PORTELLI, Carlo
PORTELLI, Carlo. – Nacque agli inizi del Cinquecento, verosimilmente a Loro Ciuffenna (Arezzo), dove la sua famiglia è documentata durante tutto il secolo (Nesi, 2009, p. 185). Il padre si chiamava Galeotto di Piero Portelli, mentre è ignoto il nome della madre. Ebbe almeno un fratello, Piero, che fu notaio, e nel 1533 i due abitavano insieme a Firenze presso l’attuale porta Romana. Ma mentre Piero mantenne e incrementò i possedimenti ereditati dal padre a Loro, Carlo se ne disfece presto per rimanere nel capoluogo.
Come ricorda Vasari (1568, 1906, VI, p. 548), Portelli si formò nella bottega di Ridolfo del Ghirlandaio, ma nel 1535 era già indipendente e in tale data, non nel 1538 come si riteneva, s’immatricolò alla Compagnia di S. Luca (Archivio di Stato di Firenze, Accademia del Disegno, 4, c. 3r). Nel 1545 si iscrisse anche all’Arte dei medici e speziali (Colnaghi, 1928).
Negli anni Trenta Ridolfo ebbe la propria bottega nell’attuale via Ricasoli a Firenze e quando si spostò in piazza Strozzi con l’allievo Michele Tosini nella bottega gli subentrò proprio Portelli, che la tenne in affitto dal 1548 al 1570, anno in cui risulta passata al suo allievo Maso da San Friano (Corti, 1977). In età matura Portelli abitò presso la chiesa di Ognissanti (I fiorentini, 1991) con la moglie Lucia (la Caterina ritenuta sua consorte in Nesi, 2009, p. 186, era invece una comproprietaria) e il loro figlio Alessandro (1553-1618), anch’egli pittore.
Nel 1539 partecipò agli apparati per le nozze di Cosimo de’ Medici con Eleonora di Toledo, dipingendo una perduta tela con Carlo V che incorona Cosimo duca di Firenze per un palcoscenico in palazzo Medici. Il dipinto era stato commissionato a Francesco Salviati, che ne realizzò il disegno oggi a Parigi (Louvre, Département des arts graphiques, inv. 2795) ma partì per Venezia prima di dipingerlo. Portelli tradusse in pittura anche un disegno di Salviati con il Crocifisso e la Maddalena (Vasari, 1568, 1906, VII, p. 29) e l’esempio di questo artista, combinato con lo studio dei primi manieristi fiorentini (soprattutto Andrea del Sarto e Rosso Fiorentino), fu per lui più determinante di quello di Ridolfo.
Altri riferimenti a Salviati si scorgono in opere databili tra gli anni Trenta e i Quaranta, come le versioni della Carità al Prado e già a Londra (collezione Howorth), basate sul quadro salviatesco dello stesso soggetto agli Uffizi e su un disegno all’Albertina di Vienna (inv. 24533). Elementi ridolfiani, combinati con una ricercatezza di ascendenza sartesca, emergono invece nel Crocifisso tra dolenti e donatori del Cenacolo di S. Salvi a Firenze, proveniente dalla chiesa di S. Michele delle Trombe (Hendel Sarsini, 1990, pp. 267-271). Di Andrea del Sarto fu anche copista, eseguendo versioni di alcune delle sue celebri Madonne (Costamagna, 1989, pp. 17-25; Nesi, 2009, pp. 183-185).
La prima opera databile è la Trinità coi ss. Nicola da Tolentino, Pietro martire, Verdiana e Caterina d’Alessandria, dipinta nel 1543 per l’altare della famiglia De’ Rossi in S. Felicita a Firenze (Fiorelli Malesci, 1986; per l’identificazione dei santi: Nesi, 2006). Le sono prossime una Madonna e il Bambino coi ss. Lorenzo e Cecilia in S. Cecilia a Decimo (Firenze) e una Madonna col Bambino e i ss. Margherita e Giovannino nel Princeton University Art Museum. Nella Trinità è stata notata una derivazione da Rosso (Pace, 1973, p. 28), ma l’attenzione di Portelli per questo protagonista della Maniera si fece più accentuata nel decennio successivo, portandolo a caricare le tonalità dei colori e a rendere pose e forme delle figure così libere e fluide da apparire talvolta disarticolate. Il mutamento inizia con l’Annunciazione per l’Arcipretura di Loro Ciuffenna, datata 1555, e con l’Immacolata Concezione (firmata e datata) e l’Adorazione dei pastori eseguite lo stesso anno per la chiesa di S. Maria a Monticelli a Firenze.
