Gallone, Carmine (propr. Carmelo)
Regista cinematografico, nato a Taggia (Imperia) il 10 settembre 1885 e morto a Frascati (Roma) l'11 marzo 1973. Regista instancabile, con una carriera lunga cinquant'anni, fu un raffinato artigiano del cinema e non gli mancò la duttilità, anche stilistica, con cui seppe trascorrere nei generi e cambiare le modalità della finzione, adeguandosi, con grande intuito sociologico, ai gusti del pubblico, ma anche al succedersi delle ideologie e dei regimi. Da una prima fase in cui i suoi film ebbero essenzialmente una matrice letteraria passò alla magniloquenza storica degli anni Venti e Trenta, quindi alla fase del film operistico dagli anni Quaranta in poi. Alla Mostra del cinema di Venezia vinse la Coppa Mussolini nel 1935 per Casta diva e nel 1937 per Scipione l'Africano e il Premio della Biennale nel 1942 per Odessa in fiamme.
Dopo aver partecipato, nel 1911, a un concorso drammatico bandito a Roma dal comitato per l'Esposizione universale in occasione del cinquantenario dell'unità italiana, G. fu scritturato come generico nella compagnia stabile del Teatro Argentina (dove peraltro lavorò con la moglie, l'attrice polacca Soava Winaver) sino alla fine del 1912, svolgendo parallelamente l'attività di critico cinematografico. Nel 1913 entrò alla Cines, dapprima come sceneggiatore e poi come regista. Esordì nel 1914 con La donna nuda, dal dramma di H. Bataille, interpretato da Lyda Borelli, che inaugurò una serie di film in cui si trovò a dirigere le dive del muto in storie melodrammatiche, allora di moda. La cosiddetta serie Borelli, di chiara matrice letteraria, proseguì con La marcia nuziale (1915) e La falena (1916), entrambi da Bataille, La storia dei tredici (1917), libera riduzione da H. de Balzac, Malombra (1917), tratto da A. Fogazzaro: quest'ultimo film, caratterizzato da "uno splendore fotografico" definito "senza precedenti" (Martinelli, Il cinema muto italiano 1917, 1991, p. 172), si distingue anche per l'uso innovativo del primo piano.
Lo scoppio della guerra non gli impedì di continuare il suo lavoro, anzi già nel 1916 prese a dirigere il servizio cinematografico di propaganda della Marina. Intanto, dalla collaborazione con lo scrittore e sceneggiatore Lucio D'Ambra, considerato l'inventore della commedia sofisticata italiana, nascevano, oltre a La storia dei tredici, anche Il bacio di Cirano (1919), una riscrittura del Cyrano di E. Rostand, e Amleto e il suo clown (1920). Dopo la guerra, G. lanciò la moglie nel firmamento delle dive dello schermo facendola debuttare nel film di carattere realistico La storia di un peccato (1918), seguito da La madre folle (1923), I volti dell'amore (1924), La signorina… madre di famiglia (1924), La cavalcata ardente (1925), in cui si propone una chiara correlazione tra l'epica garibaldina e quella fascista. Nel 1919 G. tentò per la prima volta la strada, che lo avrebbe reso famoso, del film spettacolare in costume con Redenzione, caratterizzato da un uso non convenzionale del montaggio e dalla fotografia elegante e ricercata di Carlo Montuori. Nel 1926 G. subentrò ad Amleto Palermi nella regia del film Gli ultimi giorni di Pompei, una delle numerose trasposizioni del romanzo di E.G. Bulwer-Lytton, ultimo esempio di kolossal nell'accezione tradizionale, ma ormai ampiamente superata, che segnò un grande insuccesso. La recitazione ampollosa e magniloquente, la quasi assoluta mancanza di movimenti di macchina, le scenografie eccessive e teatrali portarono il film a una storica débâcle finanziaria, concludendo così il primo ciclo dell'attività cinematografica del regista.
