MICHELSTAEDTER, Carlo Raimondo (Ghedalia Ram). – Quarto e ultimo figlio di un’agiata famiglia di lingua italiana e di origini ebraiche ashkenazite (il nome indica la provenienza da Michelstadt, piccolo centro dell’Assia, oggi nel distretto di Darmstadt)
, nacque a Gorizia il 3 giugno 1887, da Alberto e da Emma Coen Luzzato.
La madre era casalinga, mentre il padre (nipote del rabbino ed ebraista italiano Isacco Samuele Reggio), di professione agente di cambio e in seguito direttore dell’agenzia locale delle Assicurazioni generali, coltivava la passione per le lettere e fu assiduo alle attività dei sodalizi culturali locali (divenendo, tra l’altro, presidente del Gabinetto di lettura).
Nel 1897 il M. si iscrisse allo Staatsgymnasium cittadino, frequentato da studenti di lingua italiana, slovena e tede sca. Ebbe come insegnante di propedeutica filosofica R. Schubert-Soldern, già docente dell’Università di Lipsia, e dimostrò predilezione per la matematica, l’italiano e il disegno.
Oltre ad alcuni saggi imitativi, agli anni della formazione scolastica risalgono alcuni schizzi (come la Processione di ombre, 1903-05) che evidenziano acuto spirito di osservazione e un sicuro talento di caricaturista, anticipando nel tratto, come è stato messo in rilievo dalla critica, la grafica espressionista.
Fra le letture preferite dal M. vi furono G. Carducci e G. D’Annunzio, che traspaiono nelle prime esercitazioni poetiche; insieme con gli amici Enrico Mreule e Nino Paternolli il M. si appassionò inoltre alla lettura di A. Schopenhauer.
Ottenuto il diploma nel luglio del 1905, dopo aver informato i professori dell’intenzione di frequentare la facoltà di giurisprudenza, si iscrisse a matematica presso l’Università di Vienna. Tuttavia nell’autunno dello stesso anno ottenne dal padre di potersi trasferire per un anno a Firenze, spinto dalla predilezione per la lingua, la cultura e l’arte italiane. Ebbe inizio, così, un intenso scambio epistolare con la famiglia (raccolto nel ricco Epistolario). Nel capoluogo toscano, senza rinunciare all’idea di proseguire gli studi matematici, il M. si iscrisse ai corsi della facoltà di lettere dell’Istituto per gli studi superiori (meta condivisa, in quel torno di tempo, da numerosi studenti provenienti dal territorio giuliano, fra i quali S. Slataper, C. e G. Stuparich, B. Marin, A. Oberdorfer), che poi continuò a seguire regolarmente, avendo G. Mazzoni, P. Rajna, P. Villari e G. Vitelli come insegnanti. Nel frattempo continuò a coltivare il disegno e la pittura, esercitandosi alla scuola di nudo dell’Accademia di belle arti, ma dimostrando soprattutto una spontanea predilezione per lo schizzo e la caricatura. Infruttuosi si rivelarono i tentativi, compiuti negli anni successivi, di collaborare alle riviste fiorentine come recensore di spettacoli teatrali e di impegnarsi con gli editori per la traduzione di lavori filosofici e letterari (cfr. lettera a N. Paternolli, del 21 marzo 1910: in Epistolario, pp. 435 s.).
Il primo anno di studi fu accompagnato da letture di scrittori italiani (G. Leopardi, U. Foscolo, Carducci) e stranieri (H. de Balzac, É. Zola, J.W. Goethe) e di filosofi e tragediografi antichi. Nel maggio 1906 il M. portò a compimento la tesina per l’esame di letteratura italiana, incentrata sul confronto fra le concezioni del dramma di G.E. Lessing e di G. Baretti, in cui dimostrava particolare interesse per le idee sulla tragedia e le aspirazioni universaliste del primo. Nel febbraio del 1907, recatosi a Bologna per assistere ai funerali di Carducci, ne inviò un resoconto ai genitori che, il 22 dello stesso mese, ne fecero pubblicare un estratto nel Corriere friulano. In quel giro di anni il M. strinse amicizia con Gaetano Chiavacci (poi docente di filosofia teoretica e curatore dell’opera postuma del M.) e con Nadia Baraden, una nobile russa alla quale impartiva lezioni di italiano. Nell’aprile del 1907 fu scosso dalla notizia del suicidio di Nadia. Innamoratosi poco più tardi di una compagna di studi, Jolanda De Blasi, fu tuttavia dalla propria famiglia fermamente dissuaso a proseguire il rapporto.
