ZUCCHINI, Carlo
– Nacque a Faenza il 13 aprile 1862 dal conte Vincenzo e da Eleonora dei conti Fronticelli Baldelli.
Frequentò il ginnasio presso il seminario diocesano, poi il liceo EvangelistaTorricelli. Si laureò in legge a Bologna nel 1884. Nel 1887 sposò la contessa Concetta Zanelli, nativa di Veppo (La Spezia), con la quale ebbe otto figli. Durante l’università ebbe probabilmente i primi contatti con Giovanni Acquaderni, fondatore e primo presidente della Società della Gioventù cattolica e poi dell’Opera dei congressi. In un contesto di marcato anticlericalismo quale quello romagnolo e a fronte della rapida espansione del movimento socialista, Zucchini si convinse della necessità di un’azione cattolica più impegnata nella vita sociale e politica. Alla fine del 1891 fondò a Faenza il circolo Ss. Pier Damiano e Gioacchino, che aderì alla Società della gioventù cattolica. Due anni dopo fondò una Società di mutuo soccorso fra operai cattolici. Con Antonio Medri diede vita a numerose cooperative, associazioni di mutuo soccorso, casse rurali tra i coloni, i mezzadri e i piccoli proprietari, contrastando il successo delle organizzazioni socialiste, rivolte in prevalenza alla manodopera bracciantile.
Nel 1895 promosse la lista dell’Unione faentina, con esponenti cattolici e liberali, che strappò l’amministrazione alle forze socialiste e radicali. A Faenza le amministrazioni locali e – dopo il venir meno del non expedit – anche il collegio elettorale politico, rimasero saldamente in mano alle forze cattoliche fino all’avvento del fascismo, costituendo un’eccezione rilevante nel contesto romagnolo. Insieme ad Acquaderni e al conte Giovanni Grosoli, partecipò alla fondazione nel 1896 de L’Avvenire, quotidiano regionale cattolico fortemente voluto dal cardinale Egidio Mauri di Ferrara e dal cardinale Domenico Svampa, nuovo arcivescovo di Bologna, per dare impulso al movimento cattolico della Romagna. Sempre nel 1896 partecipò alla fondazione del Piccolo Credito Romagnolo, sorto esso pure su iniziativa di Acquaderni per sostenere le cooperative, le leghe, le casse mutualistiche cattoliche della regione.
Nel 1899 Zucchini fondò Il Piccolo, divenuto ben presto organo della diocesi faentina ed espressione del movimento cattolico locale, che annoverava tra i suoi collaboratori anche Francesco Lanzoni, direttore del seminario diocesano, celato sotto vari pseudonimi. Zucchini e Grosoli appartenevano a quella corrente giovanile che nell’Opera dei congressi si contrapponeva alla vecchia dirigenza del conte Giovanni Battista Paganuzzi, simpatizzando per le nuove idee di ‘democrazia cristiana’. Il 24 agosto 1902 Zucchini partecipò al convegno interregionale dei democratici cristiani a San Marino e propose un brindisi auspicando il passaggio della presidenza dell’Opera all’amico Grosoli. L’auspicio si avverò nell’ottobre successivo, in seguito alla crisi della presidenza Paganuzzi. Dietro insistenti pressioni Zucchini accettò la presidenza del comitato romagnolo.
Nel novembre 1903 Zucchini fu chiamato a presiedere a Bologna il congresso che avrebbe dovuto favorire il rientro della democrazia cristiana murriana nelle fila dell’organizzazione ufficiale, ma che di fatto ne segnò la crisi definitiva. Il congresso si svolse tra molte tensioni, dovute soprattutto agli attacchi del vecchio gruppo intransigente. Il clamore non si placò nei mesi successivi. Anche se pubblicamente non fece mancare attestati di fiducia per Grosoli, il nuovo pontefice Pio X non nascose privatamente il suo disappunto per la conduzione e l’esito del congresso. Nel maggio successivo Zucchini partecipò con il cardinale Svampa al pranzo di gala a cui il cardinale bolognese fu invitato da Vittorio Emanuele III in occasione della sua visita a Bologna, per il quale ebbe aspri rimproveri da Pio X. Il 15 luglio 1904 gli accenni a una auspicata partecipazione dei cattolici alla vita politica presenti in una circolare della presidenza dell’Opera vennero apertamente disapprovati, costringendo Grosoli alle dimissioni, subito seguite da quelle dell’amico Zucchini.
Il 4 agosto successivo Zucchini partecipò all’incontro organizzato da Filippo Meda a Milano tra i sostenitori di Grosoli. Qui venne proposta la creazione di una Unione nazionale fra elettori cattolici amministrativi, per collegare le organizzazioni elettorali locali e Zucchini accettò di coordinare l’iniziativa. Quando dalla S. Sede venne il segnale di un possibile parziale superamento del non expedit per le elezioni politiche del novembre 1904, sembrò che l’Unione nazionale potesse trasformarsi in organismo politico vero e proprio, ma non era questa la direzione voluta da Roma. Nel giugno 1905 l’enciclica Il fermo proposito, che riorganizzava tutte le strutture dell’azione cattolica, costituì anche una Unione elettorale, che venne a sovrapporsi all’iniziativa del gruppo di Zucchini, il quale si tirò indietro sfiduciato e amareggiato.
