MARCHIONNI, Carlotta
Nacque a Pescia, presso Lucca, il 14 giugno 1796 da Angelo e da Elisabetta Baldesi.
Il padre Angelo, nato a Firenze intorno alla metà del Settecento in una famiglia che secondo alcuni era di comici, secondo altri dedita al commercio, si accostò al mestiere di teatrante in ambito filodrammatico. Specializzatosi come "caratterista" e "maschera", esercitò la professione dell'attore prevalentemente in Toscana, in compagnie di giro locale. Unitosi in matrimonio nel 1790 con l'attrice senese Elisabetta Baldesi, che secondo Rasi era vedova dell'attore Grazzini, ne ebbe tre figli: Luigi, la M. e Giuseppina, tutti avviati alla professione del teatro. Fu in compagnia con A. Roffi; quindi, insieme con la moglie, lavorò nella compagnia di M. Battaglia, nella Fiorio e nella Rossi-Ferri. Sulla sua attività, come su quella della moglie, mancano notizie relative ai primi anni dell'Ottocento, che la M. trascorse nel collegio delle orsoline di Verona. Nel 1807 Angelo fu Arlecchino nella compagnia Pettini; lavorò quindi, nel 1812, nella compagnia Calocchieri. Si ricongiunse ai familiari nel 1814, prendendo parte come "secondo caratterista" alla compagnia Marchionni. Non si hanno conferme della sua permanenza in questa formazione, che dopo la morte della figlia Giuseppina, avvenuta a Livorno nel 1816, e il passaggio del figlio Luigi alla compagnia di S. Fabbrichesi al teatro dei Fiorentini di Napoli in qualità di suggeritore, copista e attore, fu caratterizzata dal durevole sodalizio tra la M. ed Elisabetta. La data di morte di Angelo non è nota, sebbene erroneamente collocata di solito nei primi anni dell'Ottocento.
Più sistematiche le notizie su Elisabetta Baldesi, nata a Siena nel 1770. Allieva forse di V. Alfieri - per conto del quale, secondo Ludovico Pietro Arborio Gattinara di Breme, fu la prima interprete del personaggio di Clitennestra -, nel 1796 era "prima attrice" della compagnia Ferri, per la quale negli ultimi anni del secolo recitò, in Oreste, in Virginia e nel Saul al fianco di A. Morrocchesi. Nel 1807 ricoprì il ruolo di "madre nobile" nella compagnia Pani, iniziando probabilmente da allora a trasmettere quello di prima attrice alla talentuosa Marchionni. Forse si era già ritirata una prima volta dalle scene quando diede vita, nel 1814, alla cosiddetta compagnia dei Toscani - nata dalla consociazione di un gruppo di comici fiorentini impossibilitati, per via dei recenti eventi politici, a raggiungere le scritture milanesi -, che rimase attiva fino al 1823. Ancora con il ruolo di madre nobile, nella stagione 1824 fece parte della Compagnia reale sarda, per poi lasciare definitivamente, con ogni probabilità, le scene.
Elisabetta Baldesi morì a Torino il 24 marzo 1835; annoverata nei repertori ottocenteschi accanto a C. Goldoni, A. Fiorilli Pellandi e A. Perotti, è ricordata principalmente per la versatilità del suo talento, adatto tanto ai ruoli tragici che a quelli comici.
Rientrata in famiglia intorno al 1806, la M. iniziò verosimilmente a recitare, come tradizione delle figlie d'arte, in parti di paggetto, muovendo i primi passi sulle scene proprio mentre erano attive in Toscana le compagnie francesi portate dalla dominazione napoleonica. Dopo una partecipazione accanto al padre nella compagnia Venier, la M. si formò in quella del fiorentino L. Pani, nella quale si trovava forse già dal 1807 insieme con il fratello, suggeritore di compagnia, e con la madre, prima attrice. Ne fu "seconda amorosa" nella primavera del 1809, figurando poi, nell'ottobre di quell'anno, tra le potenziali prime attrici della compagnia Dorati per l'anno successivo. Passò stabilmente al ruolo di prima attrice nel corso degli anni 1810-13, che trascorse, secondo Manzi, nuovamente nella compagnia Pani, affermandosi in quel torno di tempo come una fra le migliori giovani in circolazione. Nel 1811, presumibilmente nei panni di Elettra, recitò nell'Oreste di Alfieri ricevendo menzione da Stendhal nel suo Journal d'Italie. Si data comunemente al 1812 la sua prima interpretazione della Mirra, alla quale si preparò, secondo Collet, sotto la guida di A. Morrocchesi: di certo ripresa dalla compagnia Marchionni nella primavera del 1814 al teatro Giglio di Lucca, la tragedia alfieriana divenne in seguito suo cavallo di battaglia e sintetizzò i tratti salienti del suo stile interpretativo. Ancora secondo la testimonianza di Manzi, nel 1813 l'impresario F.B. Ricci, appaltatore degli spettacoli teatrali di Milano e socio di Fabbrichesi, propose con successo al ministero dell'Interno francese che la M. fosse scritturata per la compagnia dei "Commedianti Ordinari di Sua Maestà Imperial Regia".