Queste ultime due tavole furono commissionate dalla famiglia Nobili (S. Rosselli, Sepoltuario fiorentino, 1657) e quando alla fine del Settecento la chiesa fu distrutta, l’Immacolata giunse nel museo di S. Croce, e l’Adorazione passò all’Accademia di belle arti, che la depositò in S. Michele a San Salvi, dove tuttora si trova. All’Accademia giunse anche un’altra pala di Portelli, con il Padreterno, Cristo, la Vergine e i ss. Donato e Bernardo di Chiaravalle, eseguita nel 1560 per S. Donato in Polverosa a Firenze (Nesi, 2004, pp. 343-347). Nel 1828 essa fu destinata alla propositura di Porto Santo Stefano (Grosseto), dove sembra sia andata perduta durante la seconda guerra mondiale (Hendel Sarsini, 1990, pp. 261-266).
Al 1557 risale il Martirio di s. Romolo, firmato e datato, per la cappella Rutini nella chiesa fiorentina di S. Maria Maddalena de’ Pazzi.
È uno dei lavori più complessi e riusciti di Portelli, preceduto da un bel disegno per la fanciulla in basso a destra (Firenze, Uffizi, Gabinetto disegni e stampe, inv. 6348F). Le accese soluzioni cromatiche rossesche del Martirio caratterizzano anche la Pietà, firmata e datata 1561, per la Misericordia di Loro Ciuffenna, alla quale si avvicina una pala con l’Effusio sanguinis nella chiesa fiorentina dello Spirito Santo alla Costa, il cui disegno preparatorio, conservato nell’Art Institute di Chicago, era attribuito proprio a Rosso (Nesi, 2009, p. 101).
Nel 1565 Portelli partecipò agli apparati per le nozze di Francesco de’ Medici, e l’anno seguente dipinse la grande pala con l’Immacolata Concezione per la chiesa francescana di S. Salvatore in Ognissanti (firmata e datata). Commissionata da Orlando Tapìa, un dignitario spagnolo giunto a Firenze al seguito di Eleonora di Toledo, la tavola mostra una composizione complessa e ricca di citazioni in greco, latino ed ebraico che accompagnano l’Agnus Dei, le sibille e i profeti (Nesi, 2009, pp. 99 s.).
L’inserimento nel dipinto di citazioni ebraiche, stabilite probabilmente da un teologo legato alla corte medicea, sembra aver dato problemi a Portelli, poiché il restauro della pala (2003) ha rivelato che egli scambiò la frase pertinente al profeta David con quella di Salomone. La grafia di queste scritte dovette però affascinarlo, portandolo a firmare il disegno preparatorio per la pala, oggi agli Uffizi (Gabinetto disegni e stampe, inv. 7267F), con il proprio cognome in caratteri greci (πορτελλι). La figura di Eva, nuda e di spalle, fu aspramente criticata (Lora, 2011), e venne dapprima ‘vestita’ con una ridipintura (rimossa nel 2003), finché nel 1671 il dipinto fu tolto dall’altare e dopo vari passaggi giunse nella Galleria dell’Accademia.
Del 1569 è la pala, firmata e datata, con Eraclio che riporta la croce a Gerusalemme della pieve di S. Maria a Olmi di Borgo San Lorenzo (Firenze), forse dipinta per la famiglia fiorentina dei Parenti, che possedeva nella pieve un altare dedicato alla Croce. È un’opera complessa, la cui iconografia non è del tutto chiara, e che mostra una sensibile involuzione qualitativa, soprattutto nei colori spenti e cupi. Un analogo scadimento doveva mostrare il disperso ovale con La famiglia di Dario davanti ad Alessandro, eseguito tra il 1570 e il 1571 per lo studiolo di Francesco de’ Medici in Palazzo Vecchio a Firenze.
Vincenzo Borghini, autore dell’iconografia complessiva dello studiolo, ne imputò la scarsa riuscita alla tarda età di Portelli e il dipinto venne sostituito con uno di Jacopo Coppi con lo stesso soggetto (Frey, 1930, pp. 543, 579). Ne resta il disegno agli Uffizi (Smith, 1988), nel quale l’aspetto ancora elegante delle figure attesta che il rifiuto dipese dall’esecuzione pittorica.
A ulteriore conferma di ciò si può citare l’ultima pala nota di Portelli, con il Cristo predicante tra i ss. Giovanni Battista ed Evangelista, eseguita nel 1571 per la Compagnia di S. Giovanni Evangelista a Colle di Buggiano, in provincia di Pistoia (Pellegrini, 1999), dominata da tonalità ancor più scure della tavola di Olmi.
La documentazione, conservata nella Sezione di Archivio di Stato di Pescia e in parte inedita, permette stavolta di stabilire che l’inconsueta iconografia fu decisa da un predicatore domenicano, mentre il contatto dei committenti con l’artista avvenne tramite un misterioso «cavaliere» fiorentino. Emerge inoltre che Portelli si recò a Colle per sistemare il dipinto nella cappella della Confraternita entro la pieve, dove ancora si trova, e trattenutosi alcuni giorni decorò anche la cornice o l’interno della cappella. Nei documenti colligiani Portelli viene sempre nominato con ammirazione e rispetto, e il prestigio che conquistò in zona fu certo determinante per la successiva committenza al figlio Alessandro di alcune decorazioni nella Compagnia di S. Sebastiano a Montecatini Alto (A. Nesi, Bartolomeo Marinari, un pittore sconosciuto del secondo Cinquecento fiorentino, in Paragone. Arte, LVII (2006), 677, p. 83).
