Vedi CARRO dell'anno: 1959 - 1994
CARRO (v. vol. II, p. 358)
p. 358). Egitto, Vicino e Medio Oriente. - L'origine del c. si riconduce generalmente, secondo le teorie più plausibili, alla slitta e al carretto a scivolo, ritenuti rispettivamente archetipi del c. a quattro e a due ruote. La prima consiste in una piattaforma (o pianale) provvista 0 meno di pattini di scorrimento; il secondo è costituito da due aste inclinate e poste incrociate di fronte al garrese di un animale, o lungo i lati. Quest'ultimo tipo di veicolo non è tuttavia collegabile sulla base di evidenze documentarie ai c. a quattro e a due ruote.
La documentazione figurativa mesopotamica del III millennio a.C. attesta già l'uso dei c. e del sistema del timone/giogo per il traino, associato a tutti i tipi di veicoli a ruote. Un tale sistema di trazione è attestato, intorno alla metà del III millennio a.C., dalla slitta trainata da bovidi rinvenuta nella tomba della regina Puapi a Ur. Una evoluzione interna del veicolo a ruote, testimoniato nella forma più antica in Mesopotamia, appare più plausibile che l'introduzione nell'area vicino-orientale di un elemento della cultura materiale indo-europea. Alla documentazione figurativa si aggiunge quella testuale, che risale all'età protostorica (ultimi secoli del IV millennio a.C.), quando su alcune tavolette di argilla scritte con caratteri cuneiformi provenienti da Uruk compaiono segni pittografici che rappresentano slitte con pattini di scorrimento, tutte provviste di tettoia. Corrispondenza precisa a tale morfologia è offerta dalla rappresentazione su una placca in steatite coeva, ma di provenienza incerta, con un personaggio di alto rango (sacerdote o capo della comunità) seduto all'interno di una lettiga condotta da un auriga e trainata da un bovide, l'animale da tiro più comunemente impiegato a tale scopo, accanto all'equide; questo compare un po' più tardi, nel corso del III millennio a.C., in Mesopotamia e in Siria, come attestano le figurine animali che sormontano gli anelli passabriglie rinvenuti a Ur e a Til Barsip.
La documentazione testuale è invece più ricca di evidenze riguardo alla presenza, nella Mesopotamia meridionale e a Susa, di equidi, frequentemente ricorrenti sulle tavolette cuneiformi a partire dal periodo di Gemdet Nasr (3100-2900 a.C.) con il termine generico di ANSE; le forme composte di tale termine sumerico si riferiscono probabilmente a specie differenti di equidi o a differenti funzioni di tali animali nell'ambito del suo impiego in agricoltura, trasporto, ecc. Dal III millennio a.C. in poi i dati sulla presenza e l'uso del c. in Mesopotamia si fanno assai frequenti, sia nella documentazione figurativa, metallotecnica e coroplastica, sia nei resti delle strutture vere e proprie, queste ultime provenienti soprattutto dall'area settentrionale e dai confini occidentali e orientali del Vicino Oriente, quali l'Elam e la Siria. Le attestazioni figurative più ampie e dettagliate si collocano però, geograficamente, nel paese di Sumer e, cronologicamente, nel periodo protodinastico maturo (c.a 2600-2500 a.C.), come la stele di Eannatum di Lagaš e il «lato di guerra» dello stendardo di Ur, entrambi prototipi di c. parati per solenni avvenimenti bellici, l'uno in atto, l'altro nel corso delle celebrazioni della vittoria sui nemici. Tipologie analoghe di c. ricorrono anche nelle rappresentazioni dei sigilli cilindrici e nelle decorazioni dipinte su vasi della stessa epoca.
In alcune opere figurative mesopotamiche della metal- loplastica e del rilievo è precisamente ravvisabile sia il sistema di tenuta delle tre parti della ruota, tramite bulloni (in legno, in metallo, forse rame, e in pelle grezza), sia il tipo di c. con la guida a gambe divaricate come mostrano con particolare chiarezza il modellino in rame da Teli ʽAqrab e numerosi altri reperti in terracotta dall'area del fiume Diyäla e dalla città di Kiš, nella Mesopotamia settentrionale, dalla Siria, fino a esempi provenienti dall'Iran centro-occidentale (Luristan). Già nel III millennio a.C. il c. da guerra si munisce di un'alta protezione frontale, resa forse necessaria dall'introduzione degli equidi come animali da traino, e come riparo, nel corso delle battaglie, dai giavellotti e dai proiettili in pietra, corredato usualmente dalla faretra carica di frecce.
Ancora dalle fonti epigrafiche, in particolare da un testo proveniente da Fara e datato alla terza fase protodinastica (c.a 2600 a.C.), è confermata la specificità funzionale dei c., assegnati a singoli individui che «si recano in battaglia». La formazione-tipo di questi c. sembra essere costituita dall'auriga e da un secondo soldato che gli sta dietro e ha il compito di attaccare il nemico. Tipologie di base analoghe (c. con piattaforma e con guida a gambe divaricate) persistono alla fine del millennio, soprattutto nella documentazione glittica a tema mitologico-religioso e nella coroplastica della Siria. Una notevole differenza si riscontra invece nel tipo di ruote, a disco pieno, senza bulloni e con i mozzi sporgenti. L'impiego di c. a quattro ruote a scopi bellici è invece non più documentato, a vantaggio di funzioni civili e religiose, legate, queste ultime, al culto di alcune divinità.
La connessione di tali veicoli con cerimonie di culto e funerarie è indicata da un testo letterario risalente all'età di Isin e Larsa (prima metà del II millennio a.C.), la «Discesa agli Inferi del re Ur-nammu», fondatore della III dinastia di Ur che regnò dal 2112 al 2095 a. C., raggiunge il mondo ctonio su un c. trainato da equidi offerti alle divinità, secondo un costume funerario attestato sia nella necropoli di Kiš che a Ur, nel complesso delle Tombe Reali della dinastia di Kalam.
Il tradizionale veicolo a quattro ruote continua a essere in uso nel II millennio a.C., frequentemente rappresentato sulle impronte di sigilli cilindrici dell'Anatolia, rinvenute nel kämm (centro commerciale assiro) di Kültepe, risalente ai secoli XIX-XVIII a.C. Accanto alla già nota traversa per il controllo del veicolo compare un nuovo tipo di ruota a quattro raggi, attestata anche su modellini in metallo, ancora provenienti dall'Anatolia (da Acemhöyük, nell'altopiano centrale), e datati alla stessa epoca. Il c. a due ruote, con la piattaforma per la posizione stante dell'auriga e l'alta protezione, ricorre su alcuni modellini in terracotta della Siria (Ḥama), talvolta corredati da una copertura ad arco. Da quest'ultimo tipo di veicolo sembra discendere il vero e proprio c., senza l'alta protezione frontale, con ruote a raggi, trainato da equidi e capace di accogliere più viaggiatori.
Dettagliate rappresentazioni ricorrono nella sopracitata glittica di Kültepe, su impronte di sigilli siriani del XVIII- XVII sec. a.C. e su un modellino in terracotta da Uruk, cronologicamente coevo. La successiva trasformazione del c., liberato dalla originaria struttura di base, la piattaforma (o pianale), si realizza in Siria, dove numerose opere figurative coeve ai primi anni di regno di Hammurapi di Babilonia (1792-1750 a.C.) mostrano un c. con protezione assai bassa, ruote a quattro raggi e sedile posteriore. Il sistema di traino era realizzato con redini collegate sia alla cavezza sia al morso dell'animale. Anche nel II millennio a.C. gli equidi, incluso il cavallo, vengono ampiamente adibiti al traino dei c. e la loro frequente menzione nei testi è attestata dalla Mesopotamia all'Elam alla Siria fino all'Anatolia paleo-ittita nel corso della prima metà del II millennio a.C. Un sito anatolico, Harsamna, era centro di provenienza di cavalli, ormai ampiamente impiegati nella struttura commerciale urbana, mentre l'asino, tradizionalmente adibito al trasporto di carichi pesanti, riveste un ruolo primario nel commercio carovaniero, come attestano numerosi documenti antico-assiri (XIX-XVIII sec. a.C.).
