CARSO (A. T., 17-18-19)
Toponimo che sembra di origine celtica (croato kras, ted. Karst), usato nelle Alpi orientali, nelle Dinariche e nelle Alpi Liguri per indicare una regione rocciosa calcarea (paese della pietra).
Genericamente, con questo appellativo, trasportato nel campo scientifico dallo Cvijić e dai geologi austriaci, si designano regioni, di solito di media montagna e di altipiano, costituite di calcare più o meno cristallino, fortemente fessurato, e degradato superficialmente dall'azione chimica delle acque di dilavamento (campi carreggiati, massi accatastati, ecc.), di aspetto nudo e desolato. Nelle regioni carsiche non v'è più idrografia superficiale, per cui si conserva nella morfologia esterna gran parte dell'originalità tettonica a pieghe e tavolati, bensì si sviluppa in esse un'idrografia sotterranea, alimentata dalle acque piovane assorbite dalle fessure superficiali, al fondo di depressioni in cui si accumula il residuo di disfacimento del calcare (terra rossa o ferretto); depressioni dette foibe dagl'Italiani dell'Istria, jama dagli Sloveni, doline dai Croati, a cui si aggiungono conche carsiche (polje slov.), solchi vallivi abbandonati, inghiottitoi, abissi, ecc.; depressioni alle quali corrisponde nel sottosuolo una rete estesissima di grotte, caverne, cunicoli, canali, laghi sotterranei, a varî livelli, percorsi da corsi d'acqua a pelo libero o a condotta forzata, che tornano poi alla luce alla periferia, in numerose risorgenze (v. carsici, fenomeni).
Come nome regionale alcuni geografi (Ritter, G. Marinelli, ecc.) lo applicano a tutta l'estrema regione calcarea delle Alpi Orientali e dei sottoposti altipiani, che attraverso alle Dinaridi si estendono dalla Carinzia al Montenegro. Costoro vi distinguono: 1° Alto Carso con la Selva di Tarnova, dalla conca di Gorizia all'Isonzo e all'Idria; 2° Carso Carniolino con la Selva Piro, fra la conca di Lubiana, il Vipacco superiore e i monti degli Uscocchi; 3° Piccolo Carso o Carso Proprio con la Cicceria, limitato dalla pianura friulana, dal Vipacco, dal Golfo di Trieste, dalla sinclinale marnosa di Pisino, fino al Quarnaro; 4° Carso Liburnico o Croato, dalla Recca alla Grande e Piccola Capella e ai Velebiti; 5° Carso Istriano, sul tavolato meridionale di questa penisola; 6° Carso Dalmatino, tra i fiumi Zermagna, Cherca e Narenta; 7° Carso Bosniaco, nell'interno della Bosnia ed Erzegovina.
Ma strettamente parlando, il nome di Carso va applicato all'Alto Carso, a quello Carniolino, a quello Istriano, e soprattutto al Carso Proprio nella parte settentrionale della penisola istriana, dove solo questo nome è usato in significato regionale e si trova anche nelle carte geografiche a partire dal sec. XVI.
Geologicamente l'Alto carso, il Carso Proprio e il Carso Istriano costituiscono tre grandi pieghe, appartenenti al sistema dinarico, dirette da nord-ovest a sud-est rovesciate verso il mare a formare trc enormi gradini calcarei a livelli decrescenti verso sud.
