SALVIONI, Carlo
– Terzogenito di quattro figli, nacque a Bellinzona il 3 marzo 1858 da Carlo, proprietario di una tipografia e libreria, e da Martina Borsa.
Durante gli anni liceali (si iscrisse nel 1873 al ginnasio cantonale di Lugano) entrò in contatto con alcuni anarchici, Eliseo Reclus e Michele Bakunin, militando politicamente a Lugano e Bellinzona negli ambienti socialisti e internazionalisti. Nel 1875, a 17 anni e dopo appena due anni di liceo, si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università di Basilea, che abbandonò l’anno successivo per trasferirsi all’Università di Lipsia dove, già nel 1878, mutò indirizzo per seguire gli studi di indogermanistica e linguistica romanza. L’impegno politico continuò anche in Germania, come dimostrano i vari contatti di quegli anni con importanti personalità del socialismo tedesco, come Julius Motteler, August Bebel, Wilhelm Liebknecht. Gli studi di linguistica lipsiensi si svolsero tra il 1878 e il 1883, anni cruciali per il nuovo paradigma della scuola neogrammaticale di Karl Brugmann e Hermann Osthoff. Fu proprio il tema della tesi, discussa nel 1883, riguardante il dialetto di Milano (pubblicata poi dall’editore torinese Loescher, con data di frontespizio 1884: Fonetica del dialetto moderno della città di Milano) a costituire il punto di contatto con la dialettologia italiana nascente, radunata intorno all’Archivio glottologico italiano di Graziadio Isaia Ascoli (che Salvioni aveva conosciuto a Lipsia durante il terzo anno di studi, nell’autunno del 1880). Nel 1885 Salvioni conseguì a Torino, su proposta di Giovanni Flechia, la libera docenza e iniziò a insegnare storia comparata delle lingue classiche e neolatine, per passare poi nel 1889 all’Accademia scientifico-letteraria di Milano ma incaricato, con sua delusione, per le letterature neolatine (sulla cattedra che era stata di Pio Rajna), chiamato dal ‘Giove Ascoli’ (epiteto usato da Salvioni nelle lamentele all’italianista Angelo Solerti; Per Carlo Salvioni..., 2011, p. 7). Nel 1890 passò all’Università di Pavia come professore straordinario, di nuovo sulla cattedra di lingue neolatine.
Il soggiorno pavese fu particolarmente importante per la vita privata: nell’ottobre del 1892 Salvioni sposò Enrichetta Taveggia, da cui ebbe due figli, Ferruccio (1893) ed Enrico (1895), entrambi arruolati come volontari nell’esercito italiano e morti durante il primo conflitto mondiale (Ferruccio nel maggio 1916, presso Gorizia; Enrico, poco dopo, presso Cortina d’Ampezzo).
Dopo gli anni di insegnamento a Pavia, nel 1902 Salvioni succedette sulla cattedra milanese di Ascoli, di cui aveva ereditato l’anno prima anche la direzione dell’Archivio glottologico italiano e da cui si dimise nel 1905 (non è ancora del tutto chiarita la vicenda delle dimissioni e della rottura con Ascoli e quindi della successione di Pier Gabriele Goidànich).
Nel 1904 Salvioni presentò a Rinaldo Simen, capo del Dipartimento della pubblica educazione, il progetto per un Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana. Malgrado le difficoltà (il capo del Dipartimento era orientato ad accantonare la proposta per motivi finanziari), il Gran Consiglio approvò il progetto e i lavori preparatori ebbero inizio nel maggio del 1907. Con il suo allievo, Clemente Merlo, Salvioni organizzò per il Vocabolario.una sistematica campagna di rilevamenti sul campo, «la prima nel suo genere in ambito italo-romanzo» (Per Carlo Salvioni..., 2011, p. 5), attendendo all’opera fino alla fine, guidando e coordinando Merlo che nel 1920 gli successe nella direzione.
