e nel Cilento, da lui condannati; nel settembre 1847 per i moti di Reggio e di Messina. All’inizio del 1848 scrisse una petizione a Ferdinando II per chiedere la costituzione, concessa il 29 gennaio di quello stesso anno. Il 4 febbraio fu nominato direttore generale della polizia, incarico da cui si dimise il 5 marzo, come rapidamente si dimise poco dopo da ministro della Pubblica Istruzione nel secondo governo presieduto da Nicola Maresca di Serracapriola. Con il successivo governo diretto da Carlo Troya, il 7 maggio fu eletto nuovamente deputato al Parlamento costituzionale.
Durante la prima guerra d’indipendenza aderì, pur con qualche riserva, al programma confederale giobertiano, ma percepì le contraddizioni di un evento bellico dominato dalla politica piemontese, minato all’interno dall’insorgenza separatista siciliana e dalla crisi del mondo liberale. Nella giornata del 15 maggio 1848 a Napoli assistette alla rivolta e alla sua repressione nel sangue in seguito al sorgere delle barricate, che condannò in quanto espressione degli eccessi del popolo. Allorché Ferdinando II sciolse il Parlamento, nominò un governo più moderato, proclamò lo stato d’assedio, adottò misure restrittive e indisse nuove elezioni, Poerio si dimise ma ancora per qualche tempo conservò fiducia nella possibilità di un regime liberale con il re borbonico. Rieletto deputato il 1° luglio, svolse un’opposizione costituzionale; si allontanò dalla monarchia dopo che il re, il 12 marzo 1849, abolì la costituzione e sciolse definitivamente le Camere.
Accusato di appartenere alla setta Unità italiana, fu arrestato il 19 luglio 1849; durante il dibattimento, svoltosi dal 1° giugno 1850 al 31 gennaio 1851, rigettò l’accusa sia di appartenenza alla setta che di cospirazione. Condannato a ventiquattro anni di ferri, ne trascorse otto nei bagni penali di Nisida, Ischia, Napoli, Montefusco e Montesarchio, con conseguente debilitazione fisica e mentale. La notizia del processo lo pose al centro dell’attenzione dell’Europa liberale, con una fama rafforzata dal rifiuto di chiedere la grazia al re anche quando, nel 1852, la madre stava per morire. La sua sofferta esperienza trovò una testimonianza intergenerazionale nelle memorie carcerarie dei compagni di prigionia, Sigismondo di Castromediano, Silvio Spaventa, Luigi Settembrini, Nicola Nisco, Nicola Schiavoni, Nicola Palermo, Antonio Garcea e Cesare Braico. Il ministro degli Esteri inglese lord Palmerston e l’esule politico Antonio Panizzi spinsero William Ewart Gladstone a visitare Napoli, per constatare le condizioni del Regno. Questi assistette al processo e nella notte fra il 22 e il 23 febbraio 1851 incontrò Poerio nel bagno di Nisida: nelle Two letters to the earl of Aberdeen on the state prosecution of the Neapolitan government (Londra 1851) descrisse le infelici condizioni del recluso e definì Napoli come «la negazione di Dio eretta a sistema governativo» (Il signor Gladstone e il governo napolitano. Raccolta di scritti intorno alla questione napolitana, a cura di G. Massari, Torino 1851, p. 24).
La stampa reazionaria europea considerò calunnie le sue asserzioni e la successiva storiografia filoborbonica ha posto l’episodio nell’ambito della tesi del complotto internazionale contro la dinastia, mettendo anche in dubbio l’effettuazione della visita.
Il 27 dicembre 1858 il governo napoletano decise di graziare novantuno detenuti politici, fra cui Poerio, e di deportarli negli Stati Uniti d’America. Imbarcati il 17 gennaio 1859, giunsero a Cadice il 26 dello stesso mese; grazie al colpo di mano del figlio di Luigi Settembrini, Raffaele, assunto come cameriere dal comandante del battello americano che doveva condurli a New York, essi sbarcarono invece il 6 marzo a Queenstown, in Irlanda. A Dublino e poi a Londra furono oggetto di grandi festeggiamenti e beneficiari di sottoscrizioni in denaro.