L'impiego del c., oltre che per scopi bellici e commerciali, per trasporto carovaniero, nelle attività agricole, nelle cerimonie di culto, è attestato anche nella caccia, almeno dal II millennio a.C., per diventare successivamente tema narrativo assai diffuso in tutto il Vicino Oriente e in Egitto, ove il re con l'arco teso, accompagnato da un auriga che controlla la corsa, colpisce le fiere. La funzione bellica del c. può considerarsi indicata con certezza intorno alla metà del II millennio a.C., dai testi dei re ittiti Khattušili I e Muršili I (1650-1590 a.C.), le cui armate comprendevano c. da guerra, sebbene già all'età delle colonie paleo-assire sia nota la presenza di c. nell'esercito del re Anitta. Dalla fine del II millennio i c. trainati dai cavalli si diffondono ancora più ampiamente nell'area vicino-orientale e sono rappresentati sulla glittica, su opere di metallo a sbalzo, come la coppa aurea da Ugarit, e sui raffinati intagli eburnei da Megiddo. I c. assiri sono dettagliatamente descritti nell'«obelisco bianco» da Ninive, probabilmente realizzato sotto il re assiro Assurnasirpal I (1049-1031 a.C.), con ruote a sei raggi, coppie di equidi e abitacolo per l'auriga e l'equipaggio. Altrettanto minuziosa è la rappresentazione di c. sui rilievi egizî, già nel XVI sec. a.C., confortata dalle fonti testuali relative, con evidenti analogie tipologiche e strutturali con i veicoli asiatici, probabilmente introdotti nel corso del predominio Hyksos in tale regione. I contesti figurativi più noti a tale riguardo restano il ciclo di rilievi di Ramesse III (1190- II59 a.C.), che narra lo scontro con i «Popoli del mare» (XII sec. a.C.), e la battaglia di Qades condotta da Ra- messe II (seconda metà del XIII sec. a.C.) contro gli Ittiti. Vi ricorrono veicoli agili, con due o tre passeggeri, dai profili arrotondati o rettangolari e con ruote a quattro o sei raggi. I resti preservati di c. egizi, costruiti per parti, in materiale ligneo, potrebbero indicare una origine esterna all'area propriamente vicino-orientale, forse nord- caucasica, per l'uso di alcuni legni non reperibili in loco, come l'olivo e la betulla. Il traino di equidi è il più diffuso ed è menzionato sia nei testi cuneiformi che nei documenti di el-'Amārna, della seconda metà del millennio; dai rilievi egizi è documentato l'uso di particolari gioghi, a forma di Y, anatomicamente adatti a imbrigliare gli equidi. L'impiego di c. in attività belliche aumenta sensibilmente rispetto al passato, costituendo il punto di forza delle armate e bottino ambito dei vincitori, come nel caso dei faraoni Thutmosis III e Amenophis II (prima metà del XV sec. a.C.). Esempi illustri dei c. regali restano quelli provenienti dalla tomba di Tutankhamon (1347- 1338 a.C.), per l'uso personale del faraone e per quello cerimoniale, nel corso delle solenni processioni di culto.
I rilievi assiri, fino alla caduta dell'impero (612 a.C.), sono la fonte più ampia ed esauriente per la conoscenza delle tipologie e degli arredi dei c. vicino-orientali del I millennio a.C., accanto ad altre evidenze primarie, dai testi ai documenti figurativi dell'età neo-ittita (1100-700 a.C.). La particolare tematica dei rilievi neo-assiri fornisce dati anche sui veicoli a ruote dei popoli vinti, come gli abitanti di Lakiš e gli Elamiti, e su una sorta di c. più piccolo e agile, trainato da bovidi o muli, talvolta da schiavi, con ruote provviste di raggi. I c. veri e propri sono inoltre rappresentati con notevole frequenza sia sui rilievi degli ortostati palaziali, sia sulle rare pitture parietali di palazzi provinciali (come Til Barsip), che sui sigilli cilindrici. Ampie attestazioni provengono anche dalla metalloplastica elamita e urartea. Le cassette basse e arrotondate nella parte posteriore, sormontata spesso da una protome leonina, con due persone di equipaggio, contraddistinguono i veicoli dei primi sovrani neoassiri, mentre più tardi, con Tiglatpileser III (744-727 a.C.), la tipologia delle cassette, riccamente ornate e corredate da coppie di faretre ai lati, torna a essere più squadrata, permanendo sostanzialmente analoga fino a Sargon II (721-705 a.C.). Una sicura innovazione rispetto al passato riguarda la costruzione delle ruote, composte di due elementi concentrici, mentre all'incremento già avviato in precedenza dell'uso di cavalli per il traino, si affianca la moltiplicazione delle briglie per la presenza di bighe, trighe e quadrighe, già dall'età di Assurnasirpal II (883-859 a.C.). I paraocchi, seppure presenti, sono indicati in maniera sommaria e ridotta, senza nascondere gli occhi, in accordo con l'esigenza di una completa raffigurazione dell'animale, bardato con ricchi finimenti e talvolta con collane a grossi grani, acconciato con ciuffi di piume sostenuti da una leggera armatura metallica, in molte varianti decorative.
La caccia con il c. continua a essere documentata dalle fonti testuali e figurative, con rinforzi protettivi per l'attacco ai leoni. Sebbene le truppe a cavallo e con c. siano menzionate come corpi stabili delle armate nei testi assiri dall'età di Tukulti-Ninurta II in poi (IX sec. a.C.) e i dati figurativi risultino ampi e dettagliati, finora non è dato tuttavia di ricostruirne le tattiche belliche da campo.
Analogamente all'età dell'impero assiro, la fonte documentaria maggiore dopo la fine del suo primato è costituita dai rilievi achemenidi di Persepoli e, in parte e successivamente, da testi e opere figurative, provenienti dall'Anatolia ma di matrice greco-persiana. I rilievi dell’apadāna di Persepoli mostrano c. sontuosi come tributi al re e le raffigurazioni sui sigilli cilindrici ritraggono il sovrano intento a colpire con l'arco il nemico su c. a cassetta quadrangolare con grandi ruote pluriraggiate a traino di equidi. I veicoli a quattro ruote sembrano essere stati impiegati per viaggi di particolare importanza, per la qualità dei beni che trasportavano o per il prestigio dell'equipaggio, ed erano provvisti di coperture, secondo quanto riferisce Erodoto. I c. reali di Persepoli, riccamente decorati, possono avere un accesso posteriore, come già al tempo del re assiro Assurbanipal (668-631 a.C.); anche i cerchioni delle ruote erano generalmente decorati con bulloni, ad analogia degli elaborati ornamenti dei c. assiri di Sennacherib (704-681 a.C.) e Assurbanipal; per converso, i finimenti del traino consistevano ora solo di una fascia intorno al collo dell'animale, che teneva il giogo al suo posto, e di una seconda cinghia che, passando posteriormente, si ricollegava al giogo stesso. L'impiego bellico del c. nel periodo achemenide è comunque ridotto e modificato, a giudizio delle fonti classiche (Senofonte, Arriano), in una macchina lanciata direttamente contro il bersaglio provvista di numerose lame (carro falcato), piuttosto che strumento mobile per l'attacco. Il suo raggio di azione, sebbene fortemente circoscritto, è di forte efficacia nella strategia complessiva delle battaglie come, p.es., nell'impatto con le truppe macedoni di Alessandro a Gaugamela (331 a.C.).
I c. da guerra scitici rappresentano infine lo stadio estremo nella tipologia del veicolo nel Vicino Oriente antico, secondo le fonti testuali greche, sebbene finora nessuna evidenza figurativa lo confermi, mentre l'equipaggiamento primario del c., dall'arco alla faretra, assicura la continuità con la tradizione precedente.
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(R. Dolce)
Europa centrale. - I nuovi ritrovamenti, ma soprattutto i restauri di c. rinvenuti in precedenza, hanno consentito di ampliare la conoscenza dei c. halstattiani, in particolare di quelli da trasporto a quattro ruote, spesso utilizzati per il funerale e poi deposti nella tomba. A questa categoria appartengono il c. di Grosseibstadt (Unterfranken in Baviera) del VII sec. a.C., tutto di legno eccetto ruote e chiodi e interamente ricostruito; quelli più o meno coevi, ma completamente rivestiti in oro, di Blansko (Cecoslovacchia) e di Bell (regione renana prossima ai monti Hunsriick). Naturalmente quando è stato usato, come negli ultimi due casi, materiale tanto prezioso, si deve pensare che i c. siano stati fatti appositamente per il funerale. Lo stesso si può dire del c. con rivestimento in bronzo dalla lavorazione finissima da Vix (Francia), oppure di quello deposto nella tomba a camera di Hochdorf (Svizzera), il cui pianale è stato utilizzato per deporre il corredo funebre. Entrambi richiamano il tipo di c. di Ca' Morta (Como), anche per il meccanismo a snodo. Più vicino ai c. etruschi, p.es. a quelli della Tomba dei Carri di Populonia o della Regolini Galassi di Cerveteri, è invece il c. di Ohmenheim (Alsazia), sempre con le sponde basse di bronzo.
Studi recenti, che sembrano prescindere dal rapporto con il c. in Grecia o nel Vicino Oriente, hanno posto a confronto i c. halstattiani con quelli etrusco-italici, tracciandone la relativa carta di distribuzione; in tal modo si ottiene un più giusto e più largo inquadramento dei tipi di c. a quattro ruote, che sono diffusi in tutta Europa per un periodo più lungo di quelli a due ruote, i quali spariscono presto dal mondo greco perché legati alla funzione bellica e atletica. Il rapporto dei c. haltstattiani con quelli etruschi e delle altre popolazioni italiche presenta anche un altro aspetto: in entrambi questi ambienti la deposizione del c. nella tomba è in relazione con la definizione sociale del defunto. E in questo campo i confronti risalgono poi dall'Italia centrale a Cipro e in generale all'area mediterranea interessata dalla cultura orientalizzante.
I c. a due ruote hanno una vita più lunga nella civiltà celtica; ne è valida e recente testimonianza la biga di Wetwang (Yorkshire), utilizzata per la sepoltura, tanto che il morto è deposto sul pianale con le gambe rannicchiate. Questo non è il primo c. rinvenuto nella necropoli di Wetwang, che conta 446 inumazioni, delle quali le ultime tre con c. sono contigue, e databili al I La Tène. Pure a due ruote è il c. di Adria (Italia), seppellito nel III sec. a.C. con i due cavalli da tiro e un terzo più piccolo da sella, secondo un uso già noto in quel sito e attribuito all'influenza gallica. In questo caso i due cavalli da tiro hanno morsi di ferro e quello da sella di bronzo.
Grecia. – È stata già rilevata la decadenza dell'uso del c. da guerra dopo il periodo miceneo. Per l'età dei palazzi occorre però menzionare, accanto alle rappresentazioni o ai modelli, le testimonianze epigrafiche relative ai carri. Fra gli inventari in lineare Β di Pilo e Cnosso ci sono anche quelli con la dotazione bellica di ogni individuo, che comprende un c. con le ruote, uno o due cavalli e una o due carrozze (serie Sc di Cnosso) oppure quelli che menzionano i fabbricanti di c. e le parti di c. tenute in magazzino.