Il più elevato è l'Alto Carso, costruito da una piega a ginocchio, dove affiorano i calcari del Triassico, del Giurassico, e dei Cretacico, stesi in ampî, ondulati tavolati fra i 600 e i 1200. m. s. m., che toccano i metri 1481 al Monte Golia e che precipitano per circa 600 m. sulla sottoposta sinclinale marnosa del Vipacco. Il solco carsico di Chiapovano, antico corso sopraelevato e abbandonato dell'Isonzo, fra il fiume Idria e Gargaro, lo divide in due parti: l'Altipiano della Bainsizza e la Selva di Tarnova. Il primo, superiore ai 500 metri sul mare, spoglio di boschi, con numerosi sprofondi - fra cui l'Abisso di Verco (prof. m. 518) uno dei maggiori fra quelli conosciuti finora - è ricco di doline, coperto di terra rossa, con popolazione agricola slovena, quasi tutta accentrata (densità 30 abitanti per kmq. nel 1921), e fu conquistato dalle truppe italiane durante la 10ª battaglia dell'Isonzo, nell'agosto del 1917. La Selva di Tarnova, si stende a oriente, in buona parte superiore ai metri 1000 s. m., con numerose doline e alcune caverne (fra le quali l'Abisso di Montenero, prof. m. 480), coperta da un bosco demaniale di 8161 ha., dove predominano il faggio e l'abete; è a economia quasi esclusivamente forestale, con scarsissima popolazione slovena, accentrata sull'orlo dell'altipiano.
Il Carso Carniolin è pure un altipiano in continuazione alla Selva di Tarnova sul quale si stende la Selva Piro, elevata attorno ai 1000 m. s. m., e che domina dal Monte Re o Nanos (m. 1261) il valico di Preval. Di là da questo si deprime attorno ai m. 600, il Carso di Postumia, con estese zone coltivate e numerosi centri (densità 39 ab. per kmq.). È qui che si trovano le celebri Grotte di Postumia, dello sviluppo complessivo di 22 km., che costituiscono una delle grandi meraviglie del mondo sotterraneo (le maggiori, dopo quella del Mammut negli Stati Uniti), per la ricchezza e varietà di concrezioni calcaree (stalattiti); sono state recentemente collegate, con gallerie artificiali, ad altre vicine. In esse s'ingolfa la Piuca, che esce nella conca di Planina, oltre il confine italiano, sotto il nome di Uncia (Unec), poi è nuovamente inghiottita, per risorgere, col nome di Lubiana e confluire nella Sava. La depressione del lago carsico di Circonio, nella Iugoslavia, il cui fondo è periodicamente allagato e asciugato per inghiottimenti sul suo fondo, separa da quello di Postumia il Carso della Carniola propriamente detto, che va a morire sulla pianura della Sava.
Ma specificamente la regione del Carso è quella a nord dell'Istria, detta Carso Proprio; questo è compreso tutto entro il confine italiano della Venezia Giulia, ed è costituito da una depressa piega calcarea diretta da NO. a SE., la quale dalla pianura friulana si allinea fino al solco sorgentifero del Timavo superiore (Recca), la sella di Clana e il fiume Recina a oriente di Fiume, mentre a nord è chiuso fra il corso del Vipacco e la sinclinale marnosa del Timavo superiore stesso e a sud dal suo precipite fianco sul Golfo di Trieste, la sinclinale di Pinguente e il Golfo del Quarnaro. Trasversalmente il solco del Vallone, la depressione di Divaccia e la Rosandra, e infine la strada Mattuglie-Bisterza dividono il Carso proprio in quattro parti: Carso Monfalconese, Carso Triestino, Carso della Cicceria, e Carso di Castua.
Geologicamente questa piega rappresenta il secondo gradino delle pieghe occidentali carsiche, costituito da un'anticlinale ribassata e rovesciata a sud di calcare cretaceo, che dà cave di buon materiale da taglio per costruzioni, sfruttate anche in epoca romana (cave di Aurisina, presso Duino). Sui suoi fianchi precipiti, affiora il calcare nummulitico dell'Eocene, che ha gli stessi caratteri litologici e morfologici del calcare cretaceo, e quindi la zona marnosa arenacea dell'Eocene Medio.
