ZUCCHELLI (Zuchelli), Carlo
Nacque a Londra il 28 gennaio 1795 da Tommaso, maestro di ballo (Giumanini, 2002), e dall’inglese Geltrude Baye; in un documento dell’Archivio storico del Comune di Bologna, Fondo Cimitero della Certosa, permesso di seppellimento n. 244 del 1879, il nome della madre si legge Sara Geltrude Bagne. Francesco Regli, nel 1860, dà come data di nascita il 28 gennaio 1793, ma il documento d’archivio qui citato e alcuni periodici coevi attestano che morì a 84 anni; nell’annunciarne la morte il 27 febbraio 1879, Le guide musical (revue hebdomadaire des nouvelles musicales de la Belgique et de l’étranger) riporta per esteso la data di nascita del 28 gennaio 1795.
Dal 1803 visse a Bologna, dove frequentò l’Accademia di Belle arti e, dal 1813 al 1816, studiò canto nel Liceo filarmonico con Francesco Roncaglia, Lodovico Antonio Brizzi e Girolamo Crescentini. Voce di basso, esordì a Rimini nel carnevale 1816 in una non meglio precisata Cameriera brillante (Gazzetta di Bologna, 5 febbraio 1816, n. 11, p. 44). Svolse gran parte della carriera all’estero, a cominciare già dal novembre 1816, nel teatro di Porta Carinzia a Vienna, poi nel teatro di corte di Monaco di Baviera nell’agosto-settembre 1818. Tornato in Italia, cantò nel teatro Re di Milano tra fine 1818 e carnevale 1819, e dalla primavera 1819 impersonò sempre più spesso le grandi parti di basso cantante nelle opere comiche di Gioachino Rossini: La pietra del paragone nel teatro Morando di Verona (conte Asdrubale), indi, in autunno, La capricciosa corretta (cioè Il turco in Italia: Selim) e L’italiana in Algeri, ossia il Pampaluco (Mustafà) nel teatro Valle di Roma. Nella primavera 1820 fu al teatro Nuovo di Trieste, nell’autunno e carnevale 1820-21 di nuovo al Valle.
Nella quaresima 1821 alla Pergola di Firenze cantò Mosè in Egitto di Rossini (Faraone): lo ascoltò e apprezzò Ferdinand Hérold («une belle figure, beaucoup de force, de l’âme, de la légèreté»), che lo raccomandò a Giovan Battista Viotti, direttore del Théâtre-Italien di Parigi (Mongrédien, 2008, IV, p. 571). Prima di approdare a Parigi cantò al King’s Theatre di Londra, ancora nel Mosè in Egitto (col titolo Pietro l’Eremita): «We do not exaggerate if we maintain that a more powerful and perfect bass-singer has not trod the boards of the King’s Theatre. His lower notes, down to G, are of uncommon force and volume; they ring through the most distant parts of the house; and his tenor commands a considerable ascent, united to great flexibility and graceful utterance» (The New Monthly Magazine and Literary Journal,vol. VI, Historical Register, 1o giugno 1822, p. 248).
Al Théâtre-Italien debuttò il 20 ottobre 1822, di nuovo nel Mosè in Egitto, con notevole successo: «Zuchelli conduit une fort belle voix de basse-taille avec toute la souplesse et tout le charme d’un ténor»; «Zuchelli unit un timbre pur, franc, agréable, à la plus grand flexibilité d’organe. Il a un goût exquis, de l’âme et chante toujours juste» (Mongrédien, 2008, V, pp. 172, 188; d’ora in poi tutti i passi riportati in francese sono attinti, salvo diversa menzione, da Mongrédien, 2008). Fu componente fisso della compagnia del Théâtre-Italien fino all’inizio del 1831, assentandosi di quando in quando per periodi limitati, a Londra, dove tornò più volte al King’s Theatre, e in Italia.Negli anni parigini cantò un numero limitato di opere (una ventina), spesso riproposte a distanza di tempo, quasi tutte di repertorio.
