Dati, Carlo Roberto
Scrittore e scienziato (Firenze 1619-ivi 1676); alunno del Galilei, insegnò a Firenze greco e latino. Accademico della Crusca (dal 1663 ne fu segretario), il Dati partecipa all'ammirazione per D., tradizionale nel sodalizio, recando nella propria difesa contro i critici non benevoli al poeta una sensibilità ai valori linguistici nutrita dei suoi studi eruditi. Nella " veglia " in Difesa di Dante contro Mons. Della Casa, impostata come discussione tra accademici, dopo aver lamentato che il poema sia " biasimato da molti perché letto da pochi e da pochissimi inteso ", sostiene che, se il lettore s'avvezza alle " maniere pellegrine e a' bizzarri concetti " di D., gli altri poeti gli sembreranno a suo confronto " senza nerbo e senza sostanza ". A conforto della sua ammirazione adduce quella del Tasso, di cui testimone sarebbe stato l'esemplare della Commedia postillato di mano del poeta, che il Dati fece cercare, ma invano, da .alcuni amici nella biblioteca del Collegio Romano (v. lettera a Ottavio Falconieri, in C. Dati, Lettere, Firenze 1825, 79), sì che la citazione delle frasi ammirative del Tasso risultò in bianco nelle edizioni della Difesa, tutte postume, sebbene dalla lettera citata risultasse l'intenzione dell'autore .di darla alla luce ancora l'anno prima di morire.
Venendo a combattere osservazioni particolari del Casa, il Dati rileva la dignità della metafora lucerna del mondo per il sole, sia attingendo all'uso vivo del vocabolo e alla sua pregnanza analogica (come la lucerna che splende nelle chiese, così il sole nel tempio del mondo), sia alla tradizione del linguaggio biblico. E giustifica l'uso di termini come scotto per " prezzo " e drudo per " amante casto e fedele ", col significato che il vocabolo aveva al tempo di D., risalendo anche alle sue origini e citando antichi testi italiani e provenzali. Conclude, con Tacito, che verso i grandi scrittori meglio è cader nell'eccesso dell'ammirare piuttosto che del biasimare, e simile concetto esprime nella prefazione alle Prose fiorentine (I, Firenze 1661), dove accosta D. ai poeti " più sublimi " come Virgilio e Omero, sui quali cadono di preferenza le folgori della critica. Testimoniano le sue attente letture dantesche anche alcune annotazioni al poema che si trovano inedite alla Bibl. Naz. di Firenze, con la data del 1659: osservazioni linguistiche e confronti col Vocabolario della Crusca, spesso in appoggio alle frequenti interpretazioni di passi controversi, giudizi ammirativi per lo più generici su episodi, situazioni, similitudini, sentenze; e anche notazioni di stile che lo mostrano disposto a gustare le metafore ardite e le espressioni più nuove e intense.
Bibl. - La Difesa di Dante si può leggere nell'Elogio di C.R. Dati, di F. Fontani, Firenze 1794, 176-187; ristampata con qualche integrazione, su altro manoscritto, nel " Giornale Enciclopedico " VI (1814) 303-320, nella Scelta di prose di C.R. Dati, Venezia 1826. Sul Dati in generale, cfr. le introduzioni all'Elogio e alla Scelta citati, alle Lettere (Firenze 1825), e G. Andreini, La vita e l'opera di C.R. Dati, ibid. 1913 (rist. 1936). V. pure F. Branciforti, C. Dati studioso di lingua italiana, in " Siculorum Gymnasium " III (1950) 126-143; U. Limentani, La fortuna di D. nel Seicento, in " Studi Secenteschi " V (1964) 32-33, 38.