Se è vero che nell'Età del Ferro i Greci abbandonano il combattimento con il c., essi continuano a raffigurare la biga in immagini eroiche o divine e in quelle che si riferiscono alle gare atletiche. Al repertorio delle molte rappresentazioni note, si può aggiungere un rilievo di Cizico dell'ultimo quarto del VI sec. a.C., nel quale un auriga, in abito corto pieghettato e capelli lunghi sulle spalle, guida una biga decorata con leoni ruggenti.
I c. a quattro ruote ebbero ovviamente un impiego più lungo e furono usati per il trasporto funebre: oltre alle note raffigurazioni dei vasi geometrici, va ricordato il modellino in terracotta del VII sec. a.C., al Museo Nazionale di Atene, nel quale sono rappresentati il c., il letto funebre trasportato, con il defunto ricoperto e lo spirito di lui che vola al di sopra del lenzuolo. Le scene con i funerali sono dipinte anche nel VI sec. a.C. da famosi pittori ateniesi, fra i quali Exekias, e compaiono pure i c. a quattro ruote, esattamente come sui vasi geometrici con rappresentazioni simili.
Se nella Grecia propria il c. funebre non veniva seppellito con il morto, né tanto meno quello da guerra, incontriamo tale usanza a Cipro, nelle tombe «reali» di Salamina, che sono espressione tra le più vistose della cultura orientalizzante. Tale cultura, come è noto, impose la diffusione e l'uso di alcuni oggetti di prestigio, di fabbrica o imitazione orientale; fu una moda recepita da gruppi sociali primitivi, all'interno dei quali esisteva un'aristocrazia che si voleva distinguere anche tramite il possesso e l'esibizione di tali beni.
I c., sia da guerra che da trasporto, erano annoverati in quel patrimonio, che veniva accumulato nella tomba del possessore, facendo del funerale il momento culminante di quella esibizione. Un uso simile, ma senza deposizione di c., si trova pure in alcune tombe di defunti eroizzati della Grecia propria, come quella di Eretria in Eubea, ma si tratta di casi eccezionali, che si giustificano nell'assetto della pòlis, come il monumento del fondatore. Invece per Cipro, che fu uno dei punti principali per la diffusione di quella cultura, conosciamo un importante gruppo di sepolture comprendenti c. a Salamina, Tamassos e Palaeopaphos. Si tratta di tombe a camera, in alcuni casi depredate in antico, con corridoio di accesso (dròmos), nel quale venivano uccisi gli animali trainanti i carri. In due casi (tombe 2 e 31 di Salamina) si tratta di asini, anziché di cavalli. Alcune tombe contengono più di una sepoltura, e ci sono i cavalli relativi a ognuna: è il caso della tomba 1, con due cavalli per la prima sepoltura e quattro per la seconda, ma i c. erano in questo caso inclassificabili; invece nelle tombe 47 e 79 si distinguono bene i c. da guerra, bighe o quadrighe, da quelli da trasporto, utilizzati per il funerale. I c. da guerra della tomba 79, sono interessanti dal punto di vista strutturale, perché presentano una divisione della cassa che prevede il trasporto di due persone in piedi, l'auriga e il combattente.
Nelle sepolture di Salamina di Cipro confluiscono quindi le testimonianze di due distinti usi, quello prolungato nel tempo del c. da guerra, che forse è diventato da parata, e quello del c. funebre, cioè di un c. da trasporto eccezionale, probabilmente approntato per l'occasione, proprio come quelli halstattiani citati sopra. Una terza usanza, indipendente dalla presenza dei c., e che ha una maggiore diffusione, è quella di seppellire con onore i cavalli.
In questi ultimi anni si è notevolmente accresciuta la conoscenza della cultura tracia, nella quale il cavallo aveva un ruolo preminente per vari aspetti, e veniva seppellito con le sue preziosissime bardature. Si devono segnalare, per quanto riguarda la rappresentazione di c., alcuni monumenti od oggetti di età ellenistica. Innanzi tutto la quadriga e le bighe dipinte sulla vòlta della tomba di Kazanlăk (Stara Zagora) del primo quarto del III sec. a.C.; e, per il secolo precedente, le quadrighe che adornano una phiàle d'argento del Tumulo di Bašova (Plovdiv) e una brocchetta d'oro del Tumulo di Mogilanska (Vraca).
Etruria. - I c. rinvenuti in Italia e appartenenti all'Età del Bronzo e del Ferro, sono stati oggetto di un'ampia monografia di E. Woytowitsch.
La biga di Ischia di Castro, schedata da Woytowitsch (1977, n. 36, p. 40) prima del recente restauro, è stata scoperta nel 1967 in una tomba a dròmos insieme agli scheletri di due cavalli di piccola statura, in una sepoltura che rispecchia in tutto lo schema di quelle cipriote. La cassa del c. era in legno (ora la si può vedere ricostruita al Museo di Villa Giulia) ed è evidente la funzionalità che distingue questo c. dai due esemplari già noti per il VI sec. a.C., da Monteleone di Spoleto (al Metropolitan Museum di New York) e da Castel San Mariano presso Perugia (al museo di Monaco di Baviera), i quali sono chiaramente da parata. La biga di Castro, che ha delle decorazioni in bronzo con efebi che ricordano i kouroi greci e delle acconciature greco- orientali, si data alla seconda metà del VI sec. a.C.
All'incirca degli stessi anni (1965) è il ritrovamento della biga di bronzo di Vulci, nella tomba a dròmos che da essa ha preso nome, databile al secondo quarto del VII sec. a.C. Altre due bighe, questa volta nella stessa tomba, sono state trovate molto di recente nella necropoli di San Giuliano a Bar barano Romano. La tomba, a camera, conteneva una deposizione maschile e una femminile; al c. femminile appartiene il poggiaredini a tre cannule; anche le coppie di morsi sono di due tipi differenti. La definizione sicura della biga femminile e degli accessori deriva dalle scoperte laziali (v. in seguito). Lo stesso schema è individuabile nella «Tomba dei Flabelli» di Trevignano Romano, con doppia deposizione, maschile e femminile, due c. e un poggiaredini. Un altro c. a due ruote si è potuto identificare, malgrado l'esiguità dei resti in ferro, nella tomba 6118 di Monterozzi (Tarquinia) databile nel- l'Orientalizzante Recente. Inclassificabile è invece il tipo di c. individuato a Veio-Quattro Fontanili, con due lamine di ferro inchiodate e relativi resti di legno (Woytowitsch, n. 14, p. 34). Un importante e recente scavo ha messo in luce un c. a quattro ruote: si tratta della tomba principesca di Monte Michele, a Veio, nella quale è stato deposto il c., utilizzato per il funerale, che era trainato da due cavalli (due sono infatti i morsi rinvenuti). Nonostante la scelta del tipo di c., non è taciuta, nel corredo, la qualifica guerriera del defunto, perché sono presenti anche quattro punte di giavellotto. Alla stessa tomba appartiene anche un modellino incompleto di c. (v. oltre).
Italia centrale e Roma. - Gran parte del rinnovato interesse per i c. è sorto a seguito delle scoperte archeologiche nei centri del Latium vetus, fervide soprattutto negli anni '70, e per così dire rivoluzionarie, sotto molti aspetti, della storia e della conoscenza della cultura dell'Italia tirrenica. Infatti, anche i piccoli centri latini dell'Età del Ferro ebbero una diretta partecipazione alla cultura orientalizzante, sia nell'uso degli oggetti tipici che nella trasformazione sociale che quelli ci rappresentano.
Un ruolo di primo piano ha avuto, in questo senso, la ricerca condotta nella necropoli di Castel di Decima (Roma) tra il 1971 e il 1975. Sei di quelle tombe, databili dal 730 al 670 a.C., comprendono ciascuna un c. nel corredo funebre. Si tratta sempre di un c. a due ruote e, quando ci sono, i morsi sono due (alle schede di Woytowitsch, p. 34, nn. 7A-7E, va aggiunto il tumulo). Il caso più clamoroso è quello della tomba 101 (fine VIII sec. a.C.), perché si tratta di una fastosissima deposizione femminile. Le considerazioni fatte dallo scavatore, A. Bedini, e poi da altri studiosi, sulla presenza del c. a due ruote nella sepoltura di una donna, hanno permesso di distinguere questi c. provenienti da vecchi e nuovi scavi e hanno suscitato nuovi studi specifici sui c. in sepolture femminili.
La presenza, nella tomba 101 di Castel di Decima, del poggiaredini a tre cannule, un oggetto conosciuto, ma di cui si ignorava l'uso, e che sembra appartenere al c. femminile, comporta la posizione di guida a sedere e quindi consente la copertura del c. (il carpentum delle fonti latine).
Un altro c. femminile è stato trovato nella tomba 70 della necropoli relativa all'abitato protostorico dell'Acqua Acetosa-Laurentina (Roma). Questa tomba, che è del secondo quarto del VII sec. a.C., ha caratteristiche diverse perché, oltre a un corredo personale femminile e al c., contiene, fra gli oggetti deposti, scudi appoggiati alle pareti della pseudo-camera. Benché singolare, questa presenza trova un confronto negli scudi fittili della tomba 868 di Castel del Fosso a Veio (Etruria), che è pure femminile. D'accordo con questa associazione sembra andare l'individuazione degli elementi del c., che apparterrebbe al tipo da guerra. In contrasto con questa interpretazione, che è quella dello scavatore, sarebbe invece, in base a quanto si è detto sopra, la presenza del poggiaredini.
