RUZZINI, Carlo
– Nacque a Venezia, nella parrocchia di S. Giobbe, l’11 novembre 1653 dal futuro procuratore Marco e da Caterina Zen di Giovanni. Il matrimonio del fratello maggiore Giovanni Antonio con Elena Donà (1669) consentì a Ruzzini di dedicarsi completamente alla carriera politica, che percorse – grazie anche alle adeguate, pur se non cospicue, ricchezze – ricoprendo cariche sempre più importanti sino a pervenire al dogato. Dopo aver appreso da precettori privati i primi rudimenti del sapere tra le pareti domestiche, completò gli studi presso i padri somaschi alla Salute; a causa della sua debole costituzione fisica il padre preferì infatti non farlo studiare fuori Venezia.
Iniziò la carriera politica non appena ebbe raggiunto il requisito dell’età, e il 25 febbraio 1679 divenne savio agli Ordini fino al 4 ottobre, quindi fu provveditore sopra gli Uffici per un anno, dal 2 gennaio 1680. La presenza del padre nel Collegio lo escludeva dalle cariche senatorie, per cui nel 1681 e nel 1684 preferì seguire gli ambasciatori veneti rispettivamente in Francia e in Germania, perfezionando la sua preparazione diplomatica; fu anche provveditore sopra le Camere dall’aprile del 1682 al settembre del 1683 e savio alle Decime per tutto il 1685, dopo di che poté finalmente riprendere la carriera nell’ambito senatorio e sostenne il saviato di Terraferma nel primo semestre del 1686 e del 1687, quindi dall’ottobre del 1688 al marzo del 1689 e per lo stesso semestre nel 1689-90.
Dopo aver rifiutato l’ambasceria in Francia, cui era stato eletto il 17 settembre 1687, accettò quella di Spagna l’8 luglio 1690. Partì più di un anno dopo (il primo dispaccio da Padova è del 28 settembre 1691) e fece il viaggio via Lione e Pamplona; a Madrid rimase tre anni, al termine dei quali si recò direttamente a Vienna, dal momento che sin dal 17 dicembre 1693 era stato eletto ambasciatore presso l’imperatore e poi, nel corso della legazione, plenipotenziario al congresso di Carlowitz. Lesse pertanto le due relazioni al rientro in patria, nel dicembre del 1699.
Le relazioni sono assai lunghe, dettagliate e documentate, quasi piccoli trattati di antropologia politica secondo la miglior tradizione di analoghi scritti della diplomazia veneziana. Pertanto, nella relazione spagnola, dopo aver ricordato che il cielo volle ricompensata «con la prodigiosa conquista de’ vasti tesori e paesi d’un nuovo mondo, i diluvii di tanto sangue consacrati da oltre settecento anni nel combattere l’empietà maomettana trapiantata dall’Africa» (Relazioni di ambasciatori..., a cura di L. Firpo, 1979, p. 555), rammenta la progressiva decadenza della monarchia spagnola simboleggiata dall’attuale re, il ventiquattrenne Carlo II, di precaria salute per esser nato «da un padre vecchio e non sano» e con tutta evidenza incapace di procreare, «dopo tanti anni di duplicati infecondi matrimoni» (p. 567). Eppure il giudizio di Ruzzini non è del tutto negativo, poiché l’indole del sovrano appare in sintonia con la tradizione morale e religiosa dei predecessori («risplende con rara perfezione nel di lui animo la viva gioia della pietà, onde con una incontaminata coscienza regge le azioni della vita, e le adorna con la corona di più virtù», p. 568).
Lasciò Madrid alla fine del 1694, ma si fermò poco a Venezia, poiché nel marzo del 1695 partì per Vienna, dove giunse il 12 maggio.
Nella relazione finale è ovviamente la pace di Carlowitz, da poco conclusa fra la lega austro-polacco-veneta e l’impero ottomano, a occupare gran parte dello scritto. Al congresso Ruzzini era intervenuto nella veste di plenipotenziario (un plenipotenziario, peraltro, con limitati poteri, dovendo per ogni decisione attendere l’assenso del Senato) e aveva dovuto trattenersi per molti mesi in luoghi inospitali: «Si voleva ridurlo nel commodo d’alcuna città; ma scrupolosi del decoro non vollero gl’Ottomani tenerlo che sul margine delle reciproche frontiere. Onde publicata la neutralità in campagna aperta a Carlowitz nel Sirmio, sopra le rive del Danubio, in siti deserti e distrutti, si stesero gl’accampamenti» (Relazioni di ambasciatori..., a cura di L. Firpo, 1968, p. 386). Ripercorre poi la storia della defatigante trattativa, a causa dell’intransigenza degli ottomani, perennemente influenzati dalla «stravaganza naturale alle loro massime, spesso girate dal capriccio, dal fasto, dal furore e dagl’interessi, più che dalle solide ragioni» (p. 369). Ruzzini ripropone dunque la tradizionale stigmatizzazione del «barbaro dominio» turco, donde un indiretto elogio alla propria condotta, che nonostante tante e così gravi difficoltà ha concorso al conseguimento «della pace, d’una pace rara, e tanto dissimile da tutte le passate» (p. 346). La Serenissima infatti riuscì a ottenere qualche ingrandimento territoriale in Dalmazia, ma soprattutto l’acquisto della Morea (Peloponneso), la cui durata si sarebbe protratta solo per un trentennio, ma che allora parve rinfocolare l’inestinguibile sogno di una rinnovata presenza veneziana in Levante. Notevoli inoltre, in questo come negli altri consimili scritti di Ruzzini, i ritratti dei principi, dei condottieri (fra tutti Eugenio di Savoia), dei popoli presi in esame, che sono descritti con straordinario acume psicologico e notevole felicità espressiva.