Ma la massa calcarea di questa piega è molto più dislocata e fessurata delle altre, e, specie nel Carso Monfalconese e della Cicceria, sono numerosissime le manifestazioni esterne del carsismo (doline, valli carsiche, inghiottitoi, ecc.), e la superficie è particolarmente brulla, cosicché, per il colore prevalente della sua nuda petraia, questa parte superiore della penisola istriana fu detta anche Istria Bianca. Le complesse ed estese fessurazioni, avvenute nel lento sollevamento di questa regione, hanno prosciugato antichi corsi d'acqua superficiali, di cui restano tracce in valli morte: tale il solco longitudinale mediano, che nel Carso Triestino va da S. Canziano, per Sesana e Brestovizza, fino al lago di Doberdò e che rappresenterebbe l'antico corso subaereo del Timavo, prima del suo sprofondamento nelle grotte di S. Canziano. Cosi pure il Vallone che separa il Carso Monfalconese da quello Triestino, sarebbe un antico corso, ora sopraelevato, dell'Isonzo.
Anche le grotte e gli abissi sono qui molto sviluppati (ne furono esplorati oltre 1500 dalla Società alpina delle Giulie), e si hanno caverne fra le maggiori del mondo. L'abisso Bertarelli, presso Raspo in Cicceria, profondo m. 450, è il quarto in ordine di profondità di quelli finora conosciuti; ma si ha ancora l'Abisso Federico, profondo m. 420 nel Carso di Castua, presso Clana; la Grotta di Trebiciano profonda m. 329, non lungi da Trieste (forse la più studiata grotta del Carso, perché al suo fondo passa il Timavo); la Grotta dei Serpenti (m. 304), la Grotta di Padriciano (m. 270), la Grotta dei Morti (m. 264), tutte nel Carso Triestino; le notissime Grotte di S. Canziano (m. 253), una delle maggiori meraviglie della Venezia Giulia, dove si sprofonda il Timavo superiore (Recca); la Grotta di Daune (m. 227) vicino a S. Canziano; l'Abisso sopra Chiusa (m. 227) presso Basovizza; la grotta di Coticeina in quel di Matteria (m. 204), ecc.
La ricca idrografia sotterranea del Carso - alimentata, sia dalle acque piovane assorbite dalle conche carsiche, sia dai corsi d'acqua superficiali che si sprofondano in caverne come il Timavo, o che vengono assorbite sul fondo di valli chiuse a contatto fra le marne e il calcare, come in Cicceria - dà luogo al risorgere di acque sotterranee presso il mare, o ai piedi della piega calcarea: così la classica risorgenza del Timavo, dopo 34 km. di percorso sotterraneo, e le sorgenti del Risano, ai piedi del gradino carsico della Cicceria.
Il Carso Monfalconese è un pianoro nudo ed elevato circa un centinaio di metri sul mare, butterato di doline, con rilievi periferici che culminano, all'estremità settentrionale, nel M.S. Michele (m. 275). Caposaldo del campo trincerato di Gorizia, difeso tenacemente dagli Ungheresi, fu conquistato dalle truppe della III Armata italiana, nell'agosto del 1916. Entro una criptodepressione di nudo calcare cretaceo, ad appena 6. m. s. m., si trova il laghetto di Doberdò lungo 1 km. e largo 600 m., chiuso da ogni parte e alimentato solo da sorgenti sotterranee.
Il Carso Triestino è un altipiano da 200 a 400 m., con creste allineate sul margine settentrionale (M. Terstel, m. 643), e che degrada a circa 200 m. sul Golfo di Trieste, dove scende con fianchi rovesciati sul mare. Lo divide longitudinalmente un rilievo mediano, nei calcari cristallini (Monti della Vena) che s'innalza a m. 546 al M. Lanaro. La parte settentrionale o di Comeno è un pianoro di abrasione a superficie variamente terrazzata, coperta di terra rossa con colture intensive di vigneti, e numerosi centri abitati; quella meridionale o di Villa Opicina, sopra Trieste, è più nuda, desolata, vera steppa rocciosa, battuta dalla bora, con centri minori e più poveri. Fra le numerosissime caverne del sottosuolo, sono notissime le Grotte di S. Canziano, grotte d'erosione, costituite da una serie di caverne enormi dove precipita il Timavo superiore. Esse sono di tipo diverso da quelle di Postumia; la loro esplorazione fu iniziata nel 1840.