Secondo una recente proposta di L. Galeotti, come il poggiaredini individua il c. a sedere, così il c. da guerra è distinguibile dalla presenza di due maniglie, di varia foggia e metallo, le quali sono di supporto per la posizione eretta, prevista da tale carro. In alcune delle tombe maschili laziali con c. sono segnalati tali sostegni; in particolare si possono citare le tombe 15 e 21 di Castel di Decima e quella sottostante l’heròon di Lavinio (Pratica di Mare). Una maniglia di tale uso è fra i pezzi identificati di recente per la biga con parapetto rettilineo della Tomba Bernardini di Palestrina. E invece impossibile identificare questi pezzi fra quanto resta del c. della tomba sconvolta n. 32 di Ficana (Ostia), datata alla metà del VII sec. a.C. Intorno alla stessa epoca si datano alcune tombe a incinerazione e con c., di Verucchio (Bologna, scavi 1972). In particolare, il Gentili ha rinvenuto fra i resti del rogo, oltre a inequivocabili parti di c., due tipi diversi di morsi equini in ognuna delle tombe n. 85 e 89.
Nel Lazio l'uso di seppellire il c. cessa nella seconda metà del VII sec. a.C., cioè con l'Orientalizzante Recente, quando spariscono dai corredi funebri anche gli altri oggetti preziosi, comparsi con l'Orientalizzante Antico. In altre parti dell'Italia centrale, come si è già detto per l'Etruria, lo stesso uso continua invece nel secolo successivo. Dal Piceno e dall'Abruzzo ci vengono degli esempi che dimostrano come presso le popolazioni italiche continuassero usanze riprese dalle società aristocratiche e guerriere più evolute del versante tirrenico. Nella tomba 20 di Grottazzolina (Ascoli Piceno), del VI sec. a.C., è stato trovato un c. da combattimento a due ruote, con due morsi in ferro (Woytowitsch, n. 95, p. 50). Mentre nella necropoli picena di Pitino (San Severino Marche; Woytowitsch, n. 98, p. 50), complessivamente datata fra la fine del VII e gli inizî del VI sec. a.C., accanto ad alcune tombe maschili con c., se ne può segnalare una, la n. 10, che per la presenza del poggiaredini si può ipotizzare come femminile. Alla stessa area appartengono le tombe a circolo scavate a Numana (Ancona) da M. Landolfi, databili nella seconda metà del VI sec. a.C.: i c. erano in questo caso trainati da muli. Al VI sec. a.C. appartiene anche la grandiosa tomba di guerriero, n. 20, di Campovalano (Teramo), nella quale è stata deposta la biga con i due morsi (Woytowitsch n. 89, p. 49). Un accenno merita ancora la tomba 4461 di Pontecagnano (Salerno), datata alla fine dell'VIII sec. a.C., sicuramente maschile, nella quale sono state deposte due maschere equine di lamina di bronzo, a simboleggiare, secondo l'editore, il possesso del c. da parte del defunto. E l'unica testimonianza dell'uso del cavallo 0 del c., per ora fornitaci da quella necropoli, tanto importante per l'Età del Ferro e l'Orientalizzante in Italia.
Per quanto riguarda l'età romana, va segnalato l'eccezionale ritrovamento di due c. al centro del cortile della villa di Arianna a Stabia (Napoli). Si tratta di c. a quattro ruote, da trasporto, trainati da due cavalli; di uno si è conservata tutta la struttura metallica e parte di quella lignea, tanto che si è potuta disegnare la cassa e confrontarla con le note raffigurazioni di c. romani da trasporto.
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(F. Cordano)
Carro cultuale. - Ci si limita a segnalare alcuni esemplari di modelli di c., rinvenuti o pubblicati di recente.
Il già citato Woytowitsch dedica una parte specifica del suo libro ai c. cultuali; fra questi si devono segnalare (n. 155) i resti di una piccola quadriga d'impasto da Tarquinia (tomba 43 della necropoli Le Rose) del VII sec. a.C. della quale sono conservate due piccole ruote e tre cavallucci. A questi dobbiamo aggiungere il cavalluccio e la ruota, sempre d'impasto, trovati nella tomba 49 della medesima necropoli. Ancora da Tarquinia (scavi in loc. La Civita) proviene una rotella di bronzo, appartenente a un modellino di carro. Di altro genere, perché a forma di animale con coperchio, il c. protovillanoviano in terracotta di Fratta Polesine (Rovigo), che era inedito (Woytowitsch, n. 143).
Un modello di quadriga in bronzo, di eccezionale valore e bellezza, è stato trovato in Anatolia nella sepoltura infantile del tumulo Ρ di Gordion, appartenente alla prima metà del VII sec. a.C. I cavalli sono lunghi 5 cm e alti 4,7 cm, mentre le ruote hanno un diametro di 4,5 cm. Un altro modellino di bronzo, questa volta halstattia- no, è segnalato da Egg da vecchi scavi di Ohnenheim in Alsazia, nella stessa tomba che conteneva il c. di grandi dimensioni con sponde in bronzo, ricordato sopra.
La stessa associazione di c. da trasporto funebre e di c. votivo, compare nella tomba principesca di Veio (Monte Michele), già citata. Qui però il modellino di c. è in cattivo stato di conservazione e quindi non è stato definito con sicurezza.
Bibl.: E. Woytowitsch, Die Wagen der Bronze - und frühen Eisenzeit in Italien, Monaco 1977 (con bibl.); R. S. Young, The Gordion Excavations Final Reports, 1. Three Great Early Tumuli (University of Pennsylvania, University Monograph, 43), Filadelfia 1981, η. 40, tav. XIII A-J; F. Boitani, Veio: la tomba «principesca» della necropoli di Monte Michele, in StEtr, LI, 1983 (1985), pp. 535-556 e tavv. xciv-cil; AA.VV., Vierrädrige Wagen der Hallstattzeit, Untersuchungen zu Geschichte und Technik, Magonza 1987.
(F. Cordano)
Asia centrale e India . - Fra i modelli di c. più antichi attestati in ambiente centroasiatico è un modello in ceramica di un c. a quattro ruote proveniente dal tepe S di Anau (Turkmenia meridionale, 3200 a.C.). Nell'Età del Bronzo Antico (2500-2000 a.C.) ad Altïn Depe (Turkmenia meridionale, fase Namazga IV = Anau III) è stato rinvenuto un caratteristico esemplare di modellino in terracotta in cui il c. appare trainato da un cammello. Il c. ha quattro ruote, di cui le posteriori hanno un diametro maggiore; su di esse si imposta la cassa di forma rettangolare con sole sponde laterali. Ancora al III millennio sono probabilmente riferibili i c. rappresentati su una grande ciotola d'argento proveniente dalla Battriana lavorata a sbalzo e a incisione (Louvre, n. AO28518; diam. 14,3 cm; alt. 13,2 cm). La scena riprodotta su questa ciotola mostra la corsa di due c.: uno, a quattro ruote, tirato da due buoi, e con due persone; l'altro, a due ruote, ugualmente tirato da due buoi, ma con una sola persona. Si tratta forse di una scena di caccia. Il c. in testa è di tipo leggero con due ruote fatte di pezzi di legno uniti a commessura; il c. che segue, di tipo pesante, ha quattro ruote formate da piccoli riquadri di legno. Questi c. mostrano una tipologia più arcaica di quella nota all'inizio del II millennio in Siria e Cappadocia con ruote a raggi, trainati da cavalli, e differiscono anche da quelli mesopotamici del III millennio a.C.; essi ricordano piuttosto il c. raffigurato su un sigillo di Tepe Hissar con ruote piene fatte con pezzi di legno a incastro.
In Asia centrale non mancano esempi di c. da guerra o da parata. Eccezionale è il caso del modello aureo di c. a tutto tondo (British Museum, n. 123908) che fa parte del Tesoro dell'Oxus, comprendente una serie di oggetti datati tra il V e il III sec. a.C. Si tratta di un tipo di c. riservato ai re o ai nobili persiani. La tipologia dei c. persiani è ben nota anche dalle fonti letterarie (v. p.es. Xenoph., Cyr., VI, 1.27), che sottolineano anche il loro rapporto di derivazione dai c. assiri (Ier., IV 13). Fra i vari esempi che ne riproducono il modello ricordiamo il sigillo di Dario (British Museum, n. 89132), un rilievo proveniente da Persepoli, ancora nel British Museum, il celebre mosaico di Pompei raffigurante la battaglia di Isso nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, nonché l'altro modello a tutto tondo della Collezione Lord Lytton (British Museum, n. 132256).