Lasciata Vienna nell’aprile del 1699, a Venezia fu savio del Consiglio dal settembre al marzo del 1700, poi riuscì a godere di un periodo di tranquillità sino al 30 aprile 1702, quando venne eletto, assieme a Federico Corner, ambasciatore al re di Spagna, proprio mentre era in corso la guerra di successione a quel trono. Venezia aveva riconosciuto come legittimo sovrano Filippo V, che allora si trovava a Milano per combattere gli austriaci, penetrati in Lombardia. La missione ebbe luogo dal 28 luglio al novembre dello stesso 1702, ma i due riuscirono a farsi ricevere dal re, trasferitosi a Luzzara per seguire meglio le operazioni militari, solo dopo il rientro di costui a Milano il 23 ottobre, dopo di che il sovrano partì per la Spagna e i due ambasciatori poterono rimpatriare.
Fu, per Ruzzini, una breve interruzione in un’esistenza scandita dal susseguirsi di missioni diplomatiche; il 16 agosto 1704, infatti, era eletto ambasciatore straordinario presso il sultano Achmed. Si trattava di rafforzare l’opera del bailo Giulio Giustinian, dal momento che era noto a Venezia il desiderio di rivalsa degli ottomani, ai quali la perdita della Morea suonava dolorosa umiliazione: «Se gl’infedeli – così Ruzzini nella relazione – fossero degni di fede, la recente conferma delle capitulationi di pace sarebbe un gran segno di sicurezza», ma v’è da dubitarne dal momento che per loro «la Morea è la spina che punge il cuore, perch’è uno stato importante, vicino, pretioso» (Relazioni di ambasciatori..., a cura di M.P. Pedani, 1996, p. 806).
L’originalità del lungo documento, che esplicitamente dichiara di voler omettere le consuete descrizioni geografiche, le milizie, le finanze, le caratteristiche dei turchi («cose già molte volte spiegate»), consiste nel voler essere una sorta di guida a uso dei futuri inviati presso la corte ottomana, ponendosi quindi a un livello superiore rispetto alle precedenti relazioni.
Prima del ritorno a Venezia, avvenuto a fine settembre del 1706, gli fu comunicata l’elezione a procuratore di S. Marco de citra (3 marzo 1706). Savio del Consiglio da aprile a tutto settembre 1707, poi ancora nel secondo semestre del 1708; correttore della Promissione ducale l’11 maggio 1709, riformatore dello Studio di Padova dal giugno del 1709 al maggio del 1711 (sommando la carica a quella di savio del Consiglio dall’ottobre del 1710 al marzo del 1711), fu ancora savio del Consiglio dall’ottobre del 1711 fino a gennaio del 1712, quando dovette lasciare Venezia per rappresentare la Repubblica come plenipotenziario al congresso dell’Aia (Utrecht).
La Serenissima non fu direttamente coinvolta nel nuovo assetto della penisola, conseguente al termine del lungo predominio spagnolo, non essendo più in grado di ricoprire un ruolo attivo nella politica europea, ma solo di registrarne gli eventi; perciò quando, nel maggio del 1712, l’ambasciatore inglese Thomas Wentworth, conte di Strafford, gli chiese se Venezia ambisse a ottenere Mantova o Comacchio, Ruzzini declinò l’offerta, asserendo che la Repubblica desiderava solo la pace universale.
Tornato a Venezia alla fine del settembre 1713 in compagnia del nipote Domenico (Ruzzini portò sempre con sé, nelle sue missioni, almeno uno dei numerosi figli del fratello Giovanni Antonio), fu savio del Consiglio per il primo semestre del 1714 e poi ancora dall’aprile a tutto settembre del 1715 e del 1716. Aveva ormai sessantaquattro anni quando, il 18 febbraio 1718, gli fu affidata una nuova legazione, quasi subito seguita da altra strettamente collegata alla precedente. La prima consisteva nel ricoprire il ruolo di ambasciatore straordinario al congresso di Passarowitz, a nord di Belgrado, che poneva termine all’ultima guerra austro-veneto-turca, conclusasi per la Repubblica con la perdita della Morea, nonostante le vittorie riportate dal principe Eugenio sugli ottomani. Com’era avvenuto a Carlowitz nel 1699, l’orgoglio degli emissari della Porta costrinse i diplomatici austriaci e veneziani a rinunciare ai conforti di una città e ad accamparsi sotto le tende, in luoghi devastati dalla guerra. Qui Ruzzini condusse trattative lunghe e sfibranti dal maggio al settembre del 1718, dopo di che tornò a Venezia, ma solo per trascorrervi l’inverno; il 7 settembre dello stesso 1718, infatti, era stato eletto ambasciatore straordinario a Costantinopoli, onde ripristinare i rapporti interrotti allo scoppiare del conflitto.