I lavori di Salvioni riguardano tutti i livelli e gli ambiti dell’analisi linguistica: fonetica e fonologia, morfologia, sintassi, lessico, etimologia, toponomastica e onomasiologia; varia risulta anche la provenienza e il tipo di documentazione (dagli studi su volgari antichi, in forma di commento linguistico, a testi letterari e documentari, editi e inediti; le fonti spaziano dalle epigrafi tardoimperiali alle carte latine medievali, ai dialetti studiati sul campo); vasta l’area geografica studiata: dalla Lombardia, antica e moderna, all’intera Italia settentrionale, dal Piemonte al Veneto, ai dialetti meridionali, al sardo e al còrso.
Come è stato sottolineato, l’atteggiamento di fondo e la caratteristica delle ricerche di Salvioni fu una vera religione del dato (Per Carlo Salvioni..., 2011, p. 4), dimostrato da un lungo e certosino lavoro di spoglio e di schedatura di fonti diverse e di escussione sul campo di materiali dialettali come testimoniano i fitti e numerosi schedari, conservati a Bellinzona presso il Centro di dialettologia e di etnografia e presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Nel primo periodo (ma non solo) prevalsero le recensioni e i commenti di testi antichi: Lamentazione metrica sulla passione di N.S. in antico dialetto pedemontano (Torino 1886), Il “Sermone” di Pietro da Barsegapè riveduto sul codice e nuovamente edito... (in Zeitschrift für romanische Philologie, XV (1891), pp. 429-492), Le annotazioni sistematiche alla “Antica parafrasi lombarda del Neminem laedi nisi a se ipso...” (in Archivio glottologico italiano, 1892, vol. 12, pp. 375-440; 1897, vol. 14, pp. 201-268), Il pianto delle Marie in antico volgare marchigiano (in Atti della R. Accademia dei Lincei, Rendiconti, classe di scienze morali, storica e filologiche, VII (1900), pp. 577-605), uno studio fondamentale sulla lingua di Bartolomeo Cavassico (v. Le rime di Bartolomeo Cavassico, notaio bellunese della prima metà del sec. XVI, I-II, Bologna 1893-1894), con varie escursioni extraitaliane (edizioni e commenti di testi valdesi e provenzali-catalani).
Fondamentali i lavori di illustrazione dialettale: dopo la Fonetica del dialetto moderno della città di Milano (Roma-Torino-Firenze 1884), seguirono i Saggi intorno ai dialetti di alcune vallate all’estremità settentrionale del Lago Maggiore (in Archivio glottologico italiano, 1886, vol. 9, pp. 188-260); importanti anche le ricerche sulla provenienza della colonia di Gombitelli e di San Fratello; alla caratterizzazione delle diverse sezioni del lombardo occidentale e alpino in area svizzera è dedicato Lingua e dialetti della Svizzera italiana (in Rendiconti del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XL (1907), pp. 720-736). Fondanti metodologicamente per la ricerca successiva gli studi etimologici: una buona prova è già il primo saggio onomasiologico, Lampyris Italica. Saggio intorno ai nomi della “lucciola” in Italia (Bellinzona [ma Milano] 1892); significative le Postille italiane al vocabolario latino-romanzo di Gustav Körting (in Memorie del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, classe di lettere, scienze storiche e morali, s. 3, XI (1896), 5, pp. 255-278) e, tre anni dopo, le Nuove postille (in Rendiconti del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXXII (1899), pp. 129-158) e, ancora oggi indispensabili, le Postille italiane e ladine al Vocabolario etimologico romanzo di Wilhelm Meyer-Lübke (in Revue de dialectologie romane, IV (1912), pp. 88-106, 173-240). Accanto alle Postille una moltitudine di note e Noterelle, appunti etimologici e lessicali, spigolature e chiose, Bricciche, dal Glossario del dialetto d’Arbedo (Bellinzona 1895) fino agli articoli degli ultimi anni, cui devono essere aggiunti, inoltre, alcune ricerche di etimologia toponomastica, vari articoli di fonetica e morfologia, insieme con accurate bibliografie dialettali (per es.empio nel Bullettino della Società dantesca). Salvioni fu tra i primi assertori nella concezione dell’italianità dei dialetti grigionesi, considerando la cosiddetta unità ladina come un insieme di aree conservative con vari tratti già anticamente condivisi con l’italo-romanzo settentrionale (Ladinia e Italia, in Rendiconti del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, L (1917), 1, pp. 42-78).
