ZAMBECCARI, Carlo.
– Nacque presumibilmente a Bologna poco dopo la metà del Trecento, da Cambio di Paolo, dottore in diritto civile, e da Belda di Vianino Lanzavecchia.
Il 23 luglio 1382, ottenuta una dispensa dalla norma che vietava di esaminare più di un cittadino bolognese l’anno, superò con il consenso unanime del collegio dei dottori l’esame privato di diritto civile; il 6 ottobre conseguì la licenza pubblica e ottenne le insegne del dottorato. Il giorno successivo sposò Caterina di Giacomo di Niccolò drappiere (v. la voce in questo Dizionario), dalla quale ebbe Cambio, Masio, Bartolomeo, Galeazzo, Bonifacio, Carlo e almeno due figlie, Bartolomea e Lucrezia, che poi sposarono rispettivamente Carlo da Saliceto e Brandiligi Gozzadini.
Negli anni successivi completò la sua formazione giuridica seguendo i corsi di alcuni fra i maggiori canonisti dell’epoca – Gaspare Calderini, Lorenzo del Pino, Giovanni Fantuzzi – e superò dapprima l’esame privato di diritto canonico, anche in questo caso con il consenso unanime dei dottori collegiati (28 marzo 1387), quindi l’esame pubblico (10 giugno 1387) che gli aprì la strada di una brillante carriera universitaria. Infatti, dopo alcune sporadiche presenze come docente di diritto civile – la lettura del Volumen nel 1383-84 e nel 1385-86, la lettura straordinaria dell’Infortiatum nel 1387-88 –, il suo ruolo didattico si precisò meglio come docente di diritto canonico grazie all’affidamento della lettura del Sextus e delle Clementine nel 1387-88, con lo stipendio di cento lire, lo stesso accordato a docenti affermati come Antonio da Budrio e Floriano Sampieri, e della lettura delle Decretali dal 1392 al 1399. Sul finire degli anni Ottanta, fu incorporato, fatto molto raro, sia nel collegio dei dottori di diritto canonico sia in quello dei dottori di diritto civile e nel corso dell’ultimo decennio del secolo, nonostante i crescenti incarichi pubblici, fu spesso impegnato nella presentazione agli esami finali di studenti provenienti da varie regioni d’Europa. Nel collegio dei civilisti ricoprì più volte il ruolo di priore (gennaio-febbraio 1394, novembre-dicembre 1396, luglio-agosto 1398); in un’occasione (primo semestre del 1399) fu anche priore dei canonisti.
Nel 1387, Zambeccari mosse i primi passi nella vita pubblica come ambasciatore del Comune di Bologna inviato a Firenze nel mese di maggio e in Lombardia a ottobre, e come avvocato dello stesso Comune in una vertenza con il marchese d’Este in dicembre. Nello stesso anno entrò a far parte del Consiglio dei Seicento, l’organo più rappresentativo del regime del Popolo e delle Arti, annoverato tra i membri del quartiere di Porta Stiera.
Il 30 gennaio 1388, con altri esponenti dell’oligarchia cittadina, entrò a far parte del collegio straordinario dei Dieci di Balìa, appositamente creato dal Consiglio generale per tutelare il regime ‘popolare’ e, soprattutto, per far fronte alla minaccia viscontea ma trasformatosi, in breve tempo, nel principale organo di governo cittadino.
Al collegio, composto da quattro banchieri, tre notai, due mercanti e un solo dottore dello Studio, furono attribuite competenze importanti, quali la gestione dei rapporti con le altre entità politico-territoriali, l’arruolamento e la gestione delle milizie, un’ampia capacità di spesa e la facoltà di emettere provvedimenti coercitivi; inoltre, la capacità di governo del nuovo organismo fu amplificata dal fatto che la scadenza del mandato dei suoi componenti, inizialmente fissata in nove mesi, fu aggirata con il ricorso a continui rinnovi in modo da garantire la permanenza al potere degli stessi personaggi fino all’ottobre del 1392, ovvero per quasi cinque anni, durante i quali non furono sostituiti nemmeno i tre membri che erano venuti nel frattempo a mancare.
Quegli anni videro anche l’avvio della costruzione della nuova basilica di San Petronio e la concessione del vicariato pontificio a favore del collegio degli Anziani consoli.
In questo contesto, Zambeccari si trovò a gestire affari molto delicati come la riforma del corpus statutario e l’adesione alla lega promossa da Firenze contro le compagnie di ventura nel 1389, la tutela legale del Comune in qualità di avvocato nel 1390, i rapporti diplomatici con alcuni dei principali centri di potere con i quali Bologna aveva stretto relazioni stabili (Ferrara, Firenze, Mantova) e presso i quali si recò più volte come ambasciatore tra il 1391 e il 1394.
Il 9 ottobre 1392, quando il Consiglio generale decise di sostituire i Dieci di Balìa con gli Otto della pace, senza mutarne le competenze, Zambeccari fece parte del nuovo organismo fino al 15 aprile dell’anno successivo quando, scaduto il mandato semestrale, fu sostituito con un altro giurista, Ugolino Scappi, vicino alle sue posizioni.
