PORRO, Carlo
PORRO, Carlo. – Nacque a Milano il 3 ottobre 1854, primogenito dei due figli del conte Alessandro, già membro del governo provvisorio milanese nel 1848 e senatore del Regno d’Italia dal 1860, e di Angela Piola Daverio.
La famiglia apparteneva all’antico patriziato lombardo (suoi avi avevano rivestito, a partire dal XIV secolo, incarichi podestarili a Cremona e Milano), ma all’inizio del XVIII secolo era entrata a far parte anche dell’aristocrazia del Regno di Sardegna, avendo ricevuto il feudo di S. Maria della Bicocca.
Nel 1862 il padre sposò in seconde nozze Teresa Calderari, dalla quale ebbe i figli Luigi e Cesare.
Ammesso il 1° novembre 1872 come allievo ufficiale alla Scuola militare di fanteria e cavalleria di Modena, l’anno successivo Carlo Porro si trasferì nella più prestigiosa (e socialmente selettiva) Accademia militare di Torino, dove venivano formati gli ufficiali delle armi di genio e artiglieria. Nel 1875 uscì con il grado di sottotenente di artiglieria e fu assegnato per il servizio di prima nomina al 14° reggimento di artiglieria. A differenza della maggior parte dei parigrado dell’epoca, che soffrivano di avanzamenti molto lenti e di lunghe permanenze nel medesimo reparto, la sua carriera fu rapida e costantemente intervallata da incarichi di insegnamento presso gli istituti di formazione militari. Nel 1881, tenente con appena tre anni di anzianità, fu comandato all’Accademia militare di Torino come docente di geografia. Promosso capitano nel 1883, nel 1885 fu ammesso alla Scuola di guerra, l’istituto che selezionava gli ufficiali destinati all’élite del corpo di stato maggiore.
Nel novembre 1886 sposò la cugina, omonima della madre, Angela Piola Daverio (1866-1912), con la quale ebbe cinque figlie (Teresa, Gabriella, Alessandra, Maria Angela e Maria Luigia).
Nel 1887 Porro fu trasferito allo stato maggiore della divisione di Milano e poi al III corpo d’armata. Maggiore nel 1890, nel 1893 fu trasferito al corpo di stato maggiore e fu nominato professore alla Scuola di guerra.
Con l’assunzione di questo incarico, Porro si iscriveva nella ristretta, ma importante cerchia degli ufficiali-studiosi, come Carlo Corsi (1826-1905), che della Scuola di guerra era stato tra i fondatori (con l’intento di imitare il modello della Kriegsschule prussiana), oltre che professore e direttore, o come Nicola Marselli (1832-1899), studioso dell’hegelismo e influente opinionista. Benché questo tipo di attività non avesse ricadute in termini di carriera (Marselli ebbe più successo come politico), diversi fra gli esponenti più in vista delle gerarchie militari si dedicarono con maggiore o minore successo alla pubblicistica, anche se i temi prediletti erano spesso di natura tecnica e destinati a non uscire dalla circolazione ristretta dei circoli ufficiali e delle biblioteche militari.
Periodici come la Rivista militare italiana, il più letto e influente dei giornali destinati al pubblico in uniforme, rappresentarono per tutta l’età liberale e fino alla Grande Guerra un luogo ideale di aggiornamento, scambio di opinioni e molto spesso di polemica tra gli ufficiali-scrittori. Lo stesso Luigi Cadorna apparteneva a questa piccola cerchia. Il saggio Istruzione tattica, apparso in prima edizione a Napoli nel 1898 e che sarebbe poi divenuto famigerato durante il primo conflitto mondiale come Libretta rossa, in cui il futuro capo di stato maggiore dell’esercito sosteneva la superiorità dell’assalto frontale come atto risolutivo del combattimento, era stato originariamente pubblicato sulla Rivista militare nel 1888. Uno dei campi in cui molti ufficiali, in special modo gli appartenenti al corpo di stato maggiore, si misurarono fu quello della compilazione di saggi di geografia militare dedicati ai territori di frontiera, ritenuti probabili futuri teatri di operazione.
Fu proprio in questo ambito che Porro operò con discreto successo, finendo per essere considerato uno dei principali esponenti degli studi geografici nazionali.
