CARROCCIO (nel latino delle fonti carochium, carrocerum, carozolum, carrocerum)
Nell'epoca dei comuni era così chiamato un carro a quattro ruote, del quale si faceva uso quando si usciva a guerreggiare contro i nemici e che durante il combattimento serviva da punto di riferimento e di raccolta. Esso era più alto e più grande dei carri comuni, veniva ricoperto di un grande panno dai colori della città e trainato da uno o più paia di buoi ricoperti anch'essi di una gualdrappa di uguali colori. Nel mezzo di esso si ergeva un'antenna con la croce, che reggeva uno o due stendardi con le insegne della città e una campana. Sul carro prendevano posto un certo numero di trombettieri, i quali, a suon di tromba, davano il segno della marcia o della fermata. Attorno ad esso si ponevano scelte squadre di militi. Con la campana attaccata all'antenna si dava il segnale della battaglia e si richiamavano i più lontani e dispersi. Il carroccio serviva anche per le funzioni religiose e per ricoverare i feriti. Naturalmente, per il suo carattere di simbolo, la perdita del carroccio in combattimento era la più grave alla quale si potesse soggiacere. In tempo di pace veniva custodito gelosamente spesso nella chiesa maggiore della città, e non veniva tratto fuori se non in qualche rara e solenne occasione.
Incerta è l'origine del carroccio: secondo alcuni l'uso risalirebbe ai Saraceni (sec. VIII), secondo altri sarebbe anche più antico. Ma la più antìca sicura notizia di esso è in Arnolfo (Gest. archiepisc. Mediol., II). Il carroccio fu in uso presso quasi tutte le città dell'Italia settentrionale e della Toscana e si trovava anche fuori d'Italia. Nei varî luoghi prese denominazioni speciali: a Cremona e a Padova, Berta o Bertazzola, a Cremona si chiamò anche Gaiardus e Bruira; a Parma Regelium e Biancardo. Il carroccio andò in disuso nel sec. XIV. Sembra che Pavia sia stata una delle ultime città a smetterne l'uso, poiché l'Anonimo (1330; in Rer. Ital. Script., XI) ne parla come di cosa ancora in voga.
Bibl.: Notizie sparse nelle storie delle varie città; v. specialmente A. Fumagalli, Le vicende di Milano durante la guerra con Federico I imperatore, 2ª ed., Milano 1854, pp. 186-191; C. Annoni, Monumenti della prima metà del sec. XI spettanti all'arcivescovo di Milano, Ariberto da Intimiano, Milano 1872, pagine 55-88.