Nel 1906 appoggiò la fondazione a Faenza della Federazione contadini e promosse la Casa del popolo che acquistò lo stabile in cui trovarono sede le associazioni cattoliche. Nonostante le sue aperture in campo sociale, venne presto a scontrarsi con le posizioni più radicali di Giuseppe Donati e del canonico Carlo Mazzotti che avevano costituito a Faenza una sezione della Lega democratica nazionale.
Nel gennaio seguente, su esplicita richiesta del vescovo, Zucchini li espulse dalla Casa del popolo, perché nelle elezioni provinciali non si erano allineati al blocco clerico-moderato. Tuttavia, egli restava personalmente legato a idee democratiche e ostile agli accordi con i liberali. Nel settembre 1908, quando Vittorio Emanuele III visitò Faenza per l’Esposizione torricelliana, firmò un manifesto di protesta contro il sovrano dai toni decisamente intransigenti, che in lui richiamavano convinzioni antiliberali. Di fatto non venne mai meno il rispetto con cui i democratici cristiani guardavano a lui come elemento di mediazione. Nelle suppletive politiche dell’ottobre 1910 venne proposto dai settori giovanili come candidato contrapposto a quelli che la parte transigente stava cercando di individuare in accordo con i liberali. Lui stesso però rifiutò. Anche nelle politiche del 1913, quelle del Patto Gentiloni, la sua candidatura venne esclusa.
Nel novembre 1915, Benedetto XV che lo aveva conosciuto durante il suo episcopato bolognese, volle Zucchini alla testa dell’Unione economico-sociale (UES). Qui collaborò strettamente con don Luigi Sturzo nominato segretario della Giunta centrale per la riorganizzazione dell’Azione cattolica. Zucchini spostò la direzione dell’UES a Faenza, che divenne il centro di un’intensa attività organizzativa. Chiamò alla segreteria Giovanni Battista Valente, già impegnato per lo sviluppo del sindacalismo cattolico in Italia. Durante la sua presidenza ci fu un decisivo incremento nella diffusione e nella organizzazione delle opere sociali: sorse la Federazione nazionale mezzadri e piccoli affittuari; venne data nuova veste giuridica alla Federazione italiana delle casse rurali cattoliche; fu istituita la Confederazione nazionale mutualità e previdenza; si posero le basi per l’istituzione della Confederazione cooperativa italiana. Il culmine si ebbe nel marzo 1918 con la fondazione ad opera di Valente della Confederazione italiana dei lavoratori (CIL). Tuttavia le posizioni di Valente e di Zucchini erano piuttosto diverse sul tema dell’autonomia delle organizzazioni sindacali, che secondo Zucchini dovevano essere sottoposte all’UES. Questo scontro portò nel settembre 1918 alle sue dimissioni.
Zucchini partecipò anche alla fondazione del Partito popolare italiano (PPI) nel gennaio 1919. A Faenza venne fondata molto presto una sezione del PPI, apertamente sostenuta da Il Piccolo, che all’inizio dell’anno successivo mutò il titolo in L’idea popolare. In vista delle elezioni politiche del novembre 1919, Zucchini si presentò come candidato del PPI per la circoscrizione faentina e ottenne il seggio di deputato.
Nel corso del suo mandato svolse numerose interrogazioni. Dette il suo sostegno alla CIL nel corso delle dure vertenze dei postelegrafonici e dei ferrovieri dei primi mesi del 1920, rivendicando la partecipazione degli operai nei consigli di amministrazione, pur restando contrario alla sciopero nei servizi pubblici. Con un’interrogazione parlamentare chiese al governo il riconoscimento giuridico dei sindacati e la riforma del Consiglio generale del lavoro. Intanto a Faenza, dove crescevano progressivamente le tensioni sociali nelle campagne, accompagnate da sempre più numerosi episodi di violenza anticlericale, Zucchini appoggiò l’ascesa nel partito della nuova generazione che faceva riferimento a Domenico Ravaioli, a Giulio Toni, a Giovanni Braschi e al figlio dello stesso Zucchini, Antonio, che nelle elezioni amministrative guidò la lista popolare e divenne sindaco.
Nelle politiche del maggio 1921, Zucchini venne di nuovo rieletto nel collegio romagnolo. Dagli scanni del Parlamento poté così assistere a tutte le successive tappe della crisi dello Stato liberale e alla presa del potere fascista. Dopo il ‘discorso del bivacco’, fu uno dei diciassette deputati popolari che per non votare la fiducia, come deciso dal gruppo, uscì dall’aula. Una posizione critica che nasceva anche dalla diretta esperienza delle violenze fasciste a Faenza, che sarebbero culminate la sera del 13 febbraio 1923 nell’assalto alla Casa del popolo con numerosi feriti e l’aggressione diretta a suo figlio, in quanto sindaco della giunta popolare. Zucchini scrisse il giorno successivo un’aspra lettera all’onorevole Fulvio Milani, deputato popolare bolognese, sottosegretario alla Giustizia, chiedendogli o l’immediato scioglimento del fascio locale o le dimissioni dalla carica governativa, perché «non è possibile che all’infamia di cui siamo fatti segno, alla negazione di ogni più elementare libertà, [...] debba aggiungersi il ludibrio di avere dei nostri al Governo» (Rivola, 1978, pp. 278, 356).