La prima delle sue monografie, la Guida allo studio della geografia militare. Compendio delle lezioni esposte agli ufficiali allievi della Scuola di Guerra (Torino 1898), nata come sinossi per i suoi corsi, divenne ben presto un manuale di riferimento per la formazione degli ufficiali superiori e dei futuri responsabili degli uffici deputati allo studio e alla pianificazione dei piani di guerra presso lo stato maggiore generale. Pochi anni più tardi pubblicò un volume dal titolo Terminologia geografica. Raccolta di vocaboli di geografia e scienze affini per uso degli studi di geografia generale e militare (Torino 1902). Negli anni successivi, Porro si dedicò alla glaciologia, una specialità che aveva ottenuto un certo successo nel corso della guerra per le innumerevoli applicazioni cui si prestava per la pianificazione delle operazioni in ambiente alpino (geologi e glaciologi vennero coinvolti nella progettazione delle cittadelle fra i ghiacciai che ospitavano le truppe). Nel 1925 diede alle stampe a Parma l’Elenco dei ghiacciai italiani. Monografia redatta secondo il programma e sotto gli auspici del Comitato glaciologico italiano, l’ultima delle sue opere a coronamento di una notevole carriera parallela come studioso, legittimata dall’attribuzione della vicepresidenza della Società geografica italiana nel 1915.
Nel giugno 1899 Porro fu promosso colonnello. Dovendo assolvere il periodo di servizio in reparto previsto, assunse il comando del 61° reggimento di fanteria, che guidò per pochi mesi, rientrando nel gennaio successivo negli organici dello stato maggiore. Nel luglio 1905, promosso maggiore generale, assunse il comando della brigata Casale (11° e 12° reggimento fanteria) con sede a Forlì, altro incarico di comando operativo che Porro esercitò per poco. Nel dicembre 1905, accettò infatti la proposta di assumere il ruolo di sottosegretario di Stato alla guerra nel secondo governo guidato da Alessandro Fortis, collaborando con il ministro generale Luigi Majnoni d’Intignano.
Nella prassi dell’Italia liberale prebellica, il dicastero della Guerra era sempre affidato a un ‘tecnico’ proveniente dai ranghi dell’esercito. Era un modo sia per tutelare l’autonomia delle forze armate dalle ingerenze del governo civile, sia per riaffermare le prerogative del monarca, di cui l’esercito si riteneva espressione devota, sulle questioni militari e internazionali. Benché questa prima esperienza politica fosse per Porro di breve durata (il gabinetto Fortis, un esecutivo ‘di intermezzo’ secondo una pratica tipica degli anni dell’egemonia giolittiana, cadde nel febbraio del 1906), la cooptazione di un ufficiale ancora relativamente giovane e non ancora giunto ai gradi apicali in un ruolo governativo, pur non essendo del tutto inconsueta, segnava l’appartenenza di Porro all’élite della società militare.
Pochi mesi dopo, nel luglio 1906, divenne comandante della Scuola di guerra, incarico che avrebbe tenuto fino all’estate 1911 quando, promosso tenente generale, assunse il comando della divisione territoriale di Verona e poi, nel 1913, di quella di Milano. Nell’estate del 1914 gli venne attribuito il comando del VI corpo d’armata e fu designato come comandante d’armata in caso di guerra. All’inizio del 1914, Porro era dunque uno degli esponenti più in vista dell’esercito italiano. In marzo, quando fu costituito il primo gabinetto Salandra, gli venne offerto l’incarico di ministro della Guerra. Porro subordinò l’accettazione dell’incarico al varo di un vasto e oneroso programma urgente di riarmo e rifinanziamento: un credito speciale di seicento milioni di lire in quattro anni (la stessa cifra che avrebbe chiesto pochi mesi dopo il nuovo capo di stato maggiore, Luigi Cadorna) per ammodernare le forze armate che riteneva (come molti altri colleghi) impreparate ad affrontare un conflitto moderno e generalizzato. Lo stanziamento fu rifiutato e Porro declinò l’incarico, che venne assunto dal generale Domenico Grandi.