Pochi mesi dopo, nel settembre del 1393, un tumulto popolare contro i partigiani di Scappi e di Zambeccari, accusati di voler controllare le procedure elettorali che portavano alla nomina degli ufficiali comunali e, in particolare, quelle dei correttori della società dei notai, fu abilmente sfruttato dalla fazione degli Scacchesi per colpire i principali esponenti della fazione avversa, i Maltraversi: Scappi e Iacopo Oretti furono espulsi dalla città, mentre Zambeccari e i suoi più fidati collaboratori, tra i quali spiccavano Giacomo Griffoni, Nicola Zambeccari, Opizzo e Liazaro Liazari, furono esclusi per tre anni dalle magistrature cittadine e dagli organi consiliari. Tuttavia, tali provvedimenti furono annullati dopo pochi mesi, quando ci si rese conto che la divisione avrebbe danneggiato gli interessi dell’oligarchia cittadina e riaperto la via alla richiesta di maggiore coinvolgimento delle organizzazioni popolari nella gestione degli affari pubblici. Si giunse così a una composizione e all’istituzione, il 26 dicembre 1393, di un nuovo organo di governo, il collegio dei Sedici riformatori dello stato di libertà, nel quale furono inclusi alcuni membri di estrazione popolare e i principali esponenti delle due fazioni dell’oligarchia cittadina: Nanne Gozzadini e Zambeccari.
Il nuovo organo di governo, nonostante il coinvolgimento di esponenti di alcune fra le principali corporazioni, più che alla riforma degli ordinamenti comunali fu chiaramente volto alla conservazione del regime oligarchico. Accentrato il reale potere decisionale, svolse pertanto la funzione di camera di compensazione degli interessi delle diverse fazioni, ovvero di gruppi socialmente compositi e politicamente instabili, solo vagamente riconducibili alla vecchia distinzione tra Scacchesi e Maltraversi. Nell’insieme assicurò in tal modo un quinquennio di relativa stabilità del governo cittadino e il cristallizzarsi di un gruppo di potere socialmente omogeneo, composto da banchieri, mercanti, notai e dottori dello Studio.
L’equilibrio fra le diverse componenti dell’oligarchia cittadina si spezzò nella primavera del 1398, quando Zambeccari, temendo un colpo di mano degli avversari che, avendo la maggioranza in seno al consiglio degli Anziani consoli, avevano imposto una serie di riforme poco gradite alla sua parte, organizzò un tumulto popolare. Il 6 maggio, occupò la piazza del Comune con una nutrita comitiva di armati e fece bruciare alcuni registri con le provvigioni approvate dalla fazione avversa e le liste con i nomi di quanti avrebbero dovuto ricoprire incarichi pubblici nei mesi successivi; quindi fece convocare a palazzo il suo avversario, Gozzadini, con il quale, grazie alla mediazione del gonfaloniere di giustizia Matteo Griffoni, raggiunse un accordo sigillato con due promesse di matrimonio: una figlia di Bonifacio Gozzadini, fratello di Nanne, avrebbe sposato Giovanni figlio di Giacomo Griffoni; Lucrezia Zambeccari, figlia di Carlo, avrebbe sposato Brandaligi figlio dello stesso Bonifacio.
L’intesa celava in realtà l’abile disegno di Zambeccari che mirava ad assicurarsi la maggioranza dei componenti negli organi di governo, a scompaginare la fazione avversaria e a rafforzare la sua posizione consentendo il rientro in città degli esuli della parte maltraversa (Bartolomeo e Giacomo da Saliceto, Giacomo Isolani, Piernicola Albergati e alcuni membri della famiglia Galluzzi) e facendo esiliare alcuni esponenti della fazione avversaria, primo fra tutti Francesco Ramponi, famoso docente di diritto che godeva di un largo seguito anche negli strati medio bassi della società bolognese e che fu costretto a lasciare la città il 20 gennaio 1399.
Zambeccari, forte del consenso assicurato fino a quel momento da gruppi socialmente importanti come i maestri dello Studio e i banchieri, prese il controllo delle magistrature comunali attraverso la nomina di uomini fidati, dando così avvio a una signoria larvata che non tardò a suscitare congiure e rivolte, tutte represse con interventi di natura militare, tali comunque da non esasperare la divisione interna al ceto magnatizio, e con provvedimenti destinati a placare la protesta popolare, come la distribuzione di generi alimentari.
Nell’arco di pochi mesi, per ben tre volte vi furono tentativi di rovesciare il suo potere. Il primo e più significativo si svolse nella notte dell’11 marzo 1399, quando Giovanni Bentivoglio e Nanne Gozzadini presero il controllo di porta San Donato con l’intenzione di far entrare in città le truppe promesse da Giovanni da Barbiano; ma il capitano romagnolo non fu tempestivo e Zambeccari, informato, occupò la piazza del Comune con i suoi fedeli e incitò il popolo contro gli avversari che furono costretti alla resa e condannati alla confisca dei beni e al confino.