A Portelli la critica ha riferito numerosi ritratti, tra i quali appaiono sicuramente autografi quello celebrativo di Giovanni dalle Bande Nere nel Minneapolis Institute of arts (1555 ca.), quello coevo di Giovane uomo conservato presso l’abbazia di Chaalis, un Ritratto d’uomo nella Gemäldegalerie di Wiesbaden, e una Dama con abito verde nel Rijksmuseum di Amsterdam (1543 ca.).
Morì a Firenze il 15 ottobre 1574 e fu sepolto nella chiesa di S. Pancrazio.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Manoscritti, 624-625: S. Rosselli, Sepoltuario fiorentino (1657), I, p. 456; G. Vasari, Le Vite (1568), a cura di G. Milanesi, Firenze 1906, VI, pp. 547 s.; VII, pp. 17, 29; VIII, p. 618; R. Borghini, Il Riposo, Firenze 1584, pp. 202, 539.
D.E. Colnaghi, A dictionary of Florentine painters, London 1928, p. 222; K. Frey, Der literarische Nachlass Giorgio Vasaris, II, München 1930, pp. 543, 579; W. Paatz - E. Paatz, Die Kirchen von Florenz: ein kunstgeschichtliches Handbuch, I, Frankfurt am Main 1940, p. 585; II, Frankfurt am Main 1941, pp. 20, 70, 74; III, Frankfurt am Main 1952, pp. 35, 633; IV, Frankfurt am Main 1952, pp. 97, 338, 432, 437, 450; P. Barocchi, Proposte per C. P., in Festschrift Ulrich Middeldorf, I, Berlin 1968, pp. 283-289; V. Pace, C. P., in Bollettino d’arte, s. 5, LVIII (1973), pp. 27-33; G. Corti, Notizie inedite sui pittori fiorentini C. P., Maso da San Friano, Tiberio Titi, Francesco Furini, Fabrizio e Francesco Boschi, Giovanni Rosi, in Paragone. Arte, XXVIII (1977), 331, p. 55; E.P. Pillsbury, A Medici portrait by C. P., in History of art, history of music. Essays presented to Myron P. Gilmore, II, Firenze 1978, pp. 289-300; F. Fiorelli Malesci, La chiesa di Santa Felicita a Firenze, Firenze 1986, pp. 194-196; A. Giovannetti, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, p. 812; G. Smith, in Id. - A. Petrioli Tofani, Sixteenth-Century Tuscan drawings from the Uffizi (catal., Detroit 1988-89), New York-Oxford 1988, pp. 102 s.; P. Costamagna, La formation de C. P.: précisions et adjonctions au catalogue, in Annali della Fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi, II (1989), pp. 17-25; B. Santi, La predella della ‘Lamentazione’ di Luco di Mugello. Una proposta per C. P., in Antichità viva, XXVIII (1989), 2-3, pp. 8-14; L. Hendel Sarsini, Intorno a due tavole di C. P., in Rivista d’arte, s. 4, VI (1990), pp. 261-271; I fiorentini del 1562, a cura di S. Meloni Trkulja, Firenze 1991, p. 65; E. Pellegrini, C. P. da Loro: un dipinto e qualche ipotesi, in Commentari d’arte, V (1999), 14, pp. 33-36; Gli Accademici del Disegno. Elenco alfabetico, a cura di L. Zangheri, Firenze 2000, p. 263; P. Carofano, A sixteenth-century Tuscan painter at mid-century: more on the late work of C. P., in Apollo, CLIII (2001), 468, pp. 21-27; A. Nesi, Precisazioni su C. P. e Maso da San Friano, in Arte cristiana, XCII (2004), 824, pp. 343-347; Id., in San Nicola da Tolentino nell’arte. Corpus iconografico, II, Dal Concilio di Trento alla fine del Seicento, a cura di R. Tollo, Firenze 2006, pp. 227 s.; Id., Per C. P., in Arte cristiana, XCVII (2009), 851, pp. 99-106, 852, pp. 181-188; M. Lora, «Una gran feminaccia ignuda che mostra tutte le parti di dietro»: la figure d’Ève dans une ‘Immaculée Conception’ de C. P., in Nudité sacrée. Le nu dans l’art religieux de la Renaissance entre érotisme, dévotion et censure. Atti del colloquio… 2008, Parigi 2011, pp. 165-179; N. Lepri, Bartolomeo Traballesi, Santi di Tito, C. P. e le influenze pittoriche di una sacra rappresentazione (1566), in Arte cristiana, CII (2014), 881, pp. 141-152; A. Nesi, Andrea del Minga (1535-1596), un pittore dello Studiolo tra ‘calunnia’ e… Fortuna, Firenze 2014, pp. 29, 33, 46 s., 59.