UCEKAR, Carlo
UCEKAR (Ulzhakar), Carlo. – Nacque a Trieste l’11 novembre 1854 da Matteo Ulzhakar (così anche Carlo risulta registrato all’anagrafe), addetto alle pulizie, e da Antonia Schiuko, lavandaia, entrambi provenienti da Lubiana.
Restò presto orfano di padre e all’età di quattordici anni entrò come apprendista compositore nello stabilimento tipografico dei Lloyd, dove lavorò per il resto della vita.
Di sentimenti italiani, fin da giovane fu coinvolto nel movimento irredentista e fece parte di una società segreta di studenti e operai costituita da Giacomo e Vittorio Venezian. In quel contesto conobbe Guglielmo Oberdan e ne divenne amico; nel luglio del 1878 prese parte all’organizzazione della sua fuga dalle caserme triestine, quando Oberdan riuscì a sottrarsi alla chiamata austriaca alle armi contro la ribellione in Bosnia ed Erzegovina e a rifugiarsi in Italia.
Nel 1883 Ucekar aderì alla Società operaia triestina, un’organizzazione di orientamento laico e democratico diretta a favorire il mutuo soccorso fra gli operai e a promuoverne il benessere morale e materiale; nel corso degli anni Ottanta la Società operaia, inizialmente priva di caratterizzazioni di tipo nazionale, alimentò uno spirito di mobilitazione a difesa dell’italianità. Ucekar fu presto conquistato alle idee socialiste, anche grazie alla vicinanza con un altro operaio tipografo triestino, Antonio Gerin, tornato nel 1887 dall’Italia dove era entrato in contatto con il movimento operaio. Uomo mite e di costituzione gracile, Ucekar si affermò in quegli anni come capo indiscusso del nascente movimento operaio triestino e, secondo unanimi testimonianze, seppe conquistare grande seguito e popolarità tra i ceti proletari, così come la stima di compagni e avversari politici: la stessa Direzione di polizia lo definì «l’immensamente amato dirigente operaio» (Cattaruzza, 1998, p. 35); si dedicò da autodidatta alla sua personale crescita culturale e politica, consapevole di dover poi trasmettere le conoscenze e contribuire alla formazione dei compagni di militanza, i «suoi discepoli», come scrisse Angelo Cabrini (Prefazione a Domokos, 1902, p. 9).
L’11 novembre 1885 sposò a Trieste Orsola Plahuta (Trieste, 1853-1898); alcune ricostruzioni della vita di Ucekar, a partire dal volume su Oberdan (Socchi, 1926) indicano invece in Carolina Crammer il nome della moglie, una sartina processata e condannata a un anno e mezzo di carcere nel 1882 per apologia dell’irredentismo.
Non risultano riscontri anagrafici su Crammer, ma poiché le narrazioni delle vicende principali attraversate dalla famiglia coincidono con i dati rilevati all’anagrafe, si può ipotizzare l’uso di un nuovo nome e cognome da parte di Plahuta. La coppia ebbe cinque figli: Carlo, Beatrice, Antonia, Marcello e Maria, di cui due morti in tenera età.
Nel 1888, con Gerin e un piccolo gruppo di operai, Ucekar fondò a Trieste la Confederazione operaia, la prima organizzazione legata organicamente al movimento socialista austriaco. Lui stesso avrebbe evocato, in un celebre articolo dal titolo Lo sviluppo dell’idea socialista nelle nostre terre (1899), la situazione embrionale del movimento operaio triestino all’inizio degli anni Ottanta, che solo con la nascita della Confederazione avrebbe superato sia la natura assistenziale e filantropica delle precedenti associazioni, sia gli opposti nazionalismi; la difesa degli interessi economici era stata trascurata «a fronte della questione nazionale, abilmente sfruttata dalla classe capitalistica e dall’istesso governo per tenere divisi e sottomessi gli operai», mentre la Confederazione aveva «tutto il carattere di una lega internazionale atta a combattere il nazionalismo intransigente» (p. 87). La società si articolò infatti in tre sezioni, italiana, tedesca e slovena, si dotò di un giornale e di una biblioteca con libri di tutte e tre le lingue; fu attiva nel sostegno alle lotte per la riduzione d’orario, l’aumento dei salari e l’allargamento del diritto di voto. Nel corso della sua militanza gli fu rimproverata, come ricordò ancora Cabrini, la mancanza di energia nel reprimere manifestazioni «eccessive», per esempio tollerando la coesistenza di elementi anarchici o estremisti, allora molto attivi nel movimento, ma «chi pensa alle condizioni individuali dell’uomo, astretto a faticoso lavoro da mattina a sera [...] non potrà fargli colpa se a volte non poté obbligare a disciplina col pugno di ferro; se altre volte credette di non potere – senza pericolo di venir frainteso con danno, prima che suo, della propaganda – imporre moderazione o misura» (Domokos, 1902, p. 9).
Nel 1890 Ucekar subentrò a Gerin alla presidenza della Confederazione, una sostituzione ricondotta anche alle doti peculiari di Ucekar, uomo calmo e riflessivo, in grado di mediare e di esercitare il suo «fascino» sui compagni (Piemontese, 1974, pp. 65 s.).
La Confederazione venne sciolta dalla Luogotenenza nel 1891 per aver travalicato i limiti delle funzioni statutarie invitando gli operai, che non avevano diritto di voto, a fare propaganda per i candidati che avessero accettato di sostenere il programma minimo del Partito socialista austriaco. Nello stesso anno Ucekar partecipò al congresso socialista di Vienna; poco portato alle riflessioni teoriche, nel suo intervento espose l’attività della Confederazione sottolineando l’apporto dei lavoratori di lingua tedesca.