L'anno successivo G. lasciò l'Italia e lavorò alternativamente in Francia, Germania, Inghilterra e Austria. A Parigi girò Celle qui domine (1927; La donna che scherzava con l'amore) e Un soir de rafle (1931; Di notte a Parigi); in Germania Die Stadt der tausend Freuden (1927; La città del piacere), Liebeshölle (1928; La grande tormenta) e Das Land ohne Frauen (1929; Terra senza donne), primo film sonoro tedesco in cui viene sperimentato un interessante rapporto di contrappunto tra immagini e suono: il risultato, stilisticamente all'altezza delle prove migliori di G., è una dimostrazione della volontà di reagire a un'idea statica della macchina da presa, ricercando una forma basata unicamente sulle possibilità del mezzo cinematografico. A Londra realizzò le versioni inglesi di alcuni dei suoi successi. Nel 1935 girò a Berlino …e lucean le stelle, che ebbe una versione francese e una inglese. Casta diva, anch'esso realizzato in due versioni, italiana e inglese, fu scritto dallo sceneggiatore hollywoodiano Walter Reisch. Biografia romanzata di V. Bellini, venne girato con grande sfarzo negli studi della Cines a Roma e si aggiudicò la Coppa Mussolini. Fu probabilmente grazie a questo riconoscimento che G. ebbe l'incarico di dirigere Scipione l'Africano, il massimo sforzo di propaganda cinematografica del regime fascista. Il film costituisce una metafora del progetto imperiale del regime, un monumento alla vittoriosa conclusione della guerra d'Etiopia, ma si rivelò un vero insuccesso e alla fine degli anni Trenta G. intraprese decisamente la strada del film operistico, divenendo uno dei massimi esponenti del genere; girò tra gli altri: Giuseppe Verdi (1938); Il sogno di Butterfly (1939); Amami, Alfredo! (1940). Realizzò quindi, Melodie eterne (1940), sulla vita di W.A. Mozart, interpretato da Gino Cervi, L'amante segreta ‒ Troppo bella (1941), con la presenza conturbante di Alida Valli in uno dei suoi ruoli scabrosi d'anteguerra, e Le due orfanelle (1942), con Maria Denis e ancora la Valli. Durante la Seconda guerra mondiale, dopo Odessa in fiamme, film di propaganda anticomunista ambientato in Unione Sovietica, realizzò Harlem (1943), sul mondo del pugilato, uno dei rari film del periodo fascista ambientati negli Stati Uniti, che risultò un atto di accusa al razzismo dei bianchi, e, nonostante l'ambientazione in una New York di maniera ricostruita a Cinecittà, si ricorda per alcune sequenze in cui vengono ripresi in modo memorabile gli incontri di boxe.
Alla fine della guerra, G. fu condannato dalla Commissione per l'epurazione delle categorie del cinema a una sospensione di sei mesi. Riprese a lavorare riconfermandosi il più significativo esponente del genere operistico. Girò infatti ancora molti film tratti da opere liriche come Rigoletto (1947), La signora dalle camelie (1947), Addio, Mimì (1949), Puccini ‒ Vissi d'arte, vissi d'amore (1953) e Cavalleria rusticana (1953), oltre a Avanti a lui tremava tutta Roma (1946), interpretato da Anna Magnani. In quest'ultimo film, rifacimento della Tosca in abiti moderni e ambientato durante l'occupazione nazista, G., alla ricerca di una riabilitazione ideologica, inserì tematiche resistenziali, riconquistando così il suo pubblico.G. volle sempre, con sperimentata professionalità, assecondare le richieste del pubblico; quando infatti tramontò la moda del film operistico ritornò al filone storico-mitologico che lo aveva reso famoso all'inizio della sua carriera realizzando Messalina (1951) e Cartagine in fiamme (1960). Nello stesso periodo subentrò a Julien Duvivier nella regia della serie di Don Camillo, firmando Don Camillo e l'onorevole Peppone (1955) e Don Camillo monsignore… ma non troppo (1961). La monaca di Monza del 1962 fu il suo ultimo film.
E.F. Palmieri, Vecchio cinema italiano, Venezia 1940, pp. 116, 123 e segg., 172-77, 213 e segg.
L. Freddi, Il cinema, Roma 1949, 1° vol., pp. 197-207, 2° vol., passim.
G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano, Roma 1979, 1° e 2° vol., Roma 1993², e 3° vol., Roma 2000³, ad indicem.
E. Del Monaco, Gallone, Carmelo, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 51° vol., Roma 1998, ad vocem.