Dal novembre 1822 impersonò Fernando nella Gazza ladra, Batone nell’Inganno felice e Don Magnifico nella Cenerentola, che gli valse un successo prodigioso e divenne il suo cavallo di battaglia («rarement une basse-taille parvient à l’agilité de voix qui le distingue»: V, p. 512, 6 marzo 1824). Non a caso Rossini, amico di Zucchelli probabilmente già dagli anni della giovinezza bolognese, lo chiamava «il mio bravo Don Magnifico» (Rossini, 1992, p. 488; la vicinanza famigliare è confermata da una lettera di Giuseppe Rossini al cantante, dalla quale emerge che il padre del compositore gestiva a Bologna i soldi del cantante, oltre a quelli dell’illustre figlio: Rossini, 2000, p. 434, 13 gennaio 1829). Come Don Magnifico la critica preferì Zucchelli perfino al grande Filippo Galli, che il cantante anglo-bolognese di fatto andò a sostituire a Parigi (Mongrédien, 2008, V, pp. 254, 264).
Nel 1823 cantò Elisa e Claudio di Saverio Mercadante, Nina o La pazza per amore di Giovanni Paisiello ridotta a un atto, Elmiro nell’Otello rossiniano, e soprattutto il ruolo eponimo nel Don Giovanni di Wolfgang Amadé Mozart, suscitando il confronto col grande tenore Manuel García, recente e indimenticato interprete del libertino al Théâtre-Italien. I critici ritenevano che García assicurasse maggior credibilità al personaggio, grazie al fuoco dell’interpretazione e ad onta della trasposizione della parte, concepita per basso. «Douce et flexible, la voix de Zuchelli n’a pas cet éclat, ce brio que réclame le rôle de Don Juan» (V, p. 484, 29 gennaio 1824). «Suave» e «amoureuse» sono altri epiteti utilizzati per la voce di Zucchelli (ibid., p. 512), di solito riservati però ai ruoli da tenore, non da basso. Tali qualificativi sono utilizzati ora in senso positivo, ora negativo; ad esempio in una recensione di qualche anno più avanti: «Zuchelli a une voix légère et gracieuse. J’avoue, pour mon compte, que j’aime les sons de basse plus fortement appuyés. Cette voix, destinée à nourrir l’harmonie des parties concertantes, détruit l’effet magique des ensembles, si on en borne l’emploi à se jouer avec le trait d’élégance convenable à la voix de tenore» (VII, p. 378, 19 febbraio 1828). In effetti, specie negli ultimi anni parigini, sempre più spesso fu criticato per la mollesse del suo canto: «Zuchelli se distingue toujours par beaucoup de souplesse et de facilité, mais l’on remarque qu’il chante depuis quelque temps avec un abandon qui dégénère en mollesse» (VII, p. 103, 23 aprile 1827; cfr. anche pp. 127, 405; e VIII, pp. 286, 353-355, 359, 456, 580).
Altro confronto interessante proposto dalla critica fu con un altro grande basso, Nicolas-Prosper Levasseur, che sostituì Zucchelli durante un congedo di sei settimane dal 15 settembre 1824: «On sent que Levasseur a beaucoup étudié la manière de Zuchelli; mais il n’a pas, il ne peut avoir, ce moelleux, cette délicatesse de sons, enfin cette expression facile qui semble être le partage exclusif des gosiers italiens» (V, p. 685, a proposito della Gazza ladra, 23 ottobre 1824). Zucchelli rientrò a Parigi viaggiando insieme a Rossini (lettera al padre del 5 novembre; Rossini, 2004, p. 382), neo-direttore del Théâtre-Italien, e subito tornò ad esibirsi come Don Magnifico e poi come Mustafà nell’Italiana in Algeri.