In quel periodo il M. si impegnò in numerosi lavori grafici e pittorici, fra i quali spiccano un ritratto della Baraden e un autoritratto su fondo fiamma; mentre nel disegno svelto delle sue caricature espresse, con dissonanza ironica, la denuncia delle ipocrisie della società borghese del tempo.
L’interesse per la teoria del tragico che aveva accompagnato il primo lavoro universitario trovò approfondimento con la redazione della tesi di licenza su Il coro nella teoria e in alcune sue forme originali in Italia, discussa nel dicembre 1907, in cui il M. scoprì con entusiasmo l’arte di Sofocle, destinata a nutrire la sua riflessione filosofica e a costituire una base di confronto per la sua critica teatrale (in Scritti scolastici, 1976).
In primavera il M. fu nuovamente a Gorizia, dove pubblicò una recensione sul Più che l’amore di D’Annunzio (in Corriere friulano, 6 maggio 1908), al quale aveva assistito nel locale teatro di Società. Il distacco dal modello dannunziano e l’avvicinamento a una letteratura fondata su un più solido ideale etico è documentato, nel 1908, dalle letture di H. Ibsen e di L. Tolstoj. In linea con tale interesse, e sullo sfondo di un’assimilazione dello spirito della tragedia che può considerarsi comune alla cultura del suo tempo, si profilarono il confronto con F. Nietzsche e l’entusiasmo per la musica di L. van Beethoven. Principale responsabile di quest’ultimo incontro fu l’amico Giannotto Bastianelli, pianista, compositore e critico musicale che radunava, nelle serate musicali da lui promosse nella sua abitazione fiorentina, molti giovani intellettuali della sua generazione, alcuni dei quali amici stretti dello stesso M., come il già rammentato Chiavacci e Vladimiro Arangio-Ruiz (poi docente di storia della filosofia e curatore della prima edizione dell’opera dell’amico).
Nel giugno il M. presentò una tesina su L’orazione Pro Ligario tradotta da Brunetto Latini (in Scritti scolastici, 1976): un lavoro filologico che, pur non essendogli congeniale, gli permise nondimeno di formulare una critica morale dell’arte oratoria del cavillo e di introdurre alcuni cenni alla contemporaneità.
Oltre che come occasione di dialogo con il padre Alberto (che anni prima aveva sviluppato un’analisi della menzogna in un opuscolo morale) questa critica può essere interpretata come un approfondimento in linea con quello che stava per definirsi come il suo principale impegno filosofico ed esistenziale.
Il 18 sett. 1908 il M. pubblicò un articolo su Tolstoj nel Corriere friulano. Da Natale a febbraio si fermò con la famiglia a Gorizia, dove lo raggiunse la notizia della morte accidentale (in realtà si trattò probabilmente di suicidio) del fratello maggiore Gino, avvenuta a New York il 14 genn. 1909. Di nuovo a Firenze in marzo per gli ultimi esami, lesse con passione i Vangeli di Giovanni e di Luca e frequentò assiduamente le serate musicali di Bastianelli. Nell’estate successiva sostenne l’ultimo esame e, dopo un soggiorno a Pirano sulla costa istriana, fece rientro a Gorizia. Risale a quel periodo una intensa meditazione sul pensiero dei presocratici, documentata da appunti e annotazioni su Parmenide, Eraclito ed Empedocle. Dato avvio alla stesura della tesi, concordata con il professor G. Vitelli, sui concetti di persuasione e di «rettorica» (termine che nella sua opera ricorre con l’ortografia arcaica) nell’opera di Platone e di Aristotele, durante l’inverno si impegnò inoltre nella redazione del Dialogo della salute.
