CARTA (IX, p. 183; App. I, p. 372; II, 1, p. 515; III, 1, p. 313)
Le preoccupazioni ecologiche e per l'incremento dei fabbisogni di risorse naturali stanno anche determinando mutamenti nella struttura produttiva delle paste e della carta.
I principali effetti delineatisi finora in questo campo sono stati a) lo sviluppo di tecniche di depurazione degli scarichi delle fabbriche di cellulosa e anche di quelle di c.; b) lo studio e lo sviluppo dei processi di cottura meno inquinanti per l'estrazione della cellulosa; c) lo studio e lo sviluppo dei processi a ciclo quanto più possibile chiuso nelle fabbriche di cellulosa e in quelle di c.; d) l'accelerarsi della tendenza a sostituire le paste al bisolfito con quelle al solfato (già iniziato nel passato per altre ragioni: v. App. III), perché il processo al bisolfito è più pesantemente inquinante; e) la maggiore consapevolezza della necessità di conservazione dell'ecosistema che ha spostato l'interesse del cartario verso legni di cicli produttivi più rapidi di quelli delle tradizionali materie prime a fibra lunga (abete, ecc.) e in particolare verso le specie predominanti nelle foreste naturali o nelle piantagioni delle fasce tropicali e sub-tropicali; f) la maggiore utilizzazione di piante annuali, dei residui di altre lavorazioni (come la bagassa), della c. da macero e delle c. e cartoni recuperate dai rifiuti solidi urbani.
Nel campo delle paste si sono in particolare sviluppate le tecniche per ottenere paste a resa sempre più alta dal materiale fibroso di partenza. Tra esse vanno ricordati i tentativi per migliorare la pasta meccanica prodotta dal legno. Importante il progetto Camel, condotto in Nord America da un gruppo di cartiere canadesi e americane, che ha conseguito la messa a punto, in modo ottimale, delle numerose variabili della sfibratura a mola e ha costituito le basi per una produzione controllata di più alta qualità della pastalegno da sfibratura. È stata poi attuata la sfibratura senza pozzetto (la mola non è immersa, nemmeno per piccola parte, nell'acqua), che consente di ottenere un incremento di produzione a parità di qualità e di consumo di energia. Lo sfibratore Bersano propone un procedimento di sfibratura basato su concetti completamente nuovi: si tratta di un procedimento attualmente in fase di sviluppo, secondo il quale in uno sfibratore rotazionale una mola di forma tronco-conica fa ruotare il pezzo di legno da sfibrare e lo fa avanzare attraverso dispositivi di sfibratura in serie; durante la rotazione le fibre vengono distaccate dal legno perché si trovano assoggettate alternativamente ad azioni di compressione e di espansione. Con altre tecniche si ottiene la pasta meccanica da raffinatori: partendo da legno sminuzzato e impiegando uno o più stadi di raffinatori a disco, il legno è ridotto prima in fascetti e poi in elementi fibrosi; oppure la pasta termomeccanica, che è un perfezionamento del processo precedente, del quale esistevano in esercizio, a fine 1974, 8 impianti in tutto il mondo e oltre 100 in progettazione.
Nel campo delle paste semichimiche si sono sviluppati i seguenti due indirizzi: 1) l'applicazione del processo al solfito neutro (indicato dovunque con la sigla NSSC dall'inglese Neutral Sulfite Semichemical, fig.1) a tutti i tipi di legni di latifoglia: il processo si è affermato negli ultimi vent'anni e ha il vantaggio che, a causa del relativamente basso consumo di reagenti chimici, non è necessario il recupero e pertanto gl'impianti possono anche essere di dimensioni relativamente modeste; in Italia il gruppo Cellulosa Calabra ha costruito un impianto di questo tipo a Crotone; 2) lo sviluppo dei processi chimico-meccanici: tra essi quello al bisolfito, che sembra quello più promettente, produce una pasta con resa tra 80% e 95% con buone qualità di resistenza, opacità e grado di bianco, adatta per c. da scrivere e da stampa, per giornali e per c. da imballo.
Nel campo delle paste chimiche, lo sviluppo recente è stato orientato verso i processi continui: il processo Kamir (fig. 2) per le cotture al solfato, per es., si è affermato nel trattamento sia dei legni a fibra lunga (conifere) sia dei legni a fibra corta (latifoglie); conseguentemente si è avuta l'introduzione dell'automazione e del controllo a distanza dei processi con un forte aumento della produttività; l'economia di scala, specialmente in questi impianti, pone dei limiti alla progettazione di impianti inferiori alle 250.000 ÷ 300.000 t all'anno. Si cita inoltre lo sviluppo, attualmente a livello di studi e ricerche, di nuovi processi non a base di zolfo per l'attacco della lignina (ossigeno, azoto, boro, cloro e altri).