Il 9 giugno 1825 Zucchelli fu parte della compagnia stellare che diede vita al Viaggio a Reims, composto da Rossini per l’incoronazione di Carlo X re di Francia. Non sarà stato un caso che proprio all’italo-inglese Zucchelli sia stata assegnata la parte di Lord Sidney, sospiroso nobile albionico invano innamorato della poetessa Corinna; la stampa parigina vi vide la parodia del tipico gentiluomo britannico (Mongrédien, 2008, VI, p. 143). Rossini destinò a Zucchelli una grande aria con coro nello stile dell’opera seria, preceduta da un lungo assolo di flauto, e la Canzone inglese nel finale,adattamento di God save the king. La parte si estende per due ottave piene, dal Fa grave al Fa acuto. Così la stampa coeva: «Les accents délicieux de M. Tulou», primo flauto dell’Opéra, «servent de prélude à l’air de Zuchelli; ce n’est pas sans intention que le compositeur a réuni ces deux virtuoses. Douce et flexible, la voix de Zuchelli est une véritable basse de flûte» (VI, p. 135, 21 giugno 1825)
Altro evento memorabile al Théâtre-Italien nel 1825 fu il ritorno di Filippo Galli, che con Zucchelli formò una coppia di buffi ineguagliata. Iperboliche furono le recensioni alla Cenerentola rossiniana, a partire da agosto, con Galli impegnato come Dandini. Nella Gazza ladra Galli prese la parte di Fernando e Zucchelli passò a quella del Podestà. Seguì Il matrimonio segreto di Cimarosa. I recensori rilevarono la grazia e la nitidezza della vocalità di Zucchelli al confronto con la voce sempre tonitruante e l’intonazione talvolta imprecisa del suo partner, dai francesi denominato, in italiano, «signor contrabasso» (VI, p. 187). Sintomatica la domanda retorica di un critico: «Pourquoi Galli n’a-t-il pas la flexibilité et la justesse de Zuchelli, ou pourquoi celui-ci n’a-t-il pas l’énergie de Galli?» (VII, p. 147, 28 maggio 1827).
Zucchelli tornò ad alternare parti buffe e serie, con viva soddisfazione dei critici, aggiungendoal repertorio rossiniano La donna del lago, prima nella parte di Rodrigo, scritta in origine per un tenore baritonale, poi di Douglas, meno importante ma nata per la voce di basso. Nel marzo 1826 debuttò in un’altra opera di Rossini, Zelmira (Polidoro): «Zuchelli […] ne crie jamais; c’est un rare mérite aujourd’hui» (VI, p. 470, 2 aprile 1826); Zucchelli, «dont la basse-taille si pleine, si grave, lutte de facilité avec le ténor le plus souple […] n’a jamais fait entendre un ton douteux» (ibid., p. 493).
Dopo un congedo di tre mesi, trascorsi a Londra mietendo altri successi (Fenner, 1994), rientrò a Parigi nell’aprile 1827. Nuovi impegni furono la parte del Duca nella Pastorella feudataria di Nicola Vaccai, la rossiniana Cantata per il battesimo del figlio del banchiere Aguado, eseguita il 16 luglio 1827, e Torvaldo e Dorliska. Nei panni del duca d’Ordow non piacque però molto («Zuchelli est un tyran à l’eau rose; il chante ses airs avec élégance et exactitude; il articule bien les roulades, mais cela manque d’accent et de nerf»: VII, p. 121, 13 maggio 1827), forse perché non gli era granché congeniale la parte dell’antagonista malvagio. Lo attesta una recensione della Semiramide di Rossini, dove cantò Assur: «Il faut qu’il étudie son rôle sur de nouveaux frais. Il faut qu’il apprenne à perdre quelquefois cette douceur, cette flexibilité de sa voix, si agréables partout ailleurs, mais qui faisaient hier le plus désagréable contre-sens. Le croira-t-on, bon Dieu! Le rôle d’Assur chanté d’une voix doucereuse! L’assassin de Ninus filant et portant les sons en rappelant à Sémiramis quella notte terribile, notte di morte! Le rival d’Arsace prenant un sourire flatteur et lui disant pianissimo: Va, superbo, in quella reggia!, etc. Qu’il travaille de nouveau: presque tous le traits de ce rôle doivent être exécutés en staccato; tous les accents doivent en être rudes; peu de passages legato, peu de portamenti di voce; qu’il interroge ses souvenirs: Galli chantait faux dans cet ouvrage, mais il l’avait compris» (VII, p. 144, 20 maggio 1827). Qualche giorno dopo: «Aujourd’hui c’est le petit Arsace», ossia Rosmunda Pisaroni, «qui pulvérise le grand Assur-Zuchelli» (ibid., p. 152, 31 maggio 1827).