La derivazione tardo-assira del c. persiano ê ben evidente nel modello riprodotto sul sigillo di Dario, che ha la cassa rettangolare e i cerchioni delle ruote dentati esternamente. Il mosaico di Pompei attesta invece, per l'epoca di Dario Codomano, l'uso della quadriga trainata da cavalli affiancati, ma già Erodoto (VII, 40) parla di c. trainati anche da otto cavalli impiegati nelle cerimonie religiose. L'introduzione della quadriga sembra indicare un influsso siriano o ionico. Similmente di derivazione siriana o ionica sono i fori eseguiti a mano all'estremità dei due lati del c. della Collezione Lord Lytton che sostituiscono le equivalenti maniglie assire aggettanti verticalmente dai bordi posteriori della cassa, funzionali a una rapida salita. Si nota inoltre una tendenza nel tempo ad aumentare il numero dei raggi delle ruote: il c. del cilindro di Dario ne ha otto, secondo la regola assira; il c. aureo del tesoro ne ha nove; quello del museo di Napoli ne ha dieci o dodici e ancora dodici raggi si contano infine su quello del rilievo di Persepoli. Il c. aureo dell'Òxus ha un unico giogo diritto e piuttosto rozzo dalla forma eccezionalmente lunga, mentre più spesso nelle quadrighe i cavalli sono imbrigliati a due alla volta per mezzo di più gioghi dalle dimensioni ridotte. Di reminiscenza assira sono sia gli elementi verticali che sporgono dal giogo al di sopra del collo dei cavalli sia i nodi terminali posti tra le orecchie che sostituiscono le piume. Anche in questo caso le ruote sono dentate esternamente. La fronte del c. è decorata con il motivo della «croce di Sant'Andrea», motivo presente anche sul cilindro di Dario. Entrambi i modelli condividono inoltre una divisione interna della cassa per mezzo di un lungo sedile posto in senso longitudinale. C. siffatti, ossia aperti posteriormente, probabilmente venivano usati solo nelle parate. In caso diverso, essi sarebbero stati chiusi posteriormente, come dice lo stesso Senofonte (Cyr., VI, 4.9) e come sembra evidente sul sigillo cilindrico di Dario, dove il sovrano sembra appoggiarsi a un sostegno retrostante mentre colpisce il leone.
Un altro modello di c. è riprodotto su un piatto d'argento proveniente dal Badakhšan (Afghanistan, c.a II sec. d.C.), che è decorato a rilievo con il motivo del trionfo di Dioniso (British Museum, n. 124086; diam. 22,6 cm).
In questo caso il c. è reso in modo distorto, e più che un vero veicolo appare rappresentato come un semplice piano d'appoggio. La ruota è resa nella forma di un disco con una rosetta centrale, e non è del tutto chiaro se sia stata correttamente interpretata come ruota a raggi, come risulta da un cammeo dell'inizio del II d.C., riproducente lo stesso motivo, custodito presso il museo di Napoli. In base a considerazioni stilistiche è probabile che il piatto del Badakhšan sia di ambiente partico.
Nel subcontinente indiano i primi c. in miniatura sono più tardi e di tipo più primitivo rispetto a quelli di Kiš e Ur (IV-III millennio a.C.). Nell'ambito della civiltà dell'Indo sono caratteristici i «c. giocattolo», ovvero modelli in terracotta rinvenuti a Mohenjo-daro (fine del III millennio a.C.). Essi hanno un telaio ricurvo formato da due barre longitudinali e tre trasversali provviste di fori sia per l'alloggiamento del timone di guida sia per l'inserimento di pali lignei laterali allo scopo di formare una cassa di contenimento per le merci. Tali c. non differiscono molto da quelli tuttora in uso nel Sind con telaio in legno ricoperto di corda sul piano di appoggio. A Harappā e a Chanhu-daro sono attestati, invece, modelli di c. in rame o in bronzo provvisti di sedili di guida.
In India, non mancano testimonianze di vari modelli di c. per il periodo immediatamente successivo alla fine della civiltà dell'Indo. Del tesoro di Daimabad (distretto di Ahmadnagar, Maharashtra; metà del II millennio a.C. circa) fa parte un c. bronzeo aperto di un tipo forse destinato a uso bellico. Esso è tirato da due buoi e guidato da un uomo. La sua forma è alquanto insolita: la struttura è composta da due ruote sormontate da una barra trasversale su cui trova posto, in posizione eretta, il guidatore. Sempre allo stesso tesoro appartengono altri tre bronzi zoomorfi di cui due sono provvisti di ruote (un rinoceronte, un toro e un elefante). Essi sono difficilmente interpretabili come modelli di c.; è probabile, piuttosto, che avessero un valore cultuale e facessero parte della rappresentazione di una processione collocata in un luogo sacro. Rituali che contemplino una processione di c. non sembrano essere attestati nella religione vedica, ma sicuramente compaiono nell'induismo più tardo, in epoca medievale. Infatti sono abbastanza numerosi gli esempi, specialmente nell'India del Sud, di templi che vogliono essere la traduzione architettonica di un c. divino o di un c. rituale, quale p.es. il Tempio del Sole di Koṇārak nell'Orissa (XIII sec.).
Le fonti vediche ci informano dell'importanza dei c. nel corso delle invasioni indo-arie in India. Questi c., di tipo leggero, con ruote a raggi e capienza per due persone, avevano facilmente ragione dei lenti c. degli avversari locali, di tipo pesante e trainati da buoi.
Due modelli di c. bronzei vengono da Brahmapuri (attuale Kohlapur, distretto di Satara, Maharashtra). Questo sito ha restituito molti materiali romani di vario genere datati a partire dal I sec. d.C. Di particolare rilievo è stato il rinvenimento di un tesoro composto di oggetti di manifattura sia alessandrina, sia tipicamente indiana. A modelli sicuramente indiani, infatti, si riferiscono i due c. «giocattolo», simili a quelli della plastica contemporanea, riproducenti modelli di c. per il trasporto delle mercanzie. Il primo è un c. a due ruote con raggi regolarmente spaziati, cassa rettangolare e copertura sorretta da un'armatura arcuata sovrastante le basse sponde laterali (II sec. d.C.). Questo modello si avvicina molto a quello di c. con baldacchino raffigurato sul pilastro E del toraṇa S dello stūpa 1 di Sāñcī.
Nella ricostruzione di una tipologia dei c. di epoca antica può essere d'aiuto una serie di lavori relativi a epoca medievale.
Lo studio comparativo fatto dal Deloche di modelli attuali di c. indiani e delle rappresentazioni scultoree di epoca hoyṣala (dinastie Hoyṣala e Yādava del Mysore, 1111-1318 d.C.), dà conto di almeno 246 raffigurazioni così suddivise: in 11 di esse compaiono c. a due ruote; in 168 vi sono c. a quattro ruote trainati da cavalli; in 53, ancora c. a due ruote trainati da cavalli; nei restanti 25 casi si tratta di carretti a due ruote tirati da buoi. I c. con quattro ruote di egual diametro sono sempre tirati da cavalli, non hanno avantreno rotativo e sembrano muniti di un timone mobile. A Somnathpur le sponde laterali sono guarnite di lunghi pannelli decorativi con motivi geometrici. Le vetture a due ruote, trainate sia da cavalli sia da buoi, hanno tutte un timone rigido. Questi veicoli hanno per lo più ruote piene in legno; talvolta compaiono i raggi, in numero variabile da quattro a sedici. È difficile che tali c. fossero destinati a uso bellico. I carretti a due ruote, tirati da buoi, non differiscono molto da quelli ancora in uso in alcune zone del Deccan, mentre gli altri c., trainati da cavalli, sono veicoli aristocratici e ricordano piuttosto i c. processionali moderni che ancora si vedono presso alcuni templi. La maggior parte dei veicoli a due ruote, riccamente decorati, ricorda i c. da parata.
L'organizzazione dell'esercito nell'India antica distingueva quattro unità di combattimento: la fanteria, la cavalleria, gli elefanti e i carri. Il ruolo militare dei c. è stato importante fino all'èra cristiana per poi decrescere gradualmente fino a cadere del tutto in disuso (c.a VII sec. d.C.) a causa della progressiva efficienza della cavalleria. Nelle rappresentazioni delle varie scene della vita del Buddha dello stūpa 1 di Sāñcī (I sec. d.C.), è frequente la rappresentazione del c. da guerra o da parata in scene di processioni o battaglie. Tale c. ha tre lati tondeggianti, due ruote, ed è in genere occupato da un principe e da un auriga.
Nell'ambito dell'iconografia religiosa, la veduta frontale del c. è stata utilizzata per lo più per l'iconografia delle divinità solari e lunari. Anche le figure all'interno del c. vengono rese frontalmente, mentre i cavalli sono vòlti a destra e a sinistra al fine di sgombrare il campo visivo retrostante. Similmente le ruote vengono a volte rese, in modo del tutto convenzionale, obliquamente ai lati del c. come due dischi con o senza raggi. La resa realistica e prospettica è dunque sacrificata all'esigenza di una veduta completa dei vari elementi. Nonostante il comune denominatore stilistico e iconografico, permane comunque una significativa differenza fra i c. o le quadrighe dell'arte classica, i c. dal movimento lento dello stūpa di Sāñcī e le numerose rese frontali dello stesso motivo in ambiente scitico, iranico, centroasiatico, ecc. È tuttavia possibile individuare dei gruppi tipologici con caratteristiche affini.
La rappresentazione frontale del c. compare in India almeno a partire dalla prima metà del I sec. a.C. (a Bodh Gayā e a Khandagiri). La diffusione di tale schema arcaico fu favorita dalla mobilità di abili maestranze artistiche attive in India nel periodo śuṅga. Sia che questo motivo derivi dai bronzi arcaici del Luristan di epoca sargonide, o che dipenda piuttosto dall'incontro fra arte greca e arte orientale, esso comunque è diffuso dalla Russia meridionale alla Persia ed è attestato anche nell'India centrale e orientale a partire all'incirca dal I sec. a.C., quando viene autonomamente rielaborato. Pur considerando la possibilità di un influsso occidentale, va comunque sottolineato che la rappresentazione frontale è comune anche alla sensibilità estetica dell'arte indiana sin dalle epoche più antiche. L'introduzione di tale tema va tuttavia probabilmente vista in relazione al flusso di correnti iraniche che interessano il subcontinente, dato che il culto del Sole fu rivitalizzato in India al tempo dalle invasioni śakapahlava. Va ricordato che già a partire dal IV sec. a.C. lo schema frontale del c. solare era pienamente sviluppato in ambiente scito-sarmatico.