Dopo lo scioglimento della Confederazione il movimento si frantumò seguendo derive nazionali, con tensioni potenzialmente divisive che riemersero ad esempio nei confronti della componente slovena dell’organizzazione socialdemocratica triestina, rappresentata da Ludvig Zadnik, ritenuto troppo ‘nazionale’, anche a fronte del fatto che, scrisse Ucekar facendo trapelare un suo sentire, lui aveva invece «sacrificato tale principio per la nuova causa» (Cattaruzza, 1998, p. 45).
Nel 1894 Ucekar fondò la Lega socialdemocratica, della quale fu presidente, che costituì un passo decisivo verso un assetto organizzativo di carattere decisamente politico e partitico sul modello austro-tedesco. Dal febbraio del 1895 la Lega si dotò di un organo di stampa, Il Lavoratore (che da bimensile divenne settimanale e poi quotidiano), strumento considerato da Ucekar fondamentale per il successo della propaganda socialista e del quale fu coeditore. La Lega poteva agire solo nell’ambito del Litorale e per aver stretto contatti con altri comitati socialdemocratici, per la sua attività di propaganda (in particolare per l’organizzazione di comizi improvvisati), così come a causa della sua partecipazione al congresso socialista di Vienna del 1897, Ucekar subì più volte diffide dalla polizia. Espressione di un socialismo che comunque conservava ancora una forte impronta locale, fu candidato da una pluralità di associazioni di mestiere e da delegati operai delle industrie cittadine alle elezioni politiche del 1896, le prime a svolgersi dopo la riforma Badeni che introduceva, accanto alle quattro curie censuarie, una quinta curia a suffragio universale maschile. Gerin, rappresentante ufficiale del partito con solidi rapporti a Vienna, fu invece candidato in Istria. Ucekar, che si contrapponeva al candidato liberal-nazionale, non fu eletto, ma ottenne un’affermazione soddisfacente raccogliendo 4464 voti; un analogo risultato ebbe nelle successive elezioni politiche, nel 1901. Queste campagne elettorali costituirono momenti importanti per la maturazione e il radicamento del movimento socialista e posero le premesse della successiva vittoria elettorale socialista nelle elezioni del 1907.
Nel 1898 Ucekar fu confermato presidente della Lega socialdemocratica, ancora grazie alle sue doti di capo capace di dialogare, ma anche di tenere testa ai tentativi di incrinare l’internazionalismo del socialismo triestino, perseguiti dall’avvocato Riccardo Camber.
Si distinse per la sua capacità di gestire episodi di scontro con i clericali, imponendo momenti di confronto sui programmi, come avvenne nel 1898 in occasione delle conferenze tenute dal gesuita Antonio Pavissich, sacerdote di origine croata e simpatizzante del nazionalismo slavo, che avevano suscitato violente manifestazioni in città; Ucekar lo invitò a parlare nella sede della Lega socialdemocratica, coinvolgendolo in un contraddittorio dove la difesa del socialismo dalle accuse di essere ‘anticristiano’ venne sostenuta dagli oratori in un clima civile, di rispetto della controparte.
Nel 1898 morì improvvisamente sua moglie e l’anno successivo il figlio Carlo, diciassettenne, due lutti che lo prostrarono, ma che non gli impedirono di riprendere dopo un certo tempo la lotta politica. Nel 1902 entrò a far parte dell’esecutivo della sezione italiana-adriatica del Partito operaio socialista in Austria, di cui era segretario Valentino Pittoni, che in seguito raccolse la sua eredità politica di capo indiscusso del socialismo triestino. Nel febbraio del 1902, appena uscito dal carcere dove aveva scontato una pena per una riunione non autorizzata, fu protagonista delle lotte dei fuochisti del Lloyd, culminate in uno sciopero generale e in una violenta repressione poliziesca. Gli operai lo vollero nel collegio arbitrale nominato per comporre la vertenza, che si concluse positivamente con l’accoglimento delle richieste operaie.
Provato da una militanza continua e senza risparmio di energie, morì pochi mesi dopo lo sciopero generale, l’11 maggio 1902, mentre si trovava in osteria al termine di una riunione di tipografi.
Il giorno del funerale, al quale parteciparono migliaia di persone, fu proclamato il lutto cittadino e il quotidiano Il Piccolo gli dedicò un lungo necrologio, ricordando il suo profilo di uomo e di politico, amato dai suoi compagni e rispettato dagli avversari.
Opere. Lo sviluppo dell’idea socialista nelle nostre terre, in Almanacco socialista per l’anno 1899, Trieste 1899, pp. 87-95.
Fonti e Bibl.: L. Domokos, Trieste. I fatti di febbraio. La politica nazionale e il partito socialista, Roma 1902; Il Piccolo, 12 maggio 1902, necrologio; A. Socchi, Guglielmo Oberdan, Trieste 1926; E. Maserati, Il movimento operaio a Trieste dalle origini alla prima guerra mondiale, Varese 1973; E. Piemontese, Il movimento operaio a Trieste, Roma 1974; E. Collotti, U. C., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, V, 1853-1943, Roma 1978; M. Cattaruzza, Socialismo adriatico. La socialdemocrazia di lingua italiana nei territori costieri della monarchia asburgica: 1888-1915, Roma 1998.