Tra le parti meno fortunate (oltre a Don Giovanni, Rodrigo, Fernando) si possono aggiungere il conte in Clari di Fromental Halévy (fine 1828, inizio 1829); Lord William Ashton nelle Nozze di Lammermoor di Michele Carafa (dicembre 1829); il ruolo eponimo nelle Nozze di Figaro mozartiane («Zuchelli a le jeu trop lourd et la voix trop molle pour un bon Figaro […] Figaro le hardi, le léger Figaro, semblait fort embarrassé de la bonne et douce figure et des gros mollets de Zuchelli»: VIII, pp. 355 e 359); Sallustio nell’Ultimo giorno di Pompei di Giovanni Pacini (ottobre 1830). L’ultima parte cantata a Parigi, per lui nuova, fu Aliprando nella Matilde di Shabran di Rossini, dal 14 aprile 1831.
Una recensione equilibrata, che probabilmente riassume il giudizio complessivo dei parigini nei confronti di Zucchelli (piaceva sempre ma di rado entusiasmava), si ebbe in occasione di una sua beneficiata: «Le public en masse peut bien souvent paraître ingrat envers cet habile chanteur, que l’on est habitué à entendre depuis sept ou huit ans et que l’on ne craint pas de perdre, tant il semble être de la maison; on l’applaudit sagement, sans excès, sans fougue; on oublie même quelquefois de l’applaudir! Mais les véritables dilettanti savent apprécier cette méthode délicate et savante, ce chant perlé et gracieux, dont tous les détails sont finis, tous les contours veloutés, où rien n’est perdu des intentions du compositeur, où chaque note vient à sa place avec sa valeur propre, et toujours harmonique à celle qui la précède et à celle qui la suit» (VIII, p. 580).
Una lettera di Rossini al padre, del 16 gennaio 1831, ci informa che la lunga permanenza di Zucchelli al Théâtre-Italien era agli sgoccioli (Rossini, 2016, p. 12). Il cantante venne scritturato al Comunale di Bologna nell’autunno 1831, dove si esibì in Semiramide e nell’Esule di Roma di Gaetano Donizetti. Nello stesso anno fu aggregato all’Accademia filarmonica bolognese. Il 26 dicembre 1832 inaugurò la stagione di carnevale alla Scala con Fausta di Donizetti, cui seguì Il nuovo Figaro di Luigi Ricci (Leporello). Nel carnevale 1835-1836 fu all’Apollo di Roma, nei Puritani di Vincenzo Bellini (col titolo di Elvira Walton). Le ultime apparizioni teatrali note furono in provincia, protagonista in opere donizettiane: Marino Faliero nel teatro di Fermo (estate 1838), Don Pasquale nel teatro Carlo Lodovico di Livorno (primavera 1844).
Due anni prima, il 18 marzo 1842, aveva cantato da corista nella prima italiana dello Stabat Mater di Rossini, diretto da Donizetti nel palazzo dell’Archiginnasio di Bologna, come risulta dal manifesto dello straordinario evento (Bologna, Museo della Musica, QQ.144/B). Nella Società del Casino di Bologna – lì aveva mosso i primi passi, ancora studente, il 12 novembre 1815 – si produsse l’ultima volta in un’accademia il 2 marzo 1845 (Mazzi, 2011-2012). Risale agli anni Quaranta un suo ritratto di Rossini a mezza figura (Roma, collezione privata; cfr. Ragni, 1992, p. 26). Che il pittore dilettante si dedicasse alla pittura era notorio: il 22 dicembre 1820 Stendhal poteva scrivere a un amico che Zucchelli «chante en pensant à la peinture ou à sa maîtresse tout un opéra» (Correspondance générale, III, Paris 1999, p. 321).
Da una lettera di Giuseppe Rossini del 20 giugno 1831 (Rossini, 2016, p. 88) risulta che pochi giorni prima Zucchelli aveva acquistato la dimora bolognese appartenuta a Giovan Battista Giusti, letterato amico di Rossini: è il palazzo, oggi al n. 90 di Strada Maggiore, angolo vicolo Malgrado, dove Zucchelli morì e dove oggi ha sede la Fondazione a lui intitolata, voluta dai discendenti per sostenere gli studenti del conservatorio e dell’accademia di belle arti bolognesi.