Nel 1859, mentre iniziava la seconda guerra d’indipendenza, Poerio si recò a Torino, dove divenne punto di riferimento degli emigrati meridionali. Dopo i plebisciti di Toscana, Emilia e Romagna favorevoli all’annessione al Piemonte, il 25 marzo 1860 venne eletto, ad Arezzo e Livorno, deputato del Parlamento subalpino. Di fronte all’impresa dei Mille, iniziata il 5 e 6 maggio da Giuseppe Garibaldi, ritenne la soluzione cavouriana, con Vittorio Emanuele II re d’Italia, l’unica possibile. Denunciò il carattere strumentale della ‘conversione’ liberale di Francesco II avvenuta il 25 giugno con la concessione della costituzione. Testimone della frattura fra gli emigrati moderati meridionali e il mondo napoletano, partì per Napoli solo verso la metà di ottobre 1860, per partecipare al plebiscito di unificazione svoltosi il 21 di quello stesso mese. Dopo l’unione del Mezzogiorno con il Regno di Sardegna, fu invitato da Luigi Carlo Farini a far parte del Consiglio di luogotenenza, ma rifiutò per motivi di salute; il principe di Carignano e Costantino Nigra lo incaricarono, il 14 gennaio 1861, di formare il nuovo governo luogotenenziale, ma non volle assumere in esso dirette responsabilità. Rimase a Napoli, dove ormai si sentiva a disagio e quasi estraneo all’ambiente, proprio fino al gennaio 1861.
Vincitore alle elezioni nel collegio di Arezzo, ma anche nel III collegio di Napoli per cui optò il 16 marzo 1861, fu vicepresidente della Camera dei deputati, ma non volle far parte del governo; divenne perciò oggetto di attacchi e gli fu rimproverato di non difendere gli interessi della sua città. Non reagì alle campagne denigratorie contro la ‘consorteria’, dipinta come un insieme di ex emigrati proni alle decisioni piemontesi, di cui fu considerato il capo. Il suo limitato impegno nella vita parlamentare evidenziava i limiti dello schieramento liberale moderato che, onesto ma politicamente inefficace, sembrò tornare alla sua disposizione originaria, mantenendosi «ora superiore, ma astrattamente superiore al paese nel quale gli toccava operare, ora estraneo e ignaro dei problemi reali di questo» (Croce, 1919, p. 40).
Soppressa la Luogotenenza il 7 aprile 1861, Poerio continuò a evidenziare la difficile fase politica, ribadendo tuttavia il suo ideale unitario. Tornato a Napoli per pochi giorni nell’estate del 1865, in vista delle elezioni, fu oggetto di attacchi da parte del Partito d’azione e di alcune autorità governative. Sconfitti quindi i moderati filounitari, accusati di ‘piemontesismo’, Poerio fu rieletto dal II collegio di Napoli in occasione di un voto suppletivo nel gennaio 1866 e poi confermato nel marzo 1867.
Morì a Firenze il 28 aprile 1867, nell’abitazione di Ferdinando Lopez Fonseca, patriota lucano.
Non si sposò. La famiglia si estinse e il cognome Poerio fu aggiunto a quello degli Imbriani da Matteo Renato nel 1879.