Nel gennaio del 1814, pochi mesi prima della caduta di Napoleone, la M. si unì alla compagnia sociale di E. Marchionni diretta dal capocomico A. Belloni, con la quale, in quell'anno, debuttò al Piccolo Teatro della città vecchia di Firenze in Pamela nubile di C. Goldoni. Con percorso insolitamente lineare, tra il 1814 e il 1823 rimase con ruoli di sicuro spicco in questa formazione, della quale fecero parte F. Meraviglia, L. Domeniconi, C. Calamari e Angela Bruni Canova: spostandosi prevalentemente nelle città centrosettentrionali, interpretò in quegli anni un repertorio di classici e drammi popolari; ne resta testimonianza nei copioni di scena della Chiara di Rosembergh di Ch. Hubert e della Ottavia di A. von Kotzebue, tradotti per la compagnia da L. Marchionni, rispettivamente nel 1808 e nel 1818.
Nel luglio del 1815, nei giorni di chiusura del teatro alla Scala, la M. si esibì al Lentasio di Milano ricevendo i consensi dell'aristocrazia e degli intellettuali locali: il successo ottenuto, preceduto dalla favorevole accoglienza che alla Mirra aveva espresso Anne Louise Germaine Necker de Staël a S. Pellico già nel 1812, la pose all'attenzione degli intellettuali romantici; in particolare fu notata da Breme, per interessamento del quale il 18 ag. 1815, al teatro Re di Milano, fu prima interprete della Francesca da Rimini di Pellico, andata in scena alla presenza di G.G. Byron e G. Rossini. Strinse in seguito personale amicizia, oltre che con Pellico, con P. Maroncelli, e nella seconda metà degli anni Dieci ebbe un sicuro punto di riferimento in Breme, che nel dicembre di quell'anno intercedette ancora in suo favore presso la censura politica sabauda e la diresse in Ida, un suo dramma mai dato alle stampe.
In quegli anni la M. introdusse novità di metodo come la rinuncia al suggeritore e l'uso di provare a lungo i testi da rappresentare; di rilievo la sua adesione allo stile espressivo della coeva scuola interpretativa francese, sulla quale tuttavia Breme, nelle pagine del Corriere delle dame, espresse parere negativo. Nel 1816, ancora al Re di Milano, fu Bianca in Bianca e Fernando alla tomba del duca di Agrigento, che C. Roti aveva scritto espressamente per lei. Il 25 apr. 1820, al teatro Valle di Roma, fu La lusinghiera di A. Nota, autore della cui opera divenne negli anni successivi principale interprete.
Conclusasi la stagione del primo romanticismo, nel novembre del 1820 la M. sottoscrisse un impegno di scrittura con la Compagnia reale sarda, in cui entrò formalmente il 5 nov. 1822 con la posizione di "prima attrice assoluta per la commedia, il dramma e la tragedia", e con benefici contrattuali comprensivi di un ricco appannaggio annuo versatole direttamente dalla Casa reale. Consolidata ormai la sua fama, negli anni 1820-21 la M. fu celebrata dalle città di Bologna, Milano e Torino con conii e busti concessi in precedenza solo alla comica dell'arte Isabella Andreini. Scioltasi con la quaresima del 1823 la compagnia Marchionni, l'8 aprile di quell'anno debuttò con la compagnia stabile sabauda ne La bella fattora di Nota. In virtù della politica del repertorio avviata da L. Piossasco, nei successivi diciotto anni portò in scena innumerevoli opere, prevalentemente di autori italiani, frequentando con gli stessi uguali risultati il repertorio sia tragico sia comico.