Il 1° aprile 1915, Porro fu nominato sottocapo di stato maggiore a fianco di Cadorna. Pur detenendo la seconda carica dell’esercito, Porro non riuscì mai a rivestire un ruolo operativo nella gestione del conflitto. Il comando supremo, installatosi a Udine all’atto della dichiarazione di guerra, era, nell’impostazione datagli da Cadorna, poco più che una segreteria del capo di stato maggiore, accentratore per carattere e alieno dal lavoro di squadra. Porro funse da esecutore delle disposizioni impartite dal capo attraverso il nucleo ristretto dei pochi collaboratori fedelissimi della segreteria. Tra i compiti assegnatigli, Porro svolse con particolare successo soprattutto quelli relativi agli affari civili: fu lui a curare i rapporti con gli esponenti del Parlamento e del governo e a garantire l’attenzione del comando supremo nelle delicate operazioni di tutela dei beni culturali messi a rischio dallo svolgimento delle ostilità. Sul versante particolare delle relazioni con il governo civile, Porro rappresentò l’affabile alter ego di Cadorna, del quale erano note le rigide chiusure verso tutto ciò che riteneva un’indebita intromissione della politica nella conduzione del conflitto. Le sue maggiori doti diplomatiche gli valsero l’ingrato compito di rappresentare l’Italia alla conferenza di Rapallo del 6 e 7 novembre 1917, convocata dagli Alleati per decidere la strategia in Italia all’indomani della disfatta di Caporetto. In quell’occasione, Porro appoggiò la scelta di individuare sul Piave l’estrema linea di resistenza. Tuttavia, quando Cadorna venne formalmente rimosso dal comando supremo, l’8 novembre 1917, Porro ne seguì la sorte: su di lui gravava, infatti, l’accusa di essere un’ombra del ‘generalissimo’, di non essersi mai opposto in alcun modo al governo dispotico e all’imposizione di una rigidissima disciplina rivelatasi per lo più controproducente e di aver condiviso pubblicamente la convinzione che la guerra avrebbe potuto essere vinta soltanto attraverso le scelte dottrinarie (rivelatesi fallimentari) cadorniane.
Di certo, Porro rappresentava molto bene quel vasto segmento di ufficiali di carriera italiani che erano entrati nel conflitto con molto ottimismo e senza un’adeguata comprensione della realtà: celebre sarebbe rimasta la sua convinzione, confidata a Leonida Bissolati nel maggio 1915, che gli italiani avrebbero potuto essere «a Vienna per Natale» (M. Thompson, La guerra bianca. Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919, Milano 2009, p. 17).
Nel dopoguerra, Porro non rientrò più nei ruoli attivi dell’esercito, sia per limiti d’età sia come conseguenza dell’ostracismo dato ai vecchi collaboratori di Cadorna. Partecipò saltuariamente alla vita politica come senatore (carica che rivestiva dal maggio 1916) e membro di alcune commissioni minori; si dedicò soprattutto agli studi geografici. Venne promosso a generale d’armata nel 1923, e ricevette la nomina onorifica di ministro di Stato nel 1932.
Morì a Roma il 19 aprile 1939.
Opere. Oltre a quelle citate si segnalano: Note sulla sistemazione scientifica dello studio della geografia militare, Roma 1896; La revisione toponomastica della carta d’Italia, Firenze 1914; Il problema della difesa dello Stato alle riunioni degli scienziati italiani, Pavia 1929.
Fonti e Bibl.: L’archivio della famiglia Porro, contenente carte concernenti Carlo Porro (bb. 28-31), è conservato presso gli eredi a Rovello Porro (Como); inoltre: L. Bietti, Rovello al suo generale (C. P.), Saronno 1925; U. Ojetti, Lettere alla moglie 1915-1919, a cura di F. Ojetti, Firenze 1964, ad ind.; A. Gatti, Caporetto. Diario di guerra (maggio - dicembre 1917), Bologna 2014, ad indicem.
J. Gooch, Esercito, Stato e società in Italia (1870-1915), Milano 1989, ad ind.; Id., The Italian army and the first world war, Cambridge 2014, ad ind.; L. Benadusi, Ufficiale e gentiluomo. Virtù civili e valori militari in Italia, 1896-1918, Milano 2015, ad. ind.; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, ad vocem, http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/P_l2?OpenPage (16 ottobre 2015).