SCRIBANI, Carlo
– Nacque a Bruxelles il 21 novembre 1561, figlio di un nobile italiano, Ettore, e di una nobildonna di Gand, Maria Vander Beke, sposatisi nel 1560.
Il padre, piacentino, apparteneva a una famiglia con ramificazioni in diverse parti d’Italia e giunse nel Nord Europa (1559) al seguito di Margherita di Parma, di cui era medico, diventando poi intimo anche del duca Alessandro Farnese. Si stabilì a Bruxelles, dove si fece fabbricare una casa signorile presso la porta di Lovanio. La madre annoverava tra i fratelli Laevinus Torrentius, umanista, poeta e vescovo di Anversa (1582-93).
Carlo ricevé un’educazione consona alle origini nobili della famiglia con un precettore privato. Proseguì gli studi presso l’umanista Antoine Sylvius, di Vilvoorde, luogo caro allo zio materno Torrentius che lì era stato consacrato sacerdote. Il rapporto con gli esponenti dell’umanesimo fiammingo e la frequentazione della corte farnesiana contribuirono al suo arricchimento culturale, rendendolo edotto in più lingue: oltre all’olandese e all’italiano imparò lo spagnolo e il francese. Ebbe così modo di entrare in contatto con quel mondo di relazioni e di pratiche cortigiane che coltivò per tutta la vita, allacciando rapporti con i protagonisti delle complesse vicende di quei decenni (fu amico, tra gli altri, di Enrico Puteano, Peter Paul Rubens, Antoon Van Dyck). Da queste esperienze trasse materia di riflessione per i suoi scritti.
Erano gli anni del conflitto militare aperto, sia in Francia sia nei Paesi Bassi, tra cattolici e calvinisti, che nel 1576 occuparono Bruxelles costringendo all’esilio gli spagnoli e i loro alleati. Fu in questa circostanza che anche gli Scribani vennero colpiti nei loro beni, a causa degli espropri per motivi religiosi. Il quindicenne Carlo trovò probabilmente rifugio presso lo zio Torrentius a Liegi, dove ricevette la tonsura nel 1578. Si iscrisse quindi al collegio gesuitico Tricoronato di Colonia su consiglio dello zio, suo tutore dalla morte della madre nel 1579. Terminati gli studi a Colonia fu promosso maestro d’arti (6 marzo 1582) e undici giorni dopo fece il suo ingresso nella Compagnia di Gesù, nel noviziato di Treviri. Di lì fu mandato l’anno successivo in Alsazia, a Molsheim, dove insegnò umanità e retorica fino al 1584.
Fu quindi professore, sempre di retorica, nel collegio di Liegi (1585-87), e seguì infine i corsi di teologia a Lovanio (1587-91), avendo come maestro Giusto Lipsio, di cui divenne grande estimatore, fino a dedicargli alla morte (1606) un’opera, Iusti Lipsi defensio postuma, contro le accuse dei calvinisti che non gli avevano perdonato la conversione al cattolicesimo.
Fu ordinato sacerdote dallo zio Torrentius l’11 aprile 1590 ad Anversa. Insegnò quindi filosofia nel collegio di Douai nel 1591-93. Fu rettore del collegio di Anversa (dopo esserne stato prefetto agli studi) dal 1598 al 1607 e in quel periodo divenne padre professo (10 agosto 1599, Lovanio).
In quegli anni iniziò a scrivere e a mandare alle stampe le sue prime opere di carattere controversistico. Del 1602 è l’Ars mentiendi calvinistica, in cui dimostrò le false accuse di sodomia che portarono alla condanna a morte il gesuita Henry Mangot, bruciato vivo ad Anversa il 12 aprile 1601. Nel 1605 uscì l’Amphiteatrum honoris in quo Calvinistarum in Societatem Jesu criminationes iugulatae, sulle guerre di religione in Francia, che conteneva espressioni di ammirazione per Enrico IV di Borbone. Accolto favorevolmente dal sovrano francese che propose di concedere al gesuita la naturalizzazione, il libro suscitò le reazioni negative di calvinisti e parlamentari come Luis Servin, che lo giudicarono pericoloso e da bruciare (ancora nel Settecento Scribani venne ricordato, con riferimento proprio a quest’opera, come uno dei sostenitori del tirannicidio). Nel 1609-1612 furono pubblicati i tre volumi dell’Ortodoxae Fidei Controversa, nel clima polemico per gli attacchi protestanti contro il culto dei santi e delle reliquie.