Fra i casi in cui il c. cultuale, tema molto popolare in ambiente indiano, è attestato in rappresentazioni scultoree e pittoriche, ricordiamo:
Bhājā (Maharashtra, intorno al 100 a.C.): rappresentazione di un c. con Sürya trainato da quattro cavalli. Si tratta del tipico c. indiano a due ruote con raggi e tiro a quattro. La particolarità di questo rilievo è la singolare resa di profilo e non frontale.
Bhārhut (Madhya Pradesh, intorno al 100 a.C.): rappresentazione di Sūrya sul c., su un pilastrino della balaustra dello stūpa (Indian Museum, Calcutta). Un modello di c. da trasporto è rappresentato su un medaglione della stessa balaustra che riproduce la storia di Anātha- pindada (ibidem). Si tratta di un c. a due ruote con semplice piano di appoggio e timone mobile guidato da buoi che nella scena in esame sono staccati dal giogo.
Bodh Gayā (Bihar, I sec. a.C.): la rappresentazione del c. di Sūrya su un frammento di pilastrino di balaustra segue lo schema iconografico più arcaico e risale a una delle sistemazioni antiche del tempio della Mahābodhi. Il pilastrino è sopravvissuto nella successiva fase di riedificazione di epoca kuṣāṇa. Il c. di Sūrya è a due ruote, con tiro a quattro, assimilabile tipologicamente a quello di Bhājā.
Anantagumpha, Khandagiri (Orissa, variamente datato fra il I a.C. e il II sec. d.C.): è una delle più antiche rappresentazioni frontali indiana del c. divino. Le ruote in questo caso, immaginate prospetticamente, non compaiono.
Mathurä (Uttar Pradesh): una piccola stele di epoca kuṣāṇa, conservata nel locale museo archeologico, rappresenta Sūrya alla guida di una quadriga.
Gandhāra (I-III sec. d.C.): un rilievo conservato nell'Indian Museum di Calcutta rappresenta una divinità lunare con un crescente iscritto dietro la testa, su un c. tirato da due cavalli. Da Abarchinar, nello Swāt, proviene un capitello raffigurante il c. di Sūrya con veduta trasversale delle ruote e cavalli resi di profilo.
Ahichchhatrā (Uttar Pradesh): il motivo di Sūrya sul c. solare compare su tredici placche di terracotta frammentarie, di cui due risalgono al li-inizio I sec. a.C. e undici al IV-VIII sec. d.C.). Quelle più tarde sono tutte circolari, con la metà superiore occupata dalla divinità e quella inferiore da sette cavalli di cui quello centrale è reso frontalmente. Fra le sue zampe, si intravede una singola ruota. Una delle placche riproduce una rappresentazione simbolica del dio del sole: la sua presenza è indicata solo da un cerchio prominente sulla cornice rettangolare di un c. che si muove su una singola ruota ed è occupato dalle sette sorelle che simboleggiano i raggi solari.
Gadhwa (Uttar Pradesh, seconda metà del V sec. d.C.): da qui proviene un fregio, conservato ora nel museo di Lucknow, che reca a un'estremità una raffigurazione di Sūrya sul suo c. iscritto in un disco circolare.
Elura (Maharashtra, VII sec. d.C.): un rilievo in una nicchia del tempio di Kailāśanātha rappresenta il ratto di Sītā. Sītā, la cui immagine, mutila, è su un c. dalla forma completamente diversa da quelle esaminate finora. Si tratta di un c. con cassa rettangolare e sponde basse, a due ruote a raggi, tirato da cavalli, non dissimile dai tipi di c. da trasporto più diffusi in epoca medievale.
Non mancano esempi simili in Asia centrale.
Khair Khāna (Afghanistan, VI-VII sec. d.C.): da qui proviene una stele in marmo di arte śāhi con la rappresentazione del dio Sūrya, affiancato da Daṇḍī e Piṅgala, su un c. molto stilizzato, tirato da due cavalli resi di profilo in posizione molto divergente e guidato dall'auriga Aruṇa.
Bāmiyān (Afghanistan, VI-VIII sec. d.C.): il dipinto frammentario sulla vòlta della grotta del Buddha di 35 m rappresenta il c. divino tirato da quattro cavalli divisi in due gruppi e resi di profilo. Ai lati dei cavalli si vedono le ruote del carro dalla superficie esterna convessa, anch'esse rese di profilo.
Qïzïl (Xinjiang, VIII sec. d.C.): una rappresentazione del dio Sūrya in cui solo le ruote, rese frontalmente, indicano la presenza del carro. Non vi è traccia di animali.
Qumtura (Xinjiang, VIII sec. d.C.): rappresentazione di una divinità solare su c. con ruote rese di tre quarti e cavalli di profilo.
Bibl.: V. S. Agrawala, Terracotta Figurines of Ahichchhatra, in Ancient India, IV, 1947, pp. 104-79; C. Sivaramamurti, Geographical and Chronological Factors in Indian Iconography, ibid., VI, 1950, pp. 21-63; M. Bussagli, The Frontal Representation of the Divine Chariot, in EastWest, VI, 1955, i, pp. 9-25; B. K. Majumdar, The Military System in Ancient India, Calcutta 1960; B. Rowland, The Art and Architecture of India: Buddhist, Hindu, Jain, Londra 1967; M. Hallade, Inde, Parigi 1968; H. Zimmer, The Art of Indian Asia, Princeton 1968 (rist.); V. M. Masson, V. I. Sarianidi, Central Asia, Southampton 1972; M. Taddei, India Antica, Milano 1972; Ζ. Tarzi, L'architecture et le decor rupestre des grottes de Bamiyan, Parigi 1977; H. Sankalia, Indian Archaeology Today, Delhi 1979; J. Deloche, Techniques militaires dans les royaumes du Dekkan au temps des Hoysala (XlIe-XIIIe siècle) d'après l'iconographie, in ArtAs, XLVII, 1986, 3-4, pp. 147-232; J. C. Harle, The Art and Architecture of the Indian Subcontinent, Londra 1986; J. C. Gardin, L'Asie Centrale, in Le Grand Atlas de l'Archéologie, Parigi 1988, pp. 226-227.
(O. Volpicelli)
Cina. - Non vi è accordo tra gli studiosi circa le origini del c. in Cina; in alcuni testi redatti prima del III sec. a.C. (Mozi, Xunzi, Shan Hai Jing e Lu Shi Qun Qiu) vi sarebbero riferimenti all'uso del c. in epoca Xia (mitica prima dinastia, tradizionalmente XXI-XVI sec. a.C.), le evidenze archeologiche mostrano però che il c. non fu conosciuto in Cina prima del tardo periodo Shang, fase dinastica (c.a XIII-XI sec. a.C.). A tale fase, infatti, debbono essere riferiti i ritrovamenti effettuati in un particolare tipo di sito archeologico: le c.d. sepolture di carro. Si tratta di sepolture rituali di c., spesso provvisti dei cavalli di traino e di uno o più inservienti, che venivano sacrificati in occasione o in connessione con i riti funerarî officiati durante funerali reali (nel caso delle «fosse» rinvenute nella necropoli reale di Yin, l'ultima capitale Shang) o, più genericamente, aristocratici (nel caso delle «fosse» scavate in altri siti Shang).
La struttura dei c., o meglio dei cocchi, di epoca Shang, che rimane pressoché inalterata fino alla fine della dinastia dei Zhou Occidentali (771 a.C.), è costituita da una lunga stanga nella cui porzione posteriore si attacca, ortogonalmente, l'asse per due ruote a raggi multipli e gavello formato da due assi di legno piegate a fuoco. Sull'incrocio dell'asse con la stanga era fissato il cassone, mentre nella parte anteriore della stanga era il giogo, per un tiro a due o a quattro, a cui si attaccavano i collari per i cavalli. Due potevano essere le varianti di questo tipo, determinate dall'ampiezza del cassone e dal numero di occupanti dello stesso. Nel «tipo piccolo» (c. 175 scavato a Dasi Kong Cun, Anyang, di epoca Shang, e un c. di epoca Zhou Occidentali scavato nella fossa 1 di Zhangjiapo a Chang'an), il cassone ha una superficie di c.a 100 X 80 cm, e vi potevano prendere posto due persone in posizione eretta, posizione suggerita anche da alcuni ideogrammi arcaici. Nel «tipo grande» (c. 1 di Xiaomindun, Anyang, per l'epoca Shang, e, per l'epoca Zhou Occidentali, un c. scavato nel sito di Xi'an, distretto di Jiao), il cassone ha una superficie di c.a 150 X 90 cm, tale da ospitare da tre a quattro uomini, ovvero una normale squadra di combattimento. In ambedue le varianti il cassone presentava un'apertura posteriore di accesso.
La tarda datazione dei primi c. cinesi e le caratteristiche della loro struttura sono elementi che hanno in passato suggerito l'ipotesi di un'introduzione del c. nell'armamentario Shang in seguito a contatti con le culture dell'Asia centrale; tale ipotesi deve trovare ancora sostanziali riscontri archeologici.
È all'epoca dei Zhou Occidentali (XI sec.-771 a.C.) che il cocchio a stanga singola inizia a subire alcune modifiche, come, p.es., l'aggiunta di un accessorio sagomato in bronzo lungo la cornice della parete del cassone, una sorta di «brancamano», che doveva facilitare la stabilità degli occupanti. Interamente dettata da motivi cerimoniali sembra essere l'adozione del c.d. shi: una barra lignea posta orizzontalmente sulla cornice nella parte anteriore del cassone che doveva favorire l'equilibrio dell'auriga nel momento in cui il cerimoniale gli imponeva di inchinarsi per rendere omaggio a un superiore.