Quando nel 1909 si avviava l’allestimento di un Atlante dialettologico italiano, Salvioni fece parte della commissione dei lavori preparatori, ma solo per poco tempo, fino al 1910.
La collaborazione sin dal 1912 al settimanale Adula, foglio che aveva posizioni irredentiste e critiche nei confronti dell’autorità federale, lo espose al rischio di sospensione dei sussidi di Berna al Vocabolario.
Per sua natura frammentario e più portato all’analisi che alla sintesi, Salvioni si dedicò con passione anche all’edizione e alla biografia del poeta milanese Carlo Porta, ma non portò a termine l’edizione, in cantiere sin dal 1898, che rimase tra i progetti incompiuti (Sanfilippo, 1979, pp. 19-21), insieme con il Vocabolario etimologico italiano, per l’editore Winter di Heidelberg, di cui restano molti materiali sparsi (p. 16), e alla grammatica italiana promessa all’editore Teubner di Lipsia.
Al culmine della carriera accademica, la fama di Salvioni è attestata dalla sua appartenenza quale socio a istituzioni prestigiose come la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, l’Accademia nazionale dei Lincei (socio dal 1913), l’Accademia delle scienze di Torino, l’Accademia della Crusca (dal 1914), l’Istituto lombardo di scienze e lettere (di cui fu vicedirettore dal 1918 al 1920); nel 1917 si fregiò del titolo di commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia. Ebbe anche altri incarichi prestigiosi: fu senatore del Regno dal 1889 e, dal 1895, membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.
Degli ultimi anni – quelli in cui Salvioni fu preso anche dalla preparazione di un volume in memoria dei due figli morti al fronte – si ricordano le sue posizioni pubbliche in senso nazionalistico (la partecipazione alle manifestazioni interventiste nel 1915), decisamente di segno opposto a quelle degli anni giovanili in cui era stato in contatto con i rappresentanti del socialismo e anarchismo europeo.
Dopo quattro anni segnati dalla morte dei figli e dalla malattia della moglie, Salvioni morì improvvisamente a Milano il 20 ottobre 1920.
Opere. Gli scritti di Salvioni sono stati riuniti, da ultimo, in Scritti linguistici, a cura di M. Loporcaro et al., I-V, Locarno 2008 (con bibliografia degli scritti, a cura di R. Broggini - L. Pescia - P. Vecchio, V, pp. 115-137).
Fonti e Bibl.: Le carte di Salvioni e la biblioteca sono state donate dalla moglie, deceduta nel 1929, alla Biblioteca Ambrosiana di Milano; i beni immobili all’Accademia scientifico-letteraria per ricavarne borse di studio; materiali e corrispondenze ancora inedite sono conservati a Bellinzona, in vari archivi privati e a Roma, Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei, Carte Ascoli.
B. Terracini, C. S., in Archivio glottologico italiano, 1922, vol. 18, pp. 586-600; C. Merlo, C. S., in L’Italia dialettale, XXII (1958), pp. 185-208; G. Contini, Modernità e storicità di C. S., in Archivio storico ticinese, 1961 (marzo), n. 5, pp. 209-218; T. Bolelli, C. S., in Letteratura italiana. I critici. Per la storia della filologia e della critica moderna in Italia, a cura di G. Grana, II, Milano 1969, pp. 1319-1331; C.M. Sanfilippo, Carteggio Rajna-S., Pisa 1979; M. Pfister, C. S. (1858-1920), in Les linguistes suisses et la variation linguistique, Actes d’un Colloque... 1994, a cura di J. Wüest, Basilea 1997, pp. 83-94; C. S. e la dialettologia in Svizzera e in Italia, Atti del Convegno... 2008, a cura di M. Loporcaro - F. Lurà - M. Pfister, Bellinzona 2010; Per C. S. nel centocinquantenario della nascita, a cura di M. Loporcaro, Tübingen-Basel 2011.