Il Carso della Cicceria, che si prosegue a nord-est dell'Istria, è un esteso pianoro, che dagli 800 m. del suo lato settentrionale lungo la strada di Castelnuovo, degrada a scaglioni fino a 500 metri circa, sulla profonda sinclinale marnosa di Pinguente. Una serie di creste longitudinali, che orlano questi enormi gradini, vanno innalzandosi fino a 1273 m. all'Alpe Grande sul lato orientale, da dove la piega volge a sud al M. Maggiore in Istria. Anche il Carso della Cicceria è diviso da questi rilievi in due parti: il Carso di Castelnuovo a nord, coperto di boschi di querce, con numerosi sprofondi, ma privo di abitanti, e la Cicceria propriamente detta nei gradini meridionali, nuda, biancastra, con piccoli centri di pastori.
Il Carso di Castua, infine, è un pianoro che dai 700 m. degrada al Golfo del Quarnaro. Per quanto scarso di abitanti nella sua parte settentrionale a macchie di querceto, intorno a Castua e a Fiume è ricco di terra rossa e di coltivazioni mediterranee.
Il Carso Proprio, specie nel lato orientale, per l'elevazione, per la mancanza di ripari e per il prevalere della bora, ha un clima di tipo continentale pannonico, con temperature medie dei mesi estremi (gennaio e luglio) di 1°,7 e 21° a Villa Opicina, 1°,7 e 20°,7 a Basovizza, −0°,1 e 21°,1 a Divaccia, −2° e 18°,1 a S. Pietro del Carso, −1°,1 e 16°,7 sulle pendici del M. Maggiore, con medie estreme che possono arrivare a −9° e 31°,6 a Villa Opicina e −14°,4 e 29°,8 a San Pietro. Ma ai piedi del gradino carsico e al riparo di esso, lungo il mare, si hanno invece temperature molto miti (Trieste, gennaio 4°,5, luglio 24°,2; Monfalcone 3°,6 e 22°,5; Abbazia 5°,2 e 22°,5; Fiume 5°,3 e 22°,9).
La pioggia ha valori relativamente forti specie sulle pendici elevate del Carso orientale (M. Maggiore mm. 3170 annui, Castua mm. 2260, Mune 1800, Opicina 1131, Sesana 1300, Trieste 1027, Monfalcone 995), con massimi in ottobre e minimi in febbraio, ma ha scarsa influenza sul suolo, per la natura carsica della superficie.
Quanto alla flora, la maggior parte del Carso Proprio è una petraia quasi completamente nuda, con solo una magra steppa di erbe xerofile, povera d'individui ma ricca di specie - perché qui vengono a contatto la flora mediterranea, quella pannonica e quella dell'Europa centrale - che si abbarbica entro le spaccature della roccia. Solo sulle pendici del M. Maggiore, fra i 700 e i 1700 m., si hanno boschi di faggio e di abete, mentre al disotto, nel Carso di Castelnuovo e sulle pendici dei monti della Vena, si hanno boschi di quercia, avanzo di una più estesa copertura; questi sono stati sostituiti modernamente da piantagioni di conifere (Pinus austriaca), specie sul Carso di Monfalcone e di Villa Opicina, distrutte però in parte durante la guerra. Ma al riparo del gradino carsico, verso il mare, così a Sistiana come ad Abbazia, si sviluppa la macchia mediterranea con le ricche coltivazioni proprie di paesi caldi.
Nelle caverne del Carso Proprio si trovano resti dell'uomo paleolitico e neolitico. All'età del bronzo corrispondono i numerosi castellieri (villaggi più o meno fortificati) che appartenevano forse a popolazioni euganee, o liburniche o illiriche. La colonizzazione celtica e il dominio romano, che tanta parte ebbe nell'Istria e lungo le coste del Carso, non popolò le squallide regioni interne, dove si insediarono più tardi gli sloveni pastori (sec. VIII d. C.).
