GORI MEROSI, Carmine
Nacque a Subiaco il 14 febbr. 1810 da Giuseppe Gori, nobile sublacense imparentato per linea materna con la famiglia Giustiniani, e da Maria Benedetta Merosi, il cui cognome fu unito a quello del marito ed ereditato dai discendenti. Compiuti gli studi nel Seminario romano, il G. frequentò l'Università di Roma, dove, dopo aver seguito i corsi di diritto pubblico e canonico con profitto e aver dato prova nel contempo di un attaccamento particolare alla vita e alle pratiche di religione, si laureò con onore nel 1835. Intanto nel 1832 era stato ordinato sacerdote; successivamente Gregorio XVI, che ne aveva particolare stima, lo nominò arciprete della collegiata di S. Maria ad Martyres (Pantheon) e segretario della congregazione del Concilio. A sua volta Pio IX nel 1847 lo fece cameriere segreto soprannumerario e tre anni dopo gli affidò l'ufficio di pro-sottodatario apostolico (poi sottodatario), carica che disimpegnò con abnegazione per oltre trent'anni. Inoltre sotto Pio IX il G. collaborò alla compilazione della costituzione Apostolicae Sedis (12 ott. 1869), con cui si ordinava la delicata materia della censura latae sententiae.
Il 10 febbr. 1878, tre giorni dopo la scomparsa di Pio IX, il G. rimise la cassetta contenente le scritture ancora pendenti intorno agli affari della Dataria al cardinale decano, che la consegnò prontamente al cardinale camerlengo, G. Pecci. Questi, una volta eletto pontefice con il nome di Leone XIII, rinnovò al G. l'antico ufficio che questi mantenne fino al marzo 1882, quando lo stesso pontefice gli affidò le cariche di segretario della congregazione concistoriale e del S. Collegio; sempre nel 1882 il G. fu nominato canonico di S. Pietro.
Nonostante quasi cinquant'anni di indefessa e oscura attività al servizio della S. Sede, il G. durante il pontificato di Pio IX e i primi anni di quello di Leone XIII non aveva mai fatto parlare di sé e sono rarissimi i documenti di carattere politico o anche le corrispondenze delle diverse personalità di Curia e di laici che diano conto della sua attività pubblica e della sua vita privata. Sembrava dunque che l'accesso al S. Collegio gli fosse precluso.
La promozione a cardinale, secondo quanto affermò in seguito R. De Cesare, uno dei maggiori conoscitori degli ambienti di Curia del suo tempo, fu procrastinata a causa del fatto che il G. aveva "per gli zelanti l'imperdonabile peccato di non essersi opposto che fosse data sepoltura nel Pantheon, del cui Capitolo [era] arciprete, alla salma di Vittorio Emanuele" (Weber, p. 285). In verità, però, era stato il cardinale vicario R. Monaco La Valletta ad acconsentire che le spoglie del primo re d'Italia fossero deposte il 17 genn. 1878 nella chiesa di S. Maria ad Martyres. Peraltro, in quell'occasione il G. non fu presente per ragioni di salute alla solenne cerimonia, come invece gli avrebbe consentito la sua qualifica di arciprete di quella collegiata, delegandovi il canonico L. Lauri, a cui furono consegnate dal prefetto della Real Casa le tre chiavi che chiudevano il feretro di Vittorio Emanuele II.
Finalmente, nel concistoro del 12 nov. 1884 Leone XIII lo elevò alla porpora proprio con il titolo di S. Maria ad Martyres, riconoscendogli il merito, come il papa stesso affermò in quella solenne occasione, di aver servito la S. Sede "con intelligenza, con zelo ed inalterabile attaccamento" (La Voce della verità, 15 nov. 1884). Inoltre alcune settimane dopo Leone XIII, memore dell'origine sublacense del G. e delle sue apprezzate doti di amministratore, in seguito alla rinunzia del card. R. Monaco La Valletta alla titolarità dell'abbazia di Subiaco, gliene affidò la gestione con la carica di abate commendatario, ritenendo per sé, come aveva già fatto Pio IX all'inizio del suo pontificato, la titolarità della stessa. Il 29 novembre dello stesso anno il G. fu nominato anche membro della congregazione del Cerimoniale.
"Vecchio rispettabile per la coltura della mente e per una vita, ch'è davvero uno specchio di virtù", come aveva ricordato ancora il De Cesare esprimendo un giudizio condiviso da quanti, cattolici e laici, lo conobbero, il G. spirò a Roma, dopo una lunga malattia, la mattina del 15 sett. 1886. I funerali furono celebrati il 22 successivo nella chiesa di S. Marco e fu sepolto provvisoriamente a campo Verano. In ossequio alle sue disposizioni testamentarie, il corpo fu traslato il 15 dic. 1887 nel cimitero di Subiaco.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Presidenza del Consiglio, Consulta araldica, b. 603, f. 1533; Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Epoca moderna, 1883, prot. n. 53373; 1884, prot. nn. 60130 e 60135; rubr. 4, n. 60181; Arch. di Stato di Roma, Università di Roma, b. 360, f. 2170; Atti relativi alla morte del re Vittorio Emanuele II e all'ascensione al trono del re Umberto, I, Roma 1878, pp. 9, 24; necr. in La Voce della verità, 18 sett. 1886, e L'Osservatore romano, 17, 18 e 22 sett. 1886; 16 dic. 1887; G. Checchetelli, Pio IX p.o.m. abate commendatario di Subiaco. Cenni sullo stato economico-morale della città, Roma s.d., p. 8; E. Soderini, Il pontificato di Leone XIII, I, Milano 1932, pp. 51 s.; C. Weber, Quellen und Studien zur Kuria und zur vatikanischen Politik unter Leo XIII, Tübingen 1973, ad indicem; C.M. Fiorentino, P. Generoso Calenzio e il "Diario del conclave di Leone XIII", in Arch. della Società romana di storia patria, CXVIII (1995), p. 232; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-ecclesiastica, LXX, pp. 241, 296; Annuario biogr. universale, a cura di A. Brunialti, I (1884-85), p. 336; III (1886-87), p. 166; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, III, p. 522; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica…, VIII, Patavii 1979, ad indicem.