Nel campo della fabbricazione della c., gli sviluppi più importanti hanno portato all'introduzione dell'automazione, cioè dei processi di controllo automatici e memorizzati; allo sviluppo di concetti rivoluzionari nella parte umida della macchina continua (fig. 3) con introduzione delle nuove casse di afflusso (tipo Converflow e altre) e della sezione umida a doppia tela (tipo Bel Baie, Vertiforma e altre) con conseguente importante riduzione di lunghezza della macchina; alla produzione di c. alla velocità di oltre 1000 m/min e con larghezza di 9 m e oltre; all'introduzine di una vasta gamma di prodotti chimici nuovi tra gli ausiliari, gli adittivi di collatura e di patinatura (amidi sintetici, lattici sintetici, pigmenti organici); allo sviluppo degli accoppiati.
L'enorme sviluppo avuto dall'industria cartaria negli ultimi quindici anni, dovuto al crescente fabbisogno di c. nel mondo, è stato determinato e assistito da un grande sforzo di ricerca. Laboratori specializzati esistono nelle principali nazioni. I più importanti sono quelli svedesi, canadesi, finlandesi, statunitensi, francesi, tedeschi, australiani.
Anche in Italia esiste un'attiva struttura di ricerca in questo campo: a fronte della totale assenza dell'industria privata nel settore, esistono i laboratori dell'Ente nazionale per la cellulosa e per la carta e della Stazione sperimentale per la cellulosa, attivi nelle ricerche sulla forestazione e sullo studio di nuove essenze vegetali per c., sui problemi della produzione di paste e c. e della loro utilizzazione.
In generale, su scala mondiale, gli studi sono orientati a sviluppi applicativi verso la fabbricazione della c. a secco (per ridurre il consumo di acqua), alla sostituzione dei cilindri essiccatori (per ridurre il consumo di vapore), al riciclaggio dei rifiuti solidi urbani (per sfruttare una nuova fonte di fibre cartacee), alla messa a punto di paste sintetiche da poliolefine (per far fronte alla scarsezza di legno, ma più probabilmente per sviluppare prodotti di caratteristiche nuove). Naturalmente non deve trascurarsi l'importanza delle ricerche applicate a scopo più immediato come le ricerche per il miglioramento della formazione del foglio, lo studio della ritenzione delle particelle fini, l'applicazione di nuovi reattivi di disincrostazione, la formazione di impasti con nuove essenze fibrose naturali.
Grandi difficoltà incontra lo sviluppo dell'industria cartaria in due settori di vitale importanza, quello dell'approvvigionamento della materia prima e quello del reperimento dei mezzi finanziari per gl'investimenti. Per la materia prima occorrerà indirizzarsi sempre più verso le zone ove le condizioni climatiche rendono possibile la creazione di masse legnose con cicli colturali abbastanza rapidi, dell'ordine di 10 anni (i grandi poli mondiali in questo senso sono l'America del Sud, alcune zone dell'Asia e l'Africa). Il rapporto tra redditività e investimenti si è fatto particolarmente oneroso nel corso degli anni fino a ridurre le possibilità di costruzione di nuove fabbriche tra il 1971 e il 1974; negli ultimi quindici anni fino al 1973 il prezzo di mercato delle paste e della c. non aveva subito incrementi, determinando la stasi negl'investimenti. La nuova conformazione dei prezzi conseguente alla crisi del 1973 ha alleggerito la situazione, ma la struttura finanziaria del settore resta insoddisfacente e costituisce la causa del profondo processo di ristrutturazione su scala mondiale che porterà a impianti sempre più grossi, nei quali l'automazione indurrà sensibili economie di scala e nei quali la produttività dovrà essere molto elevata. Da qui deriva l'importanza sempre maggiore che stanno assumendo nelle fabbriche le strutture tecniche, quali i laboratori di controllo, le prove tecnologiche, la strumentazione elettronica e le altre tecniche più moderne.
Bibl.: S. A. Rydholm, Pulping processes, New York 1965; H. Giertz, Basic mechanisms in the reduction of mechanical pulps, ivi 1968; R. A. Leask, Chemimechanical pulps from hardwoods, ivi 1968; D. Atack, On the characterization of pressurized refiner mechanical pulp in Svensk Papperstidn, 1972; OCDE, Advanced pollution abatement technology in the pulp and paper industry, Parigi 1972; E. Grandis, Prove sulla carta, Torino 1973; M. Wayman, Guide for planning pulp and paper enterprises, Roma 1973.