Questo episodio segnò in un certo senso la fine delle sue speranze. Il venir meno dell’appoggio del Vaticano dopo il congresso di Torino, le dimissioni imposte a Sturzo, il persistere delle violenze fino all’uccisione di don Giovanni Minzoni segnarono le tappe della crisi definitiva del partito a cui Zucchini assisté impotente. In Parlamento il gruppo popolare si divise nella votazione del 15 luglio 1923 sulla legge Acerbo, con alcuni deputati che votarono a favore. Zucchini, come la maggioranza del gruppo, confermò la fiducia al governo, ma votò contro il passaggio ai singoli articoli. Poi la legge venne approvata anche con il concorso dei popolari. Dopo il delitto Matteotti e il discorso del 3 gennaio 1925, il PPI tenne ancora un congresso in giugno a Roma, ma Zucchini, ormai del tutto sfiduciato, non volle parteciparvi. Di fatto si ritirò dalla vita politica.
Morì a Veppo l’11 novembre 1928.
Fonti e Bibl.: La parte più consistente delle carte del conte Zucchini (venti faldoni) è conservata presso la Biblioteca Diocesana cardinal Gaetano Cicognani nel Seminario diocesano di Faenza, mentre tutti i suoi diari (e le relative trascrizioni) sono custodite dai familiari nel palazzo di famiglia a Faenza. Altri fondi archivistici utili sono quello dell’Azione cattolica faentina, presso l’Archivio della Diocesi; quello dell’Opera dei congressi, presso il Seminario patriarcale di Venezia; il fondo Giovanni Acquaderni e il fondo Segreteria del cardinale Domenico Svampa, presso l’Archivio arcivescovile di Bologna; l’Archivio dell’Unione economico-sociale, presso l’ISACEM-Paolo VI a Roma; il fondo Luigi Sturzo, presso l’Archivio dell’Istituto Luigi Sturzo di Roma. La biografia di riferimento è quella curata da P.A. Rivola, C. Z. e i cattolici a Faenza, Faenza 1978, che pubblica anche alcuni documenti. A essa si aggiungano: P.A. Rivola, C. Z., in Il Partito popolare in Emilia-Romagna, 1919-1926, a cura di A. Albertazzi - G. Campanini, Roma 1983, ad vocem; Id., C. Z., in F. Traniello - G. Campanini, Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, 1860-1980, III, 2, Casale Monferrato 1984, ad vocem; G. Farrel-Vinay, Z., C. (1862-1928), in Biographical dictionary of european labor leaders, a cura di A.T. Lane, II, London 1995, ad vocem. Inoltre: [A. Medri], Ricordando il conte C. Z. nel 25° dalla morte, Faenza 1954; L. Bedeschi, I pionieri della D.C. Modernismo cattolico 1896-1906, Milano 1966, ad ind.; G.B. Valente, Aspetti e momenti dell’azione sociale dei cattolici in Italia (1892-1926), Roma 1968, ad ind.; D. Sgubbi, Cattolici di azione in terra di Romagna (1890-1904), Imola 1973, ad ind.; S. Tramontin, Carità o giustizia? Idee ed esperienze dei cattolici sociali italiani dell’800, Torino 1973, ad ind.; G. Medri Tronconi, Giovanni Braschi e il Partito Popolare nel forlivese, Roma 1975, ad ind.; P. Bellu, L’opera dei congressi nei documenti dell’archivio Zucchini di Faenza, Roma 1976; Dall’intransigenza al governo. Carteggi di G. Micheli, a cura di M. Belardinelli - C. Pelosi, Brescia 1978, ad ind.; D. Sgubbi - L. Zucchini - E. Minardi, Faenza 1870-1931: gli inizi del Movimento popolare cattolico e della Federazione casse rurali, Faenza 1985, ad ind.; G. Mosconi, La Rerum Novarum in Romagna, Bologna 1991, ad ind.; L. Bedeschi, Un’isola bianca nella rossa Padania. Momenti e figure del cattolicesimo democratico faentino, Urbino 1993, ad ind.; Faenza nel Novecento, a cura di A. Montevecchi, I, Faenza 2003, ad ind.; L. Bedeschi, Cattolici democratrici all’alba del Novecento in Val Lamone. La seminagione murriana da Faenza alla bassa, Bologna 2006, ad ind.; La Casa del popolo di Faenza, a cura di S. Banzola, Faenza 2007, ad ind.; Camera dei Deputati, Portale storico, https://storia.camera.it/deputato/carlo-zucchini-18620413#nav.