Concepito tenendo presenti i modelli platonici, questo lavoro è stato spesso accostato alle Operette leopardiane, con le quali condivide l’ispirazione morale. Il fulcro è rappresentato da una critica (messa in bocca alla maieutica con la quale Rico attacca gli argomenti di Nino, i due amici protagonisti del dialogo) del culto edonistico ed estetizzante dei valori del corpo insito nella società e nella cultura del tempo: alla ricerca del soddisfacimento di desideri e bisogni sempre più capillari, il M. oppone la constatazione ironica del modo di manifestarsi del piacere (un «dio pudico», canta Rico in versi, «ch’ama quello che non lo sa: se lo cerchi se’ già mendico, t’ha già vinto l’oscurità»: cfr. ed. Milano 1988, p. 43) e la più profonda intuizione, derivata dalla filosofia indiana e da Schopenhauer, secondo la quale la vita è dolore. La via della salute si contrappone alla «liquefazione della volontà» dell’uomo gaudente: essa è suggerita da un modo di consistere nel presente, di venire «a ferri corti colla propria vita», per assumere integralmente le responsabilità delle proprie azioni.
Nella primavera del 1910 il M. aiutò il cugino Emilio (al quale poi dedicò il Dialogo della salute) a prepararsi agli esami di maturità. Il 29 aprile il Gazzettino popolare pubblicò un suo articolo sullo Stabat Mater di G.B. Pergolesi. Numerosi dipinti risalenti a questo periodo, fra i quali alcuni autoritratti e due ritratti della madre, rivelano il precisarsi della tecnica e una forte intensità espressiva. Tornato nuovamente a Pirano durante l’estate, con sua sorella Paola e le sorelle Fulvia e Argia Cassini, si innamorò di quest’ultima e le dedicò i cicli poetici I figli del mare e A Senia.
Mettendo in scena i personaggi simbolici di Ittia e Senia e ruotando ossessivamente attorno alla metafora del mare – figura della lontananza e dell’assenza che, unita all’immagine del deserto, lascia ravvisare la condizione storica dell’ebreo in esilio (cfr. S. Campailla, Il terzo regno, in C. Michelstaedter, Poesie, Milano 1987, p. 25) – queste liriche traducono la filosofia della persuasione in un originale flusso ritmico e narrativo scandito in versi di diversa misura, e costituiscono il vertice della produzione lirica del Michelstaedter.
Nel settembre del 1910, rientrato a Gorizia, approfondì lo studio della dialettica del primo Platone rispetto alla logica degli ultimi dialoghi e alla sistematica del sapere teorizzata da Aristotele. Fu su questo confronto, coniugato felicemente all’intuizione di individuare nel decadimento del linguaggio il sintomo di una più generale condizione umana, che s’imperniò il contenuto dell’opera maggiore del M., la sua tesi di laurea (che tuttavia non riuscì mai a discutere) sui concetti di Persuasione e la rettorica, accompagnata da sei Appendici critiche.