Zucchelli aveva sposato la cantante Carlotta De Vincenti, nata a Verona nel 1810 circa. Il nome della moglie oscilla variamente tra Carolina e Carlotta, anche in anni ravvicinati. Contralto, aveva debuttato come seconda donna a Genova nel 1828 (Carolina); comparve a Milano l’anno dopo nel teatro Carcano (Carlotta), al fianco di Giuditta Pasta. Teatri, Arti e Letteratura del 21 marzo 1839, p. 24, riferisce di un’accademia a Ferrara, tenuta il 15 marzo, nella quale Carlo e Carolina «coniugi» eseguirono vari pezzi di musica vocale. Lo stesso periodico (9 agosto 1838, p. 191) e Il pirata (14 agosto 1838, p. 52) riferiscono che Zucchelli cantò il Marino Faliero a Fermo con Carlotta prima donna. I documenti della Società del Casino attestano che Carolina vi cantò dal 1834 al 1838 (Mazzi). Nel citato manifesto dello Stabat Mater bolognese del 1842 Carolina Zucchelli è qualificata «dilettante»; come Carolina si firma in una lettera del 10 febbraio 1869 (Fabbri, 2001, p. 299). A detta di Francesco Regli (1860), i coniugi ebbero tre figli: uno è identificabile in Carlo, basso, nato a Parigi nel 1831, in carriera almeno dal 1856 al 1870; tra gli accademici filarmonici di Bologna (1860) figura come Carlo Epaminonda.
Carlo Zucchelli morì il 9 febbraio 1879 a Bologna; fu sepolto in Certosa nel pozzetto n. 104 del chiostro terzo, assieme a Carlotta De Vincenti in Zucchelli, deceduta il 4 gennaio 1876, e al figlio Carlo, deceduto il 2 aprile 1897 (Archivio storico del Comune di Bologna, Fondo Cimitero della Certosa, foglio sepolcrale n. 229, Galleria tre navate).
F. Regli, Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici ... che fiorirono in Italia dal 1800 al 1860, Torino 1860, pp. 577 s.; S. Ragni, Il problema del ritratto, in Rossini 1792-1992. Mostra storico-documentaria, a cura di M. Bucarelli, Perugia 1992, pp. 26, 32 s.; G. Rossini, Lettere e documenti, I, a cura di B. Cagli e S. Ragni, Pesaro 1992, ad ind.; Th. Fenner, Opera in London. Views of the Press 1785-1830, Carbondale and Edwardsville 1994, pp. 190-192; J.L. Johnson, Prefazione a Il viaggio a Reims, ossia L’albergo del Giglio d’oro, Pesaro 1999, pp. XXXV e XXXVII (Edizione critica delle opere di Gioachino Rossini, I/35); G. Rossini, Lettere e documenti, III, a cura di B. Cagli e S. Ragni, Pesaro 2000, ad ind.; P. Fabbri, Rossini nelle raccolte Piancastelli di Forlì, Lucca 2001, ad ind.; M.L. Giumanini, Tra disegno e scienza. Gli studenti dell’Accademia di belle arti di Bologna (1803-1876), Bologna 2002, p. 380; G. Rossini, Lettere e documenti, IIIa, a cura di B. Cagli e S. Ragni, Pesaro 2004, ad ind.; M. Jahn, Die Wiener Hofoper von 1810 bis 1836. Das Kärnthnerthortheater als Hofoper, Wien 2007, ad ind.; J. Mongrédien, Le Théâtre-Italien de Paris (1801-1831): chronologie et documents, IV-VIII, Lyon 2008, ad ind.; Un mondo di musica. Concerti alla Società del Casino nel primo Ottocento, a cura di M.C. Mazzi, in Bollettino del Museo del Risorgimento, Bologna, LVI-LVII (2011-2012), p. 227; G. Rossini, Lettere e documenti, IV, a cura di B. Cagli e S. Ragni, Pesaro 2016, ad ind.; A. Bottacin, Piccolo dizionario musicale stendhaliano, Milano 2016, pp. 297-301.