Il suo teatro ebbe in quegli anni principale riferimento in Goldoni e in Alfieri, oltre che in Racine e in Voltaire; quindi nelle opere di G. Giraud, F.A. Bon, S.A. Sografi, A. Brofferio, C. Federici, G. Battaglia, C. Marenco, Avelloni, Maffei. Fra i testi che portò al debutto nel corso della sua permanenza nella stabile reale, Ines di Castro di D. Bertoletti (1826), Esther d'Engaddi, Gismonda da Mendrisio (1832) e Tommaso Moro (1833) di S. Pellico, Pia de' Tolomei di C. Marenco (1836). Della Compagnia reale sarda incarnò l'ideale di purezza linguistica ed espositiva, nonché quello di moralità imposto ai suoi comici dalla direzione dei teatri.
Dal 1829 la M. divise la scena con L. Vestri. Nel 1836 lasciò le parti di giovane, nelle quali fu sostituita da Antonietta Robotti. Dal 1837 ebbe come allieva Adelaide Ristori. Lasciò il teatro il 3 marzo 1840 dopo un'ultima replica de La fiera di Nota presso il teatro d'Angennes di Torino. Rimasta nubile, divise la sua casa torinese con la cugina Teresa Bertolazzi; continuò inoltre a lavorare come direttrice della locale Accademia filodrammatica. Tornò alle scene nel 1842 per le nozze di Vittorio Emanuele II con Maria Adelaide d'Austria, e nel 1843, quando in una recita di beneficenza riprese a Saluzzo la Gismonda da Mendrisio di Pellico. Nel 1847 mancò un'occasione di collaborazione con G. Modena, al fianco del quale in quell'anno le fu invano proposto di interpretare l'Edipo re di Sofocle al teatro Olimpico di Vicenza.
La M. morì a Torino il 1° febbr. 1861.
Fonti e Bibl.: Roma, Biblioteca teatrale del Burcardo, Avviso teatrale, [Lucca] 14 apr. 1814; Hubert [Philippe-Jacques Laroche], Chiara di Rosembergh, copione di scena (trad. it. di L. Marchionni, con date dei visti della censura dal 1808 al 1827); A. von Kotzebue, Ottavia, copione di scena (trad. it. di L. Marchionni, data del visto della censura del 1818); P. Collet, C. M., Turin 1855; L. Viganò, C. M., Milano 1857; G. Pinelli, I cinquantasette anni della vita drammatica di L. Domeniconi ossia Cronaca teatrale dall'anno 1806 al 1863, Narni 1864, passim; S. Pellico, Lettere milanesi (1815-21), a cura di M. Scotti, in Giorn. stor. della letteratura italiana, suppl. n. 28, Torino 1963, ad ind.; L.P. Arborio Gattinara di Breme, Lettere, a cura di P. Camporesi, Torino 1966, pp. 312-317; G. Costetti, La Compagnia reale sarda e il teatro italiano dal 1821 al 1855, Milano 1893, pp. 31-44, 61; F. Martini, Al teatro, Firenze 1895, pp. 327-330; G. Piccini (Jarro), Vittorio Alfieri a Firenze, Firenze 1896, pp. 9 s., 19, 33; G. Deabate, I comici di Sua Maestà, Torino 1905, pp. 9-19; Id., La fortuna di una tragedia. "Francesca da Rimini" e la sua prima interprete, in Natura e arte, s.d., pp. 196-199; A. Manzi, La prima di Francesca da Rimini e C. M., in La Rassegna italiana, XIX (1936), 214, pp. 169-180; L. Sanguinetti, La Compagnia reale sarda (1820-1855), Bologna 1963, pp. 42-63, 66; G. Ciotti Cavalletto, Attrici e società nell'Ottocento italiano, Milano 1978, pp. 28-37, 122-126; M.I. Aliverti, Comiche compagnie in Toscana (1800-1815), in Teatro archivio, 1984, pp. 188 s., 200 s., 209, 216 s., 222 s., 232 s., 237 s.; C. Meldolesi, Storia di attori, 1806-1830: un teatro psicolabile, in C. Meldolesi - F. Taviani, Teatro e spettacolo nel primo Ottocento, Roma-Bari 1991, ad ind.; S. Geraci, C. M. in effigie, in Teatro e storia, XVIII (2004), pp. 347-376; F. Regli, Diz. biografico, Torino 1860, pp. 301-303; L. Rasi, I comici italiani, Firenze 1897, III, pp. 77-82; Enc. dello spettacolo, VII, s.v.; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", N. Leonelli, Attori tragici attori comici, I, p. 79 (per Baldesi Marchionni Elisabetta); II, pp. 55-58 (per Carlotta); Enc. Italiana, XXII, pp. 244 s. (s.v. Marchionni, famiglia).