Produzione e consumo. Mercato mondiale della carta. - La produzione di pasta di legno, caratterizzata dal dopoguerra da una dinamica piuttosto sostenuta, ma abbastanza irregolare, cresce con un tasso medio del 5,4%, dai 62 milioni di t circa del 1960 ai 116 milioni e oltre del 1973. Il tasso di accrescimento della produzione di pasta meccanica risulta più lento di quello della pasta chimica (cellulosa), sicché la composizione nell'offerta globale, che già agl'inizi del decennio scorso era del 70,3% contro il 29,7% a favore della pasta chimica, risulta attualmente del 75,5% contro il 24,5%.
Il quadro delle aree maggiormente produttive non è molto cambiato, continuando a evidenziare una forte concentrazione, anche se in lieve declino, nell'America settentrionale e nell'Europa nordoccidentale; tuttavia i forti sviluppi produttivi in atto nell'Unione Sovietica e nel Giappone cominciano a contrastare la situazione di duopolio che per molti anni ha caratterizzato il mercato.
Ancora al primo posto tra le produzioni mondiali quella statunitense con 43,7 milioni di t (37,6%), sostenuta da una domanda interna in continua espansione, che insieme con quella canadese - al secondo posto con oltre 18 milioni di t (15,5%) - portano la produzione dell'area nordamericana a oltre la metà di quella totale.
In Europa il gruppo scandinavo, costituito dalla Svezia, al quarto posto con circa 10 milioni di t (8,4%), dalla Finlandia, al sesto con 6,7 milioni di t (5,7%) e dalla Norvegia, al settimo, con 2,3 milioni di t (2,0%), pur caratterizzato da una discreta espansione produttiva, vede decrescere il proprio apporto percentuale a poco più del 16%, in ragione degl'intensi sviluppi verificatisi nel Giappone (6,5% nel 1961 contro 8,7% nel 1973), attualmente terzo produttore mondiale, e nell'Unione Sovietica, al quinto posto (5,4% contro 6,0%). Forti produttori sono ancora la Francia, con 1,9 milioni di t, la Rep. Fed. di Germania, con 1,8 milioni di t e la Cina con 1,4 milioni di tonnellate.
È però da notare che, se si fa riferimento alla pasta meccanica, Canada e Stati Uniti si trovano in testa alla graduatoria, fornendo circa il 50% della produzione mondiale.
Nel mercato internazionale la concentrazione diviene ancora più evidente, e i cinque maggiori esportatori (nell'ordine Canada, Svezia, Stati Uniti, Finlandia e Norvegia) forniscono circa l'85% delle esportazioni mondiali mentre i sei importatori principali ne assorbono il 70% circa.
Tra gli esportatori il Canada, che già negli anni precedenti insidiò il primo posto abituale della Svezia, dalla metà degli anni Sessanta è il più importante, mentre tra gl'importatori gli Stati Uniti prevalgono di gran lunga sul Regno Unito; la tab. 3 documenta l'evolversi del commercio mondiale.
La caratteristica principale è l'esistenza di due grossi mercati paralleli e quasi totalmente indipendenti l'uno dall'altro: quello nord-americano e quello europeo; il primo è attraversato da una quota molto cospicua costituita dalle forniture canadesi agli Stati Uniti (3,4 milioni di t nel 1973), che costituisce circa il 19% dei traffici internazionali. Nel mercato europeo, Svezia, Finlandia e Norvegia, rispettivamente al secondo, quarto e quinto posto, coprono, con un'offerta congiunta di oltre 6,1 milioni di t nel 1973, circa il 55% del fabbisogno europeo e rappresentano oltre un terzo del commercio mondiale.
Tale gruppo di paesi, che vede in questa una delle voci più cospicue delle proprie bilance di pagamenti, oltre a sviluppare tutta una legislazione sul settore, che prevede tra l'altro forme molto rigide di programmazione produttiva (soprattutto in materia di tagli e rinnovi di boschi), attua, a livello privato e pubblico, politiche comuni e consorziate di produzione, trasformazione e vendite che gli conferiscono un grosso potere di mercato (con particolare riferimento al sistema dei prezzi). Tuttavia dalla metà degli anni Sessanta l'offerta di questo gruppo è in diminuzione, nel quadro di una politica tendente a comprimere le esportazioni di materia prima (legnami) e semi-lavorata (pasta), e incrementare quelle di prodotto finito allo scopo di lucrare il valore aggiunto della trasformazione.
Cosicché l'indipendenza tra il mercato nordamericano e quello europeo, molto marcata nel dopoguerra, comincia dalla metà degli anni Sessanta a diminuire, e attualmente gl'invii canadesi e statunitensi coprono un quarto dei fabbisogni europei (24,3%). Il Giappone come importatore e l'Unione Sovietica come esportatore s'innestano poi rispettivamente sul mercato americano e su quello europeo.
