PUINI, Carlo
PUINI, Carlo. – Nacque a Livorno il 29 maggio 1839 da Giuseppe e da Maria Antonia Pajer.
Autore particolarmente prolifico, Puini appartenne appieno a quella generazione di orientalisti in possesso di buone competenze filologiche relative alle lingue di specializzazione ma del tutto privi di esperienza diretta delle regioni in cui quelle lingue erano state utilizzate; condizione, questa, che non venne affatto avvertita come una limitazione visto che, intervistato da Ugo Ojetti negli anni Venti del Novecento, Puini dichiarò di non nutrire alcun interesse nel visitare la Cina contemporanea, dato che la sua lingua e la sua cultura si potevano studiare attraverso i libri e che, per di più, essa possedeva pochi monumenti, «ben fotografati e bene illustrati», così da poter essere studiati comodamente a casa propria (v. Ojetti, 1924, 1928, p. 11).
Considerato figura di spicco della sinologia italiana tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, benché sia stato definito in più occasioni (per esempio, nel Journal of the Royal Asiatic Society, 1914, p. 225) come un profondo conoscitore del cinese, giapponese, mongolo e tibetano, è difficile tuttavia accertare l’effettivo grado di conoscenza di queste lingue posseduto da Puini. Per certo sappiamo che compì i suoi studi sinologici con Antelmo Severini, a sua volta formatosi a Parigi con Stanislas Julien.
Professore di cinese e giapponese all’Università di Firenze, dopo il 1870 Severini fu costretto a lasciare l’incarico a causa di una grave malattia mentale e la cattedra venne assunta da Puini che dal 1867, anno della sua fondazione, era divenuto segretario della Società geografica italiana. Dal 1878 al 1921 tenne quindi la cattedra di storia dell’Asia orientale all’Istituto di studi superiori a Firenze.
Agli anni Settanta dell’Ottocento risalgono le Novelle cinesi (Piacenza 1872), una traduzione di racconti tratti da una raccolta popolare: praticamente l’unica opera di letteratura cinese pubblicata da Puini. Il resto della sua produzione scientifica è incentrato, infatti, sulle filosofie e religioni della Cina e del Giappone. A questi anni risalgono I sette genii della felicità, notizie sopra una parte del culto dei Giapponesi (Firenze 1872); Il Buddha, Confucio e Laotse: notizie e studi intorno alle religioni dell’Asia orientale (Firenze 1878); Taoismo (Lanciano s.d.), opere nelle quali Puini si impegnò a dimostrare che in fondo anche il taoismo deve essere inteso come una religione non autoctona, dato che presenta molte affinità con il buddismo e che solo il confucianesimo può considerarsi autenticamente cinese.
Il biennio1877-78 fu particolarmente prolifico, probabilmente anche in relazione all’assunzione dell’incarico di storia dell’Asia orientale presso il R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. A quegli anni risalgono infatti una Enciclopedia sino-giapponese (Firenze 1877: traduzione delle sole sezioni concernenti il buddismo, espunte dal Sancai Tuhui) e gli Elementi della grammatica mongolica (Firenze 1878), manuale a uso dell’Accademia orientale del R. Istituto, sostanzialmente una traduzione della Grammatik der Mongolischen Sprache di Isaac Jakob Schmidt, pubblicata a San Pietroburgo nel 1831.
Di qualche anno anteriore è invece l’importante scoperta del Ragguaglio, il manoscritto della relazione del viaggio compiuto agli inizi del XVIII secolo dal gesuita Ippolito Desideri (v. la voce in questo Dizionario, XXXIX, 1991; E.G. Bargiacchi, La “Relazione” di Ippolito Desideri fra storia locale e vicende internazionali, in Storia locale. Quaderni pistoiesi di cultura moderna e contemporanea, I (2003), 2, pp. 19-36, 41-50), attraverso la Persia, il Kashmir, l’impero Moghul e il Tibet, dove il missionario soggiornò per sei anni. Il manoscritto era in possesso del noto bibliofilo pistoiese Filippo Rossi-Cassigoli, che però si oppose alla pubblicazione da parte di Puini, forse nella speranza di ricavarne maggiori proventi cedendolo alla Hakluyt Society affinché venisse pubblicato in inglese. Il progetto di Rossi-Cassigoli non venne tuttavia messo in atto a causa della sua prematura scomparsa. A Puini fu finalmente possibile, nel 1901, pubblicare parte del manoscritto, grazie ai buoni auspici della Società geografica italiana.
Si tratta della sezione concernente il Tibet: la più significativa di tutta l’opera, soprattutto perché Desideri, avendo appreso il tibetano durante gli anni di residenza in quella regione, offrì una descrizione pressoché inedita del sincretismo religioso ivi prevalente, cioè una commistione di buddismo, lamaismo e culti animistici locali.
Negli anni Ottanta e Novanta videro invece la luce opere che solo apparentemente testimoniano, in Puini, il prevalere di interessi di carattere storico.