Dopo essere stato rettore della casa professa di Anversa (1607-12), che contribuì a fondare e a munire di una nuova chiesa, divenne padre superiore della neocostituita provincia flandro-belgica, ruolo che ricoprì dal dicembre del 1613 al settembre del 1619.
Visse gran parte della sua vita ad Anversa, cui dedicò l’omonima opera Antverpia, del 1610, poi ampliata in Origines Antverpiensium. Il testo, redatto in occasione della tregua dell’aprile 1609, per la quale Scribani espresse tutta la propria soddisfazione, descrive la città, i suoi ceti, gli usi e costumi della popolazione, le attività economiche, la sua ricchezza culturale e artistica: un luogo, nelle sue intenzioni, fulcro della riconquista cattolica del Nord Europa.
Come padre provinciale (al governo di una comunità di 712 gesuiti nel 1618; ARSI, Flandro-belgica, 51, c. 192r, lettera annua) promosse la fondazione di nuovi collegi, riorganizzò quelli esistenti, si occupò delle missioni nei territori olandesi e in area inglese, e partecipò a Roma, in qualità di segretario, alla settima congregazione generale della Compagnia di Gesù (novembre 1615 - gennaio 1616). Mise a frutto e trasmise le competenze acquisite nel corso delle molteplici esperienze svolte all’interno dell’Ordine pubblicando nel 1619 Superior religiosus de prudenti ac religiosa gubernatione. Dal 1619 al 1625 fu rettore del collegio di Bruxelles: in questo periodo il suo impegno di scrittore si mosse tra interessi spirituali e questioni politiche, per le quali non mancarono richiami alla prudenza da parte del padre generale preoccupato soprattutto delle conseguenze delle sue pubblicazioni in terra francese.
Le sue opere d’ascesi e morale (Philosophus christianus uscì nel 1614, Amor divinis nel 1615, Adolescens prodigus succumbit vitiis, redit a se et in omnem aetatem ac fortunam a virtute istruitor nel 1621 e infine Christus patiens nel 1629) si alternarono ai testi per i quali raggiunse fama e notorietà nell’Europa cristiana del primo Seicento: quelli di carattere politico. Redatti in latino nel contesto dei conflitti religiosi che contrapposero cattolici e calvinisti, questi scritti, talora nella forma vivace di veri e propri pamphlet, vennero presto tradotti in lingua volgare (olandese, francese, italiano, spagnolo, tedesco). In essi Scribani manifestò apertamente il proprio sostegno verso i sovrani iberici, i loro ministri e generali (con Ambrogio Spinola ebbe una stretta relazione e fu in pratica suo consigliere) e i principi cattolici del Sacro Romano Impero. Profonde in particolare furono la stima e l’ammirazione per l’allora governatore dei Paesi Bassi spagnoli, l’arciduca d’Austria Alberto (già arcivescovo e cardinale), e per sua moglie Isabella Clara Eugenia, figlia di Filippo II.
Nella veste di scrittore di cose politiche usò diversi pseudonimi, come quello di Clarus Bonarscius (sorta di anagramma del suo nome e cognome): Vincenzo Lancetti (Pseudonima ovvero tavole alfabetiche dei nomi finti o supposti..., Milano 1836, p. XXVII) lo annoverò tra gli «pseudonimi politici, il cui scopo è di nascondersi per timor de’ Governi»; ma non è da dimenticare il ricorso dei gesuiti a tale espediente per sfuggire, semmai, alle censure imposte alla pubblicazione di testi su questi argomenti dal preposito generale della Compagnia.
Tra le sue opere politiche più note vi è Politicus christianus (1624). Dedicato al giovane Filippo IV (ma non nell’edizione francese dell’anno successivo), lo scritto uscì nel clima arroventato della guerra dei Trent’anni.
La scelta antiasburgica del cardinale de Richelieu, pronto a sostenere il duca di Palatinato contro il principe di Baviera e oggetto di feroci attacchi da parte dei cattolici filospagnoli e di una parte della Compagnia (inclini a sollecitare la nobiltà francese a una ribellione contro il primo ministro e la Corona), e le pubblicazioni anonime a sfondo politico di altri gesuiti, come Adam Contzen confessore del duca di Baviera, o Antonio Santarelli, autore di un testo sul potere indiretto del papa, contribuirono a inacerbire le polemiche attorno alle sue idee. Il testo di Scribani, tra i numerosi pubblicati nel Seicento sui temi della gestione dello Stato e delle pratiche di governo proprie del principe cristiano, sollevò a Parigi molte reazioni negative anche per la sfacciata esaltazione del giovane Filippo IV, accompagnata da riferimenti critici pungenti verso Luigi XIII. Le polemiche furono l’occasione anche di uno scontro interno alla Compagnia che coinvolse, con il pontefice Urbano VIII e il padre generale Muzio Vitelleschi, i confessori gesuiti dei diversi principi e sovrani cattolici in un dibattito fatto di scritti anonimi, richiami alla prudenza, corrispondenze polemiche, in cui furono sollevati interrogativi sul diritto di destituzione di un re alleatosi coi protestanti e dunque sul diritto del popolo di opporgli resistenza.