Dopo diversi tentativi di interpretazione in rapporto a correnti filosofiche più o meno coeve (dall’attualismo all’esistenzialismo al marxismo), da ultimo la critica sembra convergere nell’additare, quale punto di forza e originalità di pensiero del M., la sua consapevole inattualità, nel tentativo di valutare il mondo contemporaneo alla luce della sapienza antica. La decadenza della civiltà è scorta dal M. come proiezione storica di uno svuotamento del linguaggio che si individua nella retorica aristotelica. A un’idea di verità fondata sulla consapevolezza, eminentemente tragica, del carattere finito dell’esistenza, si contrappone una parola usata come strumento per convincere e sopraffare, mascherando interessi personali o di mercato. Il messaggio più profondo della Persuasione e la rettorica è una presa di coscienza della condizione umana identificata, travalicando i confini del cogito cartesiano, nel cuore di alcune essenziali esperienze del mondo antico: dal libro dell’Ecclesiaste alla tragedia sofoclea, dai presocratici all’esempio cristiano. Essa si accompagna all’invito a decostruire nichilisticamente la credenza in valori stabili, compresi quelli che irretiscono l’uomo moderno nella logica del consumo e svuotano così il suo presente, differendolo nel passato o nel futuro: «Chi vuol avere un attimo solo sua la sua vita, essere un attimo solo persuaso di ciò che fa – deve impossessarsi del presente; vedere ogni presente come l’ultimo, come se fosse certa dopo la morte: e nell’oscurità crearsi da sé la vita» (La persuasione e la rettorica. Appendici critiche, Milano 1995, p. 33). Da tale concezione – spesso e a ragione accostata al «Sein-zum-Tode» heideggeriano – il M. deriva la centralità della giustizia e delle sue funzioni, sferrando, nella seconda parte del suo lavoro, una denuncia contro il razionalismo e le false rassicurazioni prodotte dalla società rettorica (definita la «comunella di malvagi»: koinonia kakon). Su queste pagine, scritte in una prosa che modula con vigore espressionista registri linguistici eterogenei – dal gergo quotidiano all’uso di simbologie matematiche, dalle citazioni in greco antico a quelle in un tedesco hegeliano rievocato nel suo «ineffabile callopismatismo» (p. 92), da esempi tratti dalle scienze naturali ad adagi educativi – si sono concentrati numerosi studi che hanno sottolineato l’intensità e la perspicacia del messaggio filosofico del M., sincera espressione di un disagio consonante con molte istanze critiche avanzate dalla cultura novecentesca.
Il 24 sett. 1910 il M. portò a termine la prima parte della Persuasione e la rettorica; il 7 ottobre pose mano alla stesura del finale del Dialogo della salute.
Finite di scrivere le Appendici critiche il 16 ottobre, il giorno dopo si uccise a Gorizia con un colpo di pistola. Il M. fu sepolto nel cimitero ebraico di Valdirose (Rožna Dolina), oggi in territorio sloveno.
L’ipotesi che riconduce il suicidio del M. a una malattia contratta nel periodo degli studi universitari non è suffragata da prove inoppugnabili. Alla spiegazione avanzata quasi immediatamente da G. Papini (Un suicidio metafisico, in Il Resto del carlino, 5 nov. 1910) e rilanciata recentemente da altri studiosi, secondo cui esso andrebbe concepito come il suggello di un’impossibilità teorizzata in sede filosofica, si possono contrapporre alcune precisazioni svolte dallo stesso M. nella seconda redazione del finale del Dialogo della salute. Più verosimile può esser considerata l’ipotesi di un cedimento collegabile alla stanchezza per la frenetica attività intellettuale degli ultimi mesi insieme con una forma di depressione o d’insoddisfazione profonda che affonderebbe le sue radici in complessi rapporti familiari (oltre alle difficoltà di corrispondere agli ideali etici e professionali del padre, viene ricordato in genere che il 17 ottobre coincide con il giorno del compleanno della madre, dalla quale, qualche ora prima di suicidarsi, il M. aveva ricevuto un rimprovero).