Oggi friulano è il dialetto dei paesi periferici del Carso Monfalconese, veneto-istriano quello dei dintorni di Trieste, di Abbazia e di Fiume, dove si addensa il maggior numero della popolazione, mentre gli Sloveni sono compatti, per quanto a debole densità, sul Carso Triestino e in Cicceria, e nel Carso di Castua predominano i Croati. Una colonia romena si ha a Mune in Cicceria.
Secondo il censimento del 1921, la densità della popolazione per kmq. sarebbe di 57 ab. nel Carso Monfalconese Triestino, dove il 46% degli abitanti vivono in piccoli centri fra le 100 e le 500 anime, e la popolazione sparsa è di appena 4 ab. per kmq. Nel Carso della Cicceria la densità è solo di 39 ab. per kmq., con mancanza assoluta di case sparse, popolazione che vive per il 72% del totale in centri fra 250 e 500 ab. in relazione alla natura semidesertica del territorio, dove sono estese zone spopolate.
La popolazione agricola e pastorale supera il 72% nella regione carsica occidentale, l'85% in quella orientale. I caratteristici campicelli di legumi, granturco e segale, sono di solito sulla terra rossa, che riempie il fondo delle depressioni carsiche, circondate da muri a secco, per salvarli dai greggi pascolanti. Ma nel Carso Triestino e in quello di Castua, nelle zone riparate dalla bora, olivi e allori s'innalzano fino a m. 400, e il vigneto supera i 400 m. nel Carso di Comeno e i 600 m. in quello di Castelnuovo.
In tutto il Carso Proprio - se si escludono i centri periferici e le città, quali Monfalcone, Trieste, Abbazia, Volosca, Fiume, ecc. - si hanno di solito piccoli centri abitati, di aspetto misero, con casolari in pietra a un piano e coperti di paglia. Sul Carso Monfalconese, nessun centro supera i 500 ab.; su quello Triestino solo 7 centri hanno più di 500 ab. (Sesana 1002, Corgnale 1042, Comeno 867, Duttogliano 615, Pliscovizza 563, Tomadio 536, Divaccia 511); in quello della Cicceria solo 4 (Mune Grande 699, Golazzo 610, Castelnuovo 608, Mune Piccolo 515).
Il Carso Istriano, sul lato meridionale di questa penisola, è detto anche Istria Rossa per l'abbondante mantello di ferretto che lo ricopre, talora per alcuni metri di potenza; è dato da un enorme e uniforme tavolato di abrasione, che va degradando da 400 m. circa fino al mare, costituito da strati sub-orizzontali, poco disturbati tettonicamente, di calcare cretaceo, alla cui superficie prevalgono le forme minori e isolate del carsismo (doline), che crivellano il suolo, specie sul lato occidentale, per la minuta fessurazione della massa calcarea, per cui sono più scarse le manifestazioni di grotte e caverne nel sottosuolo, si ha piuttosto un reticolato minuto di canali, il quale assorbe le acque superficiali della sinclinale marnosa di Pisino, per restituirle al mare. Per questi caratteri morfologici, come pure per la ricchezza del terreno di disfacimento, il clima marittimo, le estese colture e i numerosi centri abitati, il cosiddetto Carso Istriano risponde più a una denominazione geomorfologica che regionale. (V. tavv. LI-LIV).
Bibl.: G. Stache, Geologische Landschaftsbild des istrischen Küstenlandes, in Österr. Revue, II, Vienna 1854; J. Cvijić, Das Karstphänomen, in Geogr. Abhandl., V (1893); K. Moser, Der Karst und seine Höhlen, Trieste 1900; A. Grund, Die Karsthydrographie, in Geogr. Abhandl., VII (1903); N. Krebs, Die Halbinsel Istrien, in Geogr. Abhandl., IX (1907); F. Sacco, Schema geologico dell'Istria, in L'Universo, V (1924); L. V. Bertarelli e E. Boegan, Duemila grotte, Milano 1926; E. Boegan, Le più profonde cavità sotterranee del mondo, in Le grotte d'Italia, II (1928).