La produzione mondiale della carta è anch'essa, come quella della pasta di legno, caratterizzata da rilevanti, anche se irregolari, incrementi che portano i 91,8 milioni di t nel 1961 a 170 milioni di t circa nel 1973 (+ 84,7%); tuttavia l'entità della carta di giornale sul totale decresce al 13% circa in ragione di un suo più lento tasso di accrescimento nei confronti degli altri prodotti cartari (3,7% annuo nel periodo 1961-73 contro il 5,6%) (v. tab. 2).
Le aree di concentrazione produttiva sono le stesse viste per la pasta di legno con una prevalenza però ancora più accentuata in quella nordamericana che con 65 milioni di t nel 1973 (pari al 44% della produzione mondiale) rappresenta la zona più produttiva.
Gli Stati Uniti sono ancora di gran lunga al primo posto continuando a costituire circa un terzo del totale e aumentando, anzi, la propria consistenza (35,7%) nel 1973 con un'offerta di 52,7 milioni di t, solo per una ventunesima parte costituita da carta di giornale; le produzioni giapponesi scavalcano a partire dal 1969 quella statunitense e ammontano nel 1973 a 16 milioni di t, contro i 12,2 milioni di t canadesi.
Il gruppo scandinavo, come già accennato, da qualche anno va attuando una politica cosiddetta "a forbice" volta a incrementare cioè le produzioni di prodotto finito e ridurre quelle di semilavorato; gli effetti sono progressivamente più evidenti e l'offerta congiunta passa, raddoppiando, dai 7,2 milioni del 1961 (7,9%) ai 14,9 milioni del 1973 (8,8%).
Notevoli ancora le produzioni della Francia (3,0%), dell'Italia (2,6%) che quadruplica addirittura dal 1961 al 1973, e del Regno Unito che, primo produttore europeo negli anni Cinquanta, occupa attualmente, con 4,6 milioni (3,2%), l'ottavo posto tra i produttori mondiali e il quarto tra quelli europei. Se ci si riferisce invece alla sola carta di giornale è nettamente il Canada, con 8,1 milioni di t (36,8%) e una composizione (anomala) di due a uno in favore di questa, il maggior produttore, seguito molto a distanza da stati Uniti (14,1%) e Giappone (9,5%).
Il mercato internazionale della carta e prodotti cartari (v. tab. 3) tende a essere più intenso di quello delle paste di legno (+ 116,1% dal 1961 al 1973 contro + 89,4%) sottolineando la tendenza sopra descritta dell'autotrasformazione da parte dei paesi produttori di queste ultime; se poi per il commercio delle paste si poteva parlare di concentrazione e indipendenza dei due mercati principali, per quello della carta tali caratteristiche sono ancora più accentuate, soprattutto con riferimento al mercato della carta da giornale.
In esso le esportazioni del Canada (69%), maggiore esportatore con 7,6 milioni di t nel 1973, sono assorbite per l'85% circa dalle importazioni degli SUA, maggiore importatore con 6,7 milioni di t importate (60,1%) Solo piccolissime entità giungono sul mercato europeo dove il gruppo scandinavo, con Finlandia, Svezia e Norvegia, rispettivamente al secondo, terzo e quarto posto tra gli esportatori, e un'offerta globale di 2,6 milioni di t nel 1973 (23,4%), approvvigiona per quasi i tre quarti la domanda, peraltro molto sostenuta visto che, dopo gli Stati Uniti, i maggiori importatori - Regno Unito (10,4%), Rep. Fed. di Germania (6,4%), Francia (2,6%), Australia (2,3%), e Paesi Bassi - sono prevalentemente europei.
Il mercato degli altri prodotti cartari appare meno concentrato e con maggiori collegamenti tra le due aree produttrici: la quota più cospicua dei traffici si svolge sul mercato europeo che riunisce i maggiori esportatori, Finlandia e Svezia (il gruppo scandinavo fornisce oltre il 40% delle esportazioni totali), e i sei maggiori importatori, Rep. Fed. di Germania (14,8%), Regno Unito (12,5%), Francia (8,2%), Belgio (4,9%), Paesi Bassi (3,7%) e Italia (3,6%) che assorbono quasi la metà delle importazioni mondiali.
Il gruppo nord-americano, esportatore netto, con Stati Uniti e Canada, rispettivamente al terzo e al quarto posto, offre oltre il 20% del totale, ma solo un terzo giunge sul mercato europeo.
Per quanto riguarda l'Italia, la produzione di pasta di c., che nel 1960 era di 541.000 t, nel 1976 è salita a 843.000 t; la produzione di carte e cartoni è passata da 1,47 milioni di t a 4,5 milioni di t. Infine, il consumo procapite di carta, che nel 1960 era di 28,6 kg, nel 1973 ammontava a 79,4.