Un nuovo tumulto, divampato il 31 marzo, fu represso dopo tre giorni di disordini con la condanna a morte di uno speziale e di un calzolaio; quindi, il 3 giugno successivo, la scoperta di una nuova congiura portò alla decapitazione di Gherardo Ghislieri, legato ai Ramponi, e all’impiccagione di altri personaggi di estrazione popolare.
Tuttavia, proprio quando Zambeccari sembrava in grado di controllare e dominare la situazione interna, nella seconda metà del 1399 la città fu colpita da una violenta epidemia di peste che nel giro di pochi mesi causò un considerevole numero di morti. Per evitare il contagio senza allontanarsi troppo dal centro della città, egli si portò nel convento di San Michele in Bosco, insieme con i suoi più stretti collaboratori.
L’espediente, tuttavia, non si mostrò efficace e in breve volgere di tempo persero la vita i principali sostenitori del regime (Giacomo Griffoni, Opizzo e Liazaro Liazari, rispettivamente il 6, il 9 settembre e il 10 ottobre).
Nel pieno dell’emergenza sanitaria Zambeccari, d’accordo con gli Anziani del Comune, il 27 settembre fece decapitare Giovanni da Barbiano, che era stato catturato a Vignola in agosto dopo aver saccheggiato con le sue truppe il territorio bolognese. Il giorno successivo dettò il testamento con il quale istituì suoi eredi i figli maschi Cambio, Masio, Bartolomeo, Galeazzo e Bonifacio.
Non è citato nel testamento e nacque dunque verosimilmente postumo Carlo junior, l’ultimo figlio, ricordato con i fratelli nel giugno del 1400 in un atto di vendita di due case che il padre aveva acquistato pochi anni prima nella ‘cappella’ di San Giacomo dei Carbonesi.
Secondo la testimonianza coeva di Matteo Griffoni (Matthaei de Griffonibu Memoriales..., in RIS, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, 1902, p. 88), Zambeccari si spense, vittima dell’epidemia, il 17 ottobre 1399. Due giorni dopo, la mattina di domenica 19 ottobre, fu celebrata, con grande partecipazione di cittadini di ogni strato sociale, una solenne cerimonia funebre nella chiesa di S. Francesco, dove fu inumato, vestito con l’abito dei frati minori (Cronaca bolognese di Pietro di Mattiolo, a cura di C. Ricci, 1885, pp. 54 s.).
Il 27 ottobre successivo, un tumulto popolare organizzato da Scappi, che non aveva gradito la mutazione signorile del governo cittadino, impose il rinnovo delle magistrature, la sostituzione degli ufficiali e l’esilio dei principali esponenti della fazione di Zambeccari, fra i quali il gonfaloniere di giustizia Nicola Zambeccari, il canonista Bernardino Zambeccari, il famosissimo civilista Bartolomeo da Saliceto, antico punto di riferimento della fazione maltraversa, il cambiatore Andrea Tomari e il «ricchissimo merchadante» Melchiorre Manzoli; contemporaneamente i principali avversari di Zambeccari – Gozzadini, Bentivoglio e Ramponi – fecero ritorno in città e recuperarono i beni che erano stati loro confiscati, pronti a prendere le redini del governo cittadino come membri del rinnovato collegio dei Sedici riformatori e protagonisti di una nuova stagione politica che sfociò nell’instaurazione dell’effimera signoria di Giovanni Bentivoglio (marzo 1401-giugno 1402).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Studio 126, Liber secretus iuris pontificii ab anno 1377 ad annum 1528, cc. 2v, 18r, 19r-25r, 28r; Cronaca bolognese di Pietro di Mattiolo, a cura di C. Ricci, Bologna 1885, pp. 3, 51, 54 s., 56, 68, 84; U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, Bologna 1888-1926, I, p. 6, IV, pp. 9-11, 16 s., 20 s., 25; Le croniche di Giovanni Sercambi lucchese (sec. XIV-XV), a cura di S. Bongi, II, Roma 1892, pp. 273-275, 380, 385 s., 389 s., 392; Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum de rebus Bononiensium, in RIS, XVIII, 1, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, Città di Castello 1902, pp. VIII, XXVIII, LVIII s., LXIII, 78, 85, 87-90, 246, 248 s.; Chartularium Studii Bononiensis, I, Bologna 1909, pp. 83, 191, II, 1913, p. 136; Chorpus chronicorum Bononiensium, in RIS, XVIII, 1, 3, a cura di A. Sorbelli, Città di Castello 1916-1939, pp. 448, 452, 461-473, 682 s.; Il “Liber secretus iuris caesarei” dell’Università di Bologna, I, a cura di A. Sorbelli, Bologna 1938, pp. CXVIII-CXXIII, 20-22, 34, 49, 72, 89, 94 s., 103-105, 115, 118-120, 122, 128-132, 143, 150, 200.
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