All'epoca dei Zhou Occidentali deve datarsi la prima utilizzazione di accessori atti a rafforzare e a rendere più funzionale la struttura del collegamento cassone-assale; in particolare, di una sorta di cuscinetto ligneo, detto you-tu, posto tra l'asse e il pianale con la funzione sia di fissare il cassone all'asse, sia di fungere da vero e proprio cuscinetto tra le due parti. Conseguente all'uso dello you-tu sembra essere quello di un finimento in bronzo (troncoconico o semicilindrico), spesso decorato con motivi teriomorfi, posto a protezione della porzione dell'asse compresa tra il mozzo e il cassone. Il mozzo sembra essere stato tra le parti più complesse e delicate nella struttura degli antichi c. cinesi: su di esso si scaricavano il peso dell'intero cocchio e le forze esercitate dalla ruota in movimento.
Già nei c. Shang il mozzo (un unico pezzo di legno duro) ha una forma a barilotto con il punto di massima espansione, eccentrico, circondato da una corona di alveoli obliqui per l'alloggiamento dei raggi. Nei cocchi Shang, l'asse si inserisce al mozzo rastremandosi leggermente, per impedire alla ruota in movimento di spostarsi troppo verso l'interno del carro; una volta uscito dal mozzo l'asse si assottiglia ed è ricoperto da un cappellotto in bronzo fissato da un acciarino.
Questo sistema subisce delle sostanziali innovazioni all'epoca dei Zhou Occidentali; nei c. messi in luce nelle «fosse per c. e cavalli» dei siti di Kexingzhuang e Zhangjiapo (Shaanxi), Cicun (distretto di Xun), Baifu e Changping (Hebei), compare un accessorio del mozzo (lungo più di 50 cm) di forma troncoconica che, posto tra l'asse e il mozzo, aveva la funzione di aiutare quest'ultimo nel sopportare l'usura provocata dalla massa del c. in movimento.
L'uso di un vero e proprio cerchione, all'interno del mozzo, si osserva nel periodo degli «Stati Combattenti», p.es. nei c. del sito 23 presso Xiadu, capitale del regno di Yan (nello Hebei), in cui un cilindro di ferro viene fissato, tramite due perni, all'interno del mozzo. Conseguente è l'uso del «contro-cerchione», che per tutta l'epoca della dinastia dei Zhou Orientali è costituito da due ganasce in ferro inchiodate sull'asse, mentre all'epoca delle dinastie Qin e Han Occidentali (fine III-I sec. a.C.) è formato da un cilindro di ghisa.
Probabilmente gli elementi che subirono maggiori modifiche nel corso del I millennio a.C. furono il pianale e la copertura del cassone. Nei cocchi Shang, il pianale era costituito da semplici assi in legno poggiate sul bordo interno del cassone, sia nude, nella maggior parte dei casi, sia rivestite da stuoie, come quella la cui impronta a «spina di pesce» è stata rinvenuta nella fossa 81 AGSM 1613 di Yinxu (Anyang). L'uso di stuoie diventa regolare al tempo dei Zhou Occidentali e anzi tende a sostituire interamente le tavole all'epoca degli «Stati Combattenti», come è testimoniato da alcuni c. scavati a Liuli- ge (distretto di Hui, nello Henan). Tale sostituzione testimonierebbe la transizione da una posizione di guida eretta a una posizione seduta, sicuramente attestata dal sec. III a.C.
In epoca Shang non sembra fossero in uso sistemi di copertura dei cocchi. Il più antico fino a oggi attestato è quello rinvenuto nella fossa M1100 di Liulihe, nei pressi di Pechino, in una necropoli del regno di Yan, dell'epoca Zhou Occidentali. Dei cinque cocchi, con ruote smontate al momento della deposizione e poggiate lungo le pareti della fossa, quello centrale sembra essere stato coperto da una sorta di parasole circolare (diam. c.a 1,5 m). Dall'epoca «Primavere e Autunni» (722-481 a.C.) la maggior parte dei c. è sicuramente provvista di un sistema di copertura mobile. Verosimilmente dalla fine dell'epoca «Primavere e Autunni» la funzione del cocchio quale strumento bellico iniziò un lento declino che si concluse rapidamente all'inizio della dinastia Han; il cocchio restò, tuttavia, il mezzo di locomozione più prestigioso per gli alti strati dell'aristocrazia del periodo degli «Stati Combattenti» e dei periodi immediatamente successivi; è allora che il «parasole» si trasforma, unendosi strutturalmente al cassone, in una vera e propria cabina costituita da materiali leggeri quali stuoie, stoffe o feltri su intelaiatura lignea.
Probabilmente l'esempio più stupefacente di cocchi aristocratici del tardo I millennio a.C. è costituito dai due carri con tiro a quattro, interamente in bronzo, portati alla luce nel dicembre 1980 in una fossa sacrificale a O del Mausoleo di Qin Shi Huangdi, fondatore della dinastia Qin (221-206 a.C.) e ora esposti nel museo di Lin Tong (o Museo delle Figure in Terracotta di Qin). Allo stesso imperatore si deve, tra l'altro, l'unificazione dello scartamento delle ruote che nell'epoca degli «Stati Combattenti» era andato differenziandosi tra un regno e l'altro.
Tra il III e il I sec. a.C. il c. a stanga singola inizia a essere sostituito da quello a stanga doppia, tirato da un solo cavallo. Questo tipo di cocchio sembra aver avuto origine, all'epoca degli «Stati Combattenti», da un tipo detto «c. da trasporto in pianura» (ping di zai ren); i più antichi esempi di stanga doppia sono quelli rinvenuti nella fossa ι del sito di Ma'anjong presso Huai Yang, nello Henan, e nelle sepolture Qin di Qin'an nel Gansu, databili tra la fine del IV e l'inizio della seconda metà del III sec. a.C. Cocchi a stanga singola con tiro a due continuarono a essere in uso almeno per tutta la durata della dinastia degli Han Occidentali (206 a.C.-23 d.C.) sia come c. da parata sia come mezzo da trasporto nelle battute di caccia della nobiltà. Tra le testimonianze archeologiche più note ricordiamo i cocchi con struttura in legno e finimenti in bronzo dorato rinvenuti nelle sepolture 1 e 2 presso Man- cheng, nello Hebei. Nella sepoltura 1, appartenuta a Liu Sheng, principe Jing di Zhongshan morto nel 113 a.C., furono rinvenuti sei cocchi con tiro a due insieme a quattro cavalli, undici cani e un cervo, probabilmente deposti a ricordo di o per simulare una battuta di caccia; nella sepoltura 2, quella di Dou Wan, consorte di Liu Sheng, si rinvennero invece quattro cocchi di cui uno di dimensioni molto ridotte forse usato per il diporto delle dame di corte all'interno del palazzo.
Secondo alcuni legata all'adozione della doppia stanga e del tiro singolo sarebbe un'importante modifica nella struttura motrice del cocchio, ovvero il raccorciamento dell'asse e l'accostamento del cassone al mozzo con la conseguente scomparsa delle protezioni/decorazioni in bronzo dell'asse stesso. Il nuovo sistema è chiaramente visibile nei modellini in bronzo facenti parte di un corteo funebre rinvenuto nel 1969 in una tomba aristocratica di epoca Han Orientali (25-220 d.C.) presso Leitai, distretto di Wuwei (Gansu). Il rinvenimento di quattro carri in legno laccato e bronzo, effettuato nella fossa 4 presso un mausoleo principesco del regno di Qi della dinastia degli Han Occidentali presso Zibo nello Shandong, sembrerebbe retrodatare l'accorciamento dell'asse; i quattro cocchi, infatti, con cassone e stanga in lacca finemente decorata con motivi geometrici e a «drago e fenice volanti», mostrano un traino a stanga singola con tiro a due e con cassone ravvicinato al mozzo a forma di pigna. I primi tentativi di avvicinare la ruota al cassone, per evitare che la porzione di asse scoperta tra ruota e cassone fosse sottoposta a pericolose pressioni, si possono già notare nei c. rinvenuti nei pressi delle tombe Qin di Xicun (Fengxian, provincia dello Shaanxi) e in quelli scavati nell'area archeologica di Zhongzhoulu a Luoyang (Henan) databili agli ultimi secoli del periodo degli «Stati Combattenti»; in tali c., come in quelli di epoca Qin di Shangmengcun (Changwu, provincia dello Shaanxi), il mozzo ogivale è, infatti, inserito sull'asse in modo da essere quasi a contatto con il bordo del cassone.
La stretta associazione esistente tra l'ambiente aristocratico e il cocchio quale simbolo della condizione sociale è rilevabile non soltanto nei rituali funerarî delle élites della Cina settentrionale dalla tarda epoca Shang in poi, ma anche da numerosi riferimenti di carattere iconografico che legano la rappresentazione del cocchio a eventi di carattere rituale o celebrativo dell'aristocrazia. Probabilmente le più antiche rappresentazioni di cocchio - se si eccettuano i pittogrammi Shang - sono quelle che appaiono su alcuni vasi in bronzo datati all'epoca degli «Stati Combattenti». In un hu quadrangolare nella Avery Brundage Collection (de Young Memorial Museum, San Francisco) è rappresentato - in una scena del tipo «caccia fantastica», nella fascia centrale del vaso - un cocchio con tiro a due sul quale prendono posto spalla a spalla un auriga e un cacciatore armato di arco. In una scena di «caccia fantastica» su un vaso (hu) nel Minneapolis Institute of Arts (Alfred E. Pillsbury Bequest) è la rappresentazione di un cocchio con tiro a quattro e in una scena dello stesso tipo su un bacile (XI) nella Freer Gallery of Art (Washington) sono rappresentati un cocchio con tiro a due e uno con tiro a quattro. Rarissimo esempio di pittura parietale destinata a uso civile sono alcuni frammenti di intonaco dipinto, con scene di c. in corsa, provenienti dai resti del palazzo di Qin Shi Huangdi a Xianyang; in uno di tali frammenti, mentre del cocchio non rimane che la traccia del cassone e di una ruota, i quattro cavalli bruni sono ben raffigurati con una visione quasi a volo di uccello.