Opere: fatta eccezione dei succitati articoli brevi apparsi nei quotidiani di Gorizia, la pubblicazione dell’opera del M. avvenne postuma. Le prime edizioni del Dialogo della salute (con alcune poesie) e della Persuasione e la rettorica, a cura di V. Arangio-Ruiz, risalgono al 1912 e 1913 (in Scritti di Carlo Michelstaedter, Genova, rispett. voll. 1 e 2). Nel 1922 uscirono La persuasione e la rettorica: con appendici critiche (Firenze) e altri Scritti inediti (Roma). Nel 1958 fu edita a Firenze l’edizione (incompleta) delle Opere, per cura di G. Chiavacci. Un’edizione delle opere accompagnata da accurati apparati critici fu data alle stampe, a cura di S. Campailla, solo a partire dagli anni Settanta del XX secolo. Essa comprende, fino a oggi: Opera grafica e pittorica (Gorizia 1975), Scritti scolastici (ibid. 1976), La persuasione e la rettorica (Milano 1982; ripubbl. con le Appendici critiche, ibid. 1995), Epistolario (ibid. 1983), Poesie (ibid. 1987), Il dialogo della salute e altri dialoghi (ibid. 1988). Fra le ulteriori edizioni di riferimento: L’immagine irraggiungibile. Dipinti e disegni di C. M., a cura di A. Gallarotti, Monfalcone 1992; Il prediletto punto d’appoggio della dialettica socratica e altri scritti, a cura di G.A. Franchi, Milano 2000; Parmenide ed Eraclito. Empedocle. Appunti di filosofia, a cura di A. Cariolato - E. Fongaro, ibid. 2003; Sfugge la vita. Taccuini e appunti, a cura di A. Michelis, Torino 2004; L’anima ignuda nell’isola dei beati. Scritti su Platone, a cura di D. Micheletti, Reggio Emilia 2005. Gli scritti, le liriche e l’epistolario del M. sono stati tradotti (in modo più o meno parziale) in diverse lingue. Fra le traduzioni della Persuasione e la rettorica, sono uscite al momento quella francese (La persuasion et la rhétorique, Paris 1989 e 1993), spagnola (La persuasión y la retórica, Murcia 1996) e tedesca (Überzeugung und Rhetorik, Frankfurt a.M. 1999).
La figura del M. ha ispirato, inoltre, alcuni lavori letterari e teatrali. Fra gli altri: C. Magris, Un altro mare (romanzo su E. Mreule), Milano 1991; G. Pressburger, La coscienza sensibile (romanzo), Milano 1992 (in partic. pp. 47-121); P. Magris - M. Crea, Come fosse l’ultimo. Liberamente tratto da C. M. (testo teatrale), Milano 2006.
Fonti e Bibl.: Negli anni Settanta la documentazione comprendente gli scritti, le poesie e l’epistolario del M. è stata lasciata in eredità da Paula Michelstaedter Winteler, sorella del M., alla Biblioteca civica di Gorizia. Catalogata e riordinata, fa parte, insieme con una ricca selezione della letteratura critica, del Fondo Carlo Michelstaedter. Negli ultimi decenni sono cresciute le ricerche di orientamento filosofico e letterario sul Michelstaedter. Nella sezione «Fondo vivo» del succitato Fondo Carlo Michelstaedter è reperibile un’ampia e aggiornata informazione bibliografica (in internet: http://www.isontina.librari.beniculturali.it/site/Michelstaedter/saggiarticolimichelstaedter.htm). Per schede e rassegne bibliografiche sulla critica, si vedano inoltre: S. Campailla, Quaderno bibliografico su C. M., Genova 1976; C.F. Goffis, Gli ultimi sviluppi della critica su C. M., in Studi goriziani, XLV (1977), pp. 101-111; Rassegna bibliografica su C. M., a cura di G. Giudici, suppl. a Il Contributo, II (1986); M. Cerruti, Bibliografia, in Id., C. M., con alcuni testi inediti, Milano 1987; S. Campailla, Le prime interpretazioni di M. (1910-1916), in Cultura e scuola, 1990, n. 114, pp. 17-26; Bibliografia, a cura di A. Michelis, in Eredità di C. M., a cura di S. Cumpeta - A. Michelis, Udine 2002, pp. 257-279; M. Cerruti, Postfazione, in