CARLO
Il primo atto a noi noto di questo vescovo di Torino del sec. XII è una lettera scritta a papa Eugenio III anteriormente al 9 febbr. 1147, con la quale sostenne, contro l'abate di S. Giusto di Susa, i diritti della prevostura d'Oulx su S. Maria di Susa: il papa, appunto il 9 febbraio, risolse la controversia accettando la tesi di Carlo. Non sappiamo nulla né della famiglia, né della precedente attività di Carlo.
L'ipotesi che egli fosse stato abate di Staffarda è fondata su una semplice omonimia; ed è smentita da una donazione che il Carlo abate di Staffarda ricevette nel 1148, posteriormente cioè all'elezione vescovile di C.: il documento, ad essa relativo, tarda stesura in forma diplomatica di una donazione verbale, non avrebbe certo taciuto - come invece fa - la dignità vescovile dell'abate, se quest'ultimo fosse stato la stessa persona del presule torinese. Il silenzio delle fonti su C. per il quinquennio fra il 28 marzo 1160 e il 18 febbr. 1165, e l'attestazione di un Guglielmo vescovo torinese nel 1162 hanno inoltre fatto supporre a tutta una tradizione storiografica che il C. documentato prima del 1160 e quello attestato dopo il 1165 non fossero la stessa persona. Nel corso di questo secolo, tuttavia, gli studiosi si sono invece mostrati propensi ad accettare la tesi secondo cui Guglielmo sarebbe stato un vescovo filopapale, scelto da Alessandro III o dalla fazione torinese a lui favorevole, in contrapposizione a C., che sarebbe stato in un secondo tempo restaurato nella sua sede dal legato imperiale Rainaldo, nel quadro della deposizione di tutti i vescovi ostili a Vittore IV. Le confuse vicende di quegli anni, e la singolare energia che caratterizzò l'azione del vescovo C. documentato dopo il 1165, inducono a concludere che esisté un solo Carlo vescovo di Torino dal 1147 al 1169.
C. fu con ogni probabilità il vescovo con cui i cittadini di Torino strinsero patti e a cui prestarono giuramento in Rivoli, secondo quanto essi stessi dichiararono il 30 giugno 1149 in occasione dell'importante sottomissione di Ribaldo, signore di Rivalta, al Comune torinese. I buoni rapporti che C. intrattenne con il Comune sono testimoniati da un documento del 1153, con cui il vescovo accensò un sedime al console torinese Stefano. In quello stesso anno C. si prese cura di alcuni enti ecclesiastici: il 5 marzo donò la chiesa di S. Giovanni di Luserna alla canonica di Vezzolano, affittandole inoltre la chiesa di S. Giacomò di Luserna; il 20 aprile e il 22 agosto presenziò a ricche donazioni di laici, rispettivamente alla chiesa di S. Giovanni di Torino e alla prevostura d'Oulx.
Questi anni furono caratterizzati dagli intensi rapporti di C. con Federico I: l'imperatore fu probabilmente da lui ospitato nel dicembre 1154, quando passò per Torino prima di assediare e distruggere Chieri, di cui Federico intendeva colpire le tendenze autonomistiche di fronte ai diritti del vescovo torinese e del conti di Mandrate. Il 26 genn. 1159 l'imperatore, dopo essere stato calorosamente accolto e ospitato dai cittadini e dal clero di Torino, emanò da Occimiano, a favore di C., un ampio diploma, che gli attribuiva la giurisdizione pubblica su Torino e sul suo circondario per un raggio di dieci miglia; gli concedeva inoltre, o confermava, settanta "corti" con numerosi castelli; tutte le chiese e le decime della Val di Susa fino a Bruzolo e a Cesana; ed alcune abbazie, fra cui S. Michele della Chiusa. Dal documento emerge la volontà di C. di sviluppare quella signoria territoriale dell'episcopato torinese che costituì in seguito un duro ostacolo per l'espansione sabauda in Piemonte. All'Impero C. rimase sempre legato. Si schierò con l'antipapa Vittore IV, che Federico I contrappose ad Alessandro III: e nel febbraio 1160 partecipò ad un concilio di vescovi scismatici.
Contemporaneamente C. stringeva saldi rapporti con i signori del contado: nel 1155 investì del castello di Rossana e della "giustizia" fra Revello e Vignolo il marchese Guglielmo di Busca, ricevendone in cambio la fedeltà, e il 26 marzo 1156 legò a sé Alberto di Aimerico di Venasca, conferendogli l'investitura della terza parte di Venasca. Nel campo patrimoniale C. unì a quella di espansione una politica di accensamenti volta a favorire personaggi per lo più di rilievo: oltre a quello già menzionato, conosciamo accensamenti del 1º aprile e del 3 nov. 1156, del 28 marzo 1160, del 1º e dell'11 apr. 1168, del 19 0 20 ott. 1168, del 6 genn. e del 1º febbr. 1169. Tale linea di condotta si inserisce in un indirizzo più generale tendente ad instaurare buoni rapporti tra il vescovo di Torino e le realtà politiche locali, indirizzo confermato dalla frequente presenza, tra i sottoscrittori delle carte di C., di membri di importanti famiglie cittadine. Quanto agli enti religiosi, oltre alla buona disposizione verso la prevostura d'Oulx - a cui C. il 18 febbr. 1165 confermò trentotto chiese - e verso la canonica di Vezzolano - a cui, in un documento di datazione incerta, C. e il clero torinese donarono ancora la decima di "Arenzono" -, sono attestati i suoi buoni rapporti con Staffarda - C. conferma una vendita il 4 nov. 1155 e assiste a una donazione nel giugno 1156, entrambe da parte di laici in favore dell'abbazia -, con S. Solutore di Torino, a cui il 15 febbr. 1156 donò un ospedale sulla strada di Testona, e con S. Giacomo di Stura, a cui concesse in perpetuo un'alpe nell'agosto 1168. Buoni sembrano essere stati anche i suoi rapporti con i canonici del capitolo torinese: alcuni documenti appaiono iniziativa comune del vescovo e del suo clero, e occorre rilevare un'importante donazione di C., non datata, con cui alla chiesa capitolare di S. Giovanni è riconosciuta la decima della campagna fra i fiumi Dora e Stura. Gli stessi rapporti con Chieri, dopo le difficoltà degli anni precedenti, si andarono in seguito normalizzando: con una carta del 7 aprile 1168 C. investì i Chieresi "de omnibus bonis usis…, de pascuis et de ficto" della "villa" di Chieri; con un'altra, del 24 agosto dello stesso anno, si assicurò il controllo del castello di Montosolo, che i Chieresi avevano costruito in zona strategicamente importante verso Torino.
L'ultima notizia che abbiamo su C. è il ricordato accensamento del 1º febbr. 1169: il 27 febbr. 1170, infatti, è documentato un nuovo vescovo torinese, Milone di Cardano.
Unlungo episcopato fu dunque quello di C., in unperiodo di profonde trasformazioni politiche, a cui la Chiesa torinese partecipò con un suo disegno di costruzione territoriale, che sembra meglio rispondere alle esperienze contemporanee del principati ecclesiastici d'Oltralpe che non alla grande vicenda comunale d'Italia.
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