Il tema del cocchio con i cavalli al galoppo, in scene di caccia, di battaglia, in cortei e parate o, nel caso di grossi cocchi a largo cassone, come strumento per l'esibizione di ardite figure circensi o come veicolo di bande di musicanti, costituisce uno dei temi iconografici più ricorrenti nell'arte di epoca Han nella Cina settentrionale.
È ancora in epoca Han che il cocchio, proprio quale simbolo dell'alta condizione sociale, entra a far parte dell'iconografia legata a temi cosmologici (spesso ispirati al pensiero taoista) come veicolo di divinità celesti, p.es. nel caso di un mattone rinvenuto nel distretto di Peng nello Sichuan, in cui lo «spirito stella» attraversa il cielo su un cocchio con ruote spiraliformi trainato da tre dragoni, o nel caso di una specifica categoria di specchi in bronzo in cui cocchi, tirati da tre a sei destrieri al galoppo, rappresentano l'eterno viaggio cosmico del Duca Padre dell'Est (Dong Wang Kong) verso le regioni della Regina Madre dell'Ovest (Xi Wang Mu).
I cassoni in epoca Han possono essere realizzati con semplici tavole lignee unite a incastro (p.es. i modelli in bronzo rinvenuti a Langzhou e a Leitai nel Gansu), oppure da leggeri e complessi intrecci di bambù o stecche laccate o fibre vegetali (p.es. nelle raffigurazioni dello Sichuan); le coperture, invece, variano dal semplice parasole circolare (come in uno dei modellini di Leitai o nei cocchi incisi sulle lastre in pietra di Xuzhou nel Jiangsu o in quelli dipinti della tomba M17 di Xingyuan) fino alle sofisticate cabine con tetto a falde rialzate tipiche dei cocchi raffigurati sugli specchi in bronzo. È in epoca Han, inoltre, che invale l'uso di una copertura, forse ispirata a modelli centroasiatici, costituita da assi semicircolari fissati al bordo del cassone e ricoperti con stoffe o feltri.
Per i c. da trasporto mancano evidenze archeologiche dirette anteriori alla dinastia degli Han Occidentali, se si eccettuano tre raffigurazioni di c. a quattro ruote e a stanga singola riferibili al periodo degli «Stati Combattenti». La testimonianza forse più antica di c. da trasporto è fornita da un modellino in legno a due ruote trainato da un bovino, anch'esso in legno, rinvenuto in una sepoltura di epoca Han Occidentali a Wuwei, nel Gansu.
Dopo la caduta della dinastia Han e soprattutto dopo la promulgazione delle leggi suntuarie emanate dall'imperatore Wen della dinastia Wei che proibirono lo sfarzo dei rituali funebri aristocratici, cessò definitivamente l'uso della deposizione di veri c. nei corredi funerari. Gli unici dati sull'evoluzione del c. ci provengono, quindi, soltanto da testimonianze iconografiche o dai modellini presenti nei corredi. Dalla fine dell'epoca Han, d'altra parte, la struttura del c. da diporto e quella del c. da trasporto sono divenute sostanzialmente simili. Nel corredo funerario di una tomba databile tra la fine della dinastia Wei e l'inizio della dinastia dei Jin Occidentali, ovvero intorno al 265 d.C., rinvenuta a Xingyuancun (Yan- shi, provincia dello Henan) è presente un modellino di c. da diporto a doppia stanga diritta, cassone rettangolare ad alte sponde e copertura a volta con tettuccio aggettante sia nella porzione anteriore sia in quella posteriore. Molto più complessa è invece la struttura di un cocchio da viaggio dipinto sulla parete di una tomba aristocratica (M5) portata alla luce nella necropoli di epoca Jin (265-420 d.C.) presso Jiayuguan nel distretto di Jiuquan, nel Gansu. Nella camera funeraria della tomba compare un cocchio dalla elaborata cabina traforata con un «tetto a volta», chiaramente formato da listarelle di legno intrecciate a grosse maglie, ricoperto da una stoffa o un feltro. Retto da due supporti verticali che fuoriescono dal tetto è lo scheletro ligneo, quasi a doppio spiovente, di una copertina parasole molto aggettante che sembra essere fatta in stoffa leggera. Nel registro superiore compare poi uno dei riferimenti iconografici più antichi, tra quelli fino a oggi noti in Cina, all'uso del cammello battriano come animale da traino; l'animale è infatti aggiogato a un cocchio da viaggio a grandi ruote ed è protetto da una lunga copertina in tessuto leggero che sembra coprire anche parte della cabina.
Lo stesso modello di c., sia con traino equino sia con traino bovino, rimase sostanzialmente invariato per quasi un millennio; modellini di c. tipologicamente simili compaiono, infatti, in corredi tombali dell'epoca delle dinastie del Nord e del Sud (420-589), Sui (581-618) e Tang (618-907) come pure raffigurati su mattoni tombali Wei (534-557) o su pitture murali, in contesto funerario, di epoca Tang. C. da diporto con una cabina particolarmente elaborata, a forma di «padiglione» preceduta da un vestibolo, sono testimoniati infine in diverse pitture tombali di epoca Liao (907-1125) tra cui l'esempio più noto è forse quello raffigurato nella tomba 3 (scavata nel 1978-79) presso il villaggio di Beisanjia nella Bandiera di Aohan (Mongolia Interna).
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Modellini di c. rinvenuti in corredi funebri: Gan Bowen, Gansu Wuwei Leitai Dong Han mu qingli jianbao («Sullo scavo di una sepoltura di epoca Han Orientali rinvenuta a Leitai presso Wuwei nel Gansu»), in Wenwu, 1972, 2, pp. 16-24; E'cheng xian Bowuguan, E'cheng Dong Wu Sun jiangjun mu («La tomba del generale Sun dei Wu Orientali a E'cheng»), in Kaogu, J978, 3, pp. 163-167; ZGSHKXKGY, Sichuan sheng Bowuguan, Chengdu Mingmu fajuedui, Chengdu Fenghuangshan Ming mu («Una tomba Ming a Fenghuangshan presso Chengdu»), ibid., 5, pp. 306-313; Liu Fusheng, Liu Xiahan, Terracotta Figures and Bronze Chariots and Horses at Qin Mausoleum, Xi'an 1986; (The) Museum of Qin Terracotta Figures, in Terracotta Warriors and Horses of Emperor Qin Shi Huang, Hong Kong 1987, pp. 90-95; Chen Bingying, Lanzhou, Zhangye chutu de Handai tong chema («Carri e cavalli in bronzo di epoca Han rinvenuti a Lanzhou e Zhangye»), in Wenwu, 1988, 2, pp. 46-48.
Iconografia: Aohan qi Wenhuaguan, Aohan qi Baita Liao mu («Una tomba Liao rinvenuta a Baita nella Bandiera di Aohan»), in Kaogu, 1977, 2, pp. 119- 121; Gansu sheng Bowuguan, Jiuquan Jiayuguan Jin mu de fajue («Tombe di epoca Jin scavate a Jiayuguan presso Jiuquan»), in Wenwu, 1979, 6, pp. 1-17; Xianyang Wenhuahui e altri, Qin du Xianyang di sanhao guandian jianzhu, yizhi fajue jianbao («Sullo scavo dei resti architettonici del palazzo n. 3 a Xianyang capitale di Qin»), in Kaogu yu Wenwu, 1980, 2, pp. 34-41; Liu Zhiyan, Yu Dezhang, Liu Wenjie, Sichuan Han dai huaxiangzhuang yu Han dai shihui («Mattoni decorati di epoca Han e la società Han»), Pechino 1983; Gansu sheng Wenwudu e altri, Jiayuguan bihuamu fajue baogao («Rapporto di scavo delle tombe con pitture murali a Jiayuguan»), Pechino 1985; ZGSHKXKGY, Henan dier gongzuodui, Henan Yanshi Xingyuancun Dong Han bihuamu («Una tomba di epoca Han Orientali con pitture parietali rinvenuta presso Xingyuancun a Yanshi nello Henan»), in Kaogu, 1985, 1, pp. 18-22; Zhang Xiuqing, Zhengzhou Han huaxiangzhuang gaishu («Sui mattoni incisi in epoca Han a Zhengzhou»), in Kaogu yu Wenwu, 1987, 2, pp. 26- 30, 81; Sichuan sheng Bowuguan, Sichuan Pengxian dengdi xin shoujidao yu pihua xiangzhuang («Mattoni decorati da Pengxian nello Sichuan»), in Ka- gou, 1987, 6, pp. 533-537-
Studi tecnici: Sun Ji, Cong xiong- shixi jiafa dao antao shixi jiafa (Wo Guo gudai che zhi lueshuó) («Dal traino a collare al traino a sella - Sui finimenti di carro nell'antica Cina»), in Kaogu, 1980, 5, pp. 448-460; Zhang Changshou, Zhang Xiaoguan, Yin Zhou che zhi lueshuo («Una breve discussione sui finimenti di carro Shang e Zhou»), in Zhongguo Kaoguxue Yan- jiu («Studi e ricerche di Archeologia Cinese»), Pechino 1986, pp. 139-162.
(R. Ciarla)