REZZONICO, Carlo
REZZONICO, Carlo. – Nacque a Venezia il 25 aprile 1724 da Aurelio Rezzonico e da Anna Giustiniani. Fu il secondo di cinque fratelli.
La facoltosa famiglia Rezzonico, di origine comasca, che alla metà del XVII secolo aveva interessi comuni con gli Odescalchi, altra famiglia originaria di quella stessa località e che vantò un pontefice (Innocenzo XI), si era stabilita a Venezia almeno dal 1639 e qui nel 1687 fu aggregata al patriziato della Serenissima Repubblica grazie all’esborso di 100.000 ducati. L’inizio della costruzione del grandioso palazzo veneziano a S. Barnaba nel 1750 testimonia come i Rezzonico fossero in quel tempo da annoverarsi tra i più ricchi clan del patriziato lagunare.
Mancano notizie sulla formazione di Carlo così come dettagli precisi su ciò che precedette il suo ingresso in Curia. Avviato alla carriera ecclesiastica, fu ordinato in sacris in data non precisabile dallo zio, vescovo di Padova e futuro papa. Nel marzo del 1747 questi lo designò quale procuratore per condurre per suo conto in Roma la visita ad limina. Dodici mesi più tardi Carlo Rezzonico fu nominato prelato domestico di Benedetto XIV e protonotario apostolico partecipante e il 2 maggio dello stesso anno entrò tra i referendari delle due Segnature. Fu poi prelato della congregazione del Concilio, vicario dello zio cardinale nella romana chiesa di S. Marco, e il 30 settembre 1751 divenne presidente della Reverenda camera apostolica. Tra il 1753 e il 1758 fu chierico di Camera: Benedetto XIV scrisse di avergli assegnato il ruolo perché «santo e studioso giovane», senza peraltro trascurare il fatto che lasciava vacante il presidentato di Camera che poteva così essere trasmesso ad altri (Le lettere di Benedetto XIV, 1965, p. 68). Nel 1755 papa Lambertini, che lo teneva in considerazione per l’assegnazione del vacante posto di auditore di Rota di spettanza della Repubblica veneta, ne lodò l’applicazione e lo stile di vita ecclesiastico (p. 230). Sempre nel 1751 Rezzonico ottenne in commenda le due ricchissime abbazie venete di S. Zeno e di S. Maria di Lunaga.
Il 6 luglio 1758 la nomina a papa dello zio Carlo, che assunse il nome di Clemente XIII, lo pose al vertice della struttura curiale. Pochi giorni dopo l’elezione il pontefice lo creò infatti segretario dei Memoriali, ruolo ove venne solitamente collocato in quel secolo il cardinale nipote del papa dopo l’abolizione formale del nepotismo nel 1692 ad opera di papa Innocenzo XII. Creato cardinale in pectore nel concistoro dell’11 settembre 1758, il suo nome fu pubblicato già in quello del 2 ottobre successivo: il papa giustificò la scelta dicendo che aveva bisogno di porre accanto a sé uomini su cui poter contare senza riserve. Dopo poco più di un mese assumeva il titolo di S. Lorenzo in Damaso e in quello stesso 22 novembre fu nominato vicecancelliere, ruolo che avrebbe mantenuto fino al 24 gennaio 1763, giorno in cui divenne camerlengo di Santa Romana Chiesa, titolo vacato per la morte del cardinale Girolamo Colonna, optando per il titolo cardinalizio di S. Clemente. Sempre nel 1763, alla morte del cardinale Colonna, gli subentrò quale cancelliere dello Studio romano. Fu abate commendatario di Grottaferrata e camerlengo del Collegio cardinalizio dal 20 febbraio 1764 fino al 4 febbraio 1765.
Non fu semplice per Rezzonico svolgere il ruolo di favorito dello zio pontefice. Da un lato dovette tenere a bada, senza grandi risultati, gli altri irrequieti fratelli Giovanni Battista e Abbondio; dall’altro e soprattutto, dotato di un carattere chiuso e a tratti tendente al misticismo, dovette fronteggiare compiti non indifferenti in una fase assai critica per la S. Sede. Le testimonianze lo danno per uomo pietoso e retto, ma non all’altezza della carica, titubante e perciò poco autorevole. Finì con il tenersi lontano dagli affari di Stato, lasciando campo libero all’attivissimo segretario di Stato cardinale Luigi Torrigiani che divenne ben presto il più ascoltato consigliere del papa.
Rezzonico partecipò al conclave che nel 1769 elesse Clemente XIV e il 14 dicembre 1772 optò per il titolo cardinalizio di S. Marco. Il 21 marzo 1773 fu consacrato vescovo della diocesi suburbicaria di Sabina. Nel 1774-75 partecipò al conclave che elesse Pio VI, impegnandosi nella ricerca di un candidato capace di resistere alle sempre più aggressive corti europee e italiane. Il 29 gennaio 1776 optò per la sede vescovile suburbicaria di Porto e Rufina. Divenne vicedecano del Sacro Collegio e il 17 gennaio 1777 segretario della congregazione del S. Uffizio. Durante i primi anni del pontificato Braschi (nel 1775-76) partecipò attivamente ai negoziati tesi a far sopravvivere i gesuiti in Prussia e Austria. I negoziati condussero a stabilire che gli ex gesuiti avrebbero potuto svolgere attività religiosa nonché nel campo della formazione scolastica quali preti secolari soggetti alla giurisdizione vescovile e non in quanto membri di una specifica comunità.
Nel gennaio del 1781 divenne arciprete della basilica di S. Giovanni in Laterano. Quando i francesi occuparono Roma, nel 1798, fu l’unico cardinale che poté restare nell’Urbe per via delle cattive condizioni di salute. Morì il 26 gennaio 1799, dopo due anni passati in un letto. I funerali si tennero in S. Marco, dove il corpo fu per un primo tempo tumulato, e furono condizionati dal divieto francese di celebrare esequie cardinalizie. Il fratello Abbondio incaricò Antonio Canova del compito di disegnare il monumento poi realizzato da Antonio D’Este in S. Giovanni in Laterano.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Archivio concistoriale, Processus Consist. 165, cc. 247-249v.
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