Vedi CARPENTRAS dell'anno: 1959 - 1994
CARPENTRAS (v. vol. II, p. 358)
Indagini condotte nella metà degli anni '60 nella zona di Lègue, 2 km a E di C., su una collina dominata da un altipiano, hanno posto in luce fondi di capanne, restituendo numerosi frammenti ceramici di importazione focea, campana e di produzione locale, questi ultimi con motivi decorativi imitati da vasi focei.
È probabile che in quest'area sorgesse il sito originario della tribù celtica dei Memini di cui C. era la capitale.
Arco onorario. - Per quanto riguarda l'epoca romana, occorre riesaminare una serie di problemi connessi con l'arco onorario. Benché questo monumento non sia stato oggetto di uno studio analitico completo, negli ultimi anni sono state formulate numerose ipotesi circa la sua cronologia e il suo significato.
Conservatosi soltanto in parte e spostato dal suo sito originario, come il tetrapilo di Cavaillon (v.), quest'arco si compone di un solo fornix inquadrato da pilastri scanalati che sostengono un archivolto decorato da tralci di vite. I piloni, nelle loro facce principali, sono privi di decorazione e delimitati verso l'esterno da semicolonne che partono da un livello superiore rispetto a quello delle basi dei suddetti pilastri, secondo uno schema strutturale caratteristico degli archi della Narbonense. Tuttavia a C., contrariamente a quanto si osserva a Glanum o a Orange, non vi sono colonne a delimitare gli angoli interni dei piloni; solo gli angoli esterni sono definiti plasticamente. Le facce esterne sono le sole sulle quali si dispieghi una decorazione figurata: il motivo dei trofei fiancheggiati da prigionieri, che ritroviamo a Glanum e a Orange, viene qui trattato in modo più sommario; rifuggendo qualsiasi effetto di sovrapposizione, le figure occupano lo spazio disponibile in una composizione schematica ma efficace. Tale disposizione dei rilievi ben si addice alle proporzioni del monumento, che, con una facciata larga m 7,80, presenta un'apertura profonda 4,53 m; si noterà che la volta non è decorata da cassettoni e che il tono generale del monumento è improntato a semplicità, il che differenzia questo arco da quello di Orange, sebbene alcuni dettagli decorativi non figurati appartengano al medesimo repertorio.
Originariamente situato sul cardo maximus della città, indubbiamente a una delle sue estremità, come a Orange, l'arco assumeva essenzialmente una funzione di limite e di luogo di passaggio. Pur tuttavia, la tematica rappresentata dai suoi rilievi non è priva di significato. Sul lato O - l'unico che oggi sia possibile fotografare - i prigionieri raffigurati sono un germano pellitus e un orientale con berretto frigio; sul lato E è ritratto un orientale abbigliato alla stessa maniera del precedente, mentre dall'altra parte del trofeo è un personaggio diademato di tipo ellenistico (re 0 tiranno). G. Ch. Picard ha proposto di vedere in questo arco la commemorazione della spedizione di C. Cesare contro Tigrane nel 3 a.C. e dei successi di L. Domizio Enobarbo contro gli Ermunduri. Più di recente, R. Turcan vi ha voluto riconoscere una celebrazione generale delle azioni militari e diplomatiche di Tiberio in Oriente e in Occidente; gli anni 18-19 d.C., durante i quali Germanico e Druso erano entrambi impegnati ai confini dell'impero, sembrerebbero il periodo più plausibile cui far risalire l'erezione del monumento. Quest'ultima ipotesi rende spiegabili senza difficoltà le differenti etnie rappresentate nei rilievi, e pone in maniera attendibile la colonia di C., Julia Meminorum, in connessione con Tiberio, l'imperatore regnante e figlio del fondatore della città Tiberio Claudio Nerone.
L'anteriorità dell'arco di C. rispetto a quello di Orange è così confermata, anche se lo scarto cronologico risulta inferiore rispetto a quello suggerito da una recente ipotesi di P. Gros (che propone una datazione anteriore al 10 d.C.). La scelta e il trattamento dei motivi decorativi dell'archivolto (tralci convergenti uniti da un «nodo di Eracle» a forma di serpente e raggi a cuore del tipo Biigelkymatiorì) sembrerebbero peraltro risalire alla fine dell'epoca augustea, più che agli inizî del regno di Tiberio. Tuttavia è noto come gli ultimi anni del primo Princeps furono segnati dall'aspirazione a legittimare un potere che problemi di successione rischiavano di rimettere in discussione; il tema della vittoria universale di Augusto e delle gentes devictae si prestava particolarmente a tale scopo.
Bibl.: M. F. Salviat, in Gallia, XXV, 1967, p. 374; A. Dumoulin, in The Princeton Encyclopedia of Classical Sites, Princeton 1976, pp. 199-200, s.v. Car- pentorate.
Sull'arco onorario: G.-Ch. Picard, L'arc de Carpentras, in CRAI, 1960, p. 13 ss.; id., L'art monumental au temps d'Auguste, in REL, XXXVIII, 1960, p. 335; C. Saletti, Un aspetto del problema dell'arte provinciale nei rapporti tra Cisalpina e Narbonense: gli archi onorari, in RendlstLomb, CVIII, 1974, p. 232 ss.; D. Scagliarini Corlaita, La situazione urbanistica degli archi onorari nella prima età imperiale, in Studi sull'arco onorario romano, Roma 1979, pp. 58-60; G. Gualandi, L'apparato figurativo negli archi augustei, ibid., pp. 129 ss., 140 ss.; P. Gros, Pour une chronologie des arcs de triomphe de Gaule Narbonnaise (à propos de l'arc de Glanum), in Gallia, XXXVII, 1979, pp. 76, 82; R. Turcan, L'arc de Carpentras: problèmes de datation et d'histoire, in Hommages à L. Lerat, Besançon-Parigi 1984, pp. 810-819; F. S. Kleiner, The Arch of Nero in Rome. A Study on the Roman Honorary Arch before and under Nero, Roma 1985, pp. 44-46; M. Janon, Le décor architectonique de Narbonne. Les Rinceaux (RA- Narb, Suppl. XIII), Parigi 1986, pp. 36-38.