C. Michelstaedter, Sfugge la vita …, cit., pp. 229-235; Rassegna bibliografica in ordine cronologico, a cura di A. Michelis, ibid., pp. 237-288; Bibliografia su C. M., a cura di L. Perego - E.S. Storace, in C. M. Un’introduzione, a cura di L. Perego - E.S. Storace - R. Visone, Milano 2005, pp. 192-217; A. Gallarotti, Tesi e tesine su C. M. disponibili per la consultazione presso il «fondo Carlo Michelstaedter » e on line, in C. M. L’essere come azione, a cura di E.S. Storace, Milano 2007, pp. 93-112. Fra gli scritti e le monografie utili all’inquadramento biografico si segnalano: V. Arangio-Ruiz, Per C. M., in Il Convegno, III (1922), 7, pp. 343-401; G. Bastianelli, Rievocazione di C. M., in Il Resto del carlino, 7 sett. 1922; G. Chiavacci, Omaggio a C. M., in Studi goriziani, XXIV (1958), pp. 17-23; B. Marin, Ricordo di C. M., ibid., XXXII (1962), pp. 100-107; C.L. Bozzi, C. M. studente ginnasiale, ibid., XL (1966), pp. 9-20; P.M. Winteler, Appunti per una biografia di C. M. [1939], in S. Campailla, Pensiero e poesia di C. M., Bologna 1973, ad ind.; S. Campailla, A ferri corti con la vita, Gorizia 1974; Id., Due lettere inedite di Vladimiro Arangio-Ruiz a M., in Giorn. critico della filosofia italiana, LIV (1975), pp. 133 s.; Dialoghi intorno a M., a cura di S. Campailla, Gorizia 1987; G. Bastianelli, Gli scherzi di Saturno. Carteggio 1907-1927, a cura di M. de Angelis, Lucca 1991; A. Gallarotti, Uno sciopero studentesco nel 1904, in Studi goriziani, LXXV (1992), pp. 105-124; A. Arbo, C. M., Pordenone 1996. Sull’opera del M. si vedano inoltre: G. Chiavacci, Il pensiero di C. M., in Giorn. critico della filosofia italiana, V (1924), 1, pp. 36-48; 2, pp. 155-168; C. Pellizzi, Gli spiriti della vigilia. C. M. Giovanni Boine Renato Serra, Firenze s.d. [ma 1924], ad ind.; G. Papini, Gli amanti di Sofia, Firenze 1932, pp. 173-182, 269; L. Soperchi, C. M.: saggio critico, in Riv. di psicologia, XXVIII (1932), 1, pp. 26-45; 4, pp. 280-290; T. Moretti Costanzi, Un esistenzialista ante litteram: C. M., in L’esistenzialismo. Saggi e studi, a cura di L. Pelloux, Roma 1943, pp. 159-172; G. Catalfamo, L’esistenzialismo di C. M., in Teoresi, I (1946), 1, pp. 150-168; 2-3, pp. 126-134; G. Chiavacci, C. M. e il problema della persuasione, in Leonardo, XVI (1947), pp. 129-146; M. Costanzo, Corazzini, M., Campana. Note critiche, Roma s.d. [ma 1955], ad ind.; G. Cattaneo, La rivolta impossibile di C. M., in Aut-aut, XXXVII (1957), pp. 85-92; M. Ciancitto, Esistenzialismo e idealismo in C. M., in Teoresi, XV (1960), 2-3, pp. 149-172; 4, pp. 231-253; J. Ranke, Das Denken C. M. Ein Beitrag zur italienischen Existenzphilosophie, in Zeitschrift für philosophische Forschung, XV (1961), pp. 101-123 (trad. it.: D. Faucci, Il pensiero di C. M. Un contributo allo studio dell’esistenzialismo italiano, in Giorn. critico della filosofia italiana, XLI [1962], pp. 518-539); M.A. Raschini, C. M., Milano 1965; M. Cerruti, C. M., Milano 1967; G. Lonardi, Mito e accecamento in M., in Lettere italiane, XIX (1967), pp. 291-317; A. Piromalli, M., Firenze 1968; A. Verri, M. e il suo tempo, Ravenna 1969; E. Cecchi, M., precursore dell’esistenzialismo, in Letteratura italiana del Novecento (Mondadori), a cura di P. Citati, Milano 1972, II, pp. 761-764; S. Campailla, Pensiero e poesia di C. M., Bologna 1973; E. Garin, Postilla: C. M., in Intellettuali italiani del XX secolo, Roma 1974, pp. 96-104; F. Ghilardi, Signoria e servitù. Da De Sanctis a M., Pisa 1978, ad ind.; A. Abruzzese, Svevo, Slataper, M.: lo stile e il viaggio, Venezia 1979, ad ind.; C. 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A. Arbo