Opere. Gli scritti riguardano soprattutto l’attività professionale di avvocato e quella politica, oppure l’ambito familiare (Vita di Giuseppe Poerio scritta dal figliuolo Carlo, Napoli 1843, testo scritto alla morte del padre, anche in Commemorazioni di giureconsulti napoletani, Napoli 1882, pp. 91-123). Rimangono quindi memorie (Mille Ottocento Quarantotto, prefazione di S. Castromediano, con uno scritto di A. Laporta, Galatina 2014), testi legali scritti da solo o con altri e la difesa dall’accusa di appartenere alla setta Unità italiana (riprodotta in I Poerio, una famiglia insigne, a cura di L. Minieri, Napoli 2002, pp. 231-283, 285-294).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Archivio Poerio-Pironti; Napoli, Biblioteca nazionale, Fondo Imbriani-Poerio; Carte Ranieri; Società napoletana di storia patria, Fondo manoscritti, ad indicem. Lettere, documenti, fotografie, incisioni sono conservati presso l’Istituto italiano per gli studi storici Benedetto Croce di Napoli, la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano di Roma (http://www.risorgimento.it/php/ page_gen.php? id_sezione=3&id_menu_sx=16, ad vocem; 2 agosto 2015), l’Archivio di Stato di Biella, Carte Alfonso Ferrero della Marmora, il British Museum di Londra, la British Library di Londra, The Gladstone papers, l’Indiana University, The Illy Library, tra i manoscritti di Mary Ann Rawsons, attivista abolizionista inglese. Ricchissima è la corrispondenza con parenti, amici, colleghi, intellettuali e uomini politici, come Sigismondo di Castromediano, Antonio Ranieri, Michele Pironti, Silvio Spaventa, Gladstone, Giorgio e Paolo Emilio Imbriani, Settembrini, Panizzi; si vedano: I fratelli Poerio. Liriche e lettere inedite di Alessandro e C. P. pubblicate per la prima volta con un proemio e note da Achille Ugo Del Giudice, Torino 1899, pp. 17-29; Voci di esuli politici meridionali. Lettere e documenti dal 1849 al 1861 con appendici varie, a cura di N. Coppola, Roma 1965.
Necrologio: V. Salvatore, C. P., in L’Emporio pittoresco, 26 maggio-1° giugno 1867. La commemorazione funebre del 29 aprile 1867 presso la Camera dei deputati è in C. Palermo - A. Poerio Riverso, C. P. ‘illustre cittadino di Marano’, Napoli 2014, pp. 49-60; il Municipio di Napoli pubblicò C. P., Napoli 1867; discorsi funebri tennero Antonio Scialoja, Michele Pironti, Giuseppe De Simone, l’avvocato Guglielmo Capitelli, Saverio Baldacchini, Settembrini, Raffaele De Cesare, Giuseppe Massari, con canti, carmi, omaggi, discorsi, conferenze, in molte località, riscontrabili anche nei decenni successivi, in occasione dell’inaugurazione di monumenti, di ricorrenze e anniversari.
Molto vasta è la bibliografia, parzialmente indicata da Anna Poerio, C. P.: una vita per l’Unità d’Italia, Roma 2012, pp. 327-331; l’autrice è promotrice dell’Associazione culturale Alessandro Poerio (http://www.poerioweb.it/; 2 agosto 2015), che organizza un premio annuale, convegni e mostre. Basilare per la biografia di Poerio rimane B. Croce, Una famiglia di patrioti ed altri saggi storici e critici, Bari 1919, pp. 21-41, nuova ed. a cura di G. Galasso, Milano 2010. Poerio è citato in quasi tutti i testi che si occupano del Regno di Napoli nell’Ottocento, nonché del movimento liberale soprattutto meridionale: N. Cortese, Luigi Blanch e il partito moderato napoletano, in Archivio storico per le province meridionali, 1922, vol. 47, pp. 254-312; A. Saladino, C. P. e il liberalismo moderato meridionale, in Atti del XXXVII Congresso di storia del Risorgimento italiano..., Bari… 1958, Roma 1961, pp. 230-250. Per il rapporto con il mondo democratico: G. Berti, I democratici e l’iniziativa meridionale nel Risorgimento, Milano 1962, ad indicem. Sulle lettere di Gladstone: E. Bacchin, Italofilia. Opinione pubblica britannica e Risorgimento italiano 1847-1864, Torino 2014, pp. 66, 140, 156, 160-162, 168, 214. Sulla fase luogotenenziale e postunitaria: A. Scirocco, Governo e paese nel Mezzogiorno nella crisi dell’unificazione (1860-61), Napoli 1961, ad indicem. Per una contestualizzazione familiare: R. De Lorenzo, Borbonia felix. Il Regno delle due Sicilie alla vigilia del crollo, Roma 2013, pp. 85-101. Sull’attività parlamentare: Camera dei deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/carlo-poerio-18031013/organi#nav (2 agosto 2015).