In effetti, Le origini della civiltà secondo la tradizione e la storia dell’Estremo Oriente. Contributo allo studio dei tempi primitivi del genere umano (Firenze 1891) o i Saggi di storia della religione (Firenze 1882) dimostrano come egli non abbia mai abbandonato la propria vocazione filologica e non possa quindi prescindere dall’esegesi testuale e dalla traduzione delle fonti antiche. In particolare i Saggi di storia della religione rivestono un’importanza del tutto speciale in quanto costituiscono la trascrizione delle lezioni tenute al R. Istituto negli anni 1880-81. Per Puini la storia è sostanzialmente storia religiosa e le pagine della Prefazione all’edizione a stampa del corso di lezioni sono volte appunto a esporre le ragioni di tale scelta. Evidente è il debito maturato da Puini nei confronti dei sinologhi francesi: Joseph de Guignes, Joseph Henry de Prémare e Jean-Pierre-Abel Rémusat, solo per fare i nomi che più frequentemente ricorrono nelle note di molte fra le sue opere.
Puini fu collezionista d’arte asiatica anche se non si occupò mai di cultura visiva nei suoi scritti. A differenza del contemporaneo Edoardo Chiossone, celebre incisore e fine conoscitore d’arte, che costruì la sua raccolta acquistando le opere direttamente in Giappone, Puini si rifornì prevalentemente presso il mercato antiquario locale. Parte della sua collezione, comprendente anche libri cinesi e giapponesi in legature tradizionali, venne acquistata dal museo del Castello Sforzesco di Milano. Una sommaria descrizione della collezione di oggetti d’arte, comprendente statue, porcellane, bronzi, posseduta da Puini, è offerta da Ojetti nel III tomo delle Cose viste.
Nonostante il carattere convenzionale e accademico della sua produzione, fu tuttavia significativo il contributo di Puini all’inserimento della Cina tra le grandi civiltà mondiali, il quale ovviamente non avvenne in modo indolore, se si tiene conto del classicismo prevalente nell’ambiente culturale italiano del tempo.
Morì a Firenze il 3 giugno 1924.
Il grande sinologo francese Henri Cordier ne celebrò l’attività di docente e studioso nelle principali riviste sinologiche francesi ma, curiosamente, lo stesso non avvenne in Italia, dove il suo ricordo si limitò a poche righe nel Marzocco (15 giugno 1924, n. 24, p. 1: necr. di P.E. Pavolini) e alla memoria scritta dall’allievo Giovanni Vacca. Una bibliografia pressoché completa delle opere di C. Puini è apparsa in Rivista degli studi orientali, V (1913), pp. 303-307, nonché in Il Nuovo Patto, II (1919), n. 4-5, pp. 280-284 (a firma G. Vacca).
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio storico, Coll. CF 14131: Foglio di famiglia. Necr., in T’oung Pao, n.s., XXIII (1924), p. 162 (H. Cordier); in Rivista geografica italiana, XXXI (1924), 11-12, pp. 258-260 (G. Vacca). Si vedano, inoltre: A. De Gubernatis, Matériaux pour servir à l’histoire des études orientales en Italie, Parigi-Firenze 1876, pp. 368, 371, 377-382; Id., Dictionnaire international des écrivains du jour, Firenze-Parigi-Leipzig 1890, pp. 1641 s.; Id., Dictionnaire international des écrivains du Monde latin, I-II, Roma-Firenze 1905, pp. 1191 s.; A. Orvieto, Un pezzetto di Cina sotto il Cupolone, in Il Marzocco, 15 dicembre 1907, n. 50, p. 1; G. Vacca, recensione a La vecchia Cina, in Rivista degli studi orientali, VI (1913-15), p. 205; Id., Asia orientale, in Gli studi orientalistici in Italia, ibid., pp. 275-319; U. Ojetti, P., in Corriere della sera, 6 giugno 1924, poi in Id., Cose viste, III, Milano 1928, p. 11; G. Vacca, C. P., in Liburni Civitas, IV (1931), pp. 161-167.
G. Porru, Studi d’indianistica in Italia dal 1911 al 1938, Firenze 1940, pp. 5, 22, 86 s., 162 s., 192, 213, 228; G. Papini, Il cinese di Livorno, in Id., Passato remoto (1885-1914), Firenze 1948, pp. 247-250; G. Tucci, Italia e Oriente, Roma 1949, pp. 246, 248 s.; V. Paszkowski Papini, La bambina guardava, Milano-Verona 1956, pp. 125 s.; E. Chiodo, C. P. orientalista eclettico, in A. Gallotta - U. Marazzi, La conoscenza dell’Asia e dell’Africa in Italia nei secoli XVIII e XIX, III, I, Napoli 1989, pp. 569 s., 572-577; G. Bertuccioli, Per una storia della sinologia italiana: prime note su alcuni sinologhi e interpreti di cinese, in Mondo cinese, 1991, n. 74, p. 19; Id., Gli studi sinologici in Italia dal 1600 al 1950, ibid., 1993, n. 81, p. 18; M. Novaro - G. Papini, Carteggio 1906-1943, a cura di A. Aveto, Roma 2002, pp. 84, 99-103, 194, 208; G. Bertuccioli - F. Masini, Italia e Cina, Roma 2014, pp. 266 s.); G. Vacca, P., C., in Enciclopedia Italiana, XXVIII, Roma 1949, p. 525.