L’opera comparve pressoché in contemporanea con altri testi dello stesso tenore come Veridicus belgicus e Apocalypsis batavica, entrambi sulla rivolta olandese, redatti probabilmente nel 1624 e poi disseminati ovunque in Europa a stampa e manoscritti, in latino e volgare, sotto falso nome o anonimi, in edizioni complete o in formati ridotti (come richiesto dagli intellettuali locali): non solo tuttavia due scritti polemici, ma anche il tentativo pragmatico e realistico di Scribani, pur all’interno della fedeltà spagnola e cattolica, di considerare una possibile «tolleranza verso le differenti fedi», soprattutto se «a vantaggio dei Paesi Bassi, terra che amò profondamente» (Vanwelden, 2013, p. 35; ARSI, Flandro-belgica, 3, p. 161, nota a margine della lettera del padre generale del 23 nov. 1613).
Trascorse i suoi ultimi anni presso la casa professa di Anversa, dove morì il 24 giugno 1629.
Fonti e Bibl.: Per le fonti inedite si rimanda in particolare ai seguenti fondi dell’Archivum Romanum Societatis Iesu [ARSI]: Belgio, 43, cc. 3v, 10v, 17r, 29r, 37r, 55v, 265r, 301v, 309r, 348r, 359r; Flandro-belgica, 3, pp. 110, 161, 193 s., 201, 203, 212a, 229, 230, 237 s.; 4 I, pp. 543, 611; 4 II, pp. 637, 659, 722, 742, 772, 800; 9, cc. 218r, 259r, 345r; 51, Historia Institutum, 167, cc. 15-18; Congregationes provinciarum, 54, cc. 115r-126v, 140v; Fondo gesuitico, 83, cc. 410r-417r.
Per le voci biografiche, C. Sommervogel, Scribani Charles, in Id., Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, VII, Bruxelles-Paris 1896, pp. 982-990; V. Brants, Scribani Charles, in Biographie nationale de Belgique, XXII, Bruxelles 1920, coll. 116-129; H. Fouqueray, Histoire de la Compagnie di Jésus en France des origines à la suppression (1528-1762), III, Paris 1922, pp. 69-73. La conoscenza della vita e delle opere di Scribani deve gran parte del proprio avanzamento agli studi di L. Brouwers, Carolus Scribani S.J. 1561-1629. Een groot man van the Contra-Reformatie in the Nederlanden, Antwerp 1961; su cui, con spirito critico, B.A. Vermaseren, Le P. Charles Scribani, S.J. (1561-1629). À propos d’une étude récente, in Revue d’Histoire ecclesiastique, LIX (1964), pp. 101-112; inoltre Brieven van Carolus Scribani S.J. (1561-1629), a cura di L. Brouwers, Antwerp 1972; L. Brouwers - J.F. Gilmont, Carolus Scribani, Bruxelles 1977. Ai suoi volumi fanno riferimento anche le più recenti voci di dizionari biografici come, dello stesso Brouwers, Scribani, Carolus, in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús, a cura di Ch.E. O’Neill - J.M. Domínguez, IV, Rome-Madrid 2001, p. 3541. Di fondamentale importanza, per il contesto storico in cui Scribani operò, sono i lavori di R. Bireley, The Counter Reformation prince: anti-Machiavellianism or Catholic statecraft in early modern Europe, Chapel Hill-London 1990, pp. 162-187, e The Jesuits and the Thirty Years War. Kings, courts, and confessors, Cambridge 2003, ad vocem. Per approfondimenti più recenti: R. Dekoninck, Entre pathos et ethos. Le méditations de Carolus Scribanius S.J. sur la peinture anversoise du XVIe siècle, in L’histoire de l’histoire de l’art septentrional au XVIIe siècle, Turnhout 2009, pp. 139-154; S. Vanwelden, Carolus Scribani’s Veridicus Belgicus and Apocalypsis Batavica. The dissemination of two controversial pamphlets on the Dutch Revolt, in The Gulden Passer, XCI (2013), pp. 21-36.