CARONTE (Charon, Χάρων, etr. Charu[n])
Nel mito dei Greci, Etruschi e Romani è il nocchiero che traghetta le anime sullo Acheronte. Polignoto ne dipinse la figura nella Lesche a Delfi nell'atto di traghettare alcune anime tra cui il giovane Tellis e la vergine Cleoboia, e lo rappresentò come un vecchio battelliere ai remi della sua barca (Paus., x, 28, 1 ss.). Ma la sua iconografia nell'arte greca non è per vero molto abbondante. Secondo il Furtwängler (Arch. für Religionswiss., vii, 1905, p. 191 ss.) la più antica immagine di C. è sopra una eschàra attica a figure nere della fine del VI sec. a. C. Spesso C. è presente sulle lèkythoi funerarie attiche a fondo bianco, ove si distinguono due tipi iconografici; il primo rappresenta l'arrivo dei morti al fiume infernale ed il loro incontro con C., mentre, il secondo, cerca di combinare la presenza di questo personaggio con le scene che si svolgono presso la tomba; inoltre, nel primo, a volte appare anche Hermes come guida delle anime (psychopompòs). L'aspetto di C. è quello di un uomo barbuto, arruffato ed incolto, coperto da un rozzo mantello e con un berretto in testa. Nelle sue funzioni di nocchiero troviamo C. su un rilievo e su un sarcofago ambedue ateniesi e sopra un'ara, oltre che su uno scarabeo forse di provenienza greca.
La figura di C. passa poi nel mondo etrusco, ma assume un particolare carattere e finisce col divenire la personificazione della morte stessa. Egli è rappresentato con tratti mostruosi, a volte barbato, deforme, con orecchie appuntite, naso adunco, bocca enorme, spesso alato e con gambe d'uccello, in chitone con l'attributo del remo e del mantello, il primo alludente alla sua funzione di psicopompo, il secondo simboleggiante l'attimo del trapasso dalla vita alla morte. Talvolta manca di barba e presenta tratti quasi femminei. Ma dal punto di vista dell'iconografia il C. etrusco mal si distingue dagli altri demoni ed anche le sue mansioni appaiono svariate. Ad assicurarne l'identità sui monumenti figurati soccorre talvolta il nome iscritto, più che il costume o il soggetto della scena; in altri casi invece l'anonima figura infernale è identificata con C. solo in via di ipotesi. La presenza di C. è sicura in un gruppo di opere che hanno in comune la rappresentazione del sacrificio dei prigionieri troiani compiuto da Achille sulla tomba di Patroclo (Tomba François, sarcofago di Torre S. Severo, sarcofago del Sacerdote, urna cineraria di Volterra, cratere 920 del Cabinet des Médailles); inoltre con questo nome è indicato un demone sopra un'urna di Volterra con la uccisione di Clitennestra ed Egisto, e C. rappresenta anche un vaso plastico ora a Monaco. Tra le altre figure demoniache che appaiono nei monumenti etruschi distinguere C. da un demone qualsiasi è più difficile, o meglio è C. che si assimila ad un generico demone: con questo nome possiamo forse ancora chiamare il demone alato che è dipinto nella Tomba dell'Orco a Tarquinia, più difficile è il problema per tante scene infernali che s'incontrano su vasi e su urne etrusche.
Nell'arte romana il nocchiero C. si trova da solo, o in scene mitiche varie, come su un sarcofago del Camposanto di Pisa, un puteale, ed il sarcofago di Protesilao del Vaticano, il sarcofago di Oreste del Laterano, ed un sarcofago del Louvre. Da ricordare inoltre una lucerna con Hermes che conduce a C. un'anima.
Bibl.: Il materiale iconografico è raccolto sostanzialmente in Müller-Wieseler, Denkmäl., II, tav. 69, 869-71; E. Pottier, Étude sur les lécythes blancs attiques à représentations funéraires, parigi 1882, p. 34 ss.; A. Baumeister, in Denkmäl. des klass. Altertums, I, 1885, p. 378 ss., s. v. Charon; E. Saglio, in Dict. Ant., I, p. 1099, s. v. Charon; S. Rocco, Il mito di Caronte nell'arte e nella letteratura, Torino 1897; O. Waser, Charon, Charun, Charos, Berlino 1898; O. Waser, in Pauly-Wissowa, III, 1889, 2177 s., s. v. Charon; G. Giannelli, in Enciclopedia Italiana, IX, 1931, s. v. Caronte. Si veda inoltre per nuovi monumenti e nuove esegesi, F. von Duhn, Charonlekythen, in Jahrbuch, II, 1887, p. 240 ss.; S. Reinach, Rép. Rel., II, 338, III, 60, 113, 279, 358, 391; C. Pascal, Le credenze d'oltretomba, Torino 1923, I, p. 44 e passim; F. De Ruyt, Charun, démon étrusque de la mort, Roma 1934; R. Lullies, Charon, in Arch. Anz., 1944-45, pp. 25 ss.; J. D. Beazley, Etruscan Vase-paint., p. 90 ss.; M. Pallottino, La peinture étrusque, Ginevra 1952, passim.