Lasciò Venezia nel maggio del 1719 e vi fece ritorno all’inizio di novembre del 1720. Ruzzini conosceva bene la Porta per esservi già stato negli anni 1705-1706; era un abile ed esperto diplomatico, il migliore di cui allora la Repubblica potesse disporre, perciò non si nascondeva – come scrisse nel primo dispaccio dell’8 maggio – le «incertezze d’una Corte sempre violenta, dove non si può mai sperar sincera l’amicitia, né sicura la fede» (Archivio di Stato di Venezia, Senato, Dispacci, Costantinopoli, f. 173, ad diem). Ciononostante la sua fu una missione tranquilla, poiché anche i turchi erano usciti stremati dalla guerra; in sostanza Ruzzini sbrigò gli usuali contrasti sul confine della Dalmazia, organizzò la restituzione dei prigionieri, cercò di reprimere le violenze dei pirati barbareschi, ma soprattutto predispose l’arrivo alla corte del sultano del nuovo bailo Giovanni Emo. Era il settembre 1720, e un mese dopo Ruzzini lasciava il Bosforo alla volta di Venezia.
Savio del Consiglio per il primo semestre del 1721, il 5 maggio fu chiamato a far parte dell’ambasceria straordinaria per l’elevazione al trono pontificio di Innocenzo XIII, ma la missione non ebbe luogo essendo ormai la sua effettuazione passata in disuso; lo stesso si verificò per due altre consimili legazioni alle quali Ruzzini venne chiamato, il 1° giugno 1724 (Benedetto XIII) e il 15 luglio 1730 (Clemente XII). Nel successivo decennio 1723-32 Ruzzini ricoprì costantemente la carica di savio del Consiglio, nel 1723 per il primo semestre e poi sempre nel periodo marzo-settembre, fino a che, il 2 giugno 1732, venne eletto doge. Fu un dogato breve, solo due anni e mezzo, nel corso dei quali Venezia, scoppiata la guerra di successione polacca (1733-38), proseguì nella politica di neutralità, evitando di farsi coinvolgere nelle molte proposte di alleanza che furono avanzate dai contendenti.
Morì il 5 gennaio 1735 e venne sepolto nella cappella di S. Teresa nella chiesa degli Scalzi.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Miscell. Codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VI, pp. 482, 484, 489; Segretario alle voci, Elezioni in Maggior Consiglio, regg. 23, cc. 19, 29, 85, 172; 25, cc. 114, 124; 27, c. 113; Elezioni in Pregadi, regg. 19, cc. 21, 22; 20, cc. 18, 19, 63, 77, 78, 79; 21, cc. 1, 3, 7, 8, 9, 10, 11, 64, 65, 70, 71, 72; 22, cc. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 67; Notarile, Testamenti, b. 624/482; Dieci savi alle Decime, Redecima del 1712, b. 286/569; Redecima del 1740, b. 328/690; Senato, Dispacci, Spagna, ff. 129-131, 135 bis (ambasceria straordinaria del 1702); Senato, Dispacci, Germania, ff. 175-180, 209-210 (ambasceria straordinaria a Passarowitz); Senato, Dispacci, Costantinopoli, ff. 168-169 (ambasceria straordinaria del 1705), 173 (ambasceria straordinaria del 1719-20); Senato, Dispacci, Signori Stati (Utrecht), ff. 4-5; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. It., cl. VII, 399 (= 8625): Documenti e lettere... sul Congresso di Carlowitz, raccolti dal plenipotenziario veneto C. R.; C. Ruzzini, Relazione del congresso di Utrecht (1713), in Relazioni veneziane. Venetiaansche Berichten over de Vereenigde Nederlanden van 1600-1795, a cura di P.J. Blok, ‘S-Gravenhage 1909, pp. 341-370; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, VIII, Venezia 1914, ad ind.; Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, Torino, II, Germania (1506-1554), 1970, pp. LIX-LX; IV, Germania (1658-1793), 1968, pp. 379-478; VIII, Spagna (1497-1598), 1981, pp. XXVIII-XXIX; X, Spagna (1635-1738), 1979, pp. 555-604; XIV, Costantinopoli. Relazioni inedite 1512-1789, a cura di M.P. Pedani, Padova 1996, pp. 757-824.
A. Arrighi, De vita et rebus gestis Caroli Ruzzini..., Patavii 1764; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, VII, Venezia 1974, pp. 366 s., VIII, 1975, pp. 21-27, 39 s., 45; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Firenze 1983, pp. 468-475, 588 s.; S. Andretta, La Repubblica inquieta. Venezia nel Seicento tra Italia ed Europa, Roma 2000, pp. 159, 170-181, 190 s., 193-195, 199; P. Preto, Venezia e i Turchi, Roma 